Le recensioni di Carlo Oliva
da Radio Popolare
gialloWeb


Eric Ambler, La maschera di Dimitrios (The Mask of Dimitrios, 1939), tr. it. di Franco Salvatorelli, "Gli Adelphi" n. 170 - Adelphi, 235 pagine, £ 18.000

Concludiamo alla grande le nostre conversazioni settimanali, occupandoci della ristampa di uno dei classici più bistrattati del genere spionistico noir: quel La maschera di Dimitrios del grande Eric Ambler che, pur essendo unanimemente riconosciuto come uno dei capolavori della narrativa di genere non è mai riuscito, in Italia, a trovare stabilmente la via dei lettori, nel senso che è sempre apparso in edizioni fugaci, irreperibili e per qualche verso insoddisfacenti: uno dei primi Gialli Mondadori del dopoguerra (si intitolava, figuriamoci, A caccia di un'ombra ed era, come d'uso, tagliatissimo); uno dei Rapidi dello stesso editore, mai ristampato dopo i primi anni '70, e un'edizione BUR del 1983, con una bella prefazione di Edmondo Aroldi, che è introvabile da anni. Per fortuna che l'Adelphi, che sta ristampando con grande parsimonia l'opera di Ambler, ne ha apprestato una nuova edizione (nella traduzione di Franco Salvatorelli, che non saprei dirvi se nuova o recuperata: quella della BUR era di Hilja Brinis) per la sua raffinata collana economica.
The Mask of Dimitrios (come suona il vero titolo originale: all'Adelphi in questo si sono sbagliati, indicando quello di una riedizione americana, A Coffin for Dimitrios) è la storia di Charles Latimer, che dalla relativa oscurità degli studi accademici di economia politica è passato al giallo (al giallo "scientifico", all'inglese, come si usava ai tempi suoi) e ne ha ricavato soddisfazioni, diritti di autore e notorietà e un bel giorno, a Istanbul, ha occasione di conoscere un ufficiale dei servizi turchi, che oltre a rendersi ridicolo insistendo per proporgli a ogni costo la trama di un giallo, una trama che più ridicola, banale e improponibile non se ne può immaginare una, gli spiega che i veri delinquenti e i veri delitti non sono, comunque, come quelli dei libri e, per illustrargli il concetto, gli mostra, all'obitorio, il cadavere di Dimitrios, un ex profugo greco di Smirne di scarsissimi scrupoli, coinvolto, successivamente, in un attentato ad Ataturk, in oscure vicende spionistiche nei Balcani, nel traffico di droga fra il Medio Oriente e Parigi e in chissà quante altre oscure e vergognose faccende e che è finito accoltellato da chissà chi nelle acque del Bosforo. Questo personaggio, sgradevole ma "vero", affascina lo scrittore, che decide di ricostruirne la carriera: comincia così una specie di indagine ufficiosa, ma non abbastanza ufficiosa per non concludersi con la scoperta, da parte dell'incauto indagatore, che da certi argomenti, tutto sommato, è meglio tenersi alla larga, perché che Dimitrios fosse finito accoltellato nel Bosforo, in fondo, glielo aveva detto soltanto il colonnello Haki e dei colonnelli dei servizi, in Turchia e altrove, è sempre meglio fidarsi il meno possibile. E se il colonnello (che, tra parentesi, in una breve apparizione cinematografica tratta da un altro romanzo di Ambler avrebbe avuto il volto di Orson Welles) aveva dimostrato di non capire niente di gialli, Latimer, a sua volta, dimostrerà di non capire niente di come funziona, nella realtà, il mondo della malavita. Da questa duplice ignoranza speculare, da questa contrapposizione squisitamente ideologica, emerge una delle descrizioni più sobriamente efficaci, più convincenti e godibili, della crisi europea del periodo tra le due guerre, a dimostrazione che anche da un giallo si può trarre una efficace lezione di economia politica. Ma naturalmente il motivo per cui vi consiglio di non farvi sfuggire a nessun costo La maschera di Dimitrios è che si tratta di un grandissimo romanzo, con dei personaggi straordinari e una trama che, nonostante tutte le implicazioni ideologiche e teoriche di cui sopra, non può fare a meno di affascinare chi vi ci si accosta, fosse pure per la ventesima volta.

E con questo, amici miei, per questa stagione abbiamo finito. Si avvicina l'estate, le case editrici inondano di gialli le librerie, nella convinzione che la letteratura di genere si addica particolarmente alle sedie a sdraio sotto gli ombrelloni o alle amache stese tra i pini in montagna, ma noi, che leggiamo tutto l'anno, sappiamo che il periodo delle vacanze è particolarmente adatto per riprendere in mano i classici dell'altra sponda, quelli che di solito siamo troppo occupati per rivedere. Per quanto mi riguarda, forse è la volta che mi deciderò a riprovarci con Guerra e pace. Ma non è questo un campo in cui dobbiate aver bisogno dei miei consigli. Ci risentiamo in autunno.

05 Giugno 2000


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