Lessi di Lucarelli, qualche tempo fa, il suo "Almost Blue" e ne rimasi colpito positivamente:
bella storia, ottima trama, personaggi reali e ben delineati, scrittura impeccabile.
Mancava però qualcosa; qualcosa, badate, di puramente personale ed intimo, quindi, chiuso
l’ultimo capitolo e concluso il romanzo, passai ad altri autori dimenticando lo scrittore
italiano sugli anonimi scaffali della principale libreria del mio paese.
Ho scoperto solo ora, dopo la lettura di questo suo ultimo lavoro, che cosa mi fosse mancato
in "Almost blue": il fascino della storia, meglio ancora della nostra storia, ancora lì dietro l’angolo.
Un periodo, quello fascista, del quale, personalmente, ho avuto sinora una visione d’insieme
ed asettica, classica dei libri e dei programmi scolastici ove questi ultimi siano riusciti ad arrivare.
Lucarelli (che tra l’altro è più anziano di me di soli tre anni e quindi un giovanotto, eh eh) che
assieme all’indubbia conoscenza della storia e degli avvenimenti di quegli anni, fonde delle trame
estremamente convincenti ed affascinanti ed uno stile per me impeccabile di scrittura, rende i fatti
reali e le vicende inventate in perfetto equilibrio tra loro.
Nulla è pretenzioso in questa bellissima storia, tutto è calcolato e dosato sin nei minimi particolari.
E da questa importante premessa nasce un giallo estremamente godibile, una vicenda che si vive fianco
a fianco con i suoi personaggi fino ad un doppio (triplo, chissà) finale a sorpresa, ma vero, plausibile
e per questo amaro e malinconico.
Insomma una storia italiana ambientata su una piccola isola, usata come prigione per tutti coloro che
la milizia fascista dichiarava “confinati”, tenuta legata al continente con un esile filo trasparente:
un battello per i rari spostamenti da e per l’isola ed il posto di telegrafo per inviare e ricevere
gli ancor più rari telegrammi.
Le camicie nere a guardia della fortezza diroccata in cui vivono i prigionieri, una questura con due
soli esponenti dello stato (il giovane nuovo commissario ed il suo brigadiere) ed alcuni altri strani
personaggi, tra cui due affascinanti e “misteriose” signore (una un po’ meno affascinante e decisamente
più patetica), una giovanissima servetta indigena ed analfabeta e la giovane moglie del commissario
affetta da un’estrema solitudine (quasi un autismo) che rimane giorno e notte chiusa nella sua camera
con l’unica compagnia di un disco perennemente graffiato dalla puntina del grammofono, sono tutti
protagonisti di questo romanzo in cui una serie di incidenti (omicidi? suicidi?) trascinerà l’indagine
del commissario e di un ex medico legale ora confinato sull’isola dell’angelo caduto, verso una
conclusione shock, veramente da gustarsi immersi nella lettura e nel silenzio per captare
tutte le sensazioni dei personaggi, i suoni del vento, i rumori delle onde che si infrangono sulle coste,
il riverbero del sole durante il lento scorrere della giornata sull’isola.
Lucarelli fa veramente “vivere” quest’isola, un grande affresco tracciato con maestria e stile,
parole vergate come colpi di pennello, mai superflue, mai scontate.
Una poetica che descrive ogni sensazione rendendola tangibile ed incastonandola nell’unico
contesto riservatole dall’autore.
I suoni creati dal vento sono simili a quelli prodotti da un’orchestra e Lucarelli ne indica
chiaramente l’assonanza con violini, tube, flauti, ecc.
Nei rari momenti in cui il vento cala, si ferma e lascia l’isola immobile, al lettore sembra
quasi mancare il respiro.
C’è inoltre, in questo ottimo romanzo, una pagina (la 108 se non ricordo male) in cui, secondo me,
trasuda un erotismo estremo, una scena d’amore (o per meglio dire di sesso), per nulla gratuita,
tratteggiata magistralmente con estrema poetica in cui vengono esaltati gli istinti più forti
e di difficile inibizione dell’essere umano.
In conclusione, 219 pagine di intenso spessore, romanzo mai prolisso, anzi, ricercato fin nei
particolari, riflessivo ma con ottimo ritmo, amalgamato, come dicevo, da una scrittura sublime,
buona caratterizzazione dei personaggi, stupenda l’ambientazione, affascinante il periodo,
incredibile il finale.
E’ il mio primo Lucarelli ad ambientazione “storica”, ma sono già alle prese con "Via delle Oche*
e mi sto attrezzando per recuperare gli altri titoli già pubblicati in passato.
Dopo Marcello Fois, un’altra piacevole scoperta da parte mia quest’anno che mi ha fatto rivalutare
enormemente i giovani autori italiani.
Voto: 8/9
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