"L'uccisore" è un romanzo da incubo,
violento, ma discontinuo. Probabilmente scritto parecchi anni prima della
sua pubblicazione, visto che negli ultimi recenti lavori Eraldo Baldini ha
dimostrato di essere un eccellente scrittore, una delle voci più
interessanti della narrativa italiana, e non solo del genere noir. Assai
abile nel ricostruire mondi scomparsi e creare atmosfere cupe, utilizzando
una prosa secca, efficace, sicura, martellante e non priva d'eleganza. Qui,
al contrario, c'è una specie di assemblaggio di materiali diversi, cuciti
insieme per narrare la storia di un nazista dall'adolescenza alla morte.
Hermann Maag, il protagonista del romanzo, è un uomo che gode, fin da
quand'era poco più di un bambino e militava nella Hitlerjugend, a fare del
male, a leggere negli occhi delle sue vittime la paura, il terrore per la
morte da lui provocata. Quando non può prendersela con i suoi simili (foss'anche un bambino o la sua stessa madre) si sfoga sugli animali. La guerra
sarà il suo periodo d'oro: gli permetterà d'agire alla luce del sole e di
raffinare la sua innata crudeltà. Ci vorranno parecchi decenni prima che
venga alla luce la sua vera natura e quando ciò accadrà, dopo aver commesso
un ultimo omicidio, l'uomo porrà fine alla sua vita da "uccisore"
impiccandosi senza titubanze.
A questo punto inizia un'altra storia collegata alla casa in Svizzera
dove Hermann Maag, il vecchio nazista, ha trascorso in isolamento gli ultimi
anni della sua squallida esistenza. Anche lo stile del libro cambia
rapidamente: il linguaggio crudo e secco si dilata, si fa più descrittivo,
con delle punte liriche e nostalgiche in netto contrasto con le pagine
precedenti. Ovviamente nulla dico del finale, sconvolgente, sì, ma
abbastanza prevedibile. Un libro che si legge con tensione e attenzione, ma
che alla fine non convince. Molto lontano dalla maestria di "Mal'aria".
"L'uccisore" sarebbe stato un lavoro assai più interessante, e meno
cronachistico, se le due parti fossero state invertite: il romanzo poteva
aprirsi su quella casa disabitata, con i misteri in essa racchiusi,
l'attrazione
malefica esercitata sui ragazzi della zona e solo dopo risalire
alla storia dell'uomo che vi aveva vissuto, ai suoi terribili omicidi. Sì,
sarebbe venuto meno il tragico colpo di scena finale, anticipato di
parecchie pagine, e certo le regole classiche del genere noir ne avrebbe
risentito: ma sarebbe stato così grave?
Theoria, 1996, pagg.109, £ 12.000
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