Le recensioni di Carlo Oliva
da Radio Popolare
gialloWeb


Pino Cacucci, Demasiado Corazón, Feltrinelli, 229 pagine, £ 24.000

Annamaria Fassio, Tesi di laurea, Il Giallo Mondadori n. 2654, 235 pagine, £ 5.900

La scelta delle recensioni di questa settimana è praticamente obbligata. Si è concluso da pochi giorni il Noir in Festival di Courmayeur, una manifestazione che, accanto alla rassegna cinematografica di cui avrete senz'altro sentito parlare dagli inviati di Radio Popolare, prevede una serie di importanti iniziative letterarie e culmina, in particolare, con l'assegnazione dei due premi più importanti assegnati nel nostro paese a un'opera di narrativa "gialla": il Premio Tedeschi, destinato a un romanzo italiano inedito, che viene inserito per l'occasione nella programmazione del Giallo Mondadori, e il Premio Scerbanenco, che designa nientemeno che il miglior romanzo italiano edito nell'anno trascorso. Ed è ovvio che dei premiati di quest'anno non possiamo esimerci di parlare.

Per quel che riguarda il Premio Tedeschi, forse ricorderete che mi è capitato piuttosto di rado di essere d'accordo con le decisioni della giuria. In effetti, la tendenza prevalente è sempre stata quella di privilegiare un aspetto della narrativa gialla, diciamo così, piuttosto tradizionale: di scegliere dei romanzi pulitini pulitini, con il loro bravo mistero da risolvere in base agli indizi abilmente disseminati dall'autore, con l'investigatore furbo, l'amico volonteroso, i poliziotti scemi, i sospetti, gli alibi e tutto il resto. E, per qualche misterioso motivo, spessissimo si trattava di storie ambientate in una provincia più o meno idilliaca, come se l'unico modo di evitare l'accusa di imitazione rispetto ai grandi autori di un genere eminentemente metropolitano fosse quella di spostarne il milieu dalla metropoli alla campagna. Il risultato era una specie di bozzettismo strapaesano che mi è sempre sembrato particolarmente molesto.

Quest'anno, per fortuna, è andata molto meglio. Tesi di laurea di Annamaria Fassio (genovese, insegnante, ovviamente al debutto) è un romanzo con tutte le carte in regola. Ricostruisce, seguendo il filo delle ricerche di una studentessa impegnata, appunto, nella sua tesi di laurea, un'oscura sequenza di crimini seriali effettivamente avvenuti nei primi anni '70, e si serve di questo pretesto narrativo per una solida ricostruzione dei problemi e delle contraddizioni caratteristiche della società italiana in quegli anni cruciali. Fa, cioè, quello che dovrebbe fare ogni giallo serio: inserisce la sua storia in un contesto sociale credibile e ne propone, in un certo senso, un'interpretazione. Complimenti alla nuova autrice, benvenuta tra noi e speriamo che il Giallo Mondadori, che da un paio di mesi è affidato alle esperte cure di Sandrone Dazieri, superi una buona volta la sua lunga crisi.

Il Premio Scerbanenco, invece, è andato a Pino Cacucci, per Demasiado Corazón. Ora, Cacucci è un autore importante, il suo Puerto Escondido, obbrobri cinematografici a parte, ha rappresentato una tappa fondamentale nella storia del mystery nazionale e nessuno può negare che lo scrittore meritasse ampiamente di vincere un premio importante: peccato solo che questo suo ultimo prodotto, tutto sommato, sia leggermente meno riuscito dei precedenti. È la storia di un giornalista televisivo italiano in Messico, uno che non riesce a chiudere gli occhi di fronte alla realtà di sfruttamento e di miseria che registra con la sua videocamera e finisce così per scoprire di essere diventato il bersaglio di un killer al soldo di una multinazionale farmaceutica. Ma il Messico, si sa, è uno strano paese e il protagonista avrà il piacere di scoprire che la vecchia tradizione rivoluzionaria dei Villa e degli Zapata non si è mai spenta. Insomma, nove anni dopo Puerto Escondido, è un po' come se il protagonista di quel romanzo sia restato in Messico, sia cresciuto dal punto di vista della coscienza e dell'impegno e abbia fatto proprie le istanze politiche del suo autore. Che è una bella idea, naturalmente, soprattutto per noi che quelle istanze condividiamo, ma, tradotta in narrazione, chissà perché, non convince del tutto. Diciamo che il risultato pecca un poco di schematismo e non soltanto dal punto di vista ideologico. Ma si legge lo stesso con piacere, naturalmente, e d'altronde qualcuno doveva ben vincere. È vero che tra i candidati al Premio Scerbanenco c'era un romanzo straordinario, Le sorelle sciacallo di Nicoletta Vallorani, ma, probabilmente, i giurati l'hanno considerato troppo "difficile", troppo impegnato sul piano della scrittura e strutturalmente troppo innovativo per un riconoscimento del genere. Il che, naturalmente, pone delle questioni piuttosto grosse, che qui non possiamo neanche sfiorare, ma, tanto, del romanzo della Vallorani dovremo tornare a parlare quanto prima. Per ora, complimenti anche a Cacucci e, se non l'abbiamo già fatto, leggiamoci anche Demasiado Corazón senza inutili polemiche.

13 Dicembre 1999


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