Che Corrado Farina faccia il regista, lo si capisce fin dalla prima pagina
-verrebbe da dire "fin dalla prima inquadratura"- di "Giallo Antico", il
suo secondo romanzo appena pubblicato dall'editore Fogola di Torino.
Fin dal primo istante e' chiaro, infatti, che si tratta di un racconto per
immagini e suoni, piu' che per parole: si inizia in "soggettiva", ascoltando
in lontananza i latrati di un cane del 1911 e vedendo un panorama che si rabbuia.
Poi si scopre che stiamo guardando attraverso gli occhi di un uomo che muore:
la luce che si affievolisce e' quella dei suoi occhi che si stanno spegnendo, e che
si abbassano ad inquadrare -dall'alto- un ventre squarciato e sanguinante.
L'immagine barcolla, cade, e l'obiettivo inquadra il cielo. E resta fisso
nell'azzurro per un tempo indefinibile, fino a quando lo schermo viene invaso
dalla sagoma di un aeroplano. Non siamo piu' all'inizio del secolo, ma quasi alla fine.
E ci sarebbe da scommettere che quel jet, uscendo di campo, si sta tirando dietro i titoli di testa.
Che Corrado Farina sia torinese -anche se vive a Roma "in esilio" da circa
trent'anni, come si legge nel risvolto di copertina- lo si capisce
immediatamente alla fine dell'antefatto di cui abbiamo appena parlato.
L'aereo che compare, all'improvviso, nel campo visuale di un uomo morto quasi
novanta anni prima, sta solcando il cielo sopra Torino: un cielo rimasto uguale
a quello di tanti anni fa, cosi' come uguale e' rimasta -in tanti piccoli dettagli
che scopriremo via via che la vicenda si dipana- la citta' stessa e la sua anima piu'
profonda. Da quell'aereo sta scendendo un giovane studente romano che si trasferisce
a Torino per una tesi di laurea sulla storia del Cinema: e le sue indagini faranno
luce, in modo imprevedibile, su quella morte rimasta per noi misteriosa.
Passando -con una serie di magiche dissolvenze che restano l'elemento piu' suggestivo
del romanzo- dal Presente degli anni Novanta a un Passato che e' "passato" solo in
senso nominale, e che invece si rivela ancora vivissimo ed esplorabile, pur di avere
la voglia, la passione e l'amore di frugarci dentro come in una enorme bancarella di libri usati.
Che Corrado Farina sia (stato) un pubblicitario lo si capisce, invece, all'inizio del
capitolo secondo, quando entra in scena uno slogan pubblicitario destinato a percorrere
come un ossessionante filo rosso tutta la narrazione.
"Il passato e' passato", recita la frase -che dovrebbe pubblicizzare una minestra di
verdura ma che, come e' ovvio da quanto scritto poche righe sopra, si presta ad essere
letta e apprezzata in un senso piu' filosofico. Il doppio senso servira' piu' volte da
cerniera per gli impercettibii salti cronologici che permettono alla trama di svilupparsi
contemporaneamente su tre diversi piani temporali -un unico continuum in continua mutazione,
nel quale l'Oggi ha con lo Ieri un costante interscambio. Ma serve anche -ed e' una funzione
tutt'altro che trascurabile- a presentarci l'esilarante personaggio di un "creativo"
dell'Agenzia Testa che permette a Farina di prendere bonariamente in giro tutti i "tic" del
mondo dei pubblicitari... Un mondo che puo' sembrare surreale a chi non ci abbia mai lavorato
e che Farina -fra gli anni Sessanta e Settanta fra i piu' prolifici autori di "Carosello"-
conosce evidentemente meglio di quanto lui stesso non ritenga necessario.
Che Corrado Farina sia un bibliofilo, questo lo si capisce a piu' riprese all'interno del libro.
Per le bancarelle piene di tesori, per gli appunti rivelatori scarabocchiati chissa' da chi
fra le pagine di un libro per ragazzi. Ma anche per le carte conservate al Museo del Cinema
di Torino, gli elenchi dei dipendenti di case di produzione oggi dimenticate. E perfino per
un curioso taccuino che raccoglie, in barba a tutte le recenti e ridicole leggi sulla privacy,
i nominativi di tutti coloro che si sono lasciati coinvolgere -anche in tempi lontanissimi- in
certi poco chiari giri di scommesse clandestine. Per non dire dei romanzi di Salgari, perche'
proprio Salgari e' il protagonista cardine di tutta la vicenda, tanto da meritare l'onore
della copertina. Ed ecco che Corrado Farina, gia' autore di un apprezzato documentario intitolato
"Salgari della nostra infanzia", si rivela anche un salgarofilo.
Che Corrado Farina sia anche un cinefilo, sembrerebbe quasi pleonastico annotarlo. Il suo romanzo
precedente -"Un posto al buio", di cui "Giallo antico" recupera a margine alcuni personaggi- ruotava
tutto attorno a una misteriosa sala cinematografica (torinese!) e a una serie di delitti ispirati a
celebri classici del cinema. E anche qui la storia del passato e' strettamente connessa con gli
albori torinesi del cinema italiano, coinvolgendo quel Giovanni Pastrone che con "Cabiria" diede
al Cinema uno dei primi "kolossal" della sua storia allora nemmeno ventennale e oggi piu' che
centenaria. Pastrone e Salgari possono sembrare un accostamento curioso: ma "Giallo antico" prende
le mosse da una somiglianza sospetta fra "Cabiria" e il romanzo salgariano "Cartagine in fiamme" e
ne trae una serie di ipotesi quasi sicuramente non reali ma certo dotate di una inquietante e
fascinosa verosimiglianza.
Che Corrado Farina sia uno che nei suoi libri mette tutto se stesso, le sue passioni e i suoi amori,
lo si sara' capito, infine, leggendo queste righe. Righe nelle quali chi scrive ha cercato di parlare
del romanzo nel modo il piu' possibile obiettivo, e cercando di mascherare il suo entusiasmo. Un eccesso
di lodi avrebbe potuto dare adito a qualche sospetto: soprattutto in chi capira' solo leggendo la firma
che Corrado Farina e' mio padre.
Alberto Farina
Editore: Fogola (Torino, 1999) Lire 32.000
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