PRIMA LINEA

Nacque fra la fine del ‘76 ed i primi del ‘77 da un tormentato processo di scissioni e riaggregazioni nell’area a cavallo fra i fuorusciti di Lotta Continua (passati all’Autonomia) e quella delle organizzazioni armatiste precedenti. Il processo ha inizio in alcune fabbriche dell’hinterland milanese (Sit Siemens, Pirelli, Magneti Marelli, Telelettra di Crescenzago) per iniziativa di un gruppo di militanti passati per l’esperienza di Senza Tregua, cui si uniscono alcuni quadri di livello medio-basso dell’area armatista (Sergio Segio, M. Libardi, B. La Ronga, C. Galmozzi), infatti uno dei protagonisti dell’iniziativa, Galmozzi, la definirà "il golpe dei sergenti". Alla fine del ‘76 ha luogo un convegno a Salò che decide la ripresa delle pubblicazioni di "Senza Tregua", mentre un gruppo (M. Costa, P. Palmero, E. Balducchi) decide di mantenersi autonomo nell’area dei Comitati Comunisti Rivoluzionari per riconfluire in un secondo tempo in PL. Le prime azioni del gruppo risalgono già alla fine del ‘76 ma la sua nascita formale avveniva solo nel maggio del ‘77 a Firenze con la costituzione di un "comando nazionale" formato dal gruppo milanese, da quello bergamasco (M. Viscardi) e da quello torinese (Marco Donat Cattin, Roberto Sandalo e Roberto Rosso che assumerà la leadership ideologica del gruppo). Il modello politico ed organizzativo di PL segnava profonde differenze da quello delle BR. Mentre queste, infatti, facevano perno essenzialmente sui "regolari", cioè militanti in totale clandestinità e quindi sulle "basi" (cioè appartamenti affittati sotto falso nome e facilmente rintracciabili, sul lungo periodo, dalla polizia), PL scelse il modello della semi-clandestinità. Essa consisteva in questo: il militante di PL non passava alla clandestinità, anzi continuava a vivere normalmente (e questo consentiva di evitare il rischioso e dispendioso sistema delle "basi") svolgendo anche una attività politica alla luce del sole nell’ambito dei movimenti; clandestina era solo la sua appartenenza ad un gruppo armatista. I militanti organici erano inquadrati nei "gruppi di fuoco" (l’equivalente delle colonne delle BR), ma, accanto ad essi, operavano una serie di organismi collaterali: le "ronde" o "squadre" proletarie di combattimento. Esse erano costituite in parte da militanti del gruppo, in parte di simpatizzanti o anche giovani inconsapevoli di agire nell’ambito di PL. In questa maniera si otteneva una forte compartimentazione del gruppo, utilizzando l’adesione di persone che non venivano messe al corrente delle questioni interne ad esso.

Prima Linea fu il gruppo terrorista più prolifico di sigle  e questo per tre motivi: depistare le indagini delIa polizia, dare la sensazione di una crescita tumultuosa dell’area armatista e creare una rete di organismi fiancheggiatori dai quali attingere gradualmente i quadri fra quanti avessero dato prova di maggiore affidabilità. Come si vede un sistema organizzativo complesso ed articolato che consentiva, fra l’altro, a PL di mantenere rapporti molto stretti con l’area dei movimenti; evitando quindi i rischi della eccessiva militarizzazione che PL rimproverava alle BR. L’arresto, nel giugno ‘77, a Torino, di alcuni militanti (alcuni dei quali parleranno, fornendo indicazioni molto precise alla PS) permette, poi, le successive ondate di arresti nelle quali cadono molti dirigenti e militanti del gruppo, sia a Torino che a Milano (Galmozzi, Giulia Borelli, Marco Scavino, Segio, Rosso, Libardi, Forastieri). Alcuni di essi verranno provvisoriamente rimessi in libertà, ma questo servirà solo ad allargare la rete dei terroristi individuati dalla PS e la nuova ondata di arresti del settembre ‘78 lo dimostrerà. L’infittirsi delle ondate repressive e la presenza di dirigenti in semi-libertà (cioè identificati dalla PS) indusse anche PL a ripiegare su modelli di organizzazione sempre più clandestina, sempre più simile alle BR, liquidando buona parte della primitiva ipotesi di terrorismo movimentista su cui PL si era fondata.

L’arresto (e successivo pentimento) nell’80 di due fra i maggiori dirigenti del gruppo (Marco Donat Cattin e Roberto Sandalo) dà luogo ad un clamoroso caso nazionale:M. Donat Cattin è il figlio dell’allora vice segretario della DC, e più volte ministro, Carlo Donat Cattin. Il presidente del Consiglio dell’epoca, Cossiga, venne accusato dal PCI di aver favoreggiato il giovane terrorista, avvisando il padre del suo prossimo arresto; su tale accusa venne convocato il Parlamento in seduta comune per decidere sul deferimento di Cossiga dall’Alta Corte di Giustizia ( il Parlamento votò per la sua ricusazione).

Il colpo fu comunque determinante per PL che, di fatto, sopravvisse pochissimo alla vicenda.

A PL, che indubbiamente, è da considerarsi il maggiore gruppo terroristico dopo le BR, vengono attribuiti ben 101 attentati con 16 morti e 23 feriti; senza calcolare le molte decine di attentati firmati da sigle quali "gruppi di fuoco", "ronde" o "squadre" proletarie, ma che vanno in larga parte attribuiti alla stessa PL. Tali attentati avvennero fra il ‘76 e l’80 in molte città: innanzitutto Torino (37), Milano (29) e Firenze (13) ma anche Napoli (5), Roma, Pordenone, Viterbo (2 ciascuno), Genova, Bergamo, Asti, Bologna, Pistoia, Palermo e Cagliari (uno).

Moltissime le azioni "importanti"; il più clamoroso quello che costò la vita al giudice Emilio Alessandrini (uno degli autori dell’inchiesta padovana che condusse all’individuazione della "cellula Freda" per la strage di stato). E proprio sul caso Alessandrini, che in quei giorni indagava sul caso Sindona, si è accesa una polemica animata dai molti dubbi sui reali committenti di quell’assassinio ancora oggi poco spiegabile da un punto di vista strettamente "politico".

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