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La chiamavano “Ragazza uragano” o anche “SuperCarrà” perché, più giovane di Raffaella, sembrava pura energia quando si lanciava in un ballo sfrenato al ritmo della discomusic che imperversava nel suo
Piccolo Slam insieme a Sammy Barbot, giovane ballerino e Dj della Martinica che insieme a lei aveva aperto, nel 1977, la “discoteca per tutta la famiglia”, sdoganando insieme a
Saturday Night Fever un mondo paillettes e colori che fino ad allora, in Italia, era stato bistrattato in favore dei night e delle balere. Eppure, ad appena 30 anni, nel luglio del 1981 un male se la portò via, lassù tra le stelle, lei e il suo fisico atletico, piena di vita, speranza, voglia di lottare fino all’ultimo mentre cantava per l’ultima volta, nemmeno due settimane prima di morire, il suo successo (ma non l’unico) rimasto nella storia, quel
"Cocktail d’amore" firmato da Cristiano Malgioglio. Stefania Rotolo era questo, e questo è rimasto nell’immaginario di tutti quelli che l’hanno vista ballare a
Non Stop, lo Zelig degli anni ’70 dove piroettava come ospite fissa insieme ad Enzo Paolo Turchi nei balletti tra le gag di giovani comici che si chiamavano Carlo Verdone, Massimo Troisi, Lello Arena. Stefania ha una figlia, nata nel 1972 da una relazione con un sassofonista brasiliano, che oggi ha raccolto il testimone della sua “Mamma GO!”, come la chiamava allora, quando quel suo pezzo,
“GO!”, faceva ballare milioni di giovani in un’Italia che viveva anni davvero difficili. E lei ne canta ancora le canzoni, a quarantenni per un attimo tornati ingenui nei loro vent’anni. Lei, Stefania, esile bionda romana, sembrava una promessa di speranza, che in fondo se ci avessimo messo tutti un po’ di energia, le nostre vite sarebbero andate meglio e ci saremmo lasciati alle spalle, almeno per un po’ di tempo, malumori, inflazione, terrorismo, compromessi storici di vario genere. Pensava positivo per davvero, non aveva bisogno di mettersi occhiali da sole per avere carisma e sintomatico mistero come Battiato avrebbe cantato di lì a poco, in pieno riflusso, quella restaurazione degli anni ’80 che avrebbe cauterizzato ferite sanguinose ma fatto perdere l’anima al nostro Paese. Ecco, lei era un’anima bella, capace di ridere e scherzare nonostante tutto, per nulla gratuitamente, in un’epoca che non ha perdonato nessuno, semplicemente perché la vita è bella e va vissuta fino alla fine, con forza, con ritmo, con quel qualcosa di animale che è dentro di noi e alle volte ci fa buttare il cuore oltre l’ostacolo, oltre l’impossibile che ti dà per spacciato e non promette niente di buono. Questo, in fondo, è anche il lascito degli anni ’70. Che cosa sarebbe diventata, se non fosse morta prima? Non lo sappiamo. Certo è che, com’ebbe a cantare un anno dopo il suo amico Renato Zero tra le lacrime, in quel Piper dove lei ragazzina andava a ballare alla fine degli anni ’60 e dell’Italietta yè-yè che di lì a poco sarebbe divenuta di piombo, “adesso balli tra le nuvole lassù”. Per sempre, piccola stella sparita troppo presto.
Il
testo è tratto dal sito http://www.stefaniarotolo.com
Troppo belle
le parole per aggiungerne altre.
Per biografia, fotografie, mp3 e altre notizie si rimanda sempre al
completissimo sito
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