Dalla Luce alle Terre

GIACOMO LUSSO: DALLA LUCE ALLE TERRE E VICEVERSA

 

La seduzione della ceramica viene da lontano, si associa ai primi gesti dell’uomo che nell’argilla modellata e cotta specchiava l’impulso di testimoniare la sua presenza intelligente sulla terra. La ceramica è fatta di impronte, di segni, di colori guidati dal desiderio dell’artista ma determinati nelle sfumature, in certe inattese varianti, dall’intervento del fuoco che talora interpreta a suo piacimento le altrui ispirazioni. In tal caso la magia si aggiunge a magia e sorge inatteso il richiamo dell’inconscio come se quell’improvviso mutamento di percorso riguardi un desiderio ancora più profondo che altrimenti non si sarebbe manifestato a suscitare ulteriore meraviglia e magari anche un transitorio sgomento. Sopravviene quindi la festa dello sguardo e del compiacimento, sopravviene un sospiro di sollievo per una missione condotta a buon fine.

Giacomo Lusso non si sottrae a tale rito che rimbalza fino a lui e fino a noi dalla notte dei tempi: anzi lo accentua, lo provoca e lo rinnova, come è successo per la creazione della grande e articolata scultura intitolata Il mio biancoblu donata alla città di Varazze. Col bianco e col blu si precipita nella storia, si evocano i rapporti della nostra regione con Delft e con la meraviglia di quei manufatti illuminati dalla presenza del cobalto. Ma il nostro autore da sempre propone altre presenze nelle opere: sono crittogrammi che evocano quei racconti da leggersi col sentimento e con l’intuizione poiché la loro decifrazione appartiene al territorio della sensibilità di chi vuole veramente capire per conoscersi. La sua scrittura non è un corredo calligrafico di supporto, di ornamento: entra nel cuore, oserei dire nella carne di ogni composizione marchiandola, diventandone il sigillo essenziale. Questa calligrafia chiama a sé un altro elemento importante della poetica di Lusso: la luce, una luce filtrante dall’alto, suadente, che acceca un punto della scena e da lì si diffonde. Forse  nasce per davvero da quel punto come per un ulteriore sortilegio del fuoco che all’improvviso decide di appropriarsi della nascita di un simile miracolo. Poco importa se questa luce cade dall’alto o scaturisce dalla terra: magari proviene dall’intimo della gente che guarda queste ceramiche con sincera partecipazione. Succede alla piastra intitolata Al centro folgorata nel cuore dell’evento e scandita da una lacrima rossa che precipita dall’alto, succede a Primavera a Bagdad col candido fascio che attraversa l’incendio di un cielo per illuminare i fantasmi della città, succede a Sinfonia notturna e al liquido svolgimento di forme ectoplasmatiche al ritmo di un sogno. Ma a Lusso non interessa trasferire unicamente simili suggestioni in ambito bidimensionale dal momento che la ceramica presenta probabilmente il suo lato più affascinante, dal punto di vista della sorpresa creativa, allorché si addentra nel territorio della scultura, ovvero di quella forma tridimensionale che apporta ulteriori e sempre rinnovabili incanti alle tonalità, conquistando il ruolo di indispensabile protagonista narrativo. Intanto alcune di queste piastre si offrono alla scalfittura, all’indagine interiore, alla fuoriuscita di sorprese da quella superficie che pareva intangibile. Lo scopriamo nella sequenza dei Racconti dentro che paiono voler estrapolare i piccoli misteri nascosti nello spessore originario dell’opera. Ecco fiorire allora dai tagli e dagli squarci di uno scrigno, sigillato dai ricorrenti morfemi e poi violato, il tesoro di un blu impensabile o gli involti di ulteriori sorprese che accrescono una curiosità costretta sulla soglia del mistero. Oppure è il graffio e lo scavo sulla superficie a fornire momenti espressivi di varia e sempre rinnovabile intensità: le trafitte e ricucite Pagine o l’aculeato Piatto scrittura o la serie di Piatti e racconti che aprono il cammino verso le accumulazioni, le manipolazioni di frammenti trovati, strappati e ricuciti che possono raggiungere l’organico, scabro, primitivo Piral, il grande pannello risolto in termini essenziali e monocromatici nella terracotta, oppure esaltarsi nell’esplosione magmatica di Tecnovolo, oppure ancora nei ripiegamenti e nelle colature di Pia. Un cammino senza soste e senza pentimenti quando il tragitto creativo lega indissolubilmente la luce alla terra, il fuoco alla mano, come succede dalla notte dei tempi.

 

Luciano Caprile