Dei Segni le sinfonie

 

Giacomo Lusso continua nella sua personale caratterizzazione del suo impegno artistico: dall’uso della terra rossa ricavata dal terreno posto dietro al suo studio in quel di Albissola Marina, all’attenzione posta alla ricerca dedicata al “segno”, al colore. Note, osservazioni ed attenzioni poste a capo di un discorso dedicato alla conoscenza, alla simbologia della creazione, in qualche modo, del mondo. Il dialogo tra l’Uomo ed il Creato è in corso da millenni. Pietre, colori, città istoriate, pellicole filmiche, fotografie, ceramiche, tecniche digitali: i beni culturali sono qualcosa di vivo ed è importante la loro comunicazione. In tale quadro, oltremodo moderno, Lusso colloca, in qualche modo, la sua ricerca. Superato largamente il concetto di bellezza estetica, mi pare, che Lusso cerchi una sorta di “orizzonte dello stupore”. Dalle radici di artista italiano (ovvero dalle grandi stagioni artistiche e culturali di cui è ricca l’Italia) Lusso cerca beni culturali non effimeri: i suoi quadri  rivalutano quei simboli comuni da cui si sono dispiegate le culture, le differenze che fanno grande la civiltà. Si aprono dialoghi interculturali. Dalla tradizione seicentesca della nostra ceramica “Bianco/blu” Lusso trae linfa per pensare ad una sorta di piramide di anfore, decorate tutte in bianco oppure in blu, da impilare in una performance che culminerà nel gesto della rottura del contenitore più alto, una sorta di “cuspide” di un aulico racconto gotico.

Le sue sculture hanno un’anima intima di terra rossa che “parla” con la forza degli elementi primordiali e modula il racconto moderno fatto di cromie più accese, di ferite, di feritoie, di sguardi dal didentro verso il fuori. Lavori materici, evocativi, innovativi che hanno la loro matrice nella storia e nella tradizione di questo territorio ricco di fornaci, di terre, di tornianti, di artisti che si sono cimentati con la “terra” facendola diventare ceramica per creare opere moderne e contemporanee. La strada percorsa da Lusso è in continua ascesa: nel tempo ha raccolto sensibilità e vocazione poste al servizio di un fare, arricchito da raffinati colori, solide competenze.

Sensibile alla poetica della musica, reattivo al fascino della contaminazione tra le culture tra Occidente ed Oriente, giunge ad una ricerca di “immagini”, di apparenze e di sensazioni in cui possiamo trovare lacerazioni ma anche una sorta di canto di delicata vitalità.

I quadri di Lusso hanno dei lunghi titoli dove spesso il riferimento è musicale (sinfonia, melodia), oppure è evidente una specie di “ordito”, di rigo musicale tracciato con un colore che scandisce il tempo e la chiave musicale attraverso la quale “leggere” l’opera. In tale contesto il colore si muove, modula la sua pigmentazione cromatica, accentua gli acuti, interpreta le tonalità, accende i passaggi tonali, scrive in rosso il nome dell’interprete. Pare di leggere un tracciato delle funzioni vitali (un elettrocardiogramma) dove il cuore scandisce la sua leggerezza del vivere, oppure la sua non sanità, comunque si avverte un afflato vitale, un canto intimo delle carni, una sinfonia delle corde vitali. Lusso con il gesto rapido e scattante pare voler rompere la tradizionale forza dei colori primari: il rosso, il blu, il bianco diventa l’archetto di uno strumento inventato che intende spezzare la melodia millenaria per offrire spazio ai nuovi sentimenti, alle nuove necessità. Non solo memoria ma superamento di essa, grazie allo slancio dell’anima che permette di capire la diversità ed assimilarne la bellezza.

Colpisce la gestualità ritmata, a volte, spesso senza interposizioni, posta in essere con velocità (la velocità di futuristica memoria) che cerca una poetica interiore andando oltre alle barriere delle figure geometriche (quadrato, cerchio) che delimitano gli oggetti, il quotidiano in una sorta di rilievi policromi, di architetture ardite. Nascono, in tal modo, opere eleganti, intelligenti.

Si può parlare di Lusso “compositore”? La risposta può essere positiva nella misura in cui Giacomo Lusso riesce ad unificare nella musicalità cromatica della sua attuale pittura distinti elementi tradotti dalle diverse tradizioni, anche orientali. Così come è avvenuto per la musica voluta da Gregorio Magno (un papa compositore?) da cui deriva il “canto gregoriano”, in altre parole  aver fatto germinare una nuova coscienza artistica, che dischiude all’idea di “variazione” e “sviluppo” la lingua musicale occidentale, si può arrivare all’apertura di Lusso verso un “linguaggio musicale” della ceramica e della sua pittura che incoraggia un’analisi delle sue “potenzialità”, arrivando a creare una sorta di nuovo patrimonio di conoscenze della composizione, in questo caso, artistica. Il canone della musica, in un certo senso, omologa il canone dell’arte pittorica e ceramica.

La sua ricerca bada all’essenziale nel colore (nero/bianco/rosso), nel segno (dalla spirale della vita al simbolo della montagna, dell’acqua alla simbologia del sapere), nella materia. Calligraficamente preciso e conciso Lusso ci parla dei sentimenti attraverso gli archi di ipotetici violini che suonano in una sorta di Nirvana: la danza, la cosmogonia, l’essenzialità di certe filosofie orientali portano Giacomo Lusso alla ricerca della “musica” dell’anima prima di tutto sua e, poi, di chi osserverà queste opere. Quadri che a volte paiono essere dei fondali scenografici dove l’uomo scandisce i suoi gesti quotidiani, altre volte sembrano modulare rumori, tiritere tratte dall’inquinamento delle nostre città, in altri casi sembrano componimenti vibranti e poetici resi con uno stile e linguaggio alquanto personale.

  Silvia Bottaro

Maggio 2004