Cristina Mazzotti

Quello di Cristina Mazzotti, la studentessa diciottenne di Erba figlia di un mediatore di cereali, rapita il 30 giugno 1975 in Brianza e uccisa dai suoi rapitori, è sicuramente uno dei sequestri più drammatici che sia avvenuto in Italia. Tra l’altro, è sempre rimasto il sospetto che la ragazza fosse ancora viva quando è stata gettata, avvolta in un sacco di polietilene, in una discarica di rifiuti a Galliate, vicino a Novara.  Subito dopo il rapimento la chiusero in una botola scavata nel garage di una cascina di Castelletto Ticino, alta quasi un metro e mezzo, larga altrettanto e lunga quasi due metri e settanta. L’aria passava da un tubo di plastica di cinque centimetri di diametro. Rimase in quella specie di bara quasi un mese mangiando due panini al giorno; come contorno, farmaci ipnotico-sedativi alternati ad eccitanti per sostenerla. Ma la ragazza stava sempre peggio, la segregazione le provocava broncopolmonite, crampi, alterazione delle vene, piaghe da decubito, infezioni per mancata igiene. Decisero allora di trasferirla, e proprio durante il tragitto spirò, o meglio, ai carcerieri sembrò che non respirasse più. E così decisero di sbarazzarsene gettandola in un buco scavato in quella discarica. I genitori faticarono a riconoscerne il cadavere, quando fu ritrovato il 15 settembre. Quello stesso giorno avevano versato ai rapitori il riscatto di oltre i miliardo.

morteCMazzotti.jpg (15484 byte)Nello stesso periodo, oltre alla Mazzotti, ci sono altri quattro sequestrati, uccisi o scomparsi, che pesano sulla coscienza degli assassini. Si tratta del diciottenne Duccio Carta; di Emanuele Riboli, anch’egli diciottenne, ucciso nel novembre del 1974; di Giovanni Stucchi, 31 anni, che fu rapito il giorno seguente al sequestro Riboli, e di Carlo Saronio, il cui sequestro fu organizzato da Carlo Fioroni, nappista ed ex brigatista rosso. Per tutti questi ostaggi che non sono tornati a casa risulta che fu pagato il riscatto.  Oltre a questi casi dobbiamo ricordare: Paolo Giorgetti, 16 anni, figlio di un piccolo industriale, di lui sono rimaste solo ossa annerite, tre dita di una mano e tracce di cenere, nel bosco delle Groane tra Milano e Saronno. Nel novembre del ‘78 mentre si recava a scuola, lo avevano aggredito in tre con tanta violenza da ucciderlo. Poi, bruciarono il corpo. Così come fu bruciato Gianfranco Lovati, allevatore di Caorle. Nello stesso periodo, oltre alla Mazzotti, ci sono altri quattro sequestrati, uccisi o scomparsi, che pesano sulla coscienza degli assassini. Si tratta del diciottenne Duccio Carta; di Emanuele Riboli, anch’egli diciottenne, ucciso nel novembre del 1974; di Giovanni Stucchi, 31 anni, che fu rapito il giorno seguente al sequestro Riboli, e di Carlo Saronio, il cui sequestro fu organizzato da Carlo Fioroni, nappista ed ex brigatista rosso. Per tutti questi ostaggi che non sono tornati a casa risulta che fu pagato il riscatto. Oltre a questi casi Vanno ricordati i casi di Paolo Giorgetti, 16 anni, figlio di un piccolo industriale. Di lui non sono rimaste che ossa annerite, tre dita di una mano e tracce di cenere, nel bosco delle Groane tra Milano e Saronno. Nel novembre del ‘78 mentre si recava a scuola, lo avevano aggredito in tre con tanta violenza da ucciderlo. Poi, bruciarono il corpo. Così come fu bruciato Gianfranco Lovati, allevatore di Caorle. È stata una medaglietta col volto della Madonna e con la scritta "Ansi" sul retro, a farlo riconoscere dai familiari. Era in un’Alfetta data alle fiamme alla periferia di Sirmione, il 13 agosto 1975. Ecco come un pentito racconta la fine di Pietro Baldassini, industriale di Prato: "Avvolto in una coperta verde, giaceva in un angolo della casa. Giacomino Baragliu, il capobanda, dopo essere stato riconosciuto, decise di ucciderlo. Impugnò una lupara e, da meno di un metro, esplose una fucilata in pieno petto. Infilarono il cadavere in un sacco, gli tagliarono i piedi, lo legarono a un blocco di cemento e lo gettarono in una cisterna". Qui rimase quattro anni, ma sussiste il sospetto che sia stato addirittura straziato dai cani, affinché diventasse irriconoscibile. E molto probabile che Marzio Ostini, dirigente di un’azienda agricola, rapito il 31 gennaio 1977, sia stato addirittura dato in pasto ai maiali, per cancellare ogni traccia.

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