Per non essere prevedibile (come ogni giallista che si rispetti dovrebbe
cercare di fare) anzichè parlare di romanzi gialli, inizio segnalando un
fumetto giallo (del resto il giallo è un genere trasversale, c'è nella
letteratura, nel cinema, in teatro e anche nei comics).
Il mio fumetto giallo preferito, in questo momento almeno, è Julia (Sergio
Bonelli Editore), creato da Giancarlo Berardi (che di gialli è un grande
esperto, del resto, essendosi laureato con una tesi sul'argomento,
peraltro), la cui testata ha esordito in tutte le edicole italiane nei primi
giorni di ottobre del 1998.
Julia Kendall è una giovane e affascinante insegnante di criminologia,
abituata a confrontarsi con la psiche dei peggiori criminali non solo dal
punto di vista accademico ma anche da quello pratico, chiamata com'è a
fornire, spesso e volentieri, la propria consulenza alla polizia di Garden
City mettendo non di rado a rischio la propria vita. Julia ha l'aspetto
dolce e sensuale di Audrey Hepborn così com'era in "Sabrina", in apparenza
fragile e indifesa, ma in realtà piena di grinta e tenacia. Ha fiuto e
intelligenza ma soprattutto una straordinaria sensibilità che le consente di
immedesimarsi nel criminale da assicurare alla giustizia fino al punto di
prevenirne le mosse.
Garden City è una metropoli immaginaria degli Stati Uniti, inventata per
comodità, un po' come la città di Isola nei romanzi dell'87° Distretto di Ed
McBain. A differenza di quella, però, nella quale è abbastanza facile
riconoscere New York, Garden City non rimanda a nessuna metropoli in
particolare, anzi, si propone come scenario polivalente in grado di
garantire un background a qualsiasi tipo di storia e a rimandare un po' a
tutte le grandi città occidentali senza necessariamente identificarsi con un
preciso luogo geografico ma permettendo la sovrapposizione con più realtà.
"Julia vive a Garden City, che è una cittadina americana fittizia, posta più
o meno nel New Jersey, a un'ora d'auto da New York - spiega Berardi - Le sue
strade portano nomi di fiori, in contrasto con la crudezza di certi crimini
che vi hanno luogo. È un set di comodo, dove ho potuto concentrare un
microcosmo umano che fa da sfondo alle investigazioni di Julia. New York è
troppo grande e dispersiva; non vivendoci, si corre il rischio di
banalizzarla o di incorrere in errori grossolani".
In ogni caso, più che la skyline cittadina, che infatti non è
particolarmente caratterizzata, allo sceneggiatore interessano le persone
che abitano le strade della metropoli.
"Le buone storie, per quanto mi riguarda, sono quelle con dei buoni
personaggi". In questa sua frase (quasi un aforisma), tratta da una vecchia
intervista, Giancarlo Berardi svela lo spirito di tutta la produzione uscita
a sua firma negli ultimi venticinque anni. Prima delle storie, vengono i
personaggi. E se questi sono buoni, sono buone anche le storie. Quasi un
sillogismo aristitotelico. Un ipse dixit. E Julia Kendall è indubbiamente un
personaggio straordinario. A partire dalla sua femminilità.
Le ragioni della scelta di un personaggio femminile come protagonista della
serie vengono spiegate da Berardi come scaturite da una naturale. "Nelle mie
storie precedenti, e in particolare nella saga di Ken Parker, l'attenzione
al mondo muliebre era diventato quasi una costante - spiega l'autore - Per
un uomo, compenetrarsi nella psicologia di una donna, è come scandagliare un
mistero affascinante e terribile; entrare in un mondo alieno e imparare a
interpretarne il linguaggio. L'arte del racconto è fondamentalmente un atto
di mimesi. E quello di rappresentare l'eterno femminino ha illustri e
antichissimi precedenti nell'arte, nel teatro, e nella letteratura. La mia
generazione è stata cresciuta con una forte differenziazione tra i due
sessi: il maschio doveva essere maschio nelle sue caratteristiche esteriori
come in quelle interiori. E così la femmina. Un modello culturale che
diventava un invito pressante a disfarsi di quella percentuale dell'altro
sesso che ogni essere umano si porta dentro. Con gli anni ho capito che era
un impoverimento. Quindi ho preso a coltivare la mia parte femminile con
grande cura. Oggi la identifico con la sensibilità, con la percezione e con
la fantasia creativa".
C'è un modello letterario che sembra scontato, ed è quello di Kay Scarpetta,
la patologa legale protagonista dei romanzi di Patricia Cornwell. In realtà,
l'accostamento è troppo frettoloso. Primo, perché a ben guardare i due
personaggi sono oggettivamente diversi. Secondo, perché i riferimenti sono
assai più variegati, ampi, multimediali, ipertestuali e perfino
insospettabili per limitarsi alle opere della Cornwell. Terzo, perché il
gioco degli accostamenti potrebbe portare allora al personaggio interpretato
da Jodie Foster nel "Silenzio degli innocenti" o alla Julia protagonista
dello straordinario romanzo "La Tavola Fiamminga" di Arturo Perez-Reverte...
insomma, alla fine cercare di questi rimandi finisce per non portare da
nessuna parte. Del resto, lo stesso Berardi afferma: "I miei ricordi
cinematografici e letterari risalgono ancora più in là nel tempo: a "M", di
Fritz Lang; a "Psycho", di Robert Bloch-Alfred Hitchcock"; a "Lo
strangolatore di Boston", di Richard Fleischer; a "Non si maltrattano così
le signore", di William Goldman. Il romanzo poliziesco, nei suoi vari
sottogeneri - tra cui la Crime Story - ha sempre avuto un ampio spazio nelle
mie letture, tanto che da ragazzo dedicai la mia tesi di laurea alla
"Sociologia del Romanzo Poliziesco". Sono debitore nei confronti di migliaia
di libri e di film; troppi, per citarli tutti".
Un debito ben preciso, Berardi comunque ce l'ha: con l'Istituto di Medicina
Legale di Genova, dove ha frequentato un corso universitario di
criminologia, come uditore. "Oltre ad essere consulente della procura di
Garden City, Julia insegna criminologia all'università - continua lo
sceneggiatore - quindi è stata un'occasione straordinaria per approfondire
le mie cognizioni in materia e per verificare di persona l'approccio
didattico di un vero criminologo. In più ho avuto la possibilità di
consultare la sterminata biblioteca dell'istituto, da cui ho tratto
indicazioni per formare un mio nutrito scaffale, con testi di psicologia,
sociologia, psichiatria, psicanalisi, medicina legale, balistica e
criminologia. A questi si sono aggiunti poi i romanzi, i resoconti di
cronaca vera, i documentari, i film. un repertorio sterminato in cui
continuo a pescare con la voracità del neofita e lo scrupolo del
professionista".
Si diceva della "femminilità" di Julia. Una delle caratteristiche
"femminili" della serie è quella di non essere un fumetto d'azione,
incentrato sulle azioni dei criminali, quanto piuttosto un fumetto
psicologico centrato sulle "motivazioni" dei personaggi, e comunque ricco di
spunti emozionali e sentimentali. La stessa protagonista pare emergere
numero dopo numero allorché scopriamo nuovi aspetti della sua personalità, o
particolari della sua vita privata e della sua storia passata, anche grazie
all'artificio del diario scritto con grafia femminile e non sul freddo
schermo di un computer.
Il volto di Audrey Hepburn è sicuramente molto adatto al personaggio. C'è
stato chi si è chiesto però come mai non solo Julia abbia sembianze
cinematografiche ma anche molti dei comprimari o comunque delle altre figure
con un ruolo in una o più delle storie rimandino con precisione ad attori
hollywoodiani. Si tratta chiaramente di una scelta stilistica ben precisa:
Berardi si sente come un regista che sceglie a chi far interpretare i vari
ruoli, e individua i volti più adatti. Il tutto in funzione della miglior
caratterizzazione possibile, perché sono appunto i personaggi e la loro
interpretazione quello che importa all'autore.
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