Il
Movimento del 77
Cronologia
GIOVEDI
17 FEBBRAIO
Roma: per il comizio di Lama allinterno dellUniversità
militanti del sindacato e del servizio dordine del Pci presidiano il piazzale
della Minerva dalle 7,30 di mattina, cancellando tutte le scritte fatte dagli
indiani metropolitani, prima fra tutte quella a caratteri cubitali accanto ai
cancelli dellateneo: I LAMA STANNO NEL TIBET. In realtà,
per lo più, è il servizio dordine del Pci, mentre in fretta
e furia sono stati convogliati attraverso telegrammi alle sezioni sindacali
lavoratori che nemmeno sono a conoscenza di che cosa si tratta di fare. Molti
sono addirittura prelevati la mattina stessa dai cantieri edili o allarrivo
dei pullman e dei treni dei pendolari. Testimonianze in tal senso saranno raccolte
nel dibattito seguente a Radio Città Futura e dai giornali della «nuova
sinistra». Alle 9 il servizio dordine del Pci ha occupato piazzale
della Minerva e fa quadrato mentre viene montato il palco su un camion. Lo spettacolo
è impressionante: sembra una manovra militare. Mentre viene montato il
palco per il comizio, militanti dell'area creativa montano su una
scala da biblioteca (con le ruote e un palchetto con ringhiere) un fantoccio
a grandezza naturale per rappresentare il leader sindacale, con la scritta NON
LAMA NESSUNO. Intorno alla facoltà di Lettere gli indiani cominciano
a scandire slogan: Sa-cri-fi-ci, sa-cri-fi-ci. Tra il servizio dordine
del Pci e gli indiani aumenta sempre più la contrapposizione degli slogan.
Alle 10 si fa vivo Lama circondato da un centinaio di membri del servizio dordine
del Pci. A un certo punto dal carroccio degli indiani vengono tirati
palloncini pieni dacqua colorata (o di vernice) sui militanti comunisti.
Il servizio dordine del Pci risponde caricando il carroccio degli indiani,
ma, dopo aver travolto larea creativa del movimento, entra
in contatto e si scontra con larea militante dei Collettivi
e dellAutonomia, che si riappropria del carroccio e lo usa per controcaricare.
A Lettere viene organizzata uninfermeria di fortuna per i primi feriti.
La situazione diventa ancora più tesa quando Lama affronta la parte centrale
del suo discorso: «Dobbiamo lottare e vincere insieme la grande battaglia
per il rinnovamento dellintera società, battere e vincere il fascismo,
le tentazioni reazionarie, le provocazioni eversive, ogni violenza o tentazione
irrazionale. Chi rompe i vetri, chi sfascia la facoltà non colpisce Malfatti,
ma danneggia la causa degli studenti...». Quando uno dei capi del
servizio dordine della Federazione romana del Pci usa un estintore contro
i militanti dei Collettivi, si scatenano gli scontri veri e propri. Alcuni banchi
vengono rotti per farne bastoni. Alle 10,30 il sindacato decide di sciogliere
la manifestazione mentre unultima carica spazza via il servizio dordine
del Pci e dei sindacati. Al grido di Via, via la nuova polizia,
Lama viene cacciato dallUniversità da alcune centinaia di giovani,
che assaltano e demoliscono il camion che fa da palco. Gli studenti dei collettivi
affrontano i militanti del Pci e dei sindacati, a bastonate, a colpi di spranga,
di chiavi inglesi e a sassate, mentre il camion del sindacato viene capovolto,
i vetri vengono rotti e le sponde laterali divelte. La calma torna solo quando
i comunisti, usciti dallUniversità, si schierano fuori dai cancelli.
Il bilancio è di almeno una trentina di feriti, per alcuni è necessario
il trasporto al Policlinico. Si riunisce immediatamente lassemblea a piazzale
della Minerva. Questo è il comunicato approvato dallassemblea degli
occupanti:
«La responsabilità degli scontri odierni alluniversità
ricade sulliniziativa provocatoria ed estranea al movimento presa dal
Pci, sotto una copertura sindacale unitaria, con il comizio di Luciano Lama.
A questa iniziativa il movimento aveva risposto con una proposta di confronto
politico che consisteva in unassemblea con la partecipazione dei collettivi
doccupazione. Questa proposta è stata respinta da uno schieramento
di servizio dordine che ha occupato il piazzale dellUniversità,
cancellando scritte di lotta e provocando in vario modo i compagni del movimento.
Gli scontri sono cominciati con una prima carica del servizio dordine
del Pci contro compagni che, in modo esplicitamente ironico e pacifico, manifestavano
il loro dissenso nei confronti della politica dei sacrifici proposta da Lama.
Dopo il primo assalto la situazione è degenerata in scontri violenti
che si sono protratti, dopo linterruzione del comizio, per quasi mezzora,
fino alluscita del servizio dordine del Pci dalluniversità.
Il bilancio è di circa 70 feriti, di cui due gravi. Il movimento considera
gravissimo quanto è accaduto. Scontri del genere, originati dalla chiara
volontà di soffocare le lotte degli studenti e dei giovani disoccupati,
non hanno precedenti di questa ampiezza nella storia del movimento operaio degli
ultimi anni. Consideriamo positivo che a questa provocazione il movimento abbia
saputo dare unimmediata risposta. Contro queste degenerazioni il movimento
si impegna a continuare le lotte sui suoi obiettivi nelle forme più appropriate
e fin da ora diffida la polizia dal prendere pretesto da questa incursione esterna
per rientrare di forza nellAteneo».
La risposta viene dal rettore Ruberti che nel pomeriggio decide di addossare
al movimento la responsabilità degli scontri e dichiara di non poter
più garantire lincolumità delle persone e delle cose nellAteneo
e avverte la Procura della Repubblica che è necessario lintervento
della polizia. Alle 16,45 la polizia, che si è già concentrata
allesterno con grandi mezzi, intima lultimatum di sgomberare lAteneo
entro unora. Allinterno si sono intanto radunati circa 10.000 studenti.
Gli studenti decidono di spostarsi in massa alla facoltà di Architettura
di Valle Giulia, fuori del perimetro della città universitaria e organizzano
una breve resistenza per dar tempo a migliaia di compagni di uscire dalla parte
opposta a quella bloccata dalla polizia. Alle 18, preceduti da un fittissimo
lancio di lacrimogeni, polizia e carabinieri entrano sfondando con le ruspe
i cancelli. Luniversità è ormai deserta, gli utimi studenti
si ritirano uscendo da porte laterali. E convocata unassemblea straordinaria
ad Architettura. Viene decisa una manifestazione dei disoccupati al Comune per
il giorno seguente, loccupazione delle facoltà esterne allAteneo
(Magistero, Economia e Commercio che diventerà il centro organizzativo
del movimento, Ingegneria e Architettura). Per sabato 19 è indetta una
manifestazione centrale con percorso da piazza Esedra a piazza Navona. Fino
al 10 marzo la città universitaria resterà chiusa con il pretesto
della riparazione dei danni provocati dagli occupanti, mentre il movimento si
riorganizzerà alla Casa dello Studente oltre che nelle facoltà
decentrate di Economia e Commercio, Architettura, Magistero.
A Firenze, il movimento, con la sua prima uscita in piazza, dimostra
la sua forza: alla manifestazione indetta dal coordinamento interfacoltà
partecipano circa diecimila studenti. A Firenze tra il 5 e il 15 febbraio le
occupazioni, iniziate ad Architettura, la facoltà più congestionata
con i suoi 10.000 iscritti, si sono progressivamente estese a lettere e Filosofia,
Agraria, Magistero, Medicina. Le lezioni sono sospese anche nelle altre facoltà.
Assume particolare rilievo la lotta dei fuori sede che occupano nel centro della
città tre grossi alberghi, inutilizzati da anni, per farne alloggi autogestiti.
A Catania, dove le occupazioni durano da una settimana, viene contestato
il comizio di Roscani, segretario nazionale della Cgil scuola, al termine di
una manifestazione che vede la presenza di quattromila medi, universitari, precari.
A Salerno si decide di occupare Magistero e di bloccare la didattica
in tutte le altre facoltà.