Scheda critica
Dopo aver letto il messaggio di Eli nel quale si esprimevano
perplessità su "Il delitto alla rovescia" di Ellery Queen, mi è venuta
l'idea di una nuova rubrica nella quale raccogliere i giudizi della
critica su aluni romanzi che, per vari motivi, sono sempre stati
valutati nelle maniere più disparate. E' curioso, infatti, come la Eli
abbia proprio beccato uno dei romanzi più controversi di tutta la
storia del giallo, romanzo che fin dalla sua prima apparizione ha
diviso lettori e critica: chi lo considera un capolavoro, chi un
fallimento.
Ecco, quindi, cosa dice la critica a proprosito di "Il delitto alla
rovescia" (The Chinese Orange Mystery, 1934).
Secondo Michael Grost,
"Il delitto alla rovescia" (1934) vanta uno dei più inventivi e
barocchi rompicapi queeniani. Non è certo un modello di realismo, e
come romanzo si trascina a fatica nello spazio che va dal delitto alla
sua soluzione, ma il finale mostra l'impressionante capacità
d'immaginazione dei gialli della Golden Age. Il romanzo è simile a "Un
paio di scarpe" nella sua totale dipendenza dalla cartina di un piano
d'edificio, ma come complessità di trama gli è superiore. In un certo
modo, "Il delitto alla rovescia" porta a compimento le promesse insite
in "Un paio di scarpe", sbocciando in una splendente atmosfera di
totale surrealismo. Entrambi i libri mostrano la chiara influenza di
Chesterton. Io ho sempre pensato che "Il delitto alla rovescia" sia il
libro di Queen maggiormente simile a quelli di John Dickson Carr, e
l'ho sempre considerato come un esperimento, da perte di Queen, nello
scrivere un romnzo quanto più possibile "carriano". Un rapido
confronto delle date, comunque, dimostra che il libro di Queen è stato
scritto prima dei grandi romanzi di JDC, e che semmai - se di
influenza si può parlare - si tratta di quella di Queen su Carr. Può
essere, quindi, che "Il delitto alla rovescia" abbia influenzato la
complessità dei quasi contemporanei romanzi di Carr, come "L'orologio
della morte" (1935), "Notti arabe" (1936) e, soprattutto, l'assoluto
capolavoro carriano "Le tre bare" (1935).
La tecnica del libro di Queen è strettamente legata a quella del
"delitto impossibile", anche se Queen non la usa per creare una vera e
propria situazione di delitto impossibile. E' forse per questo che
molti storici della "camera chiusa" sembrano (erroneamente)
considerare "Il delitto alla rovescia" come un delitto della camera
chiusa [anche nell'Omnibus Mondadori "I delitti della camera chiusa
vol.2", NDT]; il romanzo è apparso nella classifica dei dieci migliori
libri di "delitto impossibile", compilata da Edward D. Hoch. Questa
errata interpretazione è un caso molto significativo di allucinazione
collettiva… A livello più profondo, gli scrittori di gialli che
segnalarono a Hoch il romanzo come una delle migliori storie di camera
chiusa non avevano poi tutti i torti: il libro fa proprio parte della
categoria "delitti impossibili".
Mentre Francis D. Nevins scrive:
"Il delitto alla rovescia" (1934), alla stregua di un pasto cinese, è
esotico mentre lo si gusta, ma lascia il cliente vuoto e insoddisfatto
poco dopo che il pasto è finito. […] Se tutta la storia fosse stata
all'altezza di quanto promesso dai primi capitoli, "Il delitto alla
rovescia" sarebbe diventato uno dei più grandi romanzi polizieschi del
secolo. […] Sia pure con rimpianto, se ne deve concludere che "Il
delitto alla rovescia" è il più debole romanzo del primo periodo
Queeniano.
Julian Symons, nel suo "Bloody Murder", fondamentale storia del
romanzo giallo, sostiene invece che "Il delitto alla rovescia" è
addirittura uno dei maggiori romanzi di tutta la storia del giallo.
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