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gente che se ne va
sono gli estranei che dominano la mia vita
gente che non conosco
gente che niente sa
frutto di debolezza e di abbandono

sono orge alle mie spalle
crudeli catighi per la mia mente
gente che niente sa
gente che pur di comparire
non fa domande
non domanda niente al mio dolore
non scruta punto sulla mia passione
non crede nel mio rancore

gente che non sa
gente che merita silenzio
non puó volere
niente fastidi
dolori passivi
niente sa
solo gente 
ma che viene e se ne va
sentirei il tuo viso
sentirei il tuo viso
fuori da ogni respiro cullarti
sfiorarti e immaginare al buio, ogni tua forma
pagherei per baciarti
dondolarti
ed infine morirei per liberarmi
di ció che é dentro me
incastrato tra anima e cuore
laggiú dove piú che amare é soffrire.
aria
non cercare di starmi vicino
non ho piú un sapore
sto svanendo, trasparente

tutti i miei pensieri si affollano nella mia mente
e sono loro la mia unica zavorra al mondo
che mi permette di non volare via leggero come aria

partire
volare

forse il mio destino
é volare via leggero e solo
leggero e solo come l'aria
chissà che galleggiando non mi disperderei sopra le teste di tutto il mio passato
di tutto ció che ad un certo punto sono stato 
e poi sparirei per sempre 
vaporizzarsi e finire
la coda dei sogni
non riesco a dormire
troppi i pensieri che mi premono le tempie, oscurano la mente.
ho tutti i sogni attesi in fila. una coda lunga chilometri formatasi col tempo: notti e notti insonni.
vorrei solo disperdere quest'anima malata
persa nella sua memoria lontana
persa nei passati, fuggita dai presenti
vorrei solo poter liberarmi in volo e raggiungere alti tutti i miei sogni
per poi accarezzarli uno ad uno, tutti, anche i piú brutti, i piú sconci, i piú orribili. chiedere scusa per il mio ritardo e dire loro che sono tornato.
mi sono ritrovato
mi sono liberato

 

prove
prove
sono giochi, sadici
ma sono prove
in fondo
prove per la mia salute che probabilmente non reggerò
prove per arrivare in fondo 
fino alla fine di una vita
passata a son di prove e prove

oggi invece mi fermo un istante e mi domando:
ma provo per cosa?

 

killer tech
sono in sosta nel mio mondo
qui seduto nella mia postazione, un monitor sempre fisso di fronte a me
lo sguardo...
paranoia
ho milioni di pixel che saltano sui miei occhi gravi
gridano, mi aggrediscono soffiano dentro le mie palpebre e godono delle sofferenze
milioni di esserini infernali pronti a morire per una lacrina anche solo una
sono stati secoli, anni passati nel movimento nella libertà
ma adesso muoio, qui, da solo, e il nemico non lo vedo più...

 

fugge il mio dolore
come il sapore che si rende cosí assiduo
ripenso alle nostre notti
dove io ti sospiravo ti vivevo

fugge il mio dolore
dove, non lo so
sembra come un pazzo suicida alla stazione
che corre ma non sa in quale binario saltare
non sa cosa vuole
mentre tutti i treni lo sorpassano
poi rallentano si accostano 
e si prestano ad una salita semplice ma sempre piú sgradita..

 

digerirlo affogarlo
ricordo: potevo sciare nel tuo corpo
(era modellato di tante bellezze)
in un bel tempo che si deve essere incastonato da qualche parte nella mia testa.
cosí ho paura di rompermi qualche cosa 
e far cadere quel ricordo dentro le mie membra e perderlo
digerirlo affogarlo...

il mio futuro
siamo solo odori che nelle nostre menti si confondono, si affogano mescolandosi.
il mio il tuo. é sempre cosí. é sempre cosí.




un tempo guardavo tutto in maniera diversa. era come se tutto avesse un fine, un finale dopo il quale non ci sarebbe stato niente. ma se ci penso bene, so benissimo che non sará cosí, ed é quello che mi spaventa, é quello di cui tremo. quel confine indefinito ed inimmaginabile: il mio futuro, vicino o lontano che sia, é spavento puro, terrore. il vero orrore.

 

la mia cittá
Gente che corre. Gente che urla spige, intralcia le strade. Gente che passa, ti urta non ringrazia.
Gente con i loro telefonini, le borsette alla moda le scarpe a punta.
Gente che si lamenta gente che non ti guarda gente che ti urta, ancora.
La gente non passeggia piú. Intralcia. Urta. Urla.
E mentre le strade vengono illuminate per la sera, i passanti fumano non curanti nel loro tornare alla villa alla macchina alla loro vita. Diversa.
Cosí le luci rimangono sole. I lampioni con le loro lampade giallastre si impegnano ad illuminare questa cittá in inverno. La cittá è dei cittadini, non piú dei ponti che sovrastano il vecchio fiume, non delle case o dei palazzi antichi che hano visto l’avvento delle macchine, dello smog, della droga nelle strade. 
La cittá non appartiene piú al vecchio porto distante piú di 10 km dal mare, che pare impossibile, ma fu porto.
La cittá non è piú dei musei che sono ormai quasi dimenticati accatastati.
No.
La cittá è delle scarpe con i tacchi. È degli aperitivi alle sette di sera, è delle sigarette che la sommergono giorno dopo giorno.
È della birra, del vino che scorre a fiumi accanto a sommelier da discount.
È dei centri commerciale, delle concessionarie, delle macchine fiche.
La cittá è dei modelli, dei frivoli, degli incustoditi.

E allora perché non lasciare il mare sommergere questa cittá invasa e distrutta.
Perché non lasciar mangiare al mare tutta la sabbia che vuole.
Perché continuare con questa ipocrisia, preferisco solo che tu venga spazzata via.
 

 

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