RIFORMA & OO.CC.  

 Riforma della Scuola e Organi Collegiali

 Vi riportiamo i contributi di altri comitati che hanno già fatto una discussione in merito alla riforma degli organi collegiali in fase di prossima approvazione o di singoli che hanno partecipato a vari forum

  1. La "riforma" Moratti è legge dello Stato.Il Coordinamento Genitori delle Scuole Superiori di Milano e Provincia 

  2. La politica del dialogo per una riforma più convincente Francesco Paolo Catanzaro - 17-03-2003

  3. La riapertura delle iscrizioni? No, grazie.Leonardo Domenici - 18-03-2003

  4. Sulla Riforma Moratti: alcune considerazioni   126° Circolo Roma - 14-03-2003 

  5. Decreti Delegati di Osvaldo Roman 17-03-2003
    La scuola primaria e quella secondaria di primo grado avranno una nuova organizzazione programmatica e didattica ma alcuni dati strutturali non vengono presi in considerazione: ci penseranno i decreti delegati?
    (A proposito delle considerazioni sulla Riforma) [ leggi articolo ]

  6. La riforma della scuola: fatta la legge, la strada è ora tutta in salita  
    Intervista a Franco Frabboni, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, Università di Bologna

 


1- La "riforma" Moratti è legge dello Stato.
  I ragazzi e le ragazze che provengono da famiglie svantaggiate sotto il
  profilo culturale o economico da oggi hanno una sicurezza. Quella cioè di
  potersi dimenticare definitivamente la possibilità di accedere alle facoltà
  universitarie. Per loro ci sono le scuole professionali.
  Anche i bambini e alle bambine portatori di handicap e ancor più quelli
che   hanno ³solo² qualche problema di apprendimento o di comportamento e le
loro   famiglie hanno la loro sicurezza.
  Con la riduzione drastica del personale per il sostegno e delle ore da
  dedicare all¹handicap grave, la loro presenza nella scuola ³riformata²
  somiglierà sempre di più ad un parcheggio piuttosto che ad una esperienza
  formativa.
  Per non parlare dei tagli di personale annunciati (più di 8000 cattedre e
  altrettanti ATA) che colpiranno in particolare la scuola superiore, e che
  renderanno sempre più difficile le esperienze di tempo pieno e tempo
  prolungato.

  Nella "riforma" verranno cancellate tutte le contemporaneità tra docenti
con   la grave perdita di qualità che comporterà.

  Il richiamo che nella ³riforma² si fa continuamente alla persona, alla sua
  centralità, nasconde di fatto la realtà che emerge da tutto il suo
impianto   e cioé che ognuno di noi sarà più solo, come in un enorme condominio, a
  badare ai propri interessi facendo i conti con le proprie possibilità
  economiche all¹interno di quell¹enorme supermercato dell¹istruzione che ci
  viene annunciato.

  Una scuola pubblica più leggera, meno impegnativa, e che deve costare poco
  (allo Stato).
  Per chi se lo potrà permettere, ci saranno corsi a pagamento presso i
quali   "acquistare" i propri crediti pregiati e spendibili, poi, sul mercato del
  lavoro.
  Una scuola contraria al dettato Costituzionale, che esaspererà le
differenze   sociali e culturali invece di lavorare a rimuovere gli ostacoli per chi
  parte già in situazione di svantaggio, oltre che a potenziare e dare mezzi
  ai capaci e fortunati.

  Risparmiare sulla Scuola pubblica.

  Sì perché questa sembra essere la più grande preoccupazione dei nostri
  legislatori. Tutto ciò che non produce ³utile² è ³carrozzone² e quindi va
  reso ³efficiente² con un ottica tutta aziendale: cioè va ridotto al costo
  più basso possibile trasferendone gli oneri sulla popolazione (e la
riforma   della sanità è li ad insegnarcelo).

  La Riforma degli Organi Collegiali

  Con l¹entrata in vigore della nuova legge cambieranno anche le forme di
  partecipazione e di gestione delle scuole e degli istituti.
  I vecchi organismi di rappresentanza Consiglio di Istituto, Consiglio di
  classe e i comitati Genitori e Studenti decadranno tra sei mesi circa. Di
  questi solo il CdI verrà sostituito dal ³Consiglio di scuola² presieduto
dal  Dirigente scolastico e non più da un genitore. Per gli altri organismi non
è  previsto nulla, o meglio, tutto è lasciato alla volontà di ogni singolo
  istituto di stabilire forme e modi della partecipazione democratica.
  Avevamo già evidenziato tempo fa i pericoli insiti nella scomparsa del
  consiglio di classe, di quell¹organismo cioè che mantiene stretto il
  contatto e la relazione tra famiglie, docenti e studenti.
  La scomparsa del CdC porta con se anche l¹abolizione dei rappresentanti
  degli studenti (nelle superiori) e dei genitori dal luogo in cui misurare
e  far valere i diritti/doveri della partecipazione democratica. Ciò ci
sembra
  particolarmente grave per quanto riguarda soprattutto gli studenti. Ciò
che  erano diritti sanciti e acquisiti (assemblee e riunioni di classe o di
  istituto) diventano suscettibili di ³benevola² approvazione del Dirigente.

  Molti di voi già sanno bene le difficoltà avute per operare all¹interno di
  organismi definiti per legge. Provate solo per un momento a immaginare
  quelle che si verranno a creare quando i diritti verranno sostituiti dalla
  discrezionalità.

  Per ovviare a ciò abbiamo valutato necessario aggiungere al regolamento di
  istituto che fino ad oggi si occupava solo ed esclusivamente di aspetti
  organizzativi e comportamentali anche una parte che sancisca con chiarezza
i   diritti INALIENABILI (perché contenuti nella Costituzione e nella Carta
dei   Diritti dei minori che il nostro Stato ha ratificato alle nazioni Unite)
di   tutti coloro che nella scuola vivono, a partire appunto dai nostri ragazzi e   dalle nostre ragazze.
  Quello che vi alleghiamo è il frutto degli incontri che lo scorso anno,  insieme a genitori e docenti di altri licei milanesi, abbiamo organizzato e che ci ha trovato concordi.
  Sarebbe utile che chi fra di voi potesse si impegnasse a darci una mano
per   discutere ed elaborare una proposta definitiva e comune da portare   all¹approvazione dei CdI e CdC di tutto il paese.

  Il presidente del Comitato Genitori ISI Cremona di Milano-  Marco Donati


  ===================
  Il Coordinamento Genitori delle Scuole Superiori di Milano e Provincia,
  dopo aver letto e discusso a lungo il Disegno di Legge, approvato dalla
  Commissione Cultura della Camera il 21.02.02, che si propone di eliminare
i   punti essenziali dei ³decreti delegati², istituiti il 30/07/1973 Legge n.
  477, sottolinea i seguenti punti:
  i decreti delegati vengono istituiti, dopo anni di contestazione, perché
la   scuola riconosce che lo sviluppo della personalità e la formazione civile
e   sociale non si realizzano solo attraverso l'istruzione ma anche attraverso
  la partecipazione democratica delle varie componenti, tra cui studenti,
  genitori e personale non docente.
  l¹istituzione dei Consigli di Classe, Consigli di Circolo e d'Istituto,
  Distretti Scolastici, Consiglio Scolastico Provinciale ecc., organi nei
  quali è prevista la partecipazione degli studenti (negli istituti
  superiori), dei genitori, dei docenti, dei non docenti, dei dirigenti
  scolastici ed anche di  rappresentanze sindacali e degli enti locali,
  permettono ancora oggi, ai rappresentanti eletti dalle rispettive
  componenti, di partecipare alle riunioni e di avere potere decisionale in
  molti campi

  il Disegno di Legge del 21/02/02 modifica la composizione degli Organi
  Collegiali che governano la scuola, con la riduzione del numero di tutte
le   componenti e l'eliminazione della componente ATA; inoltre la presidenza
del   Consiglio di Scuola passa da un genitore, come è stato fino ad oggi, al
  Dirigente Scolastico

  ³il Consiglio di ScuolaS. delibera  il regolamento relativo al proprio
  funzionamento²(art.4), regolamento che potrà rivelarsi anche
  antidemocratico, infatti non viene definito alcun organismo superiore di
  controllo, né modelli di regolamento a cui attenersi
  il Disegno di Legge, abolendo la normativa che obbligava alla trasparenza
  l'applicazione del regolamento di governo delle istituzioni scolastiche,
ha   tolto al pubblico la possibilità di partecipare e di accedere agli atti.
  nel Disegno di Legge non sono specificate le garanzie democratiche
  riguardanti la partecipazione delle varie componenti alla vita della
scuola,   quali ad es. le modalità di elezione, il diritto degli studenti a una
  mattina di assemblea al mese, il Comitato Genitori, l'Assemblea dei
  Genitori. Se queste garanzie democratiche non venissero esplicitate in
modo   inequivocabile, i futuri Consigli di Scuola potrebbero emanare Regolamenti
  antidemocratici. Potrebbero, per esempio, non prevedere più i tradizionali
  luoghi di partecipazione.

  Gli organismi di rappresentanza e di gestione dovranno continuare ad
essere   luoghi di partecipazione attiva, di elaborazione e di confronto diretto di
  tutte le componenti. In particolare il Consiglio di Classe, che va tutelato   e rivitalizzato.

  Il Coordinamento Genitori, oltre a manifestare dunque una volontà diversa
da   quella che ispira la legge, con questa proposta intende consentire, nei
  primi sei mesi di attuazione, di:
  - garantire la continuità degli Organismi Rappresentativi
  - produrre nuove riflessioni sull'argomento da parte delle singole scuole
  Il Coordinamento, pertanto, invita insegnanti, studenti, genitori e ATA a
  sollecitare i propri Consigli di Circolo e di Istituto a deliberare, "in
  sede di prima attuazione" come previsto dal Disegno di legge:
  a) un Regolamento di scuola che preveda, oltre al Consiglio di scuola e al
  Collegio Docenti, i seguenti Organi Collegiali:
  Consiglio di Classe ( i rappresentanti eletti dalle componenti, aperto a
  tutti i genitori e gli studenti della classe)
  Comitato dei Genitori (tutti i genitori di classe eletti quali
  rappresentanti)
  Comitato Studentesco (tutti gli studenti eletti quali rappresentanti)
  Assemblea dei genitori (di classe e generale)
  Assemblea degli studenti (di classe e generale)

  b) l' invito ai Collegi docenti di inserire nei POF richiami al valore
  democratico della partecipazione. Proponiamo che la formulazione di quanto
  sopra sia la medesima per tutti i Collegi Docenti, così da rafforzarne il
  valore, sottolineando come aspetto di qualità della scuola l'apertura
delle
  strutture di dialogo.

  Rilevato che la solidarietà è oggi dispersa in una gamma estesa di
interessi   individuali e che è compito attuale quello di dare senso ad una nuova
  cittadinanza, invitiamo tutti gli insegnanti, gli studenti e i genitori a
  contribuire alla costruzione di contenuti e modalità utili a dare nuovo
  slancio alla partecipazione.

  Il Coordinamento Genitori delle Scuole Superiori di Milano e Provincia


2- La politica del dialogo per una riforma più convincente

Francesco Paolo Catanzaro - 17-03-2003

Ora che la riforma della scuola ha raggiunto il varo è necessario riflettere sulle nuove disposizioni ministeriali. E’ giunto il tempo di non polemizzare più perché sarebbe ormai anacronistico. Bisogna, oggi, attuare la politica del dialogo. Le polemiche ,anche se scaturite da preoccupazioni per il futuro, non hanno mai portato a nulla se condotte con la logica dello scontro continuo; anzi hanno sempre contribuito ad approfondire i solchi dei dissidi e dei conflitti. Il dialogo, la riflessione, le proposte di attuazione sono azioni che devono aiutare le parti in contrasto politico- ideologico a trovare soluzioni nel rispetto dell’avversario non più demonizzato per il suo punto di vista contrario alle nostre posizioni. La riforma è una legge- quadro, una legge- delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari decreti attuativi da parte del Ministero. E’ qui che bisogna cominciare a lavorare, non intestardendoci in posizioni estremistiche ma proponendo soluzioni, verificando lo stato di disagio, sentendoci interpellati continuamente per consigli nell’attuazione legislativa. Perché è pur vero che i politici portano avanti i disegni di legge, che poi si trasformano in leggi dopo sofferti iter parlamentari, ma è estremamente vero che se la legge migliorativa della qualità scolastica non scaturisce dalla scuola, dai pareri degli stessi docenti in campo, da chi vive i problemi quotidiani ,a distanza di pochi semestri dovrà essere cambiata. Costi quel che costi. E sarebbe triste constatare una maggioranza che pensi di detenere la bacchetta magica di una soluzione definitiva e si chiuda al dialogo con una minoranza specialistica e sempre propositiva di idee e soluzioni democraticamente offerte sul tavolo della discussione. In questo caso l’utenza scolastica ne pagherebbe le conseguenze ed assisterebbe sdegnata solo a beghe politiche e alle solite gelosie di potere.

Gianni Mereghetti    - 16-03-2003
Sono d'accordo che è tempo di una politica del dialogo e che questa è l'unica strada da percorrere per un cambiamento in positivo della scuola.
Sarebbe invece terribile se lo scontro politico-ideologico di questi anni entrasse nella scuola, rendendola invivibile.
Penso che la politica del dialogo sia possibile, perchè comunque dentro la scuola, pur essendovi chi è ancora ancorato a metodi ideologici, vi è comunque un consistente numero di insegnanti e studenti che hanno a cuore l'educazione.
Partiamo da qui!  [su]


3- La riapertura delle iscrizioni? No, grazie.
           Leonardo Domenici - 18-03-2003

Leonardo Domenici, Presidente dell’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) ha scritto una lettera al Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti in merito alla applicazione della Riforma della scuola. Nel testo, Domenici sottolinea le difficoltà che una riapertura generalizzata delle iscrizioni provocherebbe ai Comuni italiani e ricorda i problemi economici pendenti. I Comuni, afferma Domenici, aspettano infatti di “conoscere come il Governo intenda fornire loro i mezzi per rispondere alla Domanda della nuova utenza”.

Roma, 14 marzo 2003

Dott.ssa Letizia Moratti
Ministro dell'Istruzione Università e Ricerca
V.le Trastevere, 76/A
00154 Roma


Gentile Ministro,

la Riforma della scuola, da Ella fortemente voluta, è ormai Legge ed i Comuni, pur mantenendo alcune posizioni critiche, a Lei ben note, ritengono comunque di doverLe augurare un buon lavoro per la realizzazione del miglioramento della scuola italiana, obiettivo che sta a cuore a tutti noi, che ne conosciamo le difficoltà e ne sosteniamo quotidianamente il funzionamento.

Ci auguriamo pertanto che al di là delle questioni di principio che rimangono, il lavoro congiunto, ancora in corso, per la verifica della sperimentazione dell’anticipo, possa essere completato prima che si provveda alla riapertura delle iscrizioni nella scuola dell’infanzia, nel rispetto degli accordi intervenuti al momento della scrittura delle regole per la sperimentazione.

Una riapertura generalizzata delle iscrizioni, già per il prossimo anno scolastico, con l’accesso di bambini più piccoli, senza una puntuale, validata e concorde valutazione delle loro necessità e delle modalità per farvi fronte, metterebbe in crisi prima di tutto le altre famiglie che si aspettano l’ingresso in luoghi accoglienti e professionalizzati, oltre che le amministrazioni e le stesse scuole, per la incertezza nel numero e nella tipologia dei nuovi utenti, che renderebbe impossibile adempiere in modo concreto alla funzione educativa propria della scuola dell’infanzia, trasformata in mera custodia.

I Comuni sono anche molto preoccupati per i notevoli problemi economici che deriveranno agli Enti Locali dai nuovi ingressi nella scuola elementare e aspettano di conoscere come il Governo intenda fornire loro i mezzi per rispondere alla domanda della nuova utenza.

Non risulta infatti che nella Legge, nonostante le richieste già avanzate, siano stati previsti finanziamenti per i nuovi oneri conseguenti la fornitura di locali, mense scolastiche, trasporto riservato, arredamento, materiale didattico e tutto quello che non solo Ella ma anche noi riteniamo debba accompagnare i ragazzi nel loro percorso scolastico.

Nessuna risposta fino ad oggi abbiamo ottenuto rispetto a questi problemi, come per quello gravissimo della messa a norma degli edifici scolastici, ci auguriamo signor Ministro che, esaurita la fase complessa del confronto parlamentale Ella voglia trovare il modo per rassicurare i Comuni e le famiglie che l’ingresso nella scuola riformata sarà accompagnato da tutte le misure per renderlo veramente utile ai giovani ed al Paese.

In attesa di conoscere la sua risposta Le auguro nuovamente buon lavoro.

Leonardo Domenici

[ sommario


4- Sulla Riforma Moratti: alcune considerazioni   126° Circolo Roma - 14-03-2003

La scuola, per assunto costituzionale, è istituzione mediatrice tra bisogni collettivi e bisogni individuali, all’interno di un assetto di res publica condiviso. Ciò avviene attraverso lo specifico ruolo assegnatole, di costruzione personale e di trasmissione critica dei saperi patrimonio della comunità umana, di cui la scuola è responsabile. Questo significa, nel concreto, promuovere e costruire diritti di cittadinanza in cui le istanze dei singoli, riconosciute e valorizzate, non si giustappongono alle istanze collettive ma dialogano costantemente con esse, allo scopo di formare individui sociali liberi e consapevoli.

***

La riforma Moratti configura un ruolo sociale della scuola sostanzialmente diverso, sia attraverso l’organizzazione scolastica che nei contenuti proposti per i nuovi programmi. Infatti:

  • Cade l’obbligo da parte dello Stato di istruire tutti i cittadini secondo le loro possibilità: l’istruzione diventa un diritto-dovere del singolo, quindi un fatto chiuso nell’orizzonte soggettivo.

  • Il tempo scuola è fortemente contratto. Se ne evince che:
    – c’è un minore riconoscimento complessivo del valore sociale dell’istruzione
    – la scuola non si pone più come compensativa rispetto alle differenze socioculturali di partenza
    – c’è necessità di integrare il curricolo reale, così ristretto, con attività aggiuntive anche a pagamento

  • Si torna nella scuola elementare all’insegnante unico che svolge la maggioranza delle discipline in quattro ore giornaliere ed è il solo responsabile della programmazione e della valutazione degli alunni: in questo modo
    – essi hanno un unico modello “forte” di riferimento
    – cade l’idea di responsabilità condivisa nell’educazione degli alunni stessi

  • I contenuti delle Indicazioni Nazionali sono di tipo strettamente nozionistico e comportamentale, in questo segnando un forte arretramento rispetto a quelli precedenti:
    – all’interno di una pesante riduzione del tempo scuola contenuti e attività così frammentati rischiano di tradursi in percorsi rigidi e puramente addestrativi; anche i laboratori, che si presentano come un elemento di arricchimento culturale, rischiano di diventare una riedizione delle vecchie “attività integrative” (pertanto facoltative) o peggio di venire affidati ad agenzie esterne con difficoltà di controllo di percorsi e risultati

  • L’enfasi sui bisogni individuali e il frequente riferimento alle scelte delle singole famiglie, oltre ad essere sostanzialmente demagogico rispetto alle possibilità-difficoltà di migliorare l’attuale interscambio tra famiglia e scuola, prefigura un’istituzione scolastica di tipo privatistico e contrattuale secondo un’idea di cultura di tipo mercantile:
    – i bisogni culturali individuali, attraverso i quali si cresce come persone all’interno della collettività se quest’ultima è in grado di riconoscerle e farsene carico nella loro specificità e integrazione, vengono confusi con i desideri e le idiosincrasie personali, cui paradossalmente si potrebbe rispondere meglio semplicemente attraverso istitutori privati
    – si prospetta, pertanto, una sostanziale confusione di ruoli fra scuola e famiglia, indebolendo le precipue responsabilità e funzioni, sia istituzionali sia professionali; in particolare quella che compete alla scuola, di garanzia e tutela dei diritti dei minori a lei affidati, nell’ambito delle competenze specifiche di cui essa è pubblicamente chiamata a rispondere; è emblematico che della libertà di insegnamento non si faccia menzione nei documenti ministeriali
    – il nuovo documento di valutazione, pur positivo nell’idea di accompagnare l’alunno attraverso il percorso scolastico complessivo con materiali esemplificativi e dimostrativi, confonde anch’esso ruoli e responsabilità della scuola e della famiglia, essendo quest’ultima chiamata in prima persona a collaborare nella costruzione del “portfolio”.


Per quanto riguarda i primi segmenti scolastici, Scuola dell’Infanzia e Scuola Primaria, molte sono le preoccupazioni che la Riforma solleva in quei docenti che negli ultimi trent’anni hanno partecipato, in prima persona e attraverso lavori di progetto e di equipe, al rinnovamento e all’innalzamento dei livelli di qualità della scuola.
Tali preoccupazioni sono relative
– ai contenuti espressi nelle Indicazioni Nazionali e nelle Raccomandazioni generali;
– alle nuove attribuzioni di responsabilità previste;
– alla nuova organizzazione della scuola riformata;
– alle garanzie istituzionali che si profilano come necessarie nel nuovo quadro organizzativo;
– alle modalità e scenari di approvazione della Riforma;
– all’assenza di risorse finanziarie adeguate a sostegno della Riforma stessa.

1. Contenuti

I contenuti della Riforma, espressi sia come obiettivi specifici di apprendimento nelle Indicazioni Nazionali sia come Raccomandazioni Generali, se spesso potrebbero sembranre tanto scontati fino ad essere superflui, sono contemporaneamente finemente parcellizzati.
A dispetto di una proclamata idea di unitarietà e interdisciplinarietà dell’apprendimento, i contenuti specifici proposti risultano di fatto inevitabilmente bloccati all’interno delle discipline e dei diversi periodi didattici, e bloccanti rispetto alla proclamata autonomia e responsabilità di progettazione didattica. Si ha un bel dire tali indicazioni sono “spunto e promemoria per i docenti”: i vincoli della valutazione secondo standard alla fine di ogni periodo finiranno per determinare di fatto tutta la configurazione dei percorsi di apprendimento (fenomeno già ampiamente sperimentato nelle sue conseguenze deleterie in molti paesi), in contrasto con una valutazione dei criteri e degli esiti dell’apprendimento che sarebbe invece una garanzia vitale per i ragazzi e per la società.

Tanto le Raccomandazioni Generali che il Profilo educativo (…) alla fine del ciclo d’Istruzione sono pervasi da continui richiami alla “consapevolezza etica e morale”, tanto protervi nella forma quanto ingenui nella loro pretesa di univocità e assolutezza.
Ma a quale generalizzazione della consapevolezza morale e civile può mirare un legislatore che contemporaneamente prefigura scuole e servizi di qualità proporzionale al reddito e diversa per aree geografiche?

La Legge sull’autonomia prevede spazi di ricerca e sperimentazione autonoma nella gestione didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche: spazi conquistati anche in decenni di ricerca-azione realizzati attraverso la collaborazione tra scuole, Istituti di Ricerca e Università che hanno prodotto le innovazioni più vitali nella didattica della scuola italiana. Ignorando (volutamente?) questo stato di cose, la Riforma non riporta alcuna menzione dei progetti di sperimentazione in atto nelle scuole né lascia presumere che possa esservi un futuro per tali modalità di innovare il fare scuola.

Nei documenti dedicati alle Scuole dell'Infanzia si nota una disturbante confusione nelle diverse accezioni relative a Obiettivi Specifici e Campi di Esperienza: i primi presenti nel documento “ Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati” risultano in sostanza un pessimo compendio dei secondi presenti nelle ”Raccomandazioni” come derivazione diretta dagli Orientamenti ‘91 tuttora vigenti. Stante il fatto che non viene adottato nessun concetto esplicativo, si può immaginare almeno un grave difetto di orchestrazione tra gli estensori.
In ogni caso, i Campi di Esperienza nella nuova, originale versione di Obiettivi Specifici risultano semplicisticamente ridimensionati a buone abilità comportamentali, privati come sono di qualsiasi riferimento sia alla pedagogia che alla psicologia evolutiva.
Sconcertanti risultano poi tutte quelle parti che riguardano “Il sé e l’altro”, attraverso la reiterata e sottolineata dicotomia tra un io contingente e un sé metafisico, tra un “essere” e un “dover essere”, tra norme morali universali e norme sociali, fino alla lista delle “grandi domande” come quella sul “dolore innocente” e su “l’iniquità incolpevole”.
Debolissimo appare inoltre l’ancoraggio alla lettura storica e sociale sia dell’evoluzione della famiglia (invecchiamento della popolazione, paternità, maternità,tempi di lavoro ecc..) che degli interventi pubblici di “conciliazione delle responsabilità familiari e professionali”, (servizi di cura ed educazione per l’infanzia, leggi di tutela dell’infanzia, congedi parentali, ecc.); variabili queste che hanno tutte un forte impatto-correlazione col sistema di Istruzione e con la dimensione sociale dei saperi.

Lascia estremente perplessi, infine, il contesto teorico di generica “valorizzazione delle differenze” entro cui vengono collocati i problemi degli alunni in situazione di handicap. Nelle Raccomandazioni Generali per la Scuola Primaria si legge infatti che “…Non è più questione di integrare nessuno in una astratta normalità che poi si traduce in propensione all’uniformità, bensì di valorizzare al meglio le dotazioni individuali…” e che questa logica “…serve anche a condannare le fughe tecniciste, siano esse di tipo psicologizzante oppure riabilitativo e medicalizzante”.
Recuperare lo svantaggio necessita, di fatto, di interventi mirati e adatti ai bambini diversamente abili, ben difficilmente realizzabili in modo efficace dalla sola insegnante che contemporaneamente deve gestire l’intera classe. (Non meraviglia che gli estensori delle Raccomandazioni citino il “caso Dislessia”: si tratta, infatti, della situazione di svantaggio meno complessa e perturbante da affrontare, almeno a livello di scuola primaria).
Ci si chiede, ancora una volta: siamo di fronte a un caso di pura ignoranza delle situazioni scolastiche reali da parte degli estensori? di mera faciloneria? di squallido recupero di risorse finanziarie a danno di famiglie, alunni e insegnanti?

2. Nuove attribuzioni di responsabilità

La Riforma Moratti introduce nella scuola elementare una figura docente (insegnante-tutor) con nuove caratteristiche:
– una forte, quasi totalizzante, prevalenza oraria (tendenzialmente tra le 18 e le 21 ore) contornata da tre-sei insegnanti di laboratorio con un grado minore di responsabilità didattica rispetto al tutor (ad esclusione della figura di Responsabile di Laboratorio, che comunque non si interfaccia con le famiglie ed opera trasversalmente su moltissimi alunni;
– una funzione di tutoraggio nei confronti di ciascuno degli alunni, e di coordinamento professionale nei confronti degli altri docenti del team;
– una diretta responsabilità nella predisposizione di piani di studio personalizzati per ogni alunno a lui affidato “nel numero massimo consentito dalla legge”; nella costruzione del portfolio delle competenze di ogni alunno; nella relazione con tutte le famiglie.
Quante ore a disposizione dovranno essere assegnate a questo docente per elaborare 25 o 28 piani di studio personalizzati a altrettanti portfolio?
Ma in fondo, se si incrociano i dati relativi all’orario di servizio dei docenti con quelli relativi all’orario obbligatorio annuale di lezioni, escluse le ore attribuite per legge all’Insegnamento della Religione Cattolica e alla Lingua Inglese, resta ben poco da scegliere per “personalizzare” gli studi di ogni alunno: in pratica due laboratori, di quattro ore complessive a settimana, sui quattro realmente attivabili.

Questa figura docente non convince affatto: né sul piano delle funzioni didattiche che dovrebbe espletare (funzioni che, ravvisando un ritorno al maestro “tuttologo”, costituiranno una fonte di impoverimento culturale tanto per i docenti che, ovviamente, per gli alunni stessi) né come figura istituzionale in quanto attribuendo un ruolo di minore responsabilità per gli insegnanti di laboratorio, si introduce una gerarchia tra docenti che non favorisce certamente atteggiamenti e pratiche pedagogico-didattiche nell’ottica della collegialità e della flessibilità degli interventi

Al tutor, figura unica e solitaria, viene infine delegata anche l’osservazione scrupolosa e sistematica del “comportamento” di ogni singolo bambino a lui affidato: con quali tempi, mezzi, modalità? Non si incorrerà piuttosto in giudizi frettolosi e superficiali, limitati a cogliere gli atteggiamenti esibiti anziché valutare le competenze veramente acquisite dal bambino e i suoi specifici problemi? (E anche nello stesso portfolio delle competenze individuali si ravvisa un’idea di sapere trasmissivo e di valutazione del comportamento).

Quale ruolo sarà giocato dalle famiglie nella costruzione dei piani individuali e del portfolio? Sembra necessario stabilire confini chiari e definiti tra una legittima aspettativa di partecipazione dei genitori ai processi formativi dei propri figli e la dimensione tecnico-professionale dell’attività dei docenti,di cui essi rispondono in prima persona e che deve essere tutelata da condizionamenti impropri: per lo più dannosi, per i ragazzi in particolare, per la società in generale. Quali garanzie di validità ci sarebbero, al limite, per titoli di studio attribuiti attraverso un giudizio paritetico di scuola e famiglia?

3. Nuova organizzazione della scuola: l’ingresso anticipato, il calendario, i laboratori

Per quanto riguarda la Scuola dell’Infanzia, l’ingresso dei bambini di 2 anni e 4 mesi non è sorretto da nessuna risorsa aggiuntiva di personale, mentre non si prefigura nessun decremento di alunni per sezione: ogni Istituzione Scolastica potrà decidere “in autonomia”, e per ora unico standard di riferimento resta il numero massimo consentito dalla legge. Si fa leva solo sulla risorsa relativa alle 2 ore di compresenza, che spesso nelle scuole almeno per un terzo è di fatto dedicata al pranzo; e se tale risorsa venisse investita nei prevedibili bisogni specifici degli alunni più piccoli verrebbe meno qualsiasi attività di laboratorio e/o progettuale, forza e qualità del modello attuale di scuola dell’infanzia.
E non si parla di adeguamenti strutturali: basti per tutti l’esempio degli spazi per il riposo praticamente assenti negli edifici e assolutamente necessari per accogliere i più piccoli.
Si ravvisa infine poca competenza didattica dietro al “suggerimento” di adottare un modello di sezione “con età molto differenziate” che, al di fuori di situazioni eccezionali, tradisce solo un’esigenza di risparmio. Come si può, infatti, salvaguardare il diritto a una scuola di qualità, cioè attenta alle possibilità di ciascuno, tenendo insieme alunni/e così distanti nello sviluppo evolutivo? Quali classi e quali attività individualizzate saranno possibili nelle future classi di prima elementare che accoglieranno fino a 25 bambini con differenze di età fino a 20 mesi?

D’altra parte l’orario di funzionamento nella Scuola dell’Infanzia viene ampliato fino a comprendere un modello con 1800 ore l’anno: ciò equivale in pratica a 10 ore di apertura giornaliera e ad un pressochè totale azzeramento delle ore di contemporaneità tra le due docenti di sezione.
Contemporaneamente nella scuola Primaria scompare il tempo pieno: da 1320 ore annue si scende ad un massimo di 990 ore.
Per entrambe le scuole è esplicitamente prospettata la possibilità di “far coincidere il periodo utile per l’offerta delle attività didattiche da parte delle istituzioni scolastiche con l’intero anno scolastico, salvo il rispetto delle disposizioni contrattuali e di stato giuridico dei docenti, nonché dei giorni minimi di sospensione dell’attività didattica disposta dalle competenti autorità per le festività di Natale, Pasqua e delle altre feste religiose e civili.”
Si sono chiesti gli estensori dei documenti se gli edifici di cui attualmente dispone la scuola italiana possano veramente accogliere bambini /e anche nel mese di luglio?

Quali e quante risorse strutturali (spazi, materiali, strumenti, etc) saranno necessarie per gestire, a livello almeno decente, “laboratori” che accoglierebbero 25 – 28 alunni?
Ci sembra che si confondano banalmente lezioni frontali e attività di laboratorio: se una lezione frontale può essere svolta all’interno di un rapporto 1:25 non altrettanto è ipotizzabile, da chiunque abbia una minima conoscenza reale del lavoro a scuola, per le attività di laboratorio.

4. Garanzie istituzionali

Gli scenari professionali prefigurabili nel contesto della Riforma sembrano a dir poco aleatori, ambigui e sconfortanti.
Con quali criteri verrano scelti i docenti-tutor e i docenti di laboratorio? Per anzianità di servizio? Per titoli (quali e valutati da chi)? Per concorso (figuriamoci!)? Per decisione del Dirigente scolastico o per elezione da parte del Collegio dei Docenti?…
Non si avanzano ipotesi di riprofessionalizzazione dei docenti finalizzata a fasce di popolazione scolastica di età inferiore ai 3 anni, mentre si prevedono “centri di eccellenza per la formazione permanente degli insegnanti” in “apposite strutture di ateneo o d’interateneo”, ancora tutte da definire, che curerebbero “la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche”: in quali tempi, se il nuovo profilo insegnante risulta già ampiamente sovraccarico ?
Quali strumenti possederebbe il docente-tutor per “garantire” la qualità del servizio svolto da docenti a lui subordinati ex legis? E con quali criteri verrà valutato il lavoro da lui stesso svolto? Cosa accadrà al docente che incorra in qualche deprecabile errore o il cui operato risulti poco efficace a fronte di responsabilità eccessive e improprie?
La stessa marginalità del docente di laboratorio non rischia di trasformarsi in precarietà del rapporto di lavoro? È evidente che, nel quadro di riferimento culturale, politico e economico di questa riforma (scoperto finanziario della legge; tagli all’organico; flessibilità e precarizzazione del lavoro; et.) i laboratori potranno essere gestiti anche da personale precario o assunto con contratti di collaborazione con quali risultati didattici è facile immaginare.

5. Modalità e scenari di approvazione della Riforma

E’ del tutto incomprensibile il fatto che una legge che riforma la scuola nella sua totalità, e che pertanto determinerà il destino di milioni di individui nei prossimi decenni, non sia sottoposta alla discussione di tutti rappresentanti delle parti politiche e sociali ma venga approvata per delega governativa. D’altra parte questo non fa che confermare la sensazione diffusa di una volontà di sminuire nella percezione dei cittadini l’importanza e il valore per la società italiana della sua scuola.

Altrettanto incomprensibile e inaccettabile è il fatto che la Riforma non sia stata finora sottoposta al giudizio allargato dei collegi degli insegnanti che pure dovranno garantirne gli esiti. D’altra parte, anche la discussione pubblica collettiva, sui media e sui giornali, incomprensibilmente langue.

6. Risorse finanziarie

Al momento di scrivere per l’anno 2003-2004 è previsto il taglio di 4119 posti nell’organico della scuola, di cui 2397 solo nelle elementari. Nella scuola dell’infanzia, nonostante l’incremento di domanda del servizio, l’organico resterà immutato (dati del MIUR pubblicati in questi giorni). Con quali risorse di personale si pensa di far fronte all’anticipo dell’obbligo scolastico? Si deve forse desumere che l’avvio della Riforma slitterà di qualche anno?
Nelle ultime settimane, inoltre, il dibattimento della Legge al Parlamento ha subito diversi rallentamenti dovuti alla necessità di verificare ulteriormente la copertura finanziaria. Cosa aspettarci da una Riforma che fin dalle prime battute stenta a trovare supporto e garanzia da parte del Ministro delle Finanze?
Sarebbe bello credere che in futuro verranno reperiti i fondi necessari. Più realisticamente, ancora una volta, prepariamoci ad assumere, insieme alle famiglie e ai ragazzi, i costi del nuovo assetto della scuola italiana.

Marzo 2003

Personale docente e non docente
e Consiglio di Circolo
del 126° Circolo Didattico di Roma


5- FUORIREGISTRO

Decreti Delegati  -  Osvaldo Roman - 17-03-2003

A proposito delle considerazioni sulla Riforma espresse dal 126° Circolo di Roma ( già commentate) devo insistere perché di confusione purtroppo ce n’è ancora troppa e questo aiuta la Moratti.

Vediamo alcuni fatti:

1) Il decreto n° 100 del 18 settembre 2002, nella prima stesura, allega all’articolo 3 le Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per la scuola elementare, definendole il “quadro di riferimento dell’iniziativa , obiettivi generali e specifici e piani di studio personalizzati”. Le Raccomandazioni che nella prima stesura erano riportate nell’articolo 4 dello stesso decreto non sono più richiamate e lo stesso articolo 4 risulta cancellato.

2) E’ vero che per la scuola media non è in atto alcuna sperimentazione, ma molto probabilmente arriverà.

3) Che il sito del Miur citi le Indicazioni nazionali come strumenti di attuazione della riforma conferma la mia tesi e ci chiama tutti ad essere vigili sul fatto che i decreti delegati attuino correttamente la legge delega e non altre direttive che non hanno niente a che spartire con le decisioni parlamentari.

4) Mentre per le scuole secondarie superiori l’elencazione dei licei e il passaggio alla Regioni dell’ istruzione professionale consentiranno di scrivere un decreto delegato “innovativo” rispetto alla situazione in atto, per la scuola elementare e per la scuola media le modifiche strutturali previste rispetto all’ordinamento legislativo vigente sono molto poche. E del resto ciò corrisponde all’atteggiamento restaurativo della maggioranza rispetto alla legge 30. Esse riguardano essenzialmente la valutazione, la relativa scansione annuale e le finalità culturali ed educative. La stessa abolizione dell’esame di 5 elementare non è esplicitamente indicata e si può ragionevolmente dedurre solo dall’esistenza del primo ciclo di istruzione che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado –Art. 2 lettera d). Alla lettera f) dello stesso articolo 2 viene, come si diceva, indicata la scansione interna delle due scuole e indicate le finalità culturali e formative che innovando rispetto all’ordinamento vigente porteranno alla stesura di nuovi piani di studio nazionali(rispettosi dell’autonomia scolastica e della libertà di insegnamento?) secondo quanto previsto all’articolo 7.

5) La scuola primaria e quella secondaria di primo grado avranno quindi una nuova organizzazione programmatica e didattica ma alcuni dati strutturali che caratterizzavano l’ordinamento preesistente sussistono perché di loro la legge delega non ha trattato.Possiamo nelle prossime settimane formulare un elenco di tali questioni?


6- La politica del dialogo per una riforma più convincente
di Francesco Paolo Catanzaro- 17-03-2003
La riforma è una legge- quadro, una legge- delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari decreti attuativi da parte del Ministero. E’ qui che bisogna cominciare a lavorare.(1 commento/i)


Ora che la riforma della scuola ha raggiunto il varo è necessario riflettere sulle nuove disposizioni ministeriali. E’ giunto il tempo di non polemizzare più perché sarebbe ormai anacronistico. Bisogna, oggi, attuare la politica del dialogo. Le polemiche ,anche se scaturite da preoccupazioni per il futuro, non hanno mai portato a nulla se condotte con la logica dello scontro continuo; anzi hanno sempre contribuito ad approfondire i solchi dei dissidi e dei conflitti. Il dialogo, la riflessione, le proposte di attuazione sono azioni che devono aiutare le parti in contrasto politico- ideologico a trovare soluzioni nel rispetto dell’avversario non più demonizzato per il suo punto di vista contrario alle nostre posizioni. La riforma è una legge- quadro, una legge- delega; per cui si susseguiranno nel tempo i vari decreti attuativi da parte del Ministero. E’ qui che bisogna cominciare a lavorare, non intestardendoci in posizioni estremistiche ma proponendo soluzioni, verificando lo stato di disagio, sentendoci interpellati continuamente per consigli nell’attuazione legislativa. Perché è pur vero che i politici portano avanti i disegni di legge, che poi si trasformano in leggi dopo sofferti iter parlamentari, ma è estremamente vero che se la legge migliorativa della qualità scolastica non scaturisce dalla scuola, dai pareri degli stessi docenti in campo, da chi vive i problemi quotidiani ,a distanza di pochi semestri dovrà essere cambiata. Costi quel che costi. E sarebbe triste constatare una maggioranza che pensi di detenere la bacchetta magica di una soluzione definitiva e si chiuda al dialogo con una minoranza specialistica e sempre propositiva di idee e soluzioni democraticamente offerte sul tavolo della discussione. In questo caso l’utenza scolastica ne pagherebbe le conseguenze ed assisterebbe sdegnata solo a beghe politiche e alle solite gelosie di potere.

[6- commento\1

Gianni Mereghetti    - 16-03-2003
Sono d'accordo che è tempo di una politica del dialogo e che questa è l'unica strada da percorrere per un cambiamento in positivo della scuola.
Sarebbe invece terribile se lo scontro politico-ideologico di questi anni entrasse nella scuola, rendendola invivibile.
Penso che la politica del dialogo sia possibile, perchè comunque dentro la scuola, pur essendovi chi è ancora ancorato a metodi ideologici, vi è comunque un consistente numero di insegnanti e studenti che hanno a cuore l'educazione.
Partiamo da qui!


7- La riforma della scuola: fatta la legge, la strada è ora tutta in salita

Intervista a Franco Frabboni, Preside della Facoltà di Scienze della
Formazione Primaria, Università di Bologna


a cura di Infantiae.OrgT
http://www.infantiae.org/frabboni260303.htm

Domanda
E' stata definitivamente approvata dai due rami del Parlamento la nuova
legge sulla riforma del Sistema Scolastico Italiano. Che cosa ci dobbiamo
aspettare?

Risposta
Ora occorre attendere i Decreti Delegati attuativi della legge ai quali il
Ministro è chiamato.
La legge si presenta leggera: è composta di soli sette articoli e, nella sua
leggerezza, ha diverse zone ambigue, non chiare, rispetto alle quali, si
spera, i Decreti Delegati potranno assumere posizioni diverse rispetto ad
una prima lettura della legge che in alcune sue parti apre a soluzioni
diverse. Nutriamo la speranza che i Decreti Delegati potranno migliorarla.
Il Ministro ha a disposizione due anni di tempo per la loro definitiva
emanazione e in questo arco di tempo si spera che siano attivate delle
commissioni di lavoro autorevoli, ed adeguatamente rappresentative, con il
compito di precisare e costruire i percorsi della riforma per quanto
riguarda tutti i gradi scolastici.

Domanda
Un primo elemento che pare preoccupare molti è quello dell'anticipo. Qual è
il suo punto di vista in merito?

Risposta
E' chiaro che per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria questa
legge rappresenta un terremoto. Lo sconvolgimento è rappresentato da una
parte dall'anticipino (la possibilità di accesso non più a tre anni ma a due
anni e mezzo), dall'altra dalla reintroduzione del "maestro prevalente"
(che, nella sostanza, vuol dire il ritorno al maestro unico: un maestro di
fatto 'tuttologo' della classe, almeno all'inizio della scuola primaria).
Va ricordato che l'anticipo non è stato voluto dal Governo sulla base di
scelte pedagogiche, che sarebbero state legittime. Il bambino e la bambina
di oggi non sono più quelli di cinquant'anni fa, sono immersi in una
galassia di informazione visiva, elettronica ed anche verbale che li
sollecita fortemente e li alimenta sul piano delle conoscenze. Anticipare l'
obbligo, cioè chiamare a scuola tutti i bambini anticipatamente, sarebbe una
scelta condivisibile che, per quanto mi riguarda, ho sempre sostenuto. Al
contrario, questa forma di 'anticipino' è stata messa in campo soltanto per
potere chiudere la secondaria a 18 anni invece che a 19. La scelta di
reintrodurre, un ottennio tra scuola primaria e scuola media avrebbe
riportato il terminal della scuola secondaria a 19 anni, in sostituzione del
settennio previsto dalla proposta Berlinguer.
L'Europa chiedeva e chiede con forza ai 15 paesi (o ai 25 del prossimo anno)
la conclusione degli studi scolastici a 18 anni e l'attuale Governo ha messo
in atto l'escamotage (o il pasticciaccio?) di questo anticipino il cui
volante è stato dato in mano alle famiglie. Gli esiti potranno essere quanto
meno curiosi: nella prima classe della futura scuola Primaria potranno
trovarsi insieme un bambino di cinque anni e quattro mesi ed uno di sette.
Dico tutto questo con una valutazione positiva sull'anticipo: condiviso il
principio ma certamente non la soluzione organizzativa adottata.

Domanda
Perché la scelta dell'anticipo è priva di ragioni pedagogiche?

Risposta
L'anticipo, non costruito pedagogicamente sul bambino della scuola dell'
infanzia e della scuola primaria, ci fa pensare che questa legge voglia
assecondare una sorta di pseudo-pedagogia o pseudo-cultura oggi in voga e di
moda, frutto anche del dominio del mediatico: sembra essere prefigurato un
bambino velocizzato, accelerato, che deve lasciare anzitempo il suo mondo
ludico, magico, animistico e fantastico. La legge prende le distanze dalle
"dimensioni di sviluppo" che gli Orientamenti del '91 segnavano con forza, e
cioè dalla sfera affettiva sociale, cognitiva, valoriale ed etica, propria
del bambino dai tre ai sei anni. Il bambino viene in qualche modo 'rapinato'
precocemente del suo mondo per essere proiettato verso l'alto, per
accelerare il suo sviluppo, per divenire un adulto in piccolo. Questa
società della velocizzazione, dell'anticipazione, del porsi sempre in
avanti, brucia il tempo di vita dell'infanzia e non lascia al bambino il
tempo di sostare un momento a riflettere, a considerare il proprio mondo
esistenziale. E' una sorta di rapina pedagogica: i bambini hanno il diritto
al proprio tempo.

Domanda
La legge vuole affidare un ruolo di primo piano alla famiglia. Qual è il suo
punto di vista in merito?

Risposta
Da sempre la scuola ha avuto come pilota l'insegnante e insieme, all'
insegnante anche tutta una serie di altri copiloti, compresa la famiglia.
Ora è previsto, insieme all'insegnante prevalente, un unico copilota che è
la famiglia. Anzi, in certi casi è la famiglia che pare essere da sola al
volante. L'insegnante dovrà stare a guardare ciò che deciderà la famiglia
perché in gran parte decide sul portfolio, sulla biografia, sul diario,
sulla storia del bambino. La famiglia decide se anticipare o non anticipare,
se utilizzare 'quote-orario' per attività private che i bambini possono
svolgere nel territorio e non a scuola, aprendo inevitabilmente la forbice
fra le famiglie ricche e quelle povere. Tutto questo non appartiene all'
alfabeto pedagogico.
Come pedagogisti siamo preoccupati dall'esproprio che viene prodotto all'
inizio del sistema scolastico. Oltre al fatto che la scuola dell'infanzia
rischia di diventare di due anni e mezzo: se la scuola primaria inizia a
cinque anni e mezzo non sappiamo a che età le famiglie iscriveranno i
bambini alla scuola dell'infanzia. E' possibile che la scuola dell'infanzia
stessa si riduca a due anni e mezzo, divenendo una sorta di servizio a
domanda individuale.

Domanda
A parte gli elementi di criticità che ha sottolineato, qual è uno degli
aspetti positivi più significativi di questa riforma?

Risposta
Innanzi tutto, la riconferma dell'idea che il bambino e la bambina siano
collocati al 'centro' del sistema scolastico. La legge mette in campo il
concetto di "personalizzazione" con l'aiuto del tutor, anche se il tutor è
lo stesso insegnante prevalente. Anche in passato, quando nella scuola
elementare operava un unico insegnante per ogni classe, era chiaro che era
anche colui che personalizzava in qualche modo l'attenzione ai processi di
sviluppo dei singoli bambini. Questa accentuazione della personalizzazione,
la determinazione di un insegnante unico che è anche tutor è un elemento
positivo in quanto impegna la scuola non solo a tenere conto della mente del
bambino ma anche, per così dire, del cuore, cioè delle sue dimensioni
affettive, emotive e sociali.

Domanda
Un fiore all'occhiello di questa riforma sembra essere l'introduzione del
laboratorio di informatica e di lingua straniera. E' così?

Risposta
Si tratta di un altro aspetto che confido positivo, anche se, a ben vedere,
non è ben espresso nelle Indicazioni Nazionali e nelle Raccomandazioni. Che
si affermi il principio del laboratorio è importante. Attenzione, però.
Informatica e lingua straniera non sono laboratori, sono aule specializzate.
Il laboratorio è ad esempio quello musicale, quello delle attività motorie,
della manipolazione, ecc. Non è inoltre chiaro chi saranno i docenti. Se
saranno, ad esempio, i docenti in soprannumero della scuola media che
potranno essere 'prestati' alla primaria, se saranno figure di laureati
pescati da graduatorie ad hoc in quanto "laboratoristi" o altro ancora.
Siamo preoccupati che i laboratori possano diventare un ambito professionale
sotto-qualificato, perché negli Ordinamenti della formazione universitaria
degli insegnanti non c'è traccia per ora del concetto di laboratorio e di
figure legate al laboratorio, ma si fa riferimento soltanto agli insegnanti
di classe.

Domanda
E per quanto riguarda il portfolio?

Risposta
Anche questa non è una novità italiana. Anzi, su questo concetto arriviamo
buoni ultimi in Europa. E' la biografia, la narrazione, il diario, la
telecamera accesa nella scuola sui singoli bambini. E questo è positivo, ma
c'è anche il rovescio della medaglia. La preoccupazione è che il curatore
del portfolio sia solo l'insegnante tuttologo e la famiglia, perché
costruirebbe un sistema chiuso. Dovrebbero comparire anche altri soggetti
che concorrono al sistema formativo, come il dirigente, i laboratoristi,
ecc.

Domanda
Quale idea di competenza emerge da questa riforma?

Risposta
Un ulteriore punto positivo che ho più volte sottolineato è il principio
delle competenze che coinvolge anche la scuola dell'infanzia. Troviamo però
una definizione quanto meno curiosa del concetto di competenza. La
competenza non può essere riconducibile alla riproduzione, a pappagallo, di
saperi prescritti dalle Indicazioni Nazionali e dalle Raccomandazioni. In
tali documenti le competenze appaiono come una sorta di saperi da ripetere,
come abilità esclusivamente da riprodurre, come semplici automatismi.
Essere competente significa sapere, saper fare, saper essere. Godere di
padronanze disciplinari ed interdisciplinari. Di tutto questo non si trova
traccia nelle Indicazioni.
Anche in questo caso cioè ci troviamo di fronte ad una medaglia a due facce.
Da un lato la competenza rappresenta un elemento importante per la scuola
dell'infanzia, dall'altro temo che la competenza, così come definita nelle
Indicazioni e nelle Raccomandazioni, trasformi la scuola futura in una sorta
di saperi a quiz, organizzati su prestazioni, per così dire, a pulsante. Si
corre il rischio di promuovere un'intelligenza "scattista", velocizzata sul
piano mnemonico ma vuota sul piano delle formae mentis, delle padronanze
endogene, delle competenze trasversali, interdisciplinari.
Questo è tutto ciò che dovrebbero fare i Decreti Delegati: dare luce alle
facce oscure di queste medaglie, far scomparire gli elementi opachi e far
brillare gli aspetti che sono positivi.

[Sono state eliminare la parti non di testo del messaggio

[sommario]

pagine scelte o redatte a cura del Comitato genitori del Circolo Didattico n.10 - digilander.iol.it/genitoricircolo10/

articoli sulla riforma Moratti:VOTO; testo ; articolo1-2-3-
SOMMARIO RIFORMA
-
DECRETO LEGGE ORGANI COLLEGIALI- novità per gli OO.CC.