"L’avversario" (Einaudi, 2000, pagg. 161, lire 20.000 – traduz. Eliana Vicari Fabris), uscito
quest’anno in Francia e subito pubblicato in Italia, è una grande storia tragica, così dura da
sembrare assurda. Invece è vera, purtroppo.
Jean-Claude Romand il 9 gennaio 1993 uccide moglie, figli e genitori, poi da fuoco alla casa nel
tentativo di suicidarsi. Perché? Ben presto si scopre che l’uomo è un bugiardo incallito e un
truffatore: non è un medico importante dell’OMS come ha sempre affermato a tutti, non ha nemmeno
un lavoro e non si è mai laureato in medicina. I suoi conti correnti ormai erano in rosso, non avrebbe
più potuto fingere, né sostenere la parte che si era assegnata, né condurre la vita agiata che aveva
potuto fare solo grazie ai soldi affidatigli (e che avrebbe dovuto investire a Ginevra) dalla moglie,
dai genitori, dai suoceri, dagli amici... e allora che fare? confessare tutto? sgretolare quell’immagine
che di sé aveva costruito giorno dopo giorno con tanta fatica e curando ogni dettaglio? No, di fronte
al baratro gli è sembrato più semplice e accettabile sterminare tutti e darsi la morte (o fingere di averci provato).
Erano quasi due decenni che Jean-Claude Romand mentiva a tutto spiano e nessuno si era mai accorto
di nulla: i genitori che lo conoscevano da sempre, la fidanzata, che poi diventa sua moglie, gli amici
universitari che poi diventano medici. Nessuno ha dei dubbi, lo stimano troppo per mettere in discussione
ciò che dice. Una persona assai abile, quindi, intelligente, "gentile", come in molti hanno affermato
al processo, che inganna le persone che ama per non deluderle e poi le uccide solo per non farle soffrire:
un criminale anomalo o un folle?
Emmanul Carrére scrive al pluriomicida perché vuole capire qual è l’origine del male, quale sono le molle
che fanno scattare la menzogna continua, la violenza cieca. Incontra in carcere Romand, indaga, assiste al
processo, parla con il suo avvocato, con i vecchi amici, con i volontari cattolici che lo assistano e
lo trovano davvero pentito, "illuminato" (ora) dalla fede, va sui luoghi da lui frequentati, passa ore
a vagare nei boschi o seduto da qualche parte, in una panchina, in un bar, come faceva lui quando fingeva
di recarsi al lavoro. Ne vien fuori un romanzo inchiesta mozzafiato scritto con un linguaggio essenziale,
che vuole essere cronachistico, sì, ma lo stile è preciso e affilato. Una vicenda umana spaventosa narrata
in modo diretto, senza filtri, con estrema abilità: con pacatezza, ma senza indulgenza, che Carrère inserisce
accanto alla propria vita reale, alle difficoltà incontrate durante la stesura del libro, alle sue considerazioni:
"Mentre tornavo a Parigi per rimettermi al lavoro, non vedevo più ombra di mistero nella sua lunga
impostura, ma solo una misera commistione di cecità, disperazione e vigliaccheria (...) Sono sicuro che
non stia recitando per ingannare gli altri, mi chiedo però se il bugiardo che c’è in lui son lo stia
ingannando".
Tutto ci viene svelato, però alla fine – pur conoscendo ogni particolare di questa storia terrificante –
si resta increduli, angosciati perché la verità ultima del criminale Jean-Claude Romand (uomo modello
prima di diventare assassino o era carcerato modello - mostruosamente indulgente con se stesso) resta
inspiegabile, immersa nel mistero, nel male assoluto, è il contrario (l’avversario, appunto) della conoscenza,
dell’umanità, del Bene.
"L’avversario" è un libro dove si affronta con coraggio l’orrore, si cerca d’afferrarne in modo lucido,
"illuministico", i meccanismi e si ammette l’impossibilità di riuscire a capire. Il Male non è assenza
di Bene (della fede, come affermano i volontari cattolici divenuti amici di Jean-Claude), ma Vuoto totale,
quello stesso che aveva iniziato a invadere lo studente universitario Romand, "fino a lasciare soltanto
un simulacro di un uomo in abito nero, un baratro da cui proveniva una corrente d’aria gelida". Fa da sfondo
alla vicenda narrata (e da contrasto) la Francia che confina con la Svizzera, dei monti delle Jura:
terra di Voltaire.
Il regista francese Laurent Cantet (v. Risorse umane, 1999) ha tratto un film dal libro (che ne conserva
il titolo), che speriamo di vedere presto.
Nota bio-bibliografica
Emmanuel Carrère è nato a Parigi, dove vive, nel 1957.
Motivo dominante dei suoi romanzi è l’inquietante e minaccioso sfaldamento della realtà e della sua
percezione. Ha esordito nel 1984 con "Bravura".
Libri pubblicati in Italia:
"L’avversario" (Einaudi, 2000)
"Baffi" (Bompiani, 2000 - Theoria, 1988, 1997)
"La settimana bianca" (Einaudi, 1996)
"Io sono vivo e voi siete morti" (Theoria, 1995 – Biografia di Philip K. Dick).
"Bravura" (Marcos y Marcos , 1991)
"Fuori tiro" (Theoria, 1989)
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