Ora che la riforma della scuola ha raggiunto il varo è
necessario riflettere sulle nuove disposizioni
ministeriali. E’ giunto il tempo di non polemizzare più
perché sarebbe ormai anacronistico. Bisogna, oggi,
attuare la politica del dialogo. Le polemiche ,anche se
scaturite da preoccupazioni per il futuro, non hanno mai
portato a nulla se condotte con la logica dello scontro
continuo; anzi hanno sempre contribuito ad approfondire i
solchi dei dissidi e dei conflitti. Il dialogo, la
riflessione, le proposte di attuazione sono azioni che
devono aiutare le parti in contrasto politico- ideologico
a trovare soluzioni nel rispetto dell’avversario non
più demonizzato per il suo punto di vista contrario alle
nostre posizioni. La riforma è una legge- quadro, una
legge- delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari
decreti attuativi da parte del Ministero. E’ qui che
bisogna cominciare a lavorare, non intestardendoci in
posizioni estremistiche ma proponendo soluzioni,
verificando lo stato di disagio, sentendoci interpellati
continuamente per consigli nell’attuazione legislativa.
Perché è pur vero che i politici portano avanti i
disegni di legge, che poi si trasformano in leggi dopo
sofferti iter parlamentari, ma è estremamente vero che se
la legge migliorativa della qualità scolastica non
scaturisce dalla scuola, dai pareri degli stessi docenti
in campo, da chi vive i problemi quotidiani ,a distanza di
pochi semestri dovrà essere cambiata. Costi quel che
costi. E sarebbe triste constatare una maggioranza che
pensi di detenere la bacchetta magica di una soluzione
definitiva e si chiuda al dialogo con una minoranza
specialistica e sempre propositiva di idee e soluzioni
democraticamente offerte sul tavolo della discussione. In
questo caso l’utenza scolastica ne pagherebbe le
conseguenze ed assisterebbe sdegnata solo a beghe
politiche e alle solite gelosie di potere.
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