"Mi sono visto nello specchio del guardaroba, bianco come un sudario e con gli occhi infossati
nelle orbite.
Va' a prendere una boccata d'aria, mi son detto, non lasciare che Jacques ti faccia star male, non lasciarti contaminare. E' la sua collera che ti gonfia la pancia, non la tua.
Cosi' sono andato alla finestra e ho aperto i battenti.
Fuori la neve cadeva regolarmente, leggerissima e finissima, come se le nuvole si sbriciolassero
sfiorando il tetto di casa. Il paesaggio era piatto e bianco come un foglio di carta da lettera, su cui Dio, forse, contava di scrivere un messaggio importante col suo dito gigantesco.
L'aria era cosi' fredda che pietrificava tutto quanto. Fin dove arrivava lo sguardo non si muoveva nulla, a parte i minuscoli punti bianchi che scendevano da nessuna parte e cadevano dappertutto.
Si sarebbe detto che quella polvere gelata fioccasse dentro di me, che galleggiasse dolcemente
all'interno del mio corpo vuoto. Che lo riempisse come una clessidra."
Ho riportato questo breve passaggio del romanzo del giovane Françaix per sottolinearne la prosa,
semplice ed immediata, quasi didascalica, ma forte come un pugno allo stomaco.
E lo stomaco del lettore viene sollecitato piu' volte durante la lettura da cui e' difficilissimo staccarsi. Ma non tanto per la crudezza quasi splatter di molte (troppe) situazioni, quanto per l'angoscia e la sofferenza di essere catturati in un vortice di perversione e malvagita' talmente reali da risultare a volte quasi paradossali (forse e' solo una scusa per toglierci di dosso questa realta' scomoda e raccapricciante).
Scritto sotto forma di diario, il romanzo racconta la vita familiare di un giovane quattordicenne, ambientata in un borgo francese nella seconda meta' degli anni '30.
Una vita dura quella del giovane Maurice Dumont, venuto al mondo a scapito del fratello gemello
Jacques (morto durante il parto strangolato dallo stesso cordone ombelicale) secondo la madre, mai piu' ripresasi da questa situazione che la rende ogni giorno che passa psicologicamente instabile (usando un eufemismo) e un incubo assurdo per lo stesso Maurice.
Tra un padre insensibile e ubriacone e una madre violenta e resa folle dall'odio per il figlio
superstite a cui attribuisce paranoicamente l'omicidio del fratello e lo sottopone ad ogni genere di angherie (altro eufemismo), Maurice scarica su carta la sua depressione, il suo immenso dolore e lo stato inconcepibile in cui e' costretto a vivere, guardandosi continuamente le spalle e nascondendo i suoi quaderni nei luoghi piu' impensabili per non subire ulteriori umiliazioni e punizioni.
Nel frattempo, la madre, assieme ad un gruppo di altre donne con dei recenti lutti filiali a carico, seppur in situazioni diverse, trama qualcosa di piu' della "solita routine" nei confronti del figlio, qualcosa di spaventoso che man mano porta Maurice ad uno stato schizoide, ad uno sdoppiamento di personalita', al confronto con la sua "meta' oscura", con quel gemello mai nato che sente prendere sempre piu' il sopravvento dentro di lui.
E poi...... e poi bisogna leggere il libro per immergersi in questo terribile, cattivo, nerissimo tunnel che portera' all'unica via d'uscita possibile.
"Le Madri Nere" e' un romanzo che si legge in un fiato e da cui se ne esce estremamente colpiti e spiazzati, non tanto per il finale scontato, quanto per la cupezza, la malvagita' e la rassegnazione che ne traspaiono.
Françaix (ventinovenne francese con una lunga crisi di agorafobia alle spalle) ci va giu' duro con questo "diario nero", ma talvolta la realta' puo' essere (ed e') molto piu' terribile e spietata di qualunque sorta di immaginazione.
"Le Madri Nere" di Pascal Françaix [Ed. MeridianoZero, 2000]
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