Sconosciuto
al grande pubblico Piero Ciampi
è morto nel 1980 per un cancro alla gola. Ha lasciato una manciata di canzoni uniche nel panorama della nostra canzone d'autore.
Anche se l'universo canzone a Ciampi è stato sempre molto stretto. Amico di artisti
come Carmelo Bene, di pittori come Mario Schifano, di scrittori come Mario Fusco, Ciampi è stato un intellettuale
di
assoluta vitalità, è stato soprattutto un giocatore: amava i cavalli, il
vino, le donne e a ogni cosa amata ha donato dei versi, una fetta di vita.
Nato a
Livorno, Ciampi non ha mai amato la sua città pur cantandola
spesso. Divenne
"marinaio" e la prima tappa fu Parigi dove, si dice, scrivesse poesie sulle tovaglie di carta dei bistrò,
frequentasse Celine e cantasse
in tre locali a sera, a duemila franchi per locale. Si meritò in breve
l'appellativo di Piero l'italianò, pseudonimo che usò,
italianizzandolo, per le sue prime incisioni italiane. A Parigi visse gli
ultimi sgoccioli della "mitica" città degli anni'50, si stufa però presto e ritorna in
Italia (dopo aver fatto un largo giro europeo). Alla canzone arriva
quasi per caso, diventando amico-nemico di Paoli e anche di Tenco. Chi lo trascinerà per i capelli nell'industria discografica
sarà Gianfranco Reverberi, ex commilitone. Così nel 1960 incide il
suo primo 45, "Conphiteor", cui seguirà, tre anni dopo, il primo
album "Piero Litaliano". In mezzo alcuni singoli. Il
lancio di Piero Litaliano comunque fallì e Ciampi ritornò ai suoi
vagabondaggi. Dopo il fallimento del primo matrimonio, con
relativo figlio e della seconda unione, con relativa figlia, Ciampi sposò la causa del vino, fino a
celebrarlo nella canzone omonima. La donna diventò così una specie di rivale/amante/amata/odiata;
pericolosissima ma necessaria. (continua)