Le recensioni di Carlo Oliva
da Radio Popolare
gialloWeb


Massimo Carlotto, Il corriere colombiano, "Dal mondo / Noir" - edizioni e/o", 213 pagine, £ 25.000

I gialli di Massimo Carlotto, com'è noto, si basano su una specie di paradosso narrativo. Da un lato c'è il protagonista, Marco Buratti detto l'Alligatore, ex galeotto (innocente), ex cantante di blues, attualmente investigatore privato, o, piuttosto, consulente investigativo di avvocati difensori bisognosi di rapporti con il mondo della malavita. Un personaggio pittoresco, tanto pittoresco da rasentare l'improbabilità, con la sua corte di gangster tradizionalisti e di analisti postsessantottini, con il suo atteggiamento di giustiziere indipendente, con le sue eccentriche mises, con la sua resistenza agli abusi alcoolici (e la preferenza per certe miscele che stomacherebbero un rinoceronte) e - soprattutto - con quel modo di fare tra il cinico e il romantico disperato che ne fa, a prima vista, l'erede canonico di tutta una prosapia di eroi "neri".
Dall'altra parte ci sono le storie, le trame, che risultano solidamente fondate sulla cronaca nera contemporanea e su un'analisi, amara ma fin troppo credibile, del funzionamento del sistema giudiziario italiano. L'Alligatore è stato in galera perché, quando correvano gli anni di piombo, un qualche PM aveva voluto far quadrare a tutti i costi un teorema, e aveva trovato senza difficoltà il "pentito" disposto ad avvalorarlo (e qualcosa del genere, si sa, è capitato a suo tempo all'autore): le sue storie, nonostante la caratterizzazione "di genere" dei protagonisti, rappresentano una sorta di appassionato atto di accusa contro un sistema che non sa rispettare le sue stesse regole e finisce così per dare via libera a una malavita internazionale sempre più spietata, una malavita che nella collusione a tutti i livelli con l'autorità costituita trae, non che protezione e impunità, nutrimento vitale. E anche se, in genere, dalla narrativa a tesi siamo portati a diffidare, la passione civile con cui Massimo s'impegna nella sua attività di romanziere (è autore, come ricorderete, anche di notevoli saggi-reportages, tra cui vi ricordo lo splendido Le irregolari, dedicato ai desparecidos argentini) è tale da farci sorvolare sulle non molte ingenuità strutturali e sulle occasionali goffaggini stilistiche che appesantivano, specialmente all'inizio, la sua prosa.

All'inizio, perché Carlotto ormai di strada ne ha fatta parecchia. Questo Corriere colombiano, il quarto romanzo della serie, che affronta, sulla base di una documentazione davvero notevole, frutto di un vero e proprio lavoro di indagine, il tema del traffico della droga nella ricca provincia italiana (l'Alligatore e i suoi amici operano nel Nord Est, e conoscono tutti i lati oscuri di quel "miracolo" economico e sociale), narrativamente va giù che un piacere. È una storia tesa, asciutta, piena di notazioni preziose e di risvolti drammatici. Anche i personaggi stanno perdendo quei loro atteggiamenti un po' fumettistici, quelle caratterizzazioni vagamente esagerate di cui vi dicevo, e si sono conquistati una loro umana credibilità: Buratti, forse, è ancora un po' troppo consapevole di sé, un po' troppo propenso a teorizzarsi adosso, ma i suoi due soci, il gangster Rossini e l'ex latitante Max la Memoria, sono cresciuti quanto basta per poterlo tenere sotto controllo. E la trama, dalla quale si apprende come polizia e guardia di finanza, pur di organizzare, grazie alla collaborazione del pentito di turno, un'operazione speciale destinata a fare clamore, non si peritano di incastrare il solito povero Cristo che non c'entra niente, è condotta con straordinaria maestria. Nel complesso, un bell'esempio di giallo impegnato sul piano civile, oltre che un vero romanzo.

14 Maggio 2000


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