Le recensioni di Carlo Oliva
da Radio Popolare
gialloWeb


Philip Luber, Perdona i nostri peccati (Forgive Us Our Sins, 1994), tr. it. di Cecilia Scerbanenco, "Giallo&nero" - Hobby & Work, 335 pagine, £ 19.000

Immaginate di essere uno scrittore: di avere scritto, fra l'altro, un romanzo tipo Rambo, di quelli che andavano di moda una decina d'anni or sono, la storia di un reduce del Vietnam, o di qualsiasi altra guerra, che va fuori di testa e una mattina entra in un centro commerciale armato di mitraglia e fa la sua brava strage. E un bel giorno leggete sul giornale che un reduce del Vietnam è effettivamente entrato in un centro commerciale e ha effettivamente fatto una strage, proprio come nel vostro libro. Anzi, a casa sua hanno trovato proprio una copia del volume in questione e tutto fa pensare che da esso il folle (se è un folle) abbia tratto ispirazione e incoraggiamento. Una notizia del genere, naturalmente, è quanto Dio comanda dal punto di vista delle vendite; da quello della vostra salute mentale, invece, se appena appena avete una minima propensione al senso di colpa, non sarà altrettanto piacevole. Per cui, consumati dal rimorso, vi dedicherete a una ricerca sulle reazioni psicologiche dei parenti delle vittime dei fatti di sangue: ne parlerete nel corso di un'intervista televisiva e, come inattesa conseguenza, riceverete con la prima posta la lettera di un serial killer che apprezza il vostro impegno e vi annuncia che ha deciso di tenervi informato, passo passo, delle sue attività future. E a questo punto provate a fermarlo se ne siete capace.

È una situazione un po' complicata, forse non precisamente realistica, ma come base di un noir può funzionare. E infatti è la situazione di partenza di questo Perdona i nostri peccati di Philip Luber, pubblicato, nella traduzione della brava Cecilia Scerbanenco, nella collana "Giallo&nero" della Hobby & Work. L'originale risale al 1994 ed è il primo di una serie di thriller che l'autore, americano di Boston, psicologo e criminologo, ha dedicato al personaggio di Harry Kline, psichiatra, autore di best seller, vedovo inquieto con una figlia pre-adolescente, coinvolto spesso in fatti di cronaca nera. In Italia non ne avevamo mai sentito parlare e dobbiamo essere grati a Luigi Sanvito che ha deciso di farceli conoscere, perché, a giudicare da questo primo assaggio, si tratta di gialli piuttosto notevoli.

Oh, sì. Questa del medico vedovo con figlia a carico è una situazione che ai gialllofili di una certa età può ricordare l'impianto di una vecchie serie degli anni '50: quella del dottor Westlake e di sua figlia Dawn, di un non meglio noto Jonathan Stagge: cinque o sei romanzi ambientati anch'essi nel New England, pubblicati a suo tempo in Italia dalla Mondadori e oggi praticamente scomparsi dalla circolazione. Non erano, in realtà, dei brutti gialli: non per niente sotto la firma di Jonathan Stagge si celava un'équipe di autori che sapevano il fatto loro, quelli, per intenderci, che firmavano più comunemente come Patrick Quentin. Ma erano prodotti tipici del gusto dell'epoca: delle storie garbate, con dei personaggi accattivanti e solo appena un po' patetici, che risolvevano con garbo dei complicati misteri più simili a puzzles da settimanale enigmistico che ad autentici problemi polizieschi. Le avventure di Harry Kline, invece, sono tipiche del gusto di oggi: sono storie violente e sanguinose, ostentatamente realistiche (anche se, come dicevamo prima, le situazioni di fondo sono un po' troppo complicate per essere credibili fino in fondo) e rimandano a un mondo piuttosto povero di valori base e a una realtà urbana e sociale impazzita in cui è difficile trovare norme e modelli di ragionevole comportamento. Ma che volete farci: al di là delle mode e dei modelli (che, nel caso, sono abbastanza ovvii perché possa esimermi dal segnalarveli) Perdona i nostri peccati resta una storia ben costruita, dallo svolgimento sicuro e con un finale adeguatamente a sorpresa, che non vi farà rimpiangere le ore di lettura che vi dedicherete. E non preoccupatevi troppo della bambina: l'autore sa tenerla al suo posto. Buona lettura e alla prossima.

27 Febbraio 2000


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