"Lew Archer e il Brivido Blu" di Ross Macdonald
di Luca Conti
gialloWeb
Le recensioni


[Clickare per ingrandire] "Lew Archer e il Brivido Blu" [The Blue Hammer, 1976] è l'ultimo lavoro di Ross Macdonald/Kenneth Millar: ventiquattresimo romanzo dello scrittore, e diciottesimo con Lew Archer.
Durante tutto il 1975 Millar lavorò duramente a quello che poi si sarebbe rivelato il suo romanzo più lungo e, che già nelle sue intenzioni di partenza, avrebbe dovuto rappresentare il suo congedo dalla narrativa, deciso dallo scrittore per dedicarsi alla stesura della sua autobiografia. Giungere al compimento del romanzo, comunque, risultò di non poca fatica per l'autore, che già iniziava ad avvertire i segni della malattia (Alzheimer) che lo avrebbe distrutto mentalmente e fisicamente. "The Blue Hammer", secondo le intenzioni dell'autore, doveva segnare un profondo cambiamento nel suo registro espressivo: "più morbido, più gentile, più tollerante", nelle parole di Millar. Ma per Bob Easton, amico di lunga data di Millar e solitamente "lettore cavia" dei suoi manoscritti, nel libro si avvertiva "un calo di tensione, un allentamento della consueta stretta... Ci sono rimasto anche un po' male, perché mi pareva di vederci una serie di errori ed inesattezze veramente inconsueti". Easton, quindi, suggerì a Millar un elenco di possibili cambiamenti e correzioni: e Millar, mai così disponibile, li accolse tutti.
Ma il suo stato emozionale non era quello giusto: all'ultimo momento, il giorno prima della partenza, annullò un soggiorno inglese di tre settimane per un convegno di scrittori di gialli. Infine, in mezzo a molte altre indecisioni, consegnò il manoscritto all'editore Knopf nel novembre 1975.
[Clickare per ingrandire] Già il primo annuncio pubblicitario dell'editore suscitò l'ira dell'altro celebre MacDonald, ovvero John D. (autore della serie di Travis McGee), che anche negli anni '50 aveva avuto una lunga diatriba con Millar a proposito dell'adozione da parte di quest'ultimo dello pseudonimo "John Ross Macdonald". Stavolta, John D. ebbe a lamentarsi per l'uso di un colore nel titolo, che a suo avviso, si ispirava troppo alla serie di McGee, caratterizzata anch'essa dalla presenza ricorrente di un titolo "colorato".
In seguito, Millar si scoprì non in grado di dedicarsi alla lettura delle bozze, spossato dalla fatica; fu così che fece ricorso all'aiuto dell'amico scrittore William Campbell Gault, autore ben noto anche da noi, che si assunse l'arduo compito e - pare - apportò notevoli modifiche al testo originale, con l'assenso di Millar.
"The Blue Hammer" è dedicato proprio a Gault, che forse avrebbe dovuto figurare come co-autore: è un peccato che la dedica sia stata eliminata dall'edizione italiana.
Il romanzo risultò essere il più recensito nell'ormai lunga carriera di Millar, e questo grazie all'attenzione suscitata negli anni passati dall'intervento di autentiche autorità della letteratura americana come Eudora Welty. Le recensioni furono per il 99% favorevoli, ed alcune - come quella di Frank McShane, biografo ufficiale di Raymond Chandler, paragonarono il libro a capolavori riconosciuti come "Il buon soldato" di Ford Madox Ford. Addirittura Julian Symons, uno dei maggiori studiosi del poliziesco e grande romanziere in proprio, si spinse a dichiarare che "il romanzo è il migliore tra gli ultimi di Macdonald, e va considerato tra i suoi migliori in assoluto", mentre H.R.F.Keating, lo scrittore inglese autore del celebre elenco "Crime & Mystery: the 100 Best Books", decise di includere "The Blue Hammer"all'interno della sua lista.
[Clickare per ingrandire] La rivista "Rolling Stone", una delle più lette negli USA, ed indirizzata essenzialmente al vasto pubblico del rock, pubblicò una lunga intervista con Millar, nella quale lo scrittore, estremamente teso, si lanciò in una violenta invettiva contro Raymond Chandler, che negli anni '50 aveva lanciato una astiosa campagna di stampa contro Macdonald, scrivendo contro di lui una serie di lettere estremamente negative. L'intervista con "Rolling Stone" servì comunque a Millar per instaurare una strettissima amicizia con il celebre cantante e compositore Warren Zevon, che da anni era un grande appassionato del lavoro di Macdonald (e Zevon, notevole esempio di intellettuale prestato al rock, ha negli ultimi anni lavorato spesso con Carl Hiaasen, con il quale ha anche scritto diverse canzoni). Zevon ha sempre dichiarato di identificarsi totalmente con il ragazzo che appare nel "Sangue non è acqua" [The Zebra-Striped Hearse", 1962], e di aver vissuto un'infanzia e un'adolescenza completamente sovrapponibili a quelle di Millar.
Il libro, comunque, andò bene: pare che Millar abbia ricevuto dall'editore una percentuale sulle vendite di circa centomila dollari, e che questa sicurezza finanziaria, oltre all'avanzare della malattia, lo abbia definitivamente dissuaso dallo scrivere ancora. Un nuovo romanzo era stato iniziato nel 1977, ma fu rapidamente abbandonato. Nell'ottobre 1977 Millar iniziò una terapia psichiatrica, che nelle sue speranze avrebbe dovuto consentirgli di riacquistare un certo equilibrio, tale da fargli completare la sceneggiatura per la riduzione cinematografica di "Paura di vivere" [The Instant Enemy, 1968], che gli era stata commissionata l'anno prima.
Nel 1980 Warren Zevon dedicò il suo nuovo disco, "Bad Luck Streak in Dancing School", "For Ken Millar, il migliore fabbro" [in italiano!]. Il successo di "The Blue Hammer" (ottocentomila copie in edizione economica, oltre a quelle dell'edizione rilegata) spinse infine Knopf a firmare con Millar un contratto per un nuovo romanzo da essere completato entro il primo dicembre 1981. Millar sapeva già, comunque, che non ne sarebbe stato capace.


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