DANS LA VILLE BLANCHE (1983)
Regia e soggetto: Alain Tanner; 
Fotografia (Eastmancolor) Acacio de Almeida; Scenografia: Maria Josè Branco; Musica: Jean-Luc Barbier; Montaggio: Laurent Uhler; 
Interpreti: Bruno Ganz, Teresa Madruga, Julia Vonderlinn, Josè Carvalho, Francisco Baiao, Josè Wallenstein, Victor Costa, Lidia Franco, Pedro Efe, Paulo
Branco, Ceciia Guimares, Joana Vicente; 
Produttori: Alain Tanner, Paulo Branco, Antonio Vaz Da Siiva; 
Produzione: Metro Filme (Lisbona) e Filmograph (Ginevra); 
durata: 108’.

Paul arriva dal mare. Ma quello che era il suo sogno di libertà («l’unico paese che ama è il mare») si è, col tempo, trasformato solo in duro lavoro. Macchinista su un cargo, «una fabbrica galleggiante». In giro per il mondo, coltiva una passione, quella di girare caricatori Super/8 da inviare, come lettere, alla moglie Elisa, che vive sulle sponde del Reno. Prima descrittivi, poi, via via sempre più dispersi e insensati, questi frammenti di cinema amatoriale e intimo, si incrociano, nel corso della narrazione, con il "vero" film in 35 mm., interrompendone e dilatandone la scrittura. Arrivato a Lisbona, Paul decide di lasciare che il tempo si "disfi". Conosce Rosa, di cui si innamora, senza, per questo, scordare la moglie. In questo fluire di passioni e sentimenti contrastanti, ma vitali, Paul fa conoscenza «della città bianca, del silenzio bianco della sua stanza, del bianco e nero della sua solitudine e del rumore nero della notte nei bar e nelle sale da biliardo». Ma sospendere il tempo e il senso della vita quotidiana, scegliendo uno spazio di utopia e interrompendo i contatti con il mondo (Paul nel frattempo ha lasciato ripartire la sua nave), non è cosa facilmente “vivibile”. Tutto, attorno al marinaio, comincia davvero a disfarsi e precipitare: gli rubano i soldi e poi lo accoltellano; Rosa, vista l’incapacità dell’uomo di decidere o forse solo per un equivoco, sparisce e va a Parigi, senza lasciare indirizzo; sua moglie gli dichiara guerra. Ferito come un animale, privato di tutto, Paul vende i suoi ultimi oggetti (il registratore e la cinepresa), cui tiene moltissimo e si rimette in treno alla volta del Nord da cui proviene. In treno «crede di indovinare, sul volto della donna seduta di fronte a lui, un sorriso. Almeno, è questo ciò che crede». Quel volto di donna è ripreso in Super/8, ma Paul non ha più la cinepresa. Il film si chiude dunque su un enigma. 
(Le frasi virgolettate sono tratte dalla trama del film scritta dal regista.)
Secondo le dichiarazioni di Tanner, l’idea per Dans la ville blanche gli è venuta dai suoi ricordi del Portogallo, dalle navi che risalivano l’estuario del fiume Tago e dall’aver visto in televisione un film con Bruno Ganz. Anche Tanner ha lavorato sulle navi mercantili da giovane, dopo aver concluso l’università a Ginevra, visitando gran parte della costa africana e leggendo nelle lunghe ore di navigazione i molti libri che si era portato dietro. Egli è quindi famigliare con quel senso di sospensione temporale che ben conoscono tutti coloro che solcano il mare, nonché con il rapporto di odio-amore che presto si stabilisce con la vita del marinaio, così come con la distorsione attraverso cui viene recepita la "normale" vita di terra. Basandosi su questo sentimento profondo, Tanner ha lasciato da parte per una volta uno dei temi fondamentali del suo cinema, il rapporto tra il tempo della Natura e il tempo della Storia, per concentrarsi su di un’altra relazione, più personale, ma altrettanto affascinante: quella tra tempo interiore e tempo oggettivo.