1-
La
"riforma" Moratti è legge dello Stato.
I ragazzi e le ragazze che provengono da famiglie
svantaggiate sotto il
profilo culturale o economico da oggi hanno una sicurezza. Quella
cioè di
potersi dimenticare definitivamente la possibilità di accedere
alle facoltà
universitarie. Per loro ci sono le scuole professionali.
Anche i bambini e alle bambine portatori di handicap e ancor più
quelli
che hanno ³solo² qualche problema di apprendimento o di
comportamento e le
loro famiglie hanno la loro sicurezza.
Con la riduzione drastica del personale per il sostegno e delle ore
da
dedicare all¹handicap grave, la loro presenza nella scuola ³riformata²
somiglierà sempre di più ad un parcheggio piuttosto che ad una
esperienza
formativa.
Per non parlare dei tagli di personale annunciati (più di 8000
cattedre e
altrettanti ATA) che colpiranno in particolare la scuola superiore,
e che
renderanno sempre più difficile le esperienze di tempo pieno e
tempo
prolungato.
Nella "riforma" verranno cancellate tutte le
contemporaneità tra docenti
con la grave perdita di qualità che comporterà.
Il richiamo che nella ³riforma² si fa continuamente alla persona,
alla sua
centralità, nasconde di fatto la realtà che emerge da tutto il
suo
impianto e cioé che ognuno di noi sarà più solo, come in un
enorme condominio, a
badare ai propri interessi facendo i conti con le proprie
possibilità
economiche all¹interno di quell¹enorme supermercato dell¹istruzione
che ci
viene annunciato.
Una scuola pubblica più leggera, meno impegnativa, e che deve
costare poco
(allo Stato).
Per chi se lo potrà permettere, ci saranno corsi a pagamento
presso i
quali "acquistare" i propri crediti pregiati e
spendibili, poi, sul mercato del
lavoro.
Una scuola contraria al dettato Costituzionale, che esaspererà le
differenze sociali e culturali invece di lavorare a rimuovere gli
ostacoli per chi
parte già in situazione di svantaggio, oltre che a potenziare e
dare mezzi
ai capaci e fortunati.
Risparmiare sulla Scuola pubblica.
Sì perché questa sembra essere la più grande preoccupazione dei
nostri
legislatori. Tutto ciò che non produce ³utile² è ³carrozzone²
e quindi va
reso ³efficiente² con un ottica tutta aziendale: cioè va ridotto
al costo
più basso possibile trasferendone gli oneri sulla popolazione (e
la
riforma della sanità è li ad insegnarcelo).
La Riforma degli Organi Collegiali
Con l¹entrata in vigore della nuova legge cambieranno anche le
forme di
partecipazione e di gestione delle scuole e degli istituti.
I vecchi organismi di rappresentanza Consiglio di Istituto,
Consiglio di
classe e i comitati Genitori e Studenti decadranno tra sei mesi
circa. Di
questi solo il CdI verrà sostituito dal ³Consiglio di scuola²
presieduto
dal Dirigente scolastico e non più da un genitore. Per gli altri
organismi non
è previsto nulla, o meglio, tutto è lasciato alla volontà di ogni
singolo
istituto di stabilire forme e modi della partecipazione
democratica.
Avevamo già evidenziato tempo fa i pericoli insiti nella scomparsa
del
consiglio di classe, di quell¹organismo cioè che mantiene stretto
il
contatto e la relazione tra famiglie, docenti e studenti.
La scomparsa del CdC porta con se anche l¹abolizione dei
rappresentanti
degli studenti (nelle superiori) e dei genitori dal luogo in cui
misurare
e far valere i diritti/doveri della partecipazione democratica. Ciò
ci
sembra
particolarmente grave per quanto riguarda soprattutto gli studenti.
Ciò
che erano diritti sanciti e acquisiti (assemblee e riunioni di
classe o di
istituto) diventano suscettibili di ³benevola² approvazione del
Dirigente.
Molti di voi già sanno bene le difficoltà avute per operare all¹interno
di
organismi definiti per legge. Provate solo per un momento a
immaginare
quelle che si verranno a creare quando i diritti verranno
sostituiti dalla
discrezionalità.
Per ovviare a ciò abbiamo valutato necessario aggiungere al
regolamento di
istituto che fino ad oggi si occupava solo ed esclusivamente di
aspetti
organizzativi e comportamentali anche una parte che sancisca con
chiarezza
i diritti INALIENABILI (perché contenuti nella Costituzione e
nella Carta
dei Diritti dei minori che il nostro Stato ha ratificato alle
nazioni Unite)
di tutti coloro che nella scuola vivono, a partire appunto dai
nostri ragazzi e dalle nostre ragazze.
Quello che vi alleghiamo è il frutto degli incontri che lo scorso
anno, insieme a genitori e docenti di altri licei milanesi, abbiamo
organizzato e che ci ha trovato concordi.
Sarebbe utile che chi fra di voi potesse si impegnasse a darci una
mano
per discutere ed elaborare una proposta definitiva e comune da
portare all¹approvazione dei CdI e CdC di tutto il paese.
Il presidente del Comitato Genitori ISI Cremona di Milano- Marco Donati
===================
Il Coordinamento Genitori delle Scuole Superiori di Milano e
Provincia,
dopo aver letto e discusso a lungo il Disegno di Legge, approvato
dalla
Commissione Cultura della Camera il 21.02.02, che si propone di
eliminare
i punti essenziali dei ³decreti delegati², istituiti il
30/07/1973 Legge n.
477, sottolinea i seguenti punti:
i decreti delegati vengono istituiti, dopo anni di contestazione,
perché
la scuola riconosce che lo sviluppo della personalità e la
formazione civile
e sociale non si realizzano solo attraverso l'istruzione ma anche
attraverso
la partecipazione democratica delle varie componenti, tra cui
studenti,
genitori e personale non docente.
l¹istituzione dei Consigli di Classe, Consigli di Circolo e
d'Istituto,
Distretti Scolastici, Consiglio Scolastico Provinciale ecc., organi
nei
quali è prevista la partecipazione degli studenti (negli istituti
superiori), dei genitori, dei docenti, dei non docenti, dei
dirigenti
scolastici ed anche di rappresentanze sindacali e degli enti
locali,
permettono ancora oggi, ai rappresentanti eletti dalle rispettive
componenti, di partecipare alle riunioni e di avere potere
decisionale in
molti campi
il Disegno di Legge del 21/02/02 modifica la composizione degli
Organi
Collegiali che governano la scuola, con la riduzione del numero di
tutte
le componenti e l'eliminazione della componente ATA; inoltre la
presidenza
del Consiglio di Scuola passa da un genitore, come è stato fino ad
oggi, al
Dirigente Scolastico
³il Consiglio di ScuolaS. delibera il regolamento relativo
al proprio
funzionamento²(art.4), regolamento che potrà rivelarsi anche
antidemocratico, infatti non viene definito alcun organismo
superiore di
controllo, né modelli di regolamento a cui attenersi
il Disegno di Legge, abolendo la normativa che obbligava alla
trasparenza
l'applicazione del regolamento di governo delle istituzioni
scolastiche,
ha tolto al pubblico la possibilità di partecipare e di accedere
agli atti.
nel Disegno di Legge non sono specificate le garanzie democratiche
riguardanti la partecipazione delle varie componenti alla vita
della
scuola, quali ad es. le modalità di elezione, il diritto degli
studenti a una
mattina di assemblea al mese, il Comitato Genitori, l'Assemblea dei
Genitori. Se queste garanzie democratiche non venissero esplicitate
in
modo inequivocabile, i futuri Consigli di Scuola potrebbero emanare
Regolamenti
antidemocratici. Potrebbero, per esempio, non prevedere più i
tradizionali
luoghi di partecipazione.
Gli organismi di rappresentanza e di gestione dovranno continuare
ad
essere luoghi di partecipazione attiva, di elaborazione e di
confronto diretto di
tutte le componenti. In particolare il Consiglio di Classe, che va
tutelato e rivitalizzato.
Il Coordinamento Genitori, oltre a manifestare dunque una volontà
diversa
da quella che ispira la legge, con questa proposta intende
consentire, nei
primi sei mesi di attuazione, di:
- garantire la continuità degli Organismi Rappresentativi
- produrre nuove riflessioni sull'argomento da parte delle singole
scuole
Il Coordinamento, pertanto, invita insegnanti, studenti, genitori e
ATA a
sollecitare i propri Consigli di Circolo e di Istituto a
deliberare, "in
sede di prima attuazione" come previsto dal Disegno di legge:
a) un Regolamento di scuola che preveda, oltre al Consiglio di
scuola e al
Collegio Docenti, i seguenti Organi Collegiali:
Consiglio di Classe ( i rappresentanti eletti dalle componenti,
aperto a
tutti i genitori e gli studenti della classe)
Comitato dei Genitori (tutti i genitori di classe eletti quali
rappresentanti)
Comitato Studentesco (tutti gli studenti eletti quali
rappresentanti)
Assemblea dei genitori (di classe e generale)
Assemblea degli studenti (di classe e generale)
b) l' invito ai Collegi docenti di inserire nei POF richiami al
valore
democratico della partecipazione. Proponiamo che la formulazione di
quanto
sopra sia la medesima per tutti i Collegi Docenti, così da
rafforzarne il
valore, sottolineando come aspetto di qualità della scuola
l'apertura
delle
strutture di dialogo.
Rilevato che la solidarietà è oggi dispersa in una gamma estesa
di
interessi individuali e che è compito attuale quello di dare senso
ad una nuova
cittadinanza, invitiamo tutti gli insegnanti, gli studenti e i
genitori a
contribuire alla costruzione di contenuti e modalità utili a dare
nuovo
slancio alla partecipazione.
Il Coordinamento Genitori delle Scuole Superiori di Milano e
Provincia
2-
La politica del dialogo
per una riforma più convincente
Francesco
Paolo Catanzaro - 17-03-2003
Ora che la riforma della scuola ha raggiunto il varo è necessario riflettere
sulle nuove disposizioni ministeriali. E’ giunto il tempo di non polemizzare
più perché sarebbe ormai anacronistico. Bisogna, oggi, attuare la politica del
dialogo. Le polemiche ,anche se scaturite da preoccupazioni per il futuro, non
hanno mai portato a nulla se condotte con la logica dello scontro continuo; anzi
hanno sempre contribuito ad approfondire i solchi dei dissidi e dei conflitti.
Il dialogo, la riflessione, le proposte di attuazione sono azioni che devono
aiutare le parti in contrasto politico- ideologico a trovare soluzioni nel
rispetto dell’avversario non più demonizzato per il suo punto di vista
contrario alle nostre posizioni. La riforma è una legge- quadro, una legge-
delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari decreti attuativi da parte del
Ministero. E’ qui che bisogna cominciare a lavorare, non intestardendoci in
posizioni estremistiche ma proponendo soluzioni, verificando lo stato di
disagio, sentendoci interpellati continuamente per consigli nell’attuazione
legislativa. Perché è pur vero che i politici portano avanti i disegni di
legge, che poi si trasformano in leggi dopo sofferti iter parlamentari, ma è
estremamente vero che se la legge migliorativa della qualità scolastica non
scaturisce dalla scuola, dai pareri degli stessi docenti in campo, da chi vive i
problemi quotidiani ,a distanza di pochi semestri dovrà essere cambiata. Costi
quel che costi. E sarebbe triste constatare una maggioranza che pensi di
detenere la bacchetta magica di una soluzione definitiva e si chiuda al dialogo
con una minoranza specialistica e sempre propositiva di idee e soluzioni
democraticamente offerte sul tavolo della discussione. In questo caso l’utenza
scolastica ne pagherebbe le conseguenze ed assisterebbe sdegnata solo a beghe
politiche e alle solite gelosie di potere.
Gianni
Mereghetti - 16-03-2003
Sono d'accordo che è tempo di una politica del dialogo e che questa è
l'unica strada da percorrere per un cambiamento in positivo della scuola.
Sarebbe invece terribile se lo scontro politico-ideologico di questi anni
entrasse nella scuola, rendendola invivibile.
Penso che la politica del dialogo sia possibile, perchè comunque dentro la
scuola, pur essendovi chi è ancora ancorato a metodi ideologici, vi è comunque
un consistente numero di insegnanti e studenti che hanno a cuore l'educazione.
Partiamo da qui! [su]
3-
La riapertura delle iscrizioni? No, grazie.
Leonardo
Domenici - 18-03-2003
Leonardo Domenici, Presidente dell’Associazione
dei Comuni Italiani (ANCI) ha scritto una lettera al Ministro dell’Istruzione
Letizia Moratti in merito alla applicazione della Riforma della scuola. Nel
testo, Domenici sottolinea le difficoltà che una riapertura generalizzata delle
iscrizioni provocherebbe ai Comuni italiani e ricorda i problemi economici
pendenti. I Comuni, afferma Domenici, aspettano infatti di “conoscere come il
Governo intenda fornire loro i mezzi per rispondere alla Domanda della nuova
utenza”.
Roma, 14 marzo 2003
Dott.ssa Letizia Moratti
Ministro dell'Istruzione Università e Ricerca
V.le Trastevere, 76/A
00154 Roma
Gentile Ministro,
la Riforma della scuola, da Ella fortemente voluta, è ormai Legge ed i Comuni,
pur mantenendo alcune posizioni critiche, a Lei ben note, ritengono comunque di
doverLe augurare un buon lavoro per la realizzazione del miglioramento della
scuola italiana, obiettivo che sta a cuore a tutti noi, che ne conosciamo le
difficoltà e ne sosteniamo quotidianamente il funzionamento.
Ci auguriamo pertanto che al di là delle questioni di principio che rimangono,
il lavoro congiunto, ancora in corso, per la verifica della sperimentazione
dell’anticipo, possa essere completato prima che si provveda alla riapertura
delle iscrizioni nella scuola dell’infanzia, nel rispetto degli accordi
intervenuti al momento della scrittura delle regole per la sperimentazione.
Una riapertura generalizzata delle iscrizioni, già per il prossimo anno
scolastico, con l’accesso di bambini più piccoli, senza una puntuale,
validata e concorde valutazione delle loro necessità e delle modalità per
farvi fronte, metterebbe in crisi prima di tutto le altre famiglie che si
aspettano l’ingresso in luoghi accoglienti e professionalizzati, oltre che le
amministrazioni e le stesse scuole, per la incertezza nel numero e nella
tipologia dei nuovi utenti, che renderebbe impossibile adempiere in modo
concreto alla funzione educativa propria della scuola dell’infanzia,
trasformata in mera custodia.
I Comuni sono anche molto preoccupati per i notevoli problemi economici che
deriveranno agli Enti Locali dai nuovi ingressi nella scuola elementare e
aspettano di conoscere come il Governo intenda fornire loro i mezzi per
rispondere alla domanda della nuova utenza.
Non risulta infatti che nella Legge, nonostante le richieste già avanzate,
siano stati previsti finanziamenti per i nuovi oneri conseguenti la fornitura di
locali, mense scolastiche, trasporto riservato, arredamento, materiale didattico
e tutto quello che non solo Ella ma anche noi riteniamo debba accompagnare i
ragazzi nel loro percorso scolastico.
Nessuna risposta fino ad oggi abbiamo ottenuto rispetto a questi problemi, come
per quello gravissimo della messa a norma degli edifici scolastici, ci auguriamo
signor Ministro che, esaurita la fase complessa del confronto parlamentale Ella
voglia trovare il modo per rassicurare i Comuni e le famiglie che l’ingresso
nella scuola riformata sarà accompagnato da tutte le misure per renderlo
veramente utile ai giovani ed al Paese.
In attesa di conoscere la sua risposta Le auguro nuovamente buon lavoro.
Leonardo Domenici
[ sommario
]
4-
Sulla Riforma Moratti: alcune considerazioni
126°
Circolo Roma - 14-03-2003
La scuola, per assunto costituzionale, è istituzione
mediatrice tra bisogni collettivi e bisogni individuali,
all’interno di un assetto di res publica condiviso. Ciò avviene
attraverso lo specifico ruolo assegnatole, di costruzione personale e di
trasmissione critica dei saperi patrimonio della comunità umana, di cui
la scuola è responsabile. Questo significa, nel concreto, promuovere e
costruire diritti di cittadinanza in cui le istanze dei singoli,
riconosciute e valorizzate, non si giustappongono alle istanze collettive
ma dialogano costantemente con esse, allo scopo di formare individui
sociali liberi e consapevoli.
***
La riforma Moratti configura un ruolo sociale della scuola sostanzialmente
diverso, sia attraverso l’organizzazione scolastica che nei contenuti
proposti per i nuovi programmi. Infatti:
- Cade l’obbligo da parte dello Stato di istruire tutti i cittadini
secondo le loro possibilità: l’istruzione diventa un diritto-dovere del
singolo, quindi un fatto chiuso nell’orizzonte soggettivo.
- Il tempo scuola è fortemente contratto. Se ne evince che:
– c’è un minore riconoscimento complessivo del valore sociale
dell’istruzione
– la scuola non si pone più come compensativa rispetto alle differenze
socioculturali di partenza
– c’è necessità di integrare il curricolo reale, così ristretto, con
attività aggiuntive anche a pagamento
- Si torna nella scuola elementare all’insegnante unico che svolge la
maggioranza delle discipline in quattro ore giornaliere ed è il solo
responsabile della programmazione e della valutazione degli alunni: in
questo modo
– essi hanno un unico modello “forte” di riferimento
– cade l’idea di responsabilità condivisa nell’educazione degli
alunni stessi
- I contenuti delle Indicazioni Nazionali sono di tipo strettamente
nozionistico e comportamentale, in questo segnando un forte arretramento
rispetto a quelli precedenti:
– all’interno di una pesante riduzione del tempo scuola contenuti e
attività così frammentati rischiano di tradursi in percorsi rigidi e
puramente addestrativi; anche i laboratori, che si presentano come un
elemento di arricchimento culturale, rischiano di diventare una riedizione
delle vecchie “attività integrative” (pertanto facoltative) o peggio di
venire affidati ad agenzie esterne con difficoltà di controllo di percorsi
e risultati
- L’enfasi sui bisogni individuali e il frequente riferimento alle scelte
delle singole famiglie, oltre ad essere sostanzialmente demagogico rispetto
alle possibilità-difficoltà di migliorare l’attuale interscambio tra
famiglia e scuola, prefigura un’istituzione scolastica di tipo
privatistico e contrattuale secondo un’idea di cultura di tipo mercantile:
– i bisogni culturali individuali, attraverso i quali si cresce come
persone all’interno della collettività se quest’ultima è in grado di
riconoscerle e farsene carico nella loro specificità e integrazione,
vengono confusi con i desideri e le idiosincrasie personali, cui
paradossalmente si potrebbe rispondere meglio semplicemente attraverso
istitutori privati
– si prospetta, pertanto, una sostanziale confusione di ruoli fra scuola e
famiglia, indebolendo le precipue responsabilità e funzioni, sia
istituzionali sia professionali; in particolare quella che compete alla
scuola, di garanzia e tutela dei diritti dei minori a lei affidati,
nell’ambito delle competenze specifiche di cui essa è pubblicamente
chiamata a rispondere; è emblematico che della libertà di insegnamento non
si faccia menzione nei documenti ministeriali
– il nuovo documento di valutazione, pur positivo nell’idea di
accompagnare l’alunno attraverso il percorso scolastico complessivo con
materiali esemplificativi e dimostrativi, confonde anch’esso ruoli e
responsabilità della scuola e della famiglia, essendo quest’ultima
chiamata in prima persona a collaborare nella costruzione del “portfolio”.
Per quanto riguarda i primi segmenti scolastici, Scuola dell’Infanzia e Scuola
Primaria, molte sono le preoccupazioni che la Riforma solleva in quei docenti
che negli ultimi trent’anni hanno partecipato, in prima persona e attraverso
lavori di progetto e di equipe, al rinnovamento e all’innalzamento dei livelli
di qualità della scuola.
Tali preoccupazioni sono relative
– ai contenuti espressi nelle Indicazioni Nazionali e nelle Raccomandazioni
generali;
– alle nuove attribuzioni di responsabilità previste;
– alla nuova organizzazione della scuola riformata;
– alle garanzie istituzionali che si profilano come necessarie nel nuovo
quadro organizzativo;
– alle modalità e scenari di approvazione della Riforma;
– all’assenza di risorse finanziarie adeguate a sostegno della Riforma
stessa.
1. Contenuti
I contenuti della Riforma, espressi sia come obiettivi specifici di
apprendimento nelle Indicazioni Nazionali sia come Raccomandazioni Generali, se
spesso potrebbero sembranre tanto scontati fino ad essere superflui, sono
contemporaneamente finemente parcellizzati.
A dispetto di una proclamata idea di unitarietà e interdisciplinarietà
dell’apprendimento, i contenuti specifici proposti risultano di fatto
inevitabilmente bloccati all’interno delle discipline e dei diversi periodi
didattici, e bloccanti rispetto alla proclamata autonomia e responsabilità di
progettazione didattica. Si ha un bel dire tali indicazioni sono “spunto e
promemoria per i docenti”: i vincoli della valutazione secondo standard alla
fine di ogni periodo finiranno per determinare di fatto tutta la configurazione
dei percorsi di apprendimento (fenomeno già ampiamente sperimentato nelle sue
conseguenze deleterie in molti paesi), in contrasto con una valutazione dei
criteri e degli esiti dell’apprendimento che sarebbe invece una garanzia
vitale per i ragazzi e per la società.
Tanto le Raccomandazioni Generali che il Profilo educativo (…) alla fine del
ciclo d’Istruzione sono pervasi da continui richiami alla “consapevolezza
etica e morale”, tanto protervi nella forma quanto ingenui nella loro pretesa
di univocità e assolutezza.
Ma a quale generalizzazione della consapevolezza morale e civile può mirare un
legislatore che contemporaneamente prefigura scuole e servizi di qualità
proporzionale al reddito e diversa per aree geografiche?
La Legge sull’autonomia prevede spazi di ricerca e sperimentazione autonoma
nella gestione didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche: spazi
conquistati anche in decenni di ricerca-azione realizzati attraverso la
collaborazione tra scuole, Istituti di Ricerca e Università che hanno prodotto
le innovazioni più vitali nella didattica della scuola italiana. Ignorando
(volutamente?) questo stato di cose, la Riforma non riporta alcuna menzione dei
progetti di sperimentazione in atto nelle scuole né lascia presumere che possa
esservi un futuro per tali modalità di innovare il fare scuola.
Nei documenti dedicati alle Scuole dell'Infanzia si nota una disturbante
confusione nelle diverse accezioni relative a Obiettivi Specifici e Campi di
Esperienza: i primi presenti nel documento “ Indicazioni Nazionali per i Piani
Personalizzati” risultano in sostanza un pessimo compendio dei secondi
presenti nelle ”Raccomandazioni” come derivazione diretta dagli Orientamenti
‘91 tuttora vigenti. Stante il fatto che non viene adottato nessun concetto
esplicativo, si può immaginare almeno un grave difetto di orchestrazione tra
gli estensori.
In ogni caso, i Campi di Esperienza nella nuova, originale versione di Obiettivi
Specifici risultano semplicisticamente ridimensionati a buone abilità
comportamentali, privati come sono di qualsiasi riferimento sia alla pedagogia
che alla psicologia evolutiva.
Sconcertanti risultano poi tutte quelle parti che riguardano “Il sé e
l’altro”, attraverso la reiterata e sottolineata dicotomia tra un io
contingente e un sé metafisico, tra un “essere” e un “dover essere”,
tra norme morali universali e norme sociali, fino alla lista delle “grandi
domande” come quella sul “dolore innocente” e su “l’iniquità
incolpevole”.
Debolissimo appare inoltre l’ancoraggio alla lettura storica e sociale sia
dell’evoluzione della famiglia (invecchiamento della popolazione, paternità,
maternità,tempi di lavoro ecc..) che degli interventi pubblici di
“conciliazione delle responsabilità familiari e professionali”, (servizi di
cura ed educazione per l’infanzia, leggi di tutela dell’infanzia, congedi
parentali, ecc.); variabili queste che hanno tutte un forte impatto-correlazione
col sistema di Istruzione e con la dimensione sociale dei saperi.
Lascia estremente perplessi, infine, il contesto teorico di generica
“valorizzazione delle differenze” entro cui vengono collocati i problemi
degli alunni in situazione di handicap. Nelle Raccomandazioni Generali per la
Scuola Primaria si legge infatti che “…Non è più questione di integrare
nessuno in una astratta normalità che poi si traduce in propensione
all’uniformità, bensì di valorizzare al meglio le dotazioni
individuali…” e che questa logica “…serve anche a condannare le fughe
tecniciste, siano esse di tipo psicologizzante oppure riabilitativo e
medicalizzante”.
Recuperare lo svantaggio necessita, di fatto, di interventi mirati e adatti ai
bambini diversamente abili, ben difficilmente realizzabili in modo efficace
dalla sola insegnante che contemporaneamente deve gestire l’intera classe.
(Non meraviglia che gli estensori delle Raccomandazioni citino il “caso
Dislessia”: si tratta, infatti, della situazione di svantaggio meno complessa
e perturbante da affrontare, almeno a livello di scuola primaria).
Ci si chiede, ancora una volta: siamo di fronte a un caso di pura ignoranza
delle situazioni scolastiche reali da parte degli estensori? di mera
faciloneria? di squallido recupero di risorse finanziarie a danno di famiglie,
alunni e insegnanti?
2. Nuove attribuzioni di responsabilità
La Riforma Moratti introduce nella scuola elementare una figura docente (insegnante-tutor)
con nuove caratteristiche:
– una forte, quasi totalizzante, prevalenza oraria (tendenzialmente tra le 18
e le 21 ore) contornata da tre-sei insegnanti di laboratorio con un grado minore
di responsabilità didattica rispetto al tutor (ad esclusione della figura di
Responsabile di Laboratorio, che comunque non si interfaccia con le famiglie ed
opera trasversalmente su moltissimi alunni;
– una funzione di tutoraggio nei confronti di ciascuno degli alunni, e di
coordinamento professionale nei confronti degli altri docenti del team;
– una diretta responsabilità nella predisposizione di piani di studio
personalizzati per ogni alunno a lui affidato “nel numero massimo consentito
dalla legge”; nella costruzione del portfolio delle competenze di ogni alunno;
nella relazione con tutte le famiglie.
Quante ore a disposizione dovranno essere assegnate a questo docente per
elaborare 25 o 28 piani di studio personalizzati a altrettanti portfolio?
Ma in fondo, se si incrociano i dati relativi all’orario di servizio dei
docenti con quelli relativi all’orario obbligatorio annuale di lezioni,
escluse le ore attribuite per legge all’Insegnamento della Religione Cattolica
e alla Lingua Inglese, resta ben poco da scegliere per “personalizzare” gli
studi di ogni alunno: in pratica due laboratori, di quattro ore complessive a
settimana, sui quattro realmente attivabili.
Questa figura docente non convince affatto: né sul piano delle funzioni
didattiche che dovrebbe espletare (funzioni che, ravvisando un ritorno al
maestro “tuttologo”, costituiranno una fonte di impoverimento culturale
tanto per i docenti che, ovviamente, per gli alunni stessi) né come figura
istituzionale in quanto attribuendo un ruolo di minore responsabilità per gli
insegnanti di laboratorio, si introduce una gerarchia tra docenti che non
favorisce certamente atteggiamenti e pratiche pedagogico-didattiche
nell’ottica della collegialità e della flessibilità degli interventi
Al tutor, figura unica e solitaria, viene infine delegata anche l’osservazione
scrupolosa e sistematica del “comportamento” di ogni singolo bambino a lui
affidato: con quali tempi, mezzi, modalità? Non si incorrerà piuttosto in
giudizi frettolosi e superficiali, limitati a cogliere gli atteggiamenti esibiti
anziché valutare le competenze veramente acquisite dal bambino e i suoi
specifici problemi? (E anche nello stesso portfolio delle competenze individuali
si ravvisa un’idea di sapere trasmissivo e di valutazione del comportamento).
Quale ruolo sarà giocato dalle famiglie nella costruzione dei piani individuali
e del portfolio? Sembra necessario stabilire confini chiari e definiti tra una
legittima aspettativa di partecipazione dei genitori ai processi formativi dei
propri figli e la dimensione tecnico-professionale dell’attività dei
docenti,di cui essi rispondono in prima persona e che deve essere tutelata da
condizionamenti impropri: per lo più dannosi, per i ragazzi in particolare, per
la società in generale. Quali garanzie di validità ci sarebbero, al limite,
per titoli di studio attribuiti attraverso un giudizio paritetico di scuola e
famiglia?
3. Nuova organizzazione della scuola: l’ingresso anticipato, il calendario,
i laboratori
Per quanto riguarda la Scuola dell’Infanzia, l’ingresso dei bambini di 2
anni e 4 mesi non è sorretto da nessuna risorsa aggiuntiva di personale, mentre
non si prefigura nessun decremento di alunni per sezione: ogni Istituzione
Scolastica potrà decidere “in autonomia”, e per ora unico standard di
riferimento resta il numero massimo consentito dalla legge. Si fa leva solo
sulla risorsa relativa alle 2 ore di compresenza, che spesso nelle scuole almeno
per un terzo è di fatto dedicata al pranzo; e se tale risorsa venisse investita
nei prevedibili bisogni specifici degli alunni più piccoli verrebbe meno
qualsiasi attività di laboratorio e/o progettuale, forza e qualità del modello
attuale di scuola dell’infanzia.
E non si parla di adeguamenti strutturali: basti per tutti l’esempio degli
spazi per il riposo praticamente assenti negli edifici e assolutamente necessari
per accogliere i più piccoli.
Si ravvisa infine poca competenza didattica dietro al “suggerimento” di
adottare un modello di sezione “con età molto differenziate” che, al di
fuori di situazioni eccezionali, tradisce solo un’esigenza di risparmio. Come
si può, infatti, salvaguardare il diritto a una scuola di qualità, cioè
attenta alle possibilità di ciascuno, tenendo insieme alunni/e così distanti
nello sviluppo evolutivo? Quali classi e quali attività individualizzate
saranno possibili nelle future classi di prima elementare che accoglieranno fino
a 25 bambini con differenze di età fino a 20 mesi?
D’altra parte l’orario di funzionamento nella Scuola dell’Infanzia viene
ampliato fino a comprendere un modello con 1800 ore l’anno: ciò equivale in
pratica a 10 ore di apertura giornaliera e ad un pressochè totale azzeramento
delle ore di contemporaneità tra le due docenti di sezione.
Contemporaneamente nella scuola Primaria scompare il tempo pieno: da 1320 ore
annue si scende ad un massimo di 990 ore.
Per entrambe le scuole è esplicitamente prospettata la possibilità di “far
coincidere il periodo utile per l’offerta delle attività didattiche da parte
delle istituzioni scolastiche con l’intero anno scolastico, salvo il rispetto
delle disposizioni contrattuali e di stato giuridico dei docenti, nonché dei
giorni minimi di sospensione dell’attività didattica disposta dalle
competenti autorità per le festività di Natale, Pasqua e delle altre feste
religiose e civili.”
Si sono chiesti gli estensori dei documenti se gli edifici di cui attualmente
dispone la scuola italiana possano veramente accogliere bambini /e anche nel
mese di luglio?
Quali e quante risorse strutturali (spazi, materiali, strumenti, etc) saranno
necessarie per gestire, a livello almeno decente, “laboratori” che
accoglierebbero 25 – 28 alunni?
Ci sembra che si confondano banalmente lezioni frontali e attività di
laboratorio: se una lezione frontale può essere svolta all’interno di un
rapporto 1:25 non altrettanto è ipotizzabile, da chiunque abbia una minima
conoscenza reale del lavoro a scuola, per le attività di laboratorio.
4. Garanzie istituzionali
Gli scenari professionali prefigurabili nel contesto della Riforma sembrano a
dir poco aleatori, ambigui e sconfortanti.
Con quali criteri verrano scelti i docenti-tutor e i docenti di laboratorio? Per
anzianità di servizio? Per titoli (quali e valutati da chi)? Per concorso
(figuriamoci!)? Per decisione del Dirigente scolastico o per elezione da parte
del Collegio dei Docenti?…
Non si avanzano ipotesi di riprofessionalizzazione dei docenti finalizzata a
fasce di popolazione scolastica di età inferiore ai 3 anni, mentre si prevedono
“centri di eccellenza per la formazione permanente degli insegnanti” in
“apposite strutture di ateneo o d’interateneo”, ancora tutte da definire,
che curerebbero “la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad
assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività
educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche”: in quali
tempi, se il nuovo profilo insegnante risulta già ampiamente sovraccarico ?
Quali strumenti possederebbe il docente-tutor per “garantire” la qualità
del servizio svolto da docenti a lui subordinati ex legis? E con quali criteri
verrà valutato il lavoro da lui stesso svolto? Cosa accadrà al docente che
incorra in qualche deprecabile errore o il cui operato risulti poco efficace a
fronte di responsabilità eccessive e improprie?
La stessa marginalità del docente di laboratorio non rischia di trasformarsi in
precarietà del rapporto di lavoro? È evidente che, nel quadro di riferimento
culturale, politico e economico di questa riforma (scoperto finanziario della
legge; tagli all’organico; flessibilità e precarizzazione del lavoro; et.) i
laboratori potranno essere gestiti anche da personale precario o assunto con
contratti di collaborazione con quali risultati didattici è facile immaginare.
5. Modalità e scenari di approvazione della Riforma
E’ del tutto incomprensibile il fatto che una legge che riforma la scuola
nella sua totalità, e che pertanto determinerà il destino di milioni di
individui nei prossimi decenni, non sia sottoposta alla discussione di tutti
rappresentanti delle parti politiche e sociali ma venga approvata per delega
governativa. D’altra parte questo non fa che confermare la sensazione diffusa
di una volontà di sminuire nella percezione dei cittadini l’importanza e il
valore per la società italiana della sua scuola.
Altrettanto incomprensibile e inaccettabile è il fatto che la Riforma non sia
stata finora sottoposta al giudizio allargato dei collegi degli insegnanti che
pure dovranno garantirne gli esiti. D’altra parte, anche la discussione
pubblica collettiva, sui media e sui giornali, incomprensibilmente langue.
6. Risorse finanziarie
Al momento di scrivere per l’anno 2003-2004 è previsto il taglio di 4119
posti nell’organico della scuola, di cui 2397 solo nelle elementari. Nella
scuola dell’infanzia, nonostante l’incremento di domanda del servizio,
l’organico resterà immutato (dati del MIUR pubblicati in questi giorni). Con
quali risorse di personale si pensa di far fronte all’anticipo dell’obbligo
scolastico? Si deve forse desumere che l’avvio della Riforma slitterà di
qualche anno?
Nelle ultime settimane, inoltre, il dibattimento della Legge al Parlamento ha
subito diversi rallentamenti dovuti alla necessità di verificare ulteriormente
la copertura finanziaria. Cosa aspettarci da una Riforma che fin dalle prime
battute stenta a trovare supporto e garanzia da parte del Ministro delle
Finanze?
Sarebbe bello credere che in futuro verranno reperiti i fondi necessari. Più
realisticamente, ancora una volta, prepariamoci ad assumere, insieme alle
famiglie e ai ragazzi, i costi del nuovo assetto della scuola italiana.
Marzo 2003
Personale docente e non docente
e Consiglio di Circolo
del 126° Circolo Didattico di Roma
5-
FUORIREGISTRO
Decreti Delegati - Osvaldo
Roman - 17-03-2003
A proposito delle considerazioni
sulla Riforma espresse dal 126° Circolo di
Roma ( già commentate) devo insistere perché di confusione purtroppo ce
n’è ancora troppa e questo aiuta la Moratti.
Vediamo alcuni fatti:
1) Il decreto n° 100 del 18 settembre 2002, nella prima stesura, allega
all’articolo 3 le Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per la
scuola elementare, definendole il “quadro di riferimento dell’iniziativa ,
obiettivi generali e specifici e piani di studio personalizzati”. Le
Raccomandazioni che nella prima stesura erano riportate nell’articolo 4 dello
stesso decreto non sono più richiamate e lo stesso articolo 4 risulta
cancellato.
2) E’ vero che per la scuola media non è in atto alcuna
sperimentazione, ma molto probabilmente arriverà.
3) Che il sito del Miur citi le Indicazioni nazionali come strumenti di
attuazione della riforma conferma la mia tesi e ci chiama tutti ad essere vigili
sul fatto che i decreti delegati attuino correttamente la legge delega e non
altre direttive che non hanno niente a che spartire con le decisioni
parlamentari.
4) Mentre per le scuole secondarie superiori l’elencazione dei licei e
il passaggio alla Regioni dell’ istruzione professionale consentiranno di
scrivere un decreto delegato “innovativo” rispetto alla situazione in atto,
per la scuola elementare e per la scuola media le modifiche strutturali previste
rispetto all’ordinamento legislativo vigente sono molto poche. E del resto ciò
corrisponde all’atteggiamento restaurativo della maggioranza rispetto alla
legge 30. Esse riguardano essenzialmente la valutazione, la relativa scansione
annuale e le finalità culturali ed educative. La stessa abolizione dell’esame
di 5 elementare non è esplicitamente indicata e si può ragionevolmente dedurre
solo dall’esistenza del primo ciclo di istruzione che comprende la scuola
primaria e la scuola secondaria di primo grado –Art. 2 lettera d). Alla
lettera f) dello stesso articolo 2 viene, come si diceva, indicata la scansione
interna delle due scuole e indicate le finalità culturali e formative che
innovando rispetto all’ordinamento vigente porteranno alla stesura di nuovi
piani di studio nazionali(rispettosi dell’autonomia scolastica e della libertà
di insegnamento?) secondo quanto previsto all’articolo 7.
5) La scuola primaria e quella secondaria di primo grado avranno quindi
una nuova organizzazione programmatica e didattica ma alcuni dati strutturali
che caratterizzavano l’ordinamento preesistente sussistono perché di loro la
legge delega non ha trattato.Possiamo nelle prossime settimane formulare un
elenco di tali questioni?
6-
La politica del dialogo per una riforma più convincente
di Francesco Paolo Catanzaro-
17-03-2003
La riforma è una legge- quadro, una legge- delega; per cui si susseguiranno nel
tempo i vari decreti attuativi da parte del Ministero. E’ qui che bisogna
cominciare a lavorare.(1
commento/i)
Ora che la riforma della scuola ha raggiunto il varo è necessario riflettere
sulle nuove disposizioni ministeriali. E’ giunto il tempo di non polemizzare
più perché sarebbe ormai anacronistico. Bisogna, oggi, attuare la politica del
dialogo. Le polemiche ,anche se scaturite da preoccupazioni per il futuro, non
hanno mai portato a nulla se condotte con la logica dello scontro continuo; anzi
hanno sempre contribuito ad approfondire i solchi dei dissidi e dei conflitti.
Il dialogo, la riflessione, le proposte di attuazione sono azioni che devono
aiutare le parti in contrasto politico- ideologico a trovare soluzioni nel
rispetto dell’avversario non più demonizzato per il suo punto di vista
contrario alle nostre posizioni. La riforma è una legge- quadro, una legge-
delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari decreti attuativi da parte del
Ministero. E’ qui che bisogna cominciare a lavorare, non intestardendoci in
posizioni estremistiche ma proponendo soluzioni, verificando lo stato di
disagio, sentendoci interpellati continuamente per consigli nell’attuazione
legislativa. Perché è pur vero che i politici portano avanti i disegni di
legge, che poi si trasformano in leggi dopo sofferti iter parlamentari, ma è
estremamente vero che se la legge migliorativa della qualità scolastica non
scaturisce dalla scuola, dai pareri degli stessi docenti in campo, da chi vive i
problemi quotidiani ,a distanza di pochi semestri dovrà essere cambiata. Costi
quel che costi. E sarebbe triste constatare una maggioranza che pensi di
detenere la bacchetta magica di una soluzione definitiva e si chiuda al dialogo
con una minoranza specialistica e sempre propositiva di idee e soluzioni
democraticamente offerte sul tavolo della discussione. In questo caso l’utenza
scolastica ne pagherebbe le conseguenze ed assisterebbe sdegnata solo a beghe
politiche e alle solite gelosie di potere.
[6- commento\1 ]
Gianni Mereghetti - 16-03-2003
Sono d'accordo che è tempo di una politica del dialogo e che questa è
l'unica strada da percorrere per un cambiamento in positivo della scuola.
Sarebbe invece terribile se lo scontro politico-ideologico di questi anni
entrasse nella scuola, rendendola invivibile.
Penso che la politica del dialogo sia possibile, perchè comunque dentro la
scuola, pur essendovi chi è ancora ancorato a metodi ideologici, vi è comunque
un consistente numero di insegnanti e studenti che hanno a cuore l'educazione.
Partiamo da qui!
7-
La riforma della scuola: fatta la legge, la strada è ora tutta in salita
Intervista a Franco Frabboni, Preside della Facoltà di Scienze della
Formazione Primaria, Università di Bologna
a cura di Infantiae.OrgT
http://www.infantiae.org/frabboni260303.htm
Domanda
E' stata definitivamente approvata dai due rami del Parlamento la nuova
legge sulla riforma del Sistema Scolastico Italiano. Che cosa ci dobbiamo
aspettare?
Risposta
Ora occorre attendere i Decreti Delegati attuativi della legge ai quali il
Ministro è chiamato.
La legge si presenta leggera: è composta di soli sette articoli e, nella sua
leggerezza, ha diverse zone ambigue, non chiare, rispetto alle quali, si
spera, i Decreti Delegati potranno assumere posizioni diverse rispetto ad
una prima lettura della legge che in alcune sue parti apre a soluzioni
diverse. Nutriamo la speranza che i Decreti Delegati potranno migliorarla.
Il Ministro ha a disposizione due anni di tempo per la loro definitiva
emanazione e in questo arco di tempo si spera che siano attivate delle
commissioni di lavoro autorevoli, ed adeguatamente rappresentative, con il
compito di precisare e costruire i percorsi della riforma per quanto
riguarda tutti i gradi scolastici.
Domanda
Un primo elemento che pare preoccupare molti è quello dell'anticipo. Qual è
il suo punto di vista in merito?
Risposta
E' chiaro che per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria questa
legge rappresenta un terremoto. Lo sconvolgimento è rappresentato da una
parte dall'anticipino (la possibilità di accesso non più a tre anni ma a due
anni e mezzo), dall'altra dalla reintroduzione del "maestro
prevalente"
(che, nella sostanza, vuol dire il ritorno al maestro unico: un maestro di
fatto 'tuttologo' della classe, almeno all'inizio della scuola primaria).
Va ricordato che l'anticipo non è stato voluto dal Governo sulla base di
scelte pedagogiche, che sarebbero state legittime. Il bambino e la bambina
di oggi non sono più quelli di cinquant'anni fa, sono immersi in una
galassia di informazione visiva, elettronica ed anche verbale che li
sollecita fortemente e li alimenta sul piano delle conoscenze. Anticipare l'
obbligo, cioè chiamare a scuola tutti i bambini anticipatamente, sarebbe una
scelta condivisibile che, per quanto mi riguarda, ho sempre sostenuto. Al
contrario, questa forma di 'anticipino' è stata messa in campo soltanto per
potere chiudere la secondaria a 18 anni invece che a 19. La scelta di
reintrodurre, un ottennio tra scuola primaria e scuola media avrebbe
riportato il terminal della scuola secondaria a 19 anni, in sostituzione del
settennio previsto dalla proposta Berlinguer.
L'Europa chiedeva e chiede con forza ai 15 paesi (o ai 25 del prossimo anno)
la conclusione degli studi scolastici a 18 anni e l'attuale Governo ha messo
in atto l'escamotage (o il pasticciaccio?) di questo anticipino il cui
volante è stato dato in mano alle famiglie. Gli esiti potranno essere quanto
meno curiosi: nella prima classe della futura scuola Primaria potranno
trovarsi insieme un bambino di cinque anni e quattro mesi ed uno di sette.
Dico tutto questo con una valutazione positiva sull'anticipo: condiviso il
principio ma certamente non la soluzione organizzativa adottata.
Domanda
Perché la scelta dell'anticipo è priva di ragioni pedagogiche?
Risposta
L'anticipo, non costruito pedagogicamente sul bambino della scuola dell'
infanzia e della scuola primaria, ci fa pensare che questa legge voglia
assecondare una sorta di pseudo-pedagogia o pseudo-cultura oggi in voga e di
moda, frutto anche del dominio del mediatico: sembra essere prefigurato un
bambino velocizzato, accelerato, che deve lasciare anzitempo il suo mondo
ludico, magico, animistico e fantastico. La legge prende le distanze dalle
"dimensioni di sviluppo" che gli Orientamenti del '91 segnavano con
forza, e
cioè dalla sfera affettiva sociale, cognitiva, valoriale ed etica, propria
del bambino dai tre ai sei anni. Il bambino viene in qualche modo 'rapinato'
precocemente del suo mondo per essere proiettato verso l'alto, per
accelerare il suo sviluppo, per divenire un adulto in piccolo. Questa
società della velocizzazione, dell'anticipazione, del porsi sempre in
avanti, brucia il tempo di vita dell'infanzia e non lascia al bambino il
tempo di sostare un momento a riflettere, a considerare il proprio mondo
esistenziale. E' una sorta di rapina pedagogica: i bambini hanno il diritto
al proprio tempo.
Domanda
La legge vuole affidare un ruolo di primo piano alla famiglia. Qual è il suo
punto di vista in merito?
Risposta
Da sempre la scuola ha avuto come pilota l'insegnante e insieme, all'
insegnante anche tutta una serie di altri copiloti, compresa la famiglia.
Ora è previsto, insieme all'insegnante prevalente, un unico copilota che è
la famiglia. Anzi, in certi casi è la famiglia che pare essere da sola al
volante. L'insegnante dovrà stare a guardare ciò che deciderà la famiglia
perché in gran parte decide sul portfolio, sulla biografia, sul diario,
sulla storia del bambino. La famiglia decide se anticipare o non anticipare,
se utilizzare 'quote-orario' per attività private che i bambini possono
svolgere nel territorio e non a scuola, aprendo inevitabilmente la forbice
fra le famiglie ricche e quelle povere. Tutto questo non appartiene all'
alfabeto pedagogico.
Come pedagogisti siamo preoccupati dall'esproprio che viene prodotto all'
inizio del sistema scolastico. Oltre al fatto che la scuola dell'infanzia
rischia di diventare di due anni e mezzo: se la scuola primaria inizia a
cinque anni e mezzo non sappiamo a che età le famiglie iscriveranno i
bambini alla scuola dell'infanzia. E' possibile che la scuola dell'infanzia
stessa si riduca a due anni e mezzo, divenendo una sorta di servizio a
domanda individuale.
Domanda
A parte gli elementi di criticità che ha sottolineato, qual è uno degli
aspetti positivi più significativi di questa riforma?
Risposta
Innanzi tutto, la riconferma dell'idea che il bambino e la bambina siano
collocati al 'centro' del sistema scolastico. La legge mette in campo il
concetto di "personalizzazione" con l'aiuto del tutor, anche se il
tutor è
lo stesso insegnante prevalente. Anche in passato, quando nella scuola
elementare operava un unico insegnante per ogni classe, era chiaro che era
anche colui che personalizzava in qualche modo l'attenzione ai processi di
sviluppo dei singoli bambini. Questa accentuazione della personalizzazione,
la determinazione di un insegnante unico che è anche tutor è un elemento
positivo in quanto impegna la scuola non solo a tenere conto della mente del
bambino ma anche, per così dire, del cuore, cioè delle sue dimensioni
affettive, emotive e sociali.
Domanda
Un fiore all'occhiello di questa riforma sembra essere l'introduzione del
laboratorio di informatica e di lingua straniera. E' così?
Risposta
Si tratta di un altro aspetto che confido positivo, anche se, a ben vedere,
non è ben espresso nelle Indicazioni Nazionali e nelle Raccomandazioni. Che
si affermi il principio del laboratorio è importante. Attenzione, però.
Informatica e lingua straniera non sono laboratori, sono aule specializzate.
Il laboratorio è ad esempio quello musicale, quello delle attività motorie,
della manipolazione, ecc. Non è inoltre chiaro chi saranno i docenti. Se
saranno, ad esempio, i docenti in soprannumero della scuola media che
potranno essere 'prestati' alla primaria, se saranno figure di laureati
pescati da graduatorie ad hoc in quanto "laboratoristi" o altro
ancora.
Siamo preoccupati che i laboratori possano diventare un ambito professionale
sotto-qualificato, perché negli Ordinamenti della formazione universitaria
degli insegnanti non c'è traccia per ora del concetto di laboratorio e di
figure legate al laboratorio, ma si fa riferimento soltanto agli insegnanti
di classe.
Domanda
E per quanto riguarda il portfolio?
Risposta
Anche questa non è una novità italiana. Anzi, su questo concetto arriviamo
buoni ultimi in Europa. E' la biografia, la narrazione, il diario, la
telecamera accesa nella scuola sui singoli bambini. E questo è positivo, ma
c'è anche il rovescio della medaglia. La preoccupazione è che il curatore
del portfolio sia solo l'insegnante tuttologo e la famiglia, perché
costruirebbe un sistema chiuso. Dovrebbero comparire anche altri soggetti
che concorrono al sistema formativo, come il dirigente, i laboratoristi,
ecc.
Domanda
Quale idea di competenza emerge da questa riforma?
Risposta
Un ulteriore punto positivo che ho più volte sottolineato è il principio
delle competenze che coinvolge anche la scuola dell'infanzia. Troviamo però
una definizione quanto meno curiosa del concetto di competenza. La
competenza non può essere riconducibile alla riproduzione, a pappagallo, di
saperi prescritti dalle Indicazioni Nazionali e dalle Raccomandazioni. In
tali documenti le competenze appaiono come una sorta di saperi da ripetere,
come abilità esclusivamente da riprodurre, come semplici automatismi.
Essere competente significa sapere, saper fare, saper essere. Godere di
padronanze disciplinari ed interdisciplinari. Di tutto questo non si trova
traccia nelle Indicazioni.
Anche in questo caso cioè ci troviamo di fronte ad una medaglia a due facce.
Da un lato la competenza rappresenta un elemento importante per la scuola
dell'infanzia, dall'altro temo che la competenza, così come definita nelle
Indicazioni e nelle Raccomandazioni, trasformi la scuola futura in una sorta
di saperi a quiz, organizzati su prestazioni, per così dire, a pulsante. Si
corre il rischio di promuovere un'intelligenza "scattista",
velocizzata sul
piano mnemonico ma vuota sul piano delle formae mentis, delle padronanze
endogene, delle competenze trasversali, interdisciplinari.
Questo è tutto ciò che dovrebbero fare i Decreti Delegati: dare luce alle
facce oscure di queste medaglie, far scomparire gli elementi opachi e far
brillare gli aspetti che sono positivi.
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