Cantacronache 
IL TARLO
TESTO E MUSICA DI F. AMODEI
In una vecchia casa, piena di cianfrusaglie,
di storici cimeli, pezzi autentici ed anticaglie,
c’era una volta un tarlo, di discendenza nobile,
che cominciò a mangiare un vecchio mobile.
Avanzare con i denti
per avere da mangiare
e mangiare a due palmenti
per avanzare.
Il proverbio che il lavoro
ti nobilita, nel farlo,
non riguarda solo l’uomo,
ma pure il tarlo.
Il tarlo, in breve tempo, grazie alla sua ambizione,
riuscì ad accelerare il proprio ritmo di produzione:
andando sempre avanti, senza voltarsi indietro,
riuscì così a avanzar di qualche metro.
Farsi strada con i denti
per mangiare, mal che vada,
e mangiare a due palmenti
per farsi strada.
Quel che resta dietro a noi
non importa che si perda:
ci si accorge, prima o poi,
ch’è solo merda.
Per legge di mercato, assunse poi, per via,
un certo personale, con contratto di mezzadria:
di quel che era scavato, grazie al lavoro altrui,
una metà se la mangiava lui.
Avanzare, per mangiare
qualche piccolo boccone,
che dia forza di scavare
per il padrone.
L’altra parte del raccolto
ch’è mangiato dal signore
prende il nome di "maltolto"
o plusvalore.
Poi, col passar degli anni, venne la concorrenza
da parte d’altri tarli, colla stessa intraprendenza:
il tarlo proprietario ristrutturò i salari
e organizzò dei turni straordinari.
Lavorare a perdifiato,
accorciare ancora i tempi,
perché aumenti il fatturato
e i dividendi.
Ci si accorse poi ch’è bene,
anziché restare soli,
far d’accordo, tutti insieme,
dei monopoli.
Si sa com’è la vita: ormai giunto al traguardo,
per i trascorsi affanni il nostro tarlo crepò d’infarto.
Sulla sua tomba è scritto:
PER L’IDEALE NOBILE
DI DIVORARSI TUTTO QUANTO UN MOBILE
CHIARO MONITO
PER I POSTERI
QUESTO TARLO
VISSE
E
MORI’.

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