Le recensioni di Carlo Oliva
da Radio Popolare
gialloWeb


Nicoletta Vallorani, Le sorelle sciacallo, "Vox noir" - Derive e approdi, 164 pagine, £ 16000

Da Coumayeur, nello scorso dicembre, vi avevo promesso di parlarvi dell'ultimo romanzo di Nicoletta Vallorani, che al Noir in Festival era entrato nella rosa finale dei candidati al Premio Scerbanenco e, a mio parere, avrebbe ampiamente meritato di vincerlo. Lo faccio adesso, scusandomi per il ritardo, anche perché di questo libro, per più versi degno di nota, si è parlato davvero un po' poco. Sì, sono cose che succedono, ma non dovrebbero.

La Vallorani, ricorderete, è una scrittrice piuttosto anomala. E non soltanto dal punto di vista dei generi, visto che è arrivata al noir partendo dalla fantascienza e che tratta la fantascienza come se partisse dal noir (e il noir come se partisse da chissà dove). Anche dal punto di vista della scrittura, che la sua tecnica è quanto di più personale si possa immaginare e dimostra una spiccata allergia alle mode e alle convenzioni di qualsiasi tipo. Il fatto è che non si tratta semplicemente di una scrittrice originale: lei è una scrittrice che s'impegna sull'originalità: che organizza le sue trame in un equilibrio, precario, ma affascinante, tra innovazione formale e convenzioni di genere e riesce, per quanto sembri strano, a farcele leggere tutte di un fiato.

Gli ultimi due romanzi di Nicoletta erano La fidanzata di Zorro, del '96, e Cuore meticcio, del '98: insieme costituivano una specie di saga, che speriamo non si sia conclusa, imperniata sul personaggio di Zoe, spazzina vagamente bulimica e dal cuore tenero, investigatrice occasionale e animatrice più o meno motivata di una sorta di comunità alternativa, insediata, all'insaputa dei più, nelle pieghe della nostra città. Erano opere difficili da classificare, visto che contaminavano l'impianto giallo con una pluralità di elementi di varia natura, dal comico al sentimentale (per non dire di una buona dose di critica militante all'ideologia corrente), ma alla lettura risultavano assolutamente affascinanti. Come affascinante è questo Sorelle sciacallo, che riprende, invece, temi e motivi del primo noir dell'autrice, quel Dentro la notte e ciao che, tanto ha contribuito, nel '95, alla prima esplosione del noir italiano. Ce ne restituisce l'atmosfera onirica e allucinata, l'interesse partecipato per il mondo dei marginali e degli esclusi, la costruzione a più voci. E ne riprende anche una delle voci narranti, quella di Ciro, strano tassista milanese, che allora aveva soprattutto la funzione di scandire, con i suoi misteriosi passaggi e i suoi enigmatici commenti, il fluire della notte, dando un ordine e una struttura al caos della realtà, e che oggi, invece, ha deciso di farsi personaggio a tutti gli effetti.
La storia, in sostanza, è quella del viaggio che Ciro intraprende con il suo taxi verso chissà quale meta, insieme a Sara, vedova bambina incapace di rassegnarsi alla fine dei suoi sogni. La loro è una fuga, in sostanza, ma una fuga che, a un certo punto, si incrocia con quella delle due sorelle del titolo: due extracomunitarie senza fissa dimora, a voler essere burocratici, ma in fondo sono solo due bambine, che hanno avuto la malasorte di crescere in mezzo alla violenza di un campo nomadi e non conoscono, ahimè, nessuna altra realtà e nessun altro valore che non sia quello della violenza, per cui un bel giorno decidono di fare il gioco di ammazzare il padre che le sfruttava e abusava di loro e di fuggire nel mondo. Una doppia fuga, quindi, ma anche una storia di amore, di quell'amore che, come ci ricorda il poeta, è fratello della morte. E non crediate che il riferimento al Leopardi sia fuori luogo, perché Le sorelle sciacallo è un libro intensamente, dolorosamente, poetico. Un libro difficile, certo, perché la struttura della narrazione, pur nel suo rigore, non è immediatamente evidente, e la trama non è proprio quel che si dice accattivante, ma non possiamo mica leggere sempre le solite cose, no?

24 Gennaio 2000


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