MARIO
BARBAJA
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Figlio della Milano-bene, vero cognome Barbaglia, diventa cantautore per hobby. La sua opera s'inserisce inizialmente nel filone "freak" inaugurato da Claudio Rocchi. Come i primi album di Rocchi anche il primo disco di Barbaja, Argento, è soprattutto acustico, chitarra, flauto, sitar e percussioni. Barbaja trae ispirazione anche da Donovan, specie nel timbro della voce e nell'andamento cantilenante delle melodie. Il secondo album, Megh, parola indiana che sembra significhi Raga dell'autunno, del vespero, delle cose semplici, vede la partecipazione di diversi musicisti allora poco conosciuti come Eugenio Finardi, Alberto Camerini, Lucio Fabbri, Tullio De Piscopo e Ricky Belloni. I nove brani del disco, registrati con la produzione di Massimo Villa, ex Stormy Six, e sapientemente arrangiati, sono introdotti e conclusi dal suono d'un carillon napoleonico. Successivamente Barbaja tenta di evolversi e il suo ultimo disco segna addirittura un accostamento al punk/rock in auge verso la fine degli anni '70. |
La
discografia
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