FAR FINTA DI ESSERE SANI (1973)

Le canzoni dello spettacolo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini presentato dal Piccolo Teatro di Milano nella stagione 1973/74

FAR FINTA DI ESSERE SANI
Vivere, non riesco a vivere,
ma la mente mi autorizza a credere
che una storia mia, positiva o no,
è qualcosa che sta dentro la realtà.
Nel dubbio mi compro una moto,
telaio e manubrio cromato,
con tanti pistoni, bottoni e accessori più strani:
far finta di essere sani.
Far finta di essere insieme a una donna normale,
che riesce anche ad esser fedele,
comprando sottane, collane e creme per mani,
far finta di essere sani,
far finta di essere...
Liberi, sentirsi liberi
forse per un'attimo è possibile
ma che senso ha, se è cosciente in me
la misura della mia inutilità.
Per ora rimando il suicidio
e faccio un gruppo di studio,
le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani,
far finta di essere sani.
Far finta di essere un'uomo con tanta energia
che va a realizzarsi in India o in Turchia,
il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani,
far finta di essere sani,
far finta di essere...
Vanno, tutte le coppie vanno,
vanno la mano nella mano,
vanno, anche le cose vanno,
vanno, migliorano piano piano:
le fabbriche, gli ospedali,
le autostrade, gli asili comunali,
e vedo bambini cantare,
in fila li portano al mare,
non sanno se ridere o piangere,
batton le mani,
far finta di essere sani,
far finta di essere sani,
far finta di essere sani.

CERCO UN GESTO, UN GESTO NATURALE
Mi guardo dal di fuori come fossimo due persone,
osservo la mia mano che si muove, la sua decisione,
da fuori vedo chiaro, quel gesto non è vero
e sento che in quel movimento io non c’ero.
A volte mi soffermo e guardo il fumo di una sigaretta,
la bocca resta aperta forse troppo poi si chiude in fretta,
si vede chiaramente che cerco un’espressione,
che distacco, che fatica questa mia finzione.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio,
cerco un gesto, un gesto naturale
intero come il nostro Io.
E invece non so niente, sono a pezzi, non so più chi sono,
capisco solo che continuamente io mi condiziono,
devi essere come un uomo, come un santo, come un dio,
per me ci sono sempre i come e non ci sono io.
Per tutte quelle cose buone che non ho ammazzato,
chissà nella mia vita quante maschere ho costruito,
queste maschere ormai sono una cosa mia,
che dolore che fatica buttarle via.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio,
cerco un gesto, un gesto naturale
intero come il nostro Io.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio,
cerco un gesto, un gesto naturale
intero come il nostro Io.

LA COMUNE 
Da una vita ci guardiamo,
si va bene ci vogliamo bene,
ma come tutti ci isoliamo,
ci dev’essere per forza un’altra soluzione.
Forse la comune…
non ha senso la famiglia coniugale,
ho bisogno di trovare un’apertura
a una vita troppo chiusa, troppo uguale.
Forse la comune…
dove ognuno può portare le sue esperienze,
un po’ stretti, qualche volta in poche stanze,
ogni tanto qualche piccola tensione.
"Qualcheduno m’ha svegliato
e adesso non riesco più a dormire.
Chi s’è bevuto il mio caffè,
chi s’è messo ancora il mio costume.
Tento la comune…
specialmente per i figli uno spazio nuovo,
per ognuno tante madri e tanti padri,
voglio dire senza madri e senza padri.
Tento la comune…
non esiste proprio più niente che sia possesso
ed è molto più normale volersi bene,
finalmente non è un problema nemmeno il sesso.
Da te non me l’aspettavo,
ti credevo una ragazza sana,
e pensare che ti stimavo,
ti comporti come una puttana!
Amo la comune…
la tua donna preferisce un altro ma è naturale,
non fa niente se si ingrossa la tensione,
poi l’angoscia, poi la rabbia più bestiale.
Amo la comune…
senza più nessun ritegno si arriva ad odiarsi,
e alla fine quando esplode la tensione
come bestie, come cani ci si sbrana a morsi.
"Sì, ci odiamo, ci ammazziamo,
sì, ci sbraniamo per il caffè,
chissà cosa c’è sotto a quel caffè,
c’è l’odio, l’invidia, la gelosia,
c’è la solita merda che ritorna fuori,
e allora ci ammazziamo, sì, ci sbraniamo.
Meglio la comune,
meglio la comune,
meglio la comune.
Meglio la comune che dirci:
"Buongiorno cara, hai dormito bene.
Te l’avevo detto che il Serpax funziona.
Ah stasera vengono a cena i Cotinelli, mi fa piacere.
Sì grazie ancora un po’ di caffè."

IL DENTE DELLA CONOSCENZA
‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
In un posto qualunque si può dire dovunque
sembra proprio che sia nato un bambino,
è un bambino normale, non è molto speciale
tranne il fatto che ha uno strano dentino
e fa ‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
Né la mamma né i dottori sanno cosa sia,
non è previsto dalla scienza,
per capirci chiameremo questa anomalia
il dente della conoscenza.
‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
Nella sua torre tutta d’avorio
il genio studia le sue carte,
concentrazione, ispirazione,
la sua cultura, la sua arte.
Po-po-po…
In un dente normale non c’è niente di male
ma per colpa di uno strano destino
ci risulta dai dati che altri figli son nati
tutti quanti con lo stesso dentino
e fanno ‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
C’è chi dice che quel dente sia la garanzia
di una precoce adolescenza,
per il latte della mamma hanno l’allergia
ma succhiano la conoscenza
e fanno ‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
Nella sua torre il genio studia
di questi denti la ragione,
guarda il problema tecnicamente
e ne propone un’estrazione.
Po-po-po…
Con i loro dentini te li trovi davanti
sembra proprio che il tuo sangue li attiri,
non frequentano scuole, non consultano libri,
danno morsi come fanno i vampiri
e fanno ‘TICK’ e poi ‘SHHH’,
‘TICK’ e poi ‘SHHH’.
E succhiando entra in loro tutto ciò che sai,
livellano l’intelligenza,
la cultura, il suo potere sono in crisi ormai
col dente della conoscenza.
Han circondato anche la torre,
il genio grida che non vuole,
gli hanno succhiato un po’ di sangue,
non gli hanno mica fatto male,
ma adesso sanno già tutto quello che sa lui
non se n’era accorto,
ha perso il suo potere, è un uomo come noi…
Uguale? Uguale.
Giustamente morto.
"Poveretto. Come mi dispiace.
Una così brava persona".

IL NARCISO
(parlato) No, vedi cara, per me l'amore... non ho problemi. Sono cose normali. Uno lo può fare con chi vuole... uomini, donne, animali, caloriferi... va bene tutto. Solo che io, con te, insomma... con una donna...
Io, con una donna, mi sento,
mi riconosco, mi ritrovo, mi invento;
mi realizzo, mi rinnovo, mi miglioro,
perché io, con una donna, mi innamoro.
(parlato) Sì, mi innamoro perché, voglio dire... il mio corpo... cioè...vedi, tu sei lì, no, allora io... abbraccio, e le mie braccia, le mie spalle, il mio petto... stimolante... è tutta una roba che... che eccitazione... Dio, come mi amo!
Io, con una donna, ho più coraggio,
mi accarezzo, mi tocco, mi corteggio;
mi incammino verso il letto e penso a dopo,
perché io, con una donna, mi scopo.
(parlato) Ah, come sto bene... che potenza!... Beh? Chi è questa qui? Da dove viene? Ero qui che mi amavo... mezza nuda, senza sottana... Cosa vuoi? Vuole i bacini, la puttana!

DALL’ALTRA PARTE DEL CANCELLO
Ho visto un uomo matto
è impressionante come possa fare effetto,
un uomo solo dimenticato, abbandonato,
dietro le sbarre sempre chiuse di un cancello.
Noi fuori dal cancello,
noi che siamo normali, noi possiamo far tutto,
noi che abbiamo la fortuna di esser sani,
noi ragioniamo senza perdere la calma
col controllo di noi stessi senza orribili visioni.
Noi siamo sani, noi siamo sani,
noi siamo fuori dai problemi della psiche,
sempre in pace col cervello e con i nostri sentimenti,
così normali i nostri gesti equilibrati
non danneggiano nessuno, sempre lucidi e coscienti.
Noi siamo sani, noi siamo sani, noi siamo normali,
noi che sappiamo di cantare sul cervello,
siamo sicuri, siamo forti, siamo interi,
e noi dall’altra parte del cancello.
Un uomo, lo sguardo fisso,
un uomo solo alla ricerca di se stesso,
un uomo a pezzi, così impaurito, così bloccato,
dietro le sbarre sempre chiuse di un cancello.
Noi fuori dal cancello,
noi che siamo normali, noi possiamo far tutto,
noi che abbiamo la fortuna di esser sani,
possiamo avere un buon lavoro, una famiglia
sempre unita, un’esistenza piena di rapporti umani.
Noi siamo sani, noi siamo sani, noi siamo normali,
noi che abbiamo gli strumenti per poterci realizzare
con un titolo di studio,
si può viaggiare, si può avere il passaporto, la patente,
il porto d’armi e la domenica allo stadio.
Noi siamo sani, noi siamo sani, noi siamo normali,
noi che sappiamo di contare sul cervello,
noi prepariamo i nostri figli per domani,
e noi da quale parte del cancello,
da quale parte del cancello.
Siamo proprio normali, noi possiamo far tutto,
noi che abbiamo la fortuna di esser sani,
noi ragioniamo senza perdere la calma
col controllo di noi stessi senza orribili visioni.
Noi siamo sani, noi siamo sani,
noi siamo fuori dai problemi della psiche,
sempre in pace col cervello e con i nostri sentimenti,
così normali i nostri gesti equilibrati
non danneggiano nessuno, sempre lucidi e coscienti.
Noi siamo sani, noi siamo sani, noi siamo normali,
noi che sappiamo di cantare sul cervello,
noi prepariamo i nostri figli per domani,
e noi da quale parte del cancello,
da quale parte del cancello.
Siamo proprio normali, noi possiamo far tutto,
noi che abbiamo la fortuna di esser sani,
possiamo avere un buon lavoro, una famiglia
sempre unita, un’esistenza piena di rapporti umani.
Noi siamo sani, noi siamo sani,
Noi siamo sani, noi siamo sani,
Noi siamo sani… 

IL BLOCCATO
Scegliere è un problema,
io non faccio il gioco del sistema.
Io sto molto attento
non sopporto il condizionamento.
Io per esempio Facchetti
non lo conosco non so neanche chi sia.
Che autonomia!
Politicamente non mi inquadro
sono diffidente.
E per propria scelta
fuggo dalla persuasione occulta.
Io fra l’altro non ce l’ho
ma anche di passaggio non la guardo mai la televisione.
Che autogestione!
Mi dispiace proprio non ne ho
di sovrastrutture.
Io non le accetto le combatto.
Certamente mi controllo un po’,
gli altri fanno tutto,
incoscienti, un po’ deficienti, venduti, pecoroni.
Nel senso che la mia morale
non ha niente di convenzionale.
Odio il sentimento
rende falso il mio comportamento.
Io per dire non ho mai
regalato un cioccolatino al mio amore.
Che rigore!
Ed è naturale
che alla "Bussola" mi trovo male.
Anche per il sesso
amo ma rifiuto il compromesso.
Io normalmente affronto il coito
solo se la donna è proprio mia.
Che autarchia!
Mi dispiace io non rischio mai
neanche un cedimento.
O son perfetto o non mi butto.
Certamente io mi blocco un po’,
gli altri fanno tutto,
ma proprio tutto, anche l’amore, però?
D'altronde io controllo i gesti
perché siano equilibrati e giusti.
Studio le mie braccia,
curo le espressioni della faccia.
Oramai non muovo un muscolo
ma quel che conta è la misura.
Che struttura!
Anche le corde vocali, anche la bocca, silenzio, zitto, bast…, bass… 

LA MARCIA DEI COLITICI
(parlato) All’oppressione, allo sfruttamento, alla violenza ognuno reagisce come può. C’è chi soffre, chi si dispera, chi si ribella. A me……
è venuta la colite,
ho lo spasmo intestinale,
forse non ci crederete
ma non è un caso personale,
non digerisco nemmeno il sistema,
non so se capite l’urgenza,
siamo già in molti,
è un grosso problema
la nostra colite che avanza.
E noi colitici
che siamo tutti un po’ psicosomatici,
sensibili ai problemi più drammatici
degli stomaci.
Non con la mente
ma visceralmente abbiamo i nostri slanci.
E noi colitici
che siamo tutti un po’ psicosomatici,
sensibili ai problemi più drammatici
degli stomaci.
Non con la mente
ma visceralmente abbiamo i nostri slanci.
(parlato) gastritici, ulcerosi, stitici e psicosomatici in genere lasciate a casa le vostre antispasmine, i lassativi, le citrosodine e seguiteci, siamo l’avanguardia, l’avanguardia colitica.
Noi che abbiamo la colite,
noi ci siamo ribellati,
forse non ci crederete
ma siamo "coliticizzati".
Il movimento ha una linea speciale
basata su un gruppo d’azione
e sui volantini di carta sottile
parliamo di rivoluzione.
E noi colitici,
un po’ individualisti ma simpatici,
insieme diventiamo più politici
ma democratici.
Ci organizziamo ed uniti marciamo
sicuri del successo.
E noi colitici,
un po’ individualisti ma simpatici,
insieme diventiamo più politici
ma democratici.
Ci organizziamo ed uniti marciamo
sicuri del successo,
sicuri del successo…
al cesso!!!

UN'IDEA
Un'idea, un concetto, un'idea,
finché resta un' idea, è soltanto un'astrazione,
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
In Virginia il signor Brown
era l'uomo più antirazzista,
un giorno sua figlia sposò
un uomo di colore,
lui disse: "Bene!"
ma non era di buonumore.
Ad una conferenza
di donne femministe
si parlava di prender coscienza
e di liberazione;
tutte cose giuste
per un'altra generazione.
Un'idea, un concetto, un'idea,
finché resta un' idea, è soltanto un'astrazione,
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
Su un libro di psicologia
ho imparato a educare mio figlio,
se cresce libero il bimbo
è molto più contento!
L'ho lasciato fare
m'è venuto l'esaurimento!
Il mio amico voleva impostare
la famiglia in un modo nuovo
e disse alla moglie:
"Se vuoi mi puoi anche tradire!"
Lei lo tradì,
lui non riusciva più a dormire
Un'idea, un concetto, un'idea,
finché resta un' idea, è soltanto un'astrazione,
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
Aveva tante idee,
era un uomo d'avanguardia,
si vestiva di nuova cultura,
cambiava ogni momento,
ma quand'era nudo
era un uomo dell'ottocento!
Ho voluto andare
ad una manifestazione:
i compagni, la lotta di classe,
tante cose belle
che ho nella testa
ma non ancora nella pelle!
Un'idea, un concetto, un'idea,
finché resta un' idea, è soltanto un'astrazione,
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione,
la mia rivoluzione, la mia rivoluzione...

 IL GUARITO
Le sono molto grato, caro dottore,
per tutto ciò che lei ha fatto per me.
Vivevo con la mia famiglia e con la zia,
e mi perdevo, e non sapevo perché...
Lei disse: "La sua malattia è un caso di schizofrenia".
Infatti ero proprio fuori di me...
Poverina la mia mamma, poverino il mio papà,
tutto quello che hanno fatto per la mia felicità...
Poverina anche la zia, quanto mi ha voluto bene...
e i parenti quante pene, quante lacrime per me!
Le sono molto grato, caro dottore,
per sempre mi ha salvato dalla follia.
Sto proprio bene, ho le idee più chiare,
capisco quasi tutto, anche la zia...
Ora sono lucido e cosciente, controllo bene la mia mente,
le scrivo da un ufficio di polizia...
Ho ammazzato la mia mamma, ho ammazzato il mio papà...
ho ammazzato anche la zia per la mia felicità...
ho ammazzato i miei parenti, può capirmi solo lei...
l'avrei fatto da bambino, meglio tardi che mai.
parlato: Grazie dottore, ora sto veramente bene: sono proprio guarito!

UN'EMOZIONE
Io non appartengo a niente, figuriamoci all'amore...
Il mio amore è solamente quello che ti do...
A volte cresce il mio bisogno d'inventare,
ma come faccio a tirar fuori quello che non ho?
Un'emozione non so che cosa sia,
ma ho imparato che va buttata via...
Dolce prudenza, ti prego, resta ancora con me,
da tanto tempo non soffro grazie a te.
Un'emozione, lo so, esiste ancora,
ma ho imparato che può non esser vera...
Un'emozione sicura che sia dentro di noi,
per ritrovarsi e crescere con lei.
Una mano, una mano di donna appoggiata sul viso...
Il mio viso è fermo, la pelle di una mano...
Con dentro piccole vene intrecciate...
La mano lunga bianca della donna che amo...
La bocca, la bocca si fa più vicina per un contatto,
controllo il gesto ed ora siamo sul letto...
Una spallina che cade da sola...
E nel silenzio solo i nostri corpi in contatto...
La mia mano, meccanica, con gesti un po' studiati,
si muove più in fretta, ed ora siamo attaccati.
Si è stabilita un'intesa perfetta...
Controllo il mio corpo e studio l'entusiasmo, l'amore, l'orgasmo...
l'orgasmo...
Un'emozione non so che cosa sia,
ma ho imparato che va buttata via...
Dolce prudenza, ti prego, resta ancora con me,
da tanto tempo non soffro grazie a te.

QUELLO CHE PERDE I PEZZI
(parlato) Il polpaccio nella mia vita non è determinante! Ne posso benissimo fare a meno. Quando m’è caduto non me ne sono neanche accorto.Ahi, ahi, ahi, ahi!
Perdo i pezzi ma non è per colpa mia,
se una cosa non la usi non funziona,
ma che vuoto se un ginocchio ti va via,
che tristezza se un’ascella ti abbandona.
Che rimpianto per quel femore stupendo,
ero lì che lo cercavo mogio, mogio,
poi dal treno ho perso un braccio salutando,
mi dispiace che c’avevo l’orologio.
Ahi, ahi, ahi!
(parlato) Che distratto, perdo sempre tutto!
Passeggiavo senza stinchi col mio amore,
ho intravisto nei suoi occhi un po’ d’angoscia,
io l’amavo tanto e c’ho lasciato il cuore,
c’ho lasciato già che c’ero anche una coscia.
A una festa con gli amici ho perso un dito:
"Ve l’ho detto di non stringermi la mano!".
Son rimasto un po’ confuso e amareggiato
quando ho visto le mie chiappe sul divano.
Ahi, ahi, ahi!
(parlato) Che routine! Così uno si smonta! Guarda quello lì c’ha ancora una tibia. Che invidia!
C’è qualcuno che comincia a lamentarsi:
"Che disordine in città", io lo capisco,
tutto pieno di malleoli e metatarsi,
a momenti scivolavo su un menisco.
Oramai io camminavo con il petto,
c’era uno senza pancia, un po’ robusto,
era fermo e mi guardava con sospetto,
solidale c’ho lasciato mezzo busto.
Ahi, ahi, ahi!
(parlato) C’era lì anche un mendicante, senza gambe e senza braccia. Non lo cagava nessuno!
Con quel poco che c’ho ancora me la cavo,
non mi muovo ma ragiono molto bene,
ora c’ho praticamente un gran testone
e un testicolo per la riproduzione.
Ahi…
Va beh, vorrà dire che non farò sport!
Ahi…
Però mi vengono bene le parole crociate!
Ahi, ahi, ahi… 

E TU MI VIENI A DIRE
A Milano muoiono in circostanze misteriose
alcuni testimoni della strage di Stato,
intanto alla televisione Mariano Rumor
con calma esorta all’ordine il popolo italiano.
E tu mi vieni a dire "io amo" come se l’amore…
e tu mi vieni a dire "io muoio" come se la morte…
e tu mi vieni a dire "io soffro" come se il dolore…
A Roma gli uscieri gallonati di Palazzo Madama
danno il via ad una solenne cerimonia,
è venuta dal Vietnam del Sud una delegazione
confermando la loro amicizia alla nostra nazione.
E tu mi vieni a dire "io amo" come se l’amore…
e tu mi vieni a dire "io muoio" come se la morte…
e tu mi vieni a dire "io soffro" come se il dolore…
Capire cosa c’è dietro il dolore,
saperlo analizzare e motivare,
allora quel dolore è la mia rabbia
di fronte a repressioni sempre più allarmanti,
la rabbia di uno, la rabbia di tanti.
A Napoli così come fosse niente su una bancarella
tutta piena di coccarde tricolori,
c’erano ragazzi che chiedevano fondi
per il Movimento Sociale Italiano.
E tu mi vieni a dire "io amo" come se l’amore…
e tu mi vieni a dire "io muoio" come se la morte…
e tu mi vieni a dire "io soffro" come se il dolore…
Capire cosa c’è dietro il dolore,
saperlo analizzare e motivare,
allora quel dolore è la mia rabbia
di fronte a repressioni sempre più allarmanti,
la rabbia di uno, la rabbia di tanti.
Capire cosa c’è dietro il dolore,
saperlo analizzare e motivare,
allora quel dolore è la mia rabbia
di fronte a repressioni sempre più allarmanti,
la rabbia di uno, la rabbia di tanti,
la rabbia di uno, la rabbia di tanti,
la rabbia di uno, la rabbia di tanti.

TESTI E MUSICHE DI GIORGIO GABER - COLLABORAZIONE AI TESTI DI SANDRO LUPORINI -
ORCHESTRAZIONI DI GIORGIO CASELLATO - REGISTRAZIONI EFFETTUATE ALLA FONORAMA
DI MILANO TRA IL 12 E IL 20 SETTEMBRE 1973