James Ellroy
di "hobbes"
gialloWeb
Le recensioni


L'opera letteraria di James Ellroy nasce da un omicidio: nella notte del 21 giugno del '58 la madre dello scrittore viene uccisa. Il caso rimarrà irrisolto. Nei suoi romanzi Ellroy inseguirà questo assassino sotto varie forme fino alla scrittura di "My dark places". Anche i suoi primi contatti con la lettura hanno la stessa motivazione: "I libri-scrive in "I miei luoghi oscuri-mi fornivano un sacco di stimoli, nonché un dialogo sublimato con la morte di mia madre": il giovane Ellroy a dieci anni divora romanzi gialli ad un ritmo sorprendente: "Mio padre mi comprava due libri ogni sabato, io li leggevo in un battibaleno e per il resto della settimana pativo crisi di astinenza [...].Per soddisfare la mia smania di leggere cominciai a rubare libri".

"La narrativa era la mia lingua etica. Ma nell'estate del '65 non lo sapevo".

Quando finalmente inizierà a scrivere, nel 1980, dopo anni trascorsi tra piccoli furti, alcol e droghe (dalla marijuana alla benzedrina dello sciroppo per la tosse), James Ellroy trasferirà nella narrativa poliziesca la stessa tensione emotiva che lo legava alla lettura: "Ogni libro che leggevo era un contorto omaggio a lei. Ogni mistero risolto era un'ellittica manifestazione del mio inconfessato amore".
Il romanzo che segna una svolta decisiva verso ciò che sarà "My dark places" è "Black Dahlia" del 1987 ("un'elegia dei miei luoghi d'infanzia"). James Ellroy non fa mistero del collegamento tra Betty Short, la Dalia Nera, e propria madre, Jean Ellroy, ed anche per questo il libro diventa un best-seller. Terminata la quadrilogia di Los Angeles ( '87-'92), Ellroy sembra voler percorrere una strada diversa con "American Tabloid"('95). Qui Los Angeles è solo il punto di partenza che ci proietta nella Storia, dietro ai segreti della famiglia Kennedy, dello sbarco degli esuli cubani nella Baia dei Porci e dell'omicidio del presidente a Dallas. Ellroy non sembra più impegnato nel lungo lavoro di ricostruzione di Los Angeles e dei suoi crimini nel tentativo di esorcizzare l'uccisione della madre.
Oppure la morte di Kennedy può rappresentare per l'intero paese ciò che quella di propria madre è stata per Ellroy: la perdita di un innocenza forse mai posseduta, ma di cui d'ora in poi non rimarrà nemmeno l'illusione. L'assassinio di Kennedy è la ferita aperta, è la conoscenza del male.
Come nel caso di Jean Ellroy anche nell'omicidio Kennedy la giustizia ha fallito: l'orrore non ha nome, rimane vivo e confinato in quel territorio oscuro che Ellroy tenta, con i suoi romanzi, di esplorare. La sua opera è una caccia a chi è fuggito, una sfida a confrontarsi ancora una volta con le proprie vittime in cerca di giustizia.

Se dopo "I miei luoghi oscuri" l'autore senta ancora il bisogno di scrivere non so dirlo, ci rimane però la speranza che si intravede nelle ultime parole del libro: "Ti sento. Stai stringendoti a me. Sei andata, e io voglio di più".


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