"Una dolce eternità" di George Pelecanos
di Luca Conti
gialloWeb
Le recensioni


[Cliccare per ingrandire] Accompagnato da un singolare cappello introduttivo in quarta di copertina, un sorta di giustificazione a priori che a mia memoria non ha precedenti nella storia del Giallo Mondadori, ecco finalmente che compare in edicola "Una dolce eternità" (The Sweet Forever, 1998), lo strepitoso romanzo di George P.Pelecanos che, a mio avviso, è senza alcun dubbio una delle uscite più importante dell'annata giallistica italiana e che presenta per la prima volta nel nostro paese, dopo ben otto romanzi, quello che probabilmente è il più importante autore hard boiled in attività.
Dirò di più: Pelecanos è forse uno degli scrittori più significativi attualmente operanti negli Stati Uniti al di là di qualunque categoria stilistica, e non credo di sbagliare poi tanto definendolo una sorta di Don De Lillo dell'hard boiled. Come De Lillo (e come Ellery Queen), infatti, anche Pelecanos è ossessionato dal dover rintracciare nel passato "l'origine del male", e "Una dolce eternità" ripercorre con assoluta crudezza ed efficacia le radici della crisi di Washington, la sua città natale, all'epoca del famigerato sindaco Marion Jones, nel 1986 (ve lo ricordate? quello che ammise pubblicamente di essere un cocainomane).
"Una dolce eternità" è il terzo volume in quello che Pelecanos chiama il suo "D.C. Quartet" (D.C. sta per District of Columbia, l'enclave all'interno dello stato della Pennsylvania nella quale si trova Washington, la capitale federale). Gli altri capitoli della quadrilogia sono The Big Blowdown (1996), ambientato tra il 1946 e il 1949; King Suckerman (1997), la cui azione si svolge invece all'inizio degli anni '70 e che dovrebbe presto essere avere una versione cinematograficarealizzata dal rapper Puff Daddy; ed infine il recentissimo Shame the Devil (2000), che conclude la vicenda ed ha luogo nel 1995.
Questi quattro romanzi sono direttamente intrecciati con l'altra serie di Pelecanos, i libri imperniati sull'investigatore privato (ma è un termine assai improprio) Nick Stefanos, un greco-americano di seconda generazione, proprio come Pelecanos, che è finora apparso in tre romanzi: A Firing Offense (1992), Nick's Trip (1993) e Down by the River Where the Dead Men Go (1995). Nick Stefanos, responsabile del settore pubblicitario in una ditta di apparati elettronici, diventa investigatore per caso e per necessità, e alla fine del primo romanzo decide di mettersi in proprio. Ha un rapporto assai turbolento con l'alcool, e i tre libri in cui figura sono segnati da lunghe bevute ed altrettanto corrosive sbronze.

[Cliccare per ingrandire] Che altro dire? Non conosco molti altri scrittori contemporanei in grado di rappresentare così efficacemente la desolazione morale e materiale dell'America di oggi. Pelecanos osserva e registra, proprio come faceva Robert Altman in Nashville e in America Oggi, e lascia il giudizio finale al lettore; soprattutto, ciò che lo interessa particolarmente è la difficoltà della comunicazione interpersonale, sia a livello razziale neri-bianchi sia per quanto riguarda la difficoltà di integrazione (o, più correttamente, la difficoltà di trovare il "belonging", l'appartenenza, l'identificazione) per i figli degli immigrati in primo luogo, ma infine per tutti quanti. Scrive James Sallis, un altro grandissimo romanziere americano contemporaneo che, guarda caso, predilige per i suoi libri la forma e la struttura dell'hard boiled: "Pelecanos scrive di immigranti, di neri, di giovani, di tutti i disgraziati e i diseredati e i reietti, confinati in stanze d'affitto o rinchiusi nei bar e nelle tavole calde il cui odore è quello del tempo che sembra ristagnare, fin quando non arriva il loro momento; ed ecco che, infine, esplodono, ardono furiosamente, e si estinguono".

Non perdetevi questo romanzo. Non vi fate intimidire dalla crudezza del linguaggio o dalla violenza delle situazioni, anche se in pochi altri libri, come questo, si capisce quanto davvero la violenza possa essere o diventare reale, e come il senso morale possa essere considerato dalle istituzioni poco più di un fazzoletto di carta col quale soffiarsi il naso.
La ricostituzione di un senso sociale collettivo passa, a mio parere, anche attraverso la lettura di autori come Pelecanos (e gli Stati Uniti, in questo caso, valgono pari pari quanto l'Italia).

Credo, per finire, che Sandrone Dazieri potrà legittimamente vantarsi, negli anni a venire, di essere stato il primo a far pubblicare in Italia uno dei grandi autori di fine millennio. E non è cosa da poco.


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