LUCIANO CILIO
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Erano gli struggenti anni Settanta, e la napolitudine invadeva le classifiche discografiche. Luciano Cilio, un giovane che aveva collaborato con il Teatro Esse come attore e come musicista, decideva di tentare una performance doppia lungo le rive della Senna, con sitar ed altri strumenti. Proveniva dal sitar e dalla chitarra, ma suonava un poco anche il pianoforte. Aveva partecipato ai primi lavori di Alan Sorrenti, giungendo ad essere stimato anche nell’ambiente musicale degli orecchianti, o dei talenti non inscatolati nelle rigide partizioni tipiche della musica classica doc. Nel 1971 incideva alcuni brani nello studio del mitico Shawn Philips, per strumenti tradizionali o ancora per sitar. Cercava evidentemente di raggiungere e formare a sua volta il pubblico dei giovanissimi. Un pubblico per una nuova musica, davvero mai ascoltata, che Cilio affermava di sentire e perseguire seguendo l’utopia, coniata da altri, di una musica del futuro al di là “della retorica delle fabbriche occupate”, delle barriere accademiche di cui si era stufato. Finalmente, nel 1977, riusciva a pubblicare un disco per la Emi italiana, vendendo pochissime copie, ma raccogliendo l’adesione entusiastica dei critici e dei colleghi della musica cosiddetta ‘colta’. L’album, con brani di una bellezza struggente ed insuperata, si chiamava
Dialoghi del presente, un presente rappresentato da chi aveva già raggiunto la
consapevolezza che la fase inespressiva dello sperimentalismo era finalmente morta, e che sia Cage che Boulez erano eroi da superare. Dopo di allora, una serie di fortunate rassegne musicali, con l’ingresso nelle sale da concerto tradizionali, e la partecipazione ai più importanti dibattiti culturali della sua città, Napoli. Poi lo storico concerto per Demetrio Stratos di Milano. Inaspettata, nel 1983, la morte, giunta all’apice della carriera, ma anche al culmine di una fase della sua produzione assai prossima al silenzio. Da allora,
Napoli ha dapprima tentato debolmente di commemorare il geniale compositore, poi l’uomo di cultura, invano. Ancora oggi tutto tace, eccettuate le poche iniziative prese da chi gli fu amico, lavorando con lui e conoscendolo. Un’altra scommessa perduta da una città che arrogantemente ritiene di essere una capitale della cultura. DISCOGRAFIALP
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