Sezione interventi
Vengono di seguito pubblicati gli interventi che pervengono inerenti tematiche di ambiente
Il nucleare e il problema energetico -->Scarica l'articolo intero (doc)
Quando l’Italia con il referendum decise che non avrebbe più costruito centrali nucleari nel suo territorio, molti ingegneri dell’ENEA si trovarono costretti a cambiare lavoro. Io ero uno tra quelli. Mi dedicai per qualche anno alla verifica strutturale di protesi d’anca e di condotti biologici (stent). Ma i guerrieri del nucleare, specialmente presso l’ENEA di Bologna, non avevano capito che la guerra era finita (o almeno era stata sospesa per un lungo periodo dalla volontà popolare) e quindi attendevano un impossibile ripensamento, non si sa di quale autorità, magari imposto dall’aumento del prezzo del petrolio. Questa attesa impedì loro di usare le competenze ingegneristiche che venivano dal nucleare per altri obiettivi (per esempio per progettare apparecchiature biomedicali). Contemporaneamente mancò, a livello nazionale, la scelta di sviluppare le competenze per la progettazione di un nucleare più sicuro e con una vita delle scorie più breve. Poi un giorno, un illustre Capo Dipartimento che aveva contatti con l’Europa, propose al personale di Bologna di fare studi di analisi del ciclo di vita di prodotti e servizi (LCA), un Metodo che era già stato sviluppato in Europa, anche se non aveva ancora trovato sviluppo con metodi di valutazione del danno condivisi dai diversi Paesi. [continua...] -->Scarica l'articolo intero (doc)
Memo e premessa per le tesi degli studenti
La civiltà contemporanea è saldamente ancorata al petrolio ed il consumo del
greggio di anno in anno aumenta sempre più.
Nell'arco di circa un decennio, dal 1993 al 2003, il consumo mondiale di
petrolio è passato da 66,6 a 78,1 milioni di barili al giorno (+17%). Gli
abitanti dei pochi paesi ricchi ne consumano oltre la metà. Agli USA spetta
oltre un quarto del consumo mondiale del petrolio nonostante il numero degli
abitanti degli Stati Uniti sia poco superiore al 4,5% della popolazione della
Terra.
Il petrolio estratto negli Stati Uniti è meno della metà rispetto a quello che
serve al paese per una vita normale così come la intendono gli americani. La
quantità mancante è garantita dall'importazione dall'estero.Proprio per questo
motivo le autorità americane sono molto attente al fatto che i paesi ricchi di
petrolio siano governati da regimi leali agli USA. Nelle battute scherzose
tipo:- "Continuate ad estrarre il petrolio da soli? Allora veniamo da voi!" e "I
geologi militari degli USA hanno rinvenuto sotto un grande giacimento
petrolifero americano un paese arabo" esiste una buona dose di verità.
Se alle stazioni di rifornimento americane la benzina continuerà a rincarare ai
ritmi attuali il destino dell'Iraq potrebbe toccare anche ad altri paesi. E che
la benzina rincarerà, ahimè, non ci sono dubbi, semplicemente per il fatto che
ogni anno ne servirà sempre di più. E le riserve di greggio, che è la causa di
tutto ciò, sono tutt'altro che illimitate. Secondo i calcoli degli esperti della
compagnia British Petroleum le riserve di greggio attualmente esistenti in tutto
il mondo basteranno solo per 41 anni a condizione che siano mantenuti gli
attuali volumi di estrazione. Ma, come già si è detto, l'estrazione del petrolio
è in aumento.
Questi problemi toccano molto da vicino anche l'Europa.
L'ultimo aumento dei prezzi del petrolio e del gas ha mostrato la forte
dipendenza dell'Europa dall'importazione di risorse energetiche. Nel 2003 i 15
paesi UE hanno importato l'80% del petrolio necessario ed il 49% di gas. E
questa è una tendenza in crescita. Il problema energetico si porrà in maniera
particolarmente grave tra un paio di decenni quando, secondo le previsioni della
Energy Information Administration (EIA) degli USA, la domanda di energia
crescerà di due terzi rispetto a quella attuale. Così i paesi a forte crescita -
Cina, India, Brasile - sostanziano le previsioni sugli aumenti dei consumi ed
anzi tendono ad incrementarli.
Tutto ciò significa che nel futuro ormai prossimo il petrolio inizierà
semplicemente a scarseggiare, mentre già ora quasi 2 miliardi di persone, un
terzo della popolazione del pianeta, non hanno pressoché alcuna possibilità di
utilizzare l'energia elettrica o i combustibili liquidi e sono quindi condannati
ad un'esistenza da Medio Evo che provoca disperazione, malcontento e conduce, in
ultima analisi, al conflitto.
La transizione dalle fonti fossili al ventaglio delle rinnovabili - solare,
vento, bioenergia - insieme ad efficienza e alla produzione decentrata, è
fattore strategico per lo sviluppo e la sicurezza delle generazioni attuali e
future. Si configurano come possibili Energie di Pace.
G.Gradari
Nonostante la cattiva gestione dell'Enea e del Cnr, Bersani propone Fabio Pistella a capo dell'Authority
Fonte: Liberazione - 01/08/06 -
http://www.liberazione.it/giornale/060801/LB12D6AE.asp
articolo di Alessandra Pugliese
Sembrerebbe quasi che a far danni ci si guadagna. E' infatti quasi certo che l'assai discusso presidente del Cnr Fabio Pistella sarà presto a capo dell'autorità per l'energia elettrica e il Gas. La procedura per la nomina è stata avviata venerdì scorso in consiglio dei ministri, in seguito alla proposta del ministro dell'Economia Pier Luigi Bersani. «Ha già fatto dei danni. Basta! Mi sembra che insistere sia una cosa da masochisti. Ha già distrutto l'Enea di cui si occupava», commenta Fausta Finzi, ricercatrice all'Enea per oltre vent'anni.
Già, perché Pistella di danni ne ha fatti non solo al Cnr (che ha gestito in maniera poco trasparente, autoritaria e politicizzata), ma anche all'Enea dove è stato direttore generale dal 1981 al 1997.
E' una storia ingarbugliata quella dell'Enea. Un po' ente di ricerca, unpo' agenzia, dove il ruolo dei ricercatori è allo sbando e il numero di precari è elevatissimo. L'attività di ricerca è messa all'angolo e poco finanziata. Tutto grazie alla riforma voluta nel 1982 da Pistella che ha portato alla separazione dell'Enea dagli altri enti pubblici di ricerca trasformandola in ente strumentale, cioè collegato al mondo della produzione. Il personale è collocato in un ruolo unico senza più differenza di professionalità. A capo della piramide c'è un consiglio di amministrazione su modello di quelli aziendali. «Pistella - racconta Finzi - ottenne dall'allora ministro dell'industria Battaglia che l'Enea avesse un regime autonomo, con un contratto di tipo privatistico». I finanziamenti non vanno più alla ricerca, ma alla promozione industriale. «A loro non interessava la ricerca - spiega Finzi - In quel periodo andava di moda la produzione industriale. Il potere politico era interessato a che le aziende in Italia crescessero. Si pensava che l'attività di promozione fosse più produttiva. Alla lunga si è visto che risultati non se ne ottenevano».
In altre parole, la dirigenza non ha saputo gestire la caratteristica di ente particolare. Intanto la ricerca è abbandonata e molti laboratori vengono chiusi. «Da noi nessuno guarda il prodotto, ma solo quante ore e minuti siamo stati nel centro - prosegue Finzi - Quando un ricercatore ottiene il finanziamento è da solo e non può contare su strutture che funzionano. I fondi sono sempre meno. Più o meno coprono gli stipendi e il funzionamento dei centri».
I fondi per la ricerca entrano soprattutto da commesse esterne. Ci sono
accordi di programma con i ministeri, ma a sentire i ricercatori anche questi
non funzionano molto bene. Oggi, oltre all'amministrazione burocratica e
gerarchica, c'è il blocco delle assunzioni. Ci sono circa 600 precari, neanche
più tanto giovani.
L'Anpri, associazione nazionale professionale ricercatori, confida nel nuovo
governo per uscire da questa situazione di stallo: «Chiediamo che l'Enea entri a
far parte del comparto degli enti pubblici di ricerca. Il governo dovrebbe dire
se vuole che l'Enea sia un ente di ricerca o se vogliono scioglierci. Va risolta
la questione dei precari. Ci vuole coraggio, però non bisogna tornare indietro».
L'Analisi del Ciclo di Vita: un tentativo dell'uomo moderno di riappropriarsi della sua unità
Prima della riforma della scuola media degli anni '60, in Italia, le discipline scolastiche si insegnavano come se fossero separate le une dalle altre. Si presentava la scienza come contrapposta alla cultura umanistica: lo scienziato scrittore (per esempio Gadda) faceva meraviglia. Nella scuola media non si insegnava né la tecnica né la musica. La cultura marxista nonostante avesse avuto il grande merito di collegare l'economia alla storia, tendeva ad asservire la creazione artistica alla 'struttura' e a negare valore alla 'sovrastruttura': valgano per tutti lo scetticismo con cui considerava la psicanalisi.
Ancora oggi all'Università, nelle discipline scientifiche, si continua ad insegnare come costruire un prodotto solo in base alle funzioni che esso deve avere, senza tenere conto dell'influenza che avrà sulla vita di chi ne usufruisce. D'altra parte le discipline umanistiche, pur occupandosi della vita dell'uomo, faticano a capire il collegamento tra tutti i tipi di attività che egli compie. In realtà sono proprio le discipline che si collocano in una posizione intermedia tra il mondo scientifico e quello umanistico, come economia, scienze politiche, psicologia, teoria della comunicazione, scienze ambientali, medicina che, tentano di recuperare l'unità dell'uomo.
L'Analisi di Ciclo di Vita è un esempio di questo tentativo. Esso tenta di valutare il danno ambientale di un prodotto o di un processo o di un servizio. Il prodotto quindi non ha solo una funzione (quando ce l'ha, perché molti prodotti vengono creati solo per rispondere ad una domanda opportunamente indotta nei consumatori dai produttori) ma produce anche effetti sull'uomo e sull'ambiente.
Poiché un prodotto, oltre agli effetti negativi (danni) produce anche quelli positivi, nell'analisi bisognerebbe sempre considerare anche questi. Gli effetti devono essere determinati con il metodo scientifico che prevede una stretta correlazione tra causa ed effetto. Purtroppo l'enorme numero di variabili in gioco e una correlazione solo probabilistica tra causa (emissioni nocive) ed effetto (danno sulla salute dell'uomo e dell'ambiente) rendono estremamente difficile la risoluzione del problema. Tra gli effetti ambientali ci sono anche quelli sociali (i morti sulle strade), psicologici (l'ambiente di lavoro), sociopolitici (la relazione tra l'uso delle materie prime e sottosviluppo dei Paesi che le producono) ed economici (i costi dei danni ambientali). Perciò l'Analisi del Ciclo di Vita più corretta deve comprendere il maggior numero di emissioni e di effetti. Perciò richiede competenze non solo in ingegneria, chimica, fisica, matematica, biologia e medicina, ma anche in sociologia, psicologia, economia, storia, legge: cioè se si vuole ottenere un risultato che abbia un minimo di attendibilità deve essere l'Uomo nella sua unità a fare l'analisi.
Inoltre, nell'Analisi del Ciclo di Vita tra le emissioni si possono anche considerare i costi. Allora l'Analisi oltreché ambientale diventa economica. Questo tipo di analisi se funzionale alla sola Azienda può essere riduttiva e dare solo indicazioni sulla competitività del prodotto. Se invece l'analisi viene fatta per informare il cittadino, allora si può scoprire quali sono le forze che agiscono sul mercato per condizionarne le scelte e con quali mezzi esse operano (i prezzi delle materie prime vengono stabiliti da rapporti di forza e non dal mercato).
In conclusione fare l'Analisi del Ciclo di Vita di un prodotto significa raccontare la sua storia (produzione, uso e fine vita) come una serie di interazioni con tutto ciò che lo circonda: l'uomo e l'ambiente di cui l'uomo fa parte integrante. Poiché le interazioni con l'uomo (come quelle con animali e piante) sono di molteplice natura, l'uomo mentre fa l'Analisi prova a riprendere possesso della sua unità.
Paolo Neri
L’ambiente e la politica
La difesa dell’ambiente ha una forte valenza politica di sinistra. Anzi supera il mito marxista della classe operaia e individua un nuovo obiettivo per la storia dell’uomo: l’ambiente di cui l’uomo è solo uno dei tanti componenti. Le ragioni di tale affermazione possono essere indicate nei seguenti punti:
1. Uno degli obiettivi della difesa dell’ambiente è la salute dell’uomo, a prescindere dalla classe di appartenenza. Quindi l’ambientalismo può accettare solo la democrazia come sistema di organizzazione sociale.
2. La difesa dell’ambiente lavora e lotta per i figli e ammette per i propri gli stessi diritti di quelli degli altri. I figli dei cittadini del mondo. Quindi lavora per il futuro, un futuro infinito. Non si limita, come fa il capitalismo, al guadagno immediato con la paura della concorrenza del domani.
3. La difesa dell’ambiente non solo accetta le diversità ma le considera come la caratteristica fondamentale di un ambiente ancora sano. Quindi l’ambientalismo è il solo strumento culturale capace di esaltare le molteplicità di razze, storie, credenze, comportamenti che costituiscono la maggiore peculiarità dell’uomo. La patria dell’uomo che diventa la terra. Il concetto di impero e di potere che diventa una delle più inquinanti categorie di danno.
4. La difesa dell’ambiente si scontra con i costi economici delle merci, dei processi e dei servizi. Le leggi del mercato, se sono veramente tali, e cioè vengono determinate dalla domanda e dall’offerta, prescindono dal rispetto dell’ambiente. E’ lo Stato che deve occuparsi della salute del cittadino e della qualità dell’ambiente. L’ambientalismo, invece, rimette in discussione la nascita dei prezzi. Non basta la domanda di un prodotto perché sempre di più il consumatore richiede anche la sua certificazione ambientale. L’usa e getta del prodotto, idea cardine del mercato capitalistico perché su di essa si basa il consumismo, si scontra con il concetto di riuso, caratteristica fondamentale di un prodotto che rispetti l’ambiente. La limitazione della quantità di rifiuti ridisegna il concetto di consumo, specialmente se si tratta di consumo per il soddisfacimento di un bisogno non essenziale. Quindi l’ambientalismo si contrappone all’economia di mercato.
5. Quanto alle risorse, esse vengono determinate da trattative private tra le Multinazionali, che hanno comperato i principali governi dei Paesi industrializzati, e i dittatori che spesso gli stessi governi hanno messo a capo dei Paesi produttori di materie prime. Propugnando la limitazione dell’uso di materie prime, l’ambientalismo riduce il danno generato dall’attuale consumo di energia elettrica e termica e favorisce la crescita politica, economica e sociale dei Paesi in via di sviluppo. Infatti, scomparendo la monocultura dell’estrazione delle materie, tali popoli potrebbero sviluppare una economia basata sul soddisfacimento dei loro bisogni primari.
6. La guerra presuppone la morte dell’uomo e quindi di un componente dell’ambiente. La difesa dell’ambiente non può accettarla e impone all’uomo di trovare gli strumenti adeguati a ridurre le cause della guerre che sono da sempre rappresentate da interessi economici, spesso mistificati da interessi religiosi e nazionalistici, dalla volontà di dominio e di prevaricazione di chi detiene il Potere nei confronti di chi giunge ad odiarlo perché causa delle sue sofferenze.
7. La difesa dell’ambiente sta diventando sempre di più l’espressione di un nuovo tipo di solidarietà che non coinvolge più solo l’uomo ma tutto l’ambiente e che richiede l’aiuto del componente più forte (l’uomo) nei confronti dei componenti più deboli (gli animali e le piante).
Tali caratteristiche della difesa dell’ambiente si scontrano con i fondamenti della cultura di destra e, purtroppo anche con alcuni degli attuali obiettivi della cultura di sinistra.
Inoltre, lo stretto legame tra la scienza ambientale e l’uomo con i suoi problemi, il coinvolgimento di tutte le discipline della conoscenza umana necessario per la risoluzione di tali problemi e la difficoltà scientifica della dimostrazione del legame tra danno ambientale e causa, hanno creato una contrapposizione tra chi si occupa di ambiente e chi si occupa solo di una parte di esso (i matematici, i fisici, i chimici e gli ingegneri).
Perciò la difesa dell’ambiente fa paura e quindi stenta a diventare il nuovo soggetto politico.
Paolo NeriAmbiente e clima
Sono un ricercatore che lavora all’ENEA dal 1968. Mi occupo da 9 anni di analisi del ciclo di vita di prodotti e servizi (LCA). Ho applicato l’LCA a 90 casi studio relativi a realtà italiane. Per la valutazione del danno ambientale faccio uso dei metodi usati in Olanda, Svezia e Danimarca.
Ho letto con stupore e angoscia il documento ‘Ambiente è sviluppo’ nel quale
vengono riportate affermazioni di uomini che per il ruolo istituzionale che
occupano e per la cultura di cui si ritengono portatori dovrebbero almeno
esercitare l’esercizio del dubbio.
Il valore scientifico degli interventi si giudica da solo.
Per quanto riguarda l’intervento di Togni occorre osservare che:
• L’ambientalismo antropocentrico e teocentrico non è ambientalismo ma
esattamente il suo contrario. E’ la visione religiosa del mondo che crede nella
sua creazione da parte di Dio, considera l’uomo come la creatura più importante
di Dio e l’ambiente al servizio dell’uomo.
• L’attribuzione della responsabilità del danno ambientale ai paesi in via di
sviluppo è falso.
• E’ strumentale richiamare un discorso di Giovanni Paolo II che esprime un
concetto condivisibile ma alla condizione che prevalga l’etica della vita e
della dignità dell’uomo presente e futuro. L’etica della vita è anche quella che
dovrebbe guidare l’operato di ogni governo nell’impedire l’inquinamento, anche
se questo è solo una causa parziale di un danno verificato, anzi dovrebbe
richiedere ad ogni produttore di beni e servizi di certificare il grado di
inquinamento del proprio prodotto o servizio, prima di venderlo.
Per quanto riguarda quello di Lindzen, Buonanno e Ortolani si può ricordare che:
• sostenere che fenomeni dell’universo (come le macchie solari) possono essere
cause del riscaldamento globale non significa escludere le altre cause. Se oltre
a queste ci sono cause dovute all’uomo (come l’aumento della produzione della
CO2), è giusto cercare di ridurne la produzione.
• La critica alla modellistica suona ancora una volta come un ritorno ad una
scienza teocentrica com’era quella pre-galileiana e dimentica come solo
modellizzando il ‘creato’ si riescono a prevedere le conseguenze dei fenomeni
fisici, come è stato fatto in tanti campi scientifici. Basti pensare alla
modellistica nell’analisi strutturale o nella fluidodinamica.
L’intervento di Clini è una richiesta di revisione del protocollo di Kyoto che
secondo lui sarebbe giustificato:
• dall’attribuzione di parte delle responsabilità del danno ambientale a Cina e
India (30%). E il restante 70% da chi dipende?
• dall’ideologia verde a cui si attribuisce un potere che appare quanto meno
eccessivo
• dalla strategia dall’asse franco tedesco che non mi è dato di conoscere e
pertanto respingo, non fosse altro per la sua somiglianza ad un concetto
espresso da una tragica frase di Mussolini.
• dalla spesa che le Aziende italiane devono sobbarcarsi per acquistare le quote
di CO2 ancora disponibili
L’intervento di Claudia Cieri Via non dimostra nulla, se non il fatto che i
pittori hanno rappresentato l’ambiente che li ha accompagnati nella loro vita.
Pistella ha aderito alla tesi delle cause naturali del riscaldamento, ha
attaccato il protocollo di Kyoto come sta facendo il centro-destra per tentare
di evitare spese che lo allontanerebbero ulteriormente da Confidustria, ha fatto
un invito alla ricerca di strumenti adeguati allo studio di problemi complessi e
difficili che assomiglia ad una richiesta di finanziamenti pubblici al CNR. Da
rimarcare il giudizio sprezzante nei confronti di ricercatori che fino ad ora,
almeno per quanto riguarda l’ambiente, non si sono occupati di ‘cose serie’. In
questo giudizio sono compresi non solo i ricercatori che come me all’ENEA hanno
potuto occuparsi di ambiente anche grazie al termine del mandato durato
diciassette anni di Pistella come Direttore Generale dell’ENEA, ma anche tutti i
ricercatori che sparsi in tutto il mondo hanno contribuito a creare i fondamenti
per gli studi ambientali.
Quanto a Nucara poi che rassicura il popolo ricordando come la CO2 contribuisca
alla vita delle piante forse non è stato informato che di tale fenomeno positivo
gli studi ambientali tengono conto, unitamente agli aspetti negativi che
l’eccesso di CO2 produce.
Si può concludere ricordando ai nostri esperti di ambiente e di clima che oltre
all’effetto serra esistono molte altre cause di danno ambientale difficilmente
contestabili che riguardano la salute dell’uomo (emissioni di sostanze
cancerogene, di sostanze organiche e inorganiche che producono affezioni
respiratorie, di sostanze che producono lo smog fotochimico, di sostanze che
producono la riduzione dello strato dell’ozono, di sostanze radioattive), la
vita dell’ecosistema (emissione di sostanze che producono l’acidificazione,
l’eutrofizzazione e l’ecotossicità, uso del territorio da parte dell’uomo) e
l’esaurimento delle risorse naturali (minerali e combustibili fossili).
Bologna, 03/07/06
Paolo Neri
Alcune condizioni per la rinascita della ricerca scientifica in Italia
• La ricerca nasce dalla necessità che l’uomo ha di conoscere. La conoscenza
deve essere indirizzata al soddisfacimento dei bisogni vitali dell’uomo, nel
rispetto della vita degli altri uomini e dell’ambiente in cui vive.
• La ricerca italiana deve avere quindi come obiettivo primario il
soddisfacimento dei bisogni del Paese, nel rispetto dei bisogni della Comunità
mondiale.
• La ricerca italiana deve avere la consapevolezza che il soddisfacimento di un
bisogno primario di un cittadino italiano deve condurre necessariamente al
soddisfacimento di un bisogno primario di un qualsiasi cittadino del mondo.
• Quindi la prima condizione è quella di definire tali bisogni e i tempi
necessari per soddisfarli. Il compito spetta al Governo. Ogni Ministero deve
avere un Dipartimento in grado di giudicare la validità del raggiungimento dei
singoli obiettivi della ricerca commissionata.
• Non devono essere consentiti limiti derivanti ad una divisione internazionale
del lavoro e del mercato. Tra i bisogni fondamentali devono essere considerati
la difesa dell’ambiente (e quindi della salute dell’uomo), lo sviluppo di
attività produttive di cui l’Italia ha bisogno e di cui si trova attualmente a
dipendere dalle multinazionali (apparecchiature biomedicali e prodotti
farmaceutici), proposte per uno sviluppo sostenibile dei Paesi poveri,
differente da quella attualmente non sostenibile dei Paesi industrializzati e di
molti Paesi in via di sviluppo.
• Definiti i bisogni e i tempi, devono essere stabiliti i finanziamenti
necessari per ottenere i risultati.
• La ricerca pubblica deve vivere per mezzo di finanziamenti pubblici perché
solo questi possono consentire il soddisfacimento disinteressato dei bisogni dei
cittadini. Ciò non impedisce il ricorso ai finanziamenti privati per i servizi
svolti. Infatti scopo della ricerca è anche quello di favorire lo sviluppo di
nuove tecniche di produzione e di analisi dei risultati: condizioni perché ciò
avvenga è sia la validità scientifica del supporto fornito sia un costo della
prestazione tale da favorire la richiesta del servizio stesso.
• Devono invece cessare i finanziamenti pubblici senza controllo dei risultati e
il ricorso ai finanziamenti europei al solo scopo di reperire denaro.
• Gli Enti di ricerca, le Università e le Agenzie devono essere riformati
passando attraverso le seguenti fasi:
1. definizione dei loro obiettivi e delle loro sinergie
2. sostituzione dell’attuale apparato dirigente e assunzione
del principio che ogni componente della struttura resta in carica al massimo 5
anni, trascorsi i quali deve ritornare alla sua operatività di ricercatore
3. assunzione a tempo indeterminato di giovani allo scopo di
favorire la crescita delle competenze, la loro permanenza nell’abito della
ricerca e il contributo all’innovazione che solo un giovane è in grado di dare
4. recupero dell’attuale personale dipendente all’etica del
lavoro sia per quanto riguarda l’aumento e la difesa della sua
professionalità sia per quanto riguarda l’esecuzione del servizio al cittadino
Paolo Neri