L'UNITÀ (1972)

Fratello
Quando l’ultimo sfruttatore
L’ultimo corruttore
L’ultimo carrierista
L’ultimo ipocrita
L’ultimo borghese
Saranno scomparsi da questa terra
Allora sarà giunto il nostro momento:
parlarci d’amore.
Ma forse tu
Ma forse tu
Fratello non ci sarai più.

Garibaldi
E parliamo di Garibaldi
E dei suoi garibaldini
Venuti per far giustizia
A noi poveri contadini.
Arriva Garibaldi
E i baroni fa tremare
La gente per le strade
Si sente già cantare:

“Garibaldi, ma chi è?
E’ più forte e bello dello Re!
Garibaldi, cosa fa?
Porterà giustizia e libertà”.

E’ arrivato Garibaldi
E i Borboni son scappati
Son scappati nella notte
Per non essere ammazzati.
Ma il 14 di maggio
Il barone gli fa omaggio
E il notaro Rosolino
Già lo chiama Don Peppino

“Garibaldi, ma chi è?
E’ più forte e bello dello Re!
Garibaldi, cosa fa?
Porterà giustizia e libertà”.

Se ne è andato Garibaldi
Con i suoi garibaldini
Se ne è andato con il pane
Di noi poveri contadini.
E ilnotaro Rosolino
All’uscita del paese
Ha brindato a Garibaldi
Col buon vino piemontese

“Garibaldi, ma chi è?
E’ più forte e bello dello Re!
Garibaldi, cosa fa?
Porterà giustizia e libertà”.

La manifestazione
Sulla strada, alla manifestazione
E gridando con la forza di chi ha ragione
Camminavi sotto l’ombra di una bandiera
E gridavi “Viva la rivoluzione”
Ma lontano uno squillo di tromba,
Una pietra che vola,
E la strada è già vuota.

Ho lasciato
La mano di due compagni
Ho cercato il rifugio in un portone
In un attimo, senza il tempo di pensare,
Ho vissuto ciò che più tu non vivrai:
Cento strade per tornare verso casa,
Tanto fumo, ma soltanto per piangere.

Stamattina, quando ho letto sul giornale
Non capivo, mi sembrava un’altra storia.
Ma qualcosa era là sul marciapiede:
Una giacca ed un fazzoletto rosso.
Più nessuno che ricordi la tua voce
I miei occhi son soltanto per piangere.

Pontelandolfo
Era il giorno della festa del patrono
E la gente se ne andava in processione
L’arciprete in testa ai suoi fedeli
Predicava che il governo italiano era senza religione
Ed ecco da lontano
Un manipolo con la bandiera bianca
Incline ad inneggiare a re Francesco
Ed ecco tutti quanti lì a gridare
Poi si corre furibondi al municipio
E si bruciano gli archivi
E gli stemmi dei Savoia

Pontelandolfo la campana suona per te
Per tutta la tua gente
Per i vivi e gli ammazzati
Per le donne ed i soldati
Per l’Italia e per il re.

Per sedare disordine al paese
Arrivano quarantacinque soldati
Sventolando fazzoletti bianchi
In segno di pace, ma non trovano nessuno.
Poi mentre si preparano a mangiare
Il rumore di colpi di fucile
Li spinge ad uscire allo scoperto
E son presi tutti quanti prigionieri
Poi li portano legati sulla piazza
E li ammazzano a sassate,
Bastonate e fucilate.

Pontelandolfo la campana suona per te
Per tutta la tua gente
Per i vivi e gli ammazzati
Per le donne ed i soldati
Per l’Italia e per il re.

La notizia arriva al comando
E immediatamente il generale Cialdini
Ordina che di Pontelandolfo
Non rimanga pietra su pietra
Arrivano all’alba i bersaglieri
E le case sono tutte incendiate
Le dispense saccheggiate, le donne violentate,
Le porte della chiesa strappate , bruciate
Ma prima che un infame piemontese
Rimetta piede qui, lo giuro su mia madre,
Dovrà passare sul mio corpo.

Pontelandolfo la campana suona per te
Per tutta la tua gente
Per i vivi e gli ammazzati
Per le donne ed i soldati
Per l’Italia e per il re.

Sciopero!
Hanno fatto lo sciopero
All’officina di Portici
Quattro ore senza lavorare,
Per protestare, per farsi pagare
Hanno fatto lo sciopero
Per l’orario insopportabile
Eran dieci ore ma il direttore
Ne voleva ancora di più
Bisogna fare

Sciopero!
Per un lavoro da cane
Sciopero!
Per un salario da fame
Non si può, no non si può
Ammazzarci di fatica così

Quattro ore di sciopero
All’officina di Portici
Quattro ore di tempo
Per parlare, per giudicare,
Per farsi ascoltare.
Quattro ore di sciopero
Ma il direttore non è in fabbrica:
Quattro ore di tempo per denunciare
Per far venire i bersaglieri

Sciopero!
Per un lavoro da cane
Sciopero!
Per un salario da fame
Non si può, no non si può
Ammazzarci di fatica così

“Quelli sono briganti” dice il direttore
“Sono delinquenti; e per farli ragionare,
Signor Maggiore, bisogna picchiare,
Bisogna sparare”
Cinque ore di sciopero
E cinque morti all’officina di Portici
Quattro ore di tempo per parlare
La quinta ora per farsi ammazzare

Sciopero!
Per un lavoro da cane
Sciopero!
Per un salario da fame
Non si può, no non si può
Ammazzarci di fatica così

Suite per F. & F.
Tutti i tuoi compagni vicino a me
Stavano gridando insieme a te
E dicendo “basta all’autorità dei professori”
Eran pochi in classe quella mattina
Perché nell’assemblea del giorno prima
Si era già deciso di fare sciopero e corteo.
Eran le otto del mattino, le mani in tasca per il freddo
Tu camminavi per la strada
Con le compagne che già parlando fra loro
Dicevano “chissà cosa dirò a casa”.

C’era della gente vicino a te
Che diceva oggi non ci sarà
Una sola scuola che faccia un’ora di lezione.
Chi con la bandiera in una mano
Chi distribuiva un volantino
Con il viso stanco di chi non ha, non ha dormito.
Parlavano di cose che non capivi,
Dicevano cose che non sapevi,
Gridavano cose che non pensavi,
Urlavi con gli amici, la scuola, gli studenti,
Sentivi più lontano da scuola gli operai.

Tutta la tua vita hai pensato solo a te
E quello che tu vedi è così lontano da te
E ti senti come se, come se non ci fosse più
Nessuno al mondo che ti possa spiegare,
Ti faccia capire cosa è giusto e cosa no,
Non lo sai, no, oh no,
E non ci pensi più.

Succede all’improvviso, una mattina
Leggendo sul giornale di capire
Che tutto quello che fino al giorno prima
Sembrava la più pura verità
È solo un castello di bugie
Per tenere gli occhi chiusi e non vedere.

Ricordi quei discorsi di automobili e di ecologia
Pensando agli amici che ormai non vedi più.
Ricordi le serate a ballare tutti in compagnia
Ridendo della gente vestita meno bene di te.
È solo la vergogna, enon la nostalgia,
di tanti giorni stupidi, buttati proprio via.
Ti senti forse sola ma non hai rimpianti.

Tutti i tuoi compagni vicino a me
Stanno già gridando insieme a te
E dicendo “basta allo sfruttamento e alla repressione”
Chi con la bandiera in una mano
Chi distribuisce un volantino
Con il viso stanco di chi non ha, non ha dormito.
Eran le otto del mattino
Le mani in tasca per il freddo
A far picchetto fuori dei cancelli
Con i compagni che già parlando fra loro
Preparano con te la prossima riunione.

Tre fratelli contadini di Venosa
Faceva molto caldo in Lucania
Nel luglio ‘861
E la gente si sentiva già tradita
Da un’Italia non voluta e non capita.
Quel fucile alzato al cielo e mai usato
Non è pronto per Vittorio Emanuele
Tre fratelli contadini di Venosa
Si rifiutano di metter la divisa.

Con le foglie dell’autunno sulla strada
È difficile seguire i loro passi
Già si è sparsa qua e là la loro fama,
Coi briganti han firmato un proclama
“contadini rimasti sulla terra
non avete proprio nulla da temere
su nei boschi siamo tanti e bene armati
e i soprusi saranno vendicati”

Con il freddo dell’inverno nelle ossa
E la voglia del fuoco di un camino
I fratelli contadini sono stanchi
E camminano nel chiaro del mattino.
Il 21 di gennaio, sant’Agnese,
I soldati hanno teso un’imboscata
Li hanno uccisi a un chilometro da casa
Li han portati sulla piazza di Tre fratelli contadini di Venosa
Faceva molto caldo in Lucania
Nel luglio ‘861
E la gente si sentiva già tradita
Da un’Italia non voluta e non capita.
Quel fucile alzato al cielo e mai usato
Non è pronto per Vittorio Emanuele
Tre fratelli contadini di Venosa
Si rifiutano di metter la divisa.

Con le foglie dell’autunno sulla strada
È difficile seguire i loro passi
Già si è sparsa qua e là la loro fama,
Coi briganti han firmato un proclama
“contadini rimasti sulla terra
non avete proprio nulla da temere
su nei boschi siamo tanti e bene armati
e i soprusi saranno vendicati”

Con il freddo dell’inverno nelle ossa
E la voglia del fuoco di un camino
I fratelli contadini sono stanchi
E camminano nel chiaro del mattino.
Il 21 di gennaio, sant’Agnese,
I soldati hanno teso un’imboscata
Li hanno uccisi a un chilometro da casa
Li han portati sulla piazza di Venosa.