D.Lgs. 19
settembre 1994, n. 626
Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE,
95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38
riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro. ( G.
U.
12.11.1994, n. 265, s.o. n. 141 )
(1)
(1) Titolo così modificato dall’ art. 1 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
Titolo I
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Campo di applicazione). 1.
Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela
della salute
e per la sicurezza dei lavoratori durante il
lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia,
dei servizi di protezione civile, nonchè nell'ambito delle
strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle
destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi
con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica,
delle università, degli istituti di istruzione universitaria,
degli
istituti di istruzione ed educazione di ogni
ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e
delle aree
archeologiche dello Stato, delle rappresentanze
diplomatiche e consolari, e dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, le norme del presente decreto sono
applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al
servizio espletato, individuate con decreto del
Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, della sanità e della funzione
pubblica (1).
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge
18 dicembre 1973, n. 877, nonchè dei lavoratori con rapporto
contrattuale privato di portierato, le norme del
presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto, si
applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province
autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i
rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le
attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle
rispettive
attribuzioni e competenze, i dirigenti e i
preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono
tenuti
all'osservanza delle disposizioni del presente
decreto (2).
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal
presente decreto, il datore di lavoro non può delegare
quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4,
lettera a), e 11 primo periodo (2).
(1) Comma sostituito dall’art. 1, comma 2, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificato dall'art. 9,
comma 22, del
D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, conv. in L. 28
novembre 1996, n. 608.
(2) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 2, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 2 (Definizioni) (1).
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si
intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio
lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti
ai servizi domestici e familiari, con rapporto di
lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci
lavoratori di cooperative o di società, anche di
fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e
degli
enti stessi, e gli utenti dei servizi di
orientamento o di formazione scolastica, universitaria e
professionale
avviati presso datori di lavoro per agevolare o
per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di
istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione
professionale
nei quali si faccia uso di laboratori, macchine,
apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici. I soggetti di cui al
precedente periodo non vengono computati ai fini della
determinazione del
numero di lavoratori dal quale il presente decreto
fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del
rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto
che, secondo il tipo e l'organizzazione
dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero
dell'unità
produttiva, quale definita ai sensi della lettera
i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle
pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma
2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di
lavoro si intende il dirigente al quale spettano i
poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo
sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai
rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni
all'azienda finalizzati all'attività di
prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda,
ovvero unità
produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno
dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in
medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o
in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed
altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con
decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica;
2) docenza o libera docenza, in medicina del
lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in
igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e
protezione: persona designata dal datore di lavoro in
possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
persona, ovvero persone, eletta o designata per
rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli
aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di
seguito denominato rappresentante per la
sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o
misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività
lavorativa per evitare o diminuire i rischi
professionali nel rispetto della salute della popolazione e
dell'integrità
dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico,
presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la
salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura
finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia
finanziaria e tecnico funzionale.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 2, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 3 (Misure generali di tutela). 1.
Le misure generali per la protezione della salute e per la
sicurezza dei
lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la
sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle
conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non
è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un
complesso che integra in modo coerente nella
prevenzione le condizioni tecniche produttive ed
organizzative dell'azienda nonchè l'influenza dei fattori
dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò
che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella
concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e
nella
definizione dei metodi di lavoro e produzione,
anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva
rispetto alle misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori
che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici
e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione
dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione
a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di
pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti,
attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai
dispositivi di sicurezza in conformità alla
indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e
partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,
sulle questioni riguardanti la sicurezza e la
salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene
ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso
comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 4 (Obblighi del datore di lavoro, del
dirigente e del preposto) (1).
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura
dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta
tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori
esposti
a rischi particolari, anche nella scelta delle
attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici
impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi
di lavoro. (2)
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1,
il datore di lavoro elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per
la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono
specificati i criteri adottati per la valutazione
stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e
di protezione e dei dispositivi di protezione individuale,
conseguente alla valutazione di cui alla lettera
a);
c) il programma delle misure ritenute opportune
per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda
ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le
regole di cui all'art. 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione
e protezione interno o esterno all'azienda secondo le
regole di cui all'art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il
medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie
per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati
dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso
di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto
soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione
ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della salute e della sicurezza
del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della
tecnica
della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene
conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto
alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei
dispostivi di protezione individuale, sentito il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinchè soltanto
i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni
accedano alle zone che li espongono ad un rischio
grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli
lavoratori delle norme vigenti, nonchè delle disposizioni
aziendali in materia di sicurezza e di igiene del
lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi
di protezione individuale messi a loro
disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico
competente degli obblighi previsti dal presente decreto,
informandolo sui processi e sui rischi connessi
all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle
situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni
affinchè i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato
ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona
pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori
esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il
rischio stesso e le disposizioni prese o da
prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente
motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro
attività
in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante
il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute e
consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle
informazioni ed alla documentazione aziendale di
cui all'art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare
che le misure tecniche adottate possano causare rischi per
la salute della popolazione o deteriorare
l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati
cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano
un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel
registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica
professionale dell'infortunato, le cause e le
circostanze dell'infortunio, nonchè la data di abbandono e di
ripresa
del lavoro. Il registro è redatto conformemente
al modello approvato con decreto dal Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, sentita la Commissione
consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro,
a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino
all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in
conformità ai
modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei
casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della
prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè
per il caso di pericolo grave e immediato. Tali
misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle
dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di
cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in
collaborazione con il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi
in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento
di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di
modifiche del processo produttivo significative ai
fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso
l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di
rischio
del lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne
consegna
copia al lavoratore stesso al momento della
risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa
richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più
decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in
relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli
adempimenti documentali di cui al presente
articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività
industriali di
cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche,
soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica
ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali
termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie,
alle aziende
per la fabbricazione e il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e
cura sia
pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9,
primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì
definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa
pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei
compiti di
prevenzione e protezione in aziende ovvero unità
produttive che impiegano un numero di addetti superiore a
quello indicato nell'allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una
sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera h),
degli
ambienti di lavoro da parte del medico competente,
ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si
modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella
nota (1) dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende
familiari nonchè delle aziende che occupano fino
a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e
3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per
iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e
l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la
sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli
obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le
aziende
che occupano fino a dieci addetti, soggette a
particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di
specifici
settori produttivi con uno o più decreti del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e
forestali e
dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi
strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi
del
presente decreto, la sicurezza dei locali e degli
edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed
educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per
effetto di norme o convenzioni, alla loro
fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal
presente
decreto, relativamente ai predetti interventi, si
intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti
agli
uffici interessati, con la richiesta del loro
adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l'obbligo giuridico.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 3, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito dall'art. 21 comma 2,
della Legge 1 marzo 2002, n.39
Art. 5 (Obblighi dei lavoratori). 1.
Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e
della
propria salute e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti
delle sue azioni o omissioni, conformemente alla
sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di
lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni
impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai
fini
della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le
apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati
pericolosi,
i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di
lavoro, nonchè i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di
protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro,
al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e
dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonchè
le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a
conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per
eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli,
dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione
i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di
controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o
manovre che non sono di loro competenza ovvero che
possono compromettere la sicurezza propria o di
altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti
nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai
dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi
imposti dall'autorità competente o comunque
necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori
durante
il lavoro.
Art. 6 (Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti,
dei fornitori e degli installatori). 1.
I progettisti dei
luoghi o posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di
sicurezza e di
salute al momento delle scelte progettuali e
tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione
rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza
previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti
(1).
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il
noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature
di lavoro e di impianti non rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di
sicurezza. Chiunque concede in locazione
finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di
omologazione obbligatoria è tenuto a che gli
stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli
altri
documenti previsti dalla legge (2).
3. Gli installatori e montatori di impianti,
macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di
sicurezza e di igiene del lavoro, nonchè alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e
degli altri
mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
(1) Comma così modificato dall’art. 4, comma 1,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito dall’art. 4, comma 2,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 7 (Contratto di appalto o contratto d’
opera). 1. Il
datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla
camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità
tecnicoprofessionale
delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o
contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate
informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui
sono destinati ad operare e sulle misure di
prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria
attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di
lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di
prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti
sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e
prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
informandosi reciprocamente anche al fine di
eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle
diverse
imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera
complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la
cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2. Tale
obbligo non si estende ai rischi specifici propri
dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi (1).
(1) Comma così sostituito dall’art. 5 del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
Capo II
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 8 (Servizio di prevenzione e protezione). 1.
Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro
organizza all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o
incarica
persone o servizi esterni all'azienda, secondo le
regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da
lui
dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui
all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso
di
attitudini e capacità adeguate, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in
numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e
disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo
svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire
pregiudizio a causa dell'attività svolta
nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di
lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in
possesso delle conoscenze professionali necessarie
per integrare l'azione di prevenzione o protezione (1).
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e
protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti
casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 1
del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988,
n. 175 e successive modifiche, soggette
all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4
e 6 del
decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione e il
deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200
dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50
lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia
pubbliche sia private (2).
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le
capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero
dell'unità
produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro
deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza
(3).
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle
caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a
favore della quale è chiamato a prestare la
propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve
possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, può individuare
specifici requisiti, modalità e procedure, per la
certificazione dei servizi, nonchè il numero minimo degli
operatori
di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone
o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria
responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato
del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente
competenti il nominativo della persona designata
come responsabile del servizio di prevenzione e protezione
interno ovvero esterno all'azienda. Tale
comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si
attesti
con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e
protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati
svolti;
c) il curriculum professionale.
(1) Comma così sostituito dall’art. 6, comma 1,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito dall’art. 6, comma 2,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così modificato dall’art. 21, comma
3, della Legge 1 marzo 2002, n.39.
Art. 9 (Compiti del servizio di prevenzione e
protezione). 1.
Il servizio di prevenzione e protezione dai
rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla
valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la
sicurezza e la salubrità degli ambienti di
lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della
specifica
conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le
misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4,
comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di
tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le
varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e
formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di
tutela della salute e di sicurezza di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui
all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di
prevenzione e protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione
e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi
produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle
malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e
protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
sono tenuti al segreto in ordine ai processi
lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle
funzioni
di cui al presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è
utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 10 (Svolgimento diretto da parte del datore
di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai
rischi). 1.
Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri
del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di
evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva
informazione al rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso
può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8,
comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i
compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di
formazione in materia di sicurezza e salute sul
luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di
lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza
competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di
svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai
rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di
cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11 (1);
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e
delle malattie professionali della propria azienda elaborata
in base ai dati degli ultimi tre anni del registro
infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione
prevista dalla legislazione vigente;
d) l'attestazione di frequenza del corso di
formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 11 (Riunione periodica di prevenzione e
protezione dai rischi). 1.
Nelle aziende, ovvero unità
produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il
datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno
una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro
sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione
individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei
lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro
salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di
eventuali significative variazioni delle condizioni di
esposizione al rischio, compresa la programmazione
e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi
sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che
occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma
3, il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla
redazione del verbale della riunione che è tenuto
a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III
PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE
DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO
Art. 12. (Disposizioni generali). 1.
Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q),
il datore di
lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi
pubblici competenti in materia di pronto soccorso,
salvataggio, lotta antincendio e gestione
dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati
di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a) (1);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere
esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure
predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i
provvedimenti e dà istruzioni affinchè i lavoratori possano, in
caso di
pericolo grave ed immediato che non può essere
evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro,
abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinchè
qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato
per la propria sicurezza ovvero per quella di
altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico, possa prendere le misure
adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici
disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1,
lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni
dell'azienda ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per
giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere
formati, essere in numero sufficiente e disporre
di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni
ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni
debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma
2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 13 (Prevenzione incendi). 1.
Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione
al tipo
di attività, al numero dei lavoratori occupati ed
ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un
incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli
impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di
prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,
compresi i requisiti del personale addetto e la
sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al
comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della
previdenza sociale e dell'industria, del commercio
e dell'artigianato.
Art. 14 (Diritti dei lavoratori in caso di
pericolo grave ed immediato). 1.
Il lavoratore che, in caso di
pericolo grave, immediato e che non può essere
evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona
pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e
deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e
immediato e nell'impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico, prende misure per evitare le
conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per
tale azione, a meno che non abbia commesso una
grave negligenza.
Art. 15 (Pronto soccorso). 1.
Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e
delle dimensioni
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva,
sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti
necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre
eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e
stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per
il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda
direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati
dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma
1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di
pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua
formazione sono individuati in relazione alla
natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai
fattori di
rischio, con decreto dei Ministri della sanità,
del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio
superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma
3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.
CAPO IV
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 16 (Contenuto della sorveglianza sanitaria). 1.
La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti
dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata
dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare
l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono
destinati, ai fini della valutazione della loro
idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato
di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità
alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono
esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al
rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 17 (Il medico competente). 1.
Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il
servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base
della specifica conoscenza dell'organizzazione
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di
rischio, alla predisposizione dell'attuazione
delle misure per la tutela della salute e dell'integrità
psico-fisica dei
lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui
all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione
specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria
responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da
custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto
professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul
significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel
caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo
termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività che
comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a
richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei
risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera B) e, a
richiesta dello stesso, gli rilascia copia della
documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui
all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati
anonimi collettivi degli accertamenti clinici e
strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di
detti
risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di
lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla
programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i
cui risultati gli sono forniti con tempestività
ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla
lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore
qualora
tale richiesta sia correlata ai rischi
professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla
predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art.
15;
m) collabora all'attività di formazione e
informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per
motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti
scelti
dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli
accertamenti di cui all'art. 16, comma 2, esprima un
giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o
totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro
e
il lavoratore (1).
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è
ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione
del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza
territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca
del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in
qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o
privata convenzionata con l'imprenditore per lo
svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del
datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli
assicura le condizioni necessarie per lo
svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non
può svolgere l'attività di medico competente qualora esplichi
attività di vigilanza (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 8 del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
Capo V
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 18 (Rappresentante per la sicurezza). 1.
In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità produttive, che
occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza
è
eletto direttamente dai lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza può essere
individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del
comparto produttivo. Esso può essere designato o
eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze
sindacali, così come definite dalla
contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con
più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è
eletto o designato dai lavoratori nell'ambito
delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali
rappresentanze, è eletto dai lavoratori
dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di
elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo
di lavoro retribuito e gli strumenti per
l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di
contrattazione
collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione
collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, sentite le parti,
stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla
comunicazione del mancato accordo, gli standards
relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni
pubbliche provvede il Ministro per la funzione
pubblica sentite la organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei
rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità
produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità
produttive da 201 a 1.000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende
ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della
formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in
sede di contrattazione collettiva nazionale di
categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal
decreto
di cui all'art. 22, comma 7.
Art. 19 (Attribuzioni del rappresentante per la
sicurezza). 1. Il
rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono
le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente
in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e
verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti
al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione
incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei
lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione
della formazione di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione
aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonchè quelle inerenti le
sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti,
l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli
infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi
di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non
inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e
l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la
salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e
verifiche effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui
all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di
prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi
individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti
qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai
rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi
impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e
la
salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve
disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico
senza perdita di retribuzione, nonchè dei mezzi
necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà
riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di
cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione
collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può
subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della
propria attività e nei suoi confronti si
applicano le stesse tutele previste dalla legge per le
rappresentanze
sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso,
per l'espletamento della sua funzione, al documento di cui
all'art. 4, commi 2 e 3, nonchè al registro degli
infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 20 (Organismi paritetici). 1.
A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e
dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di
iniziative formative nei confronti dei lavoratori.
Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito
a controversie sorte sull'applicazione dei diritti
di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle
norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli
organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi
interconfederali, di categoria, nazionali,
territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma
1 sono
parificati alla rappresentanza indicata nel
medesimo articolo.
Capo VI
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 21 (Informazione dei lavoratori). 1.
Il datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore riceva
un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi
all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e
prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione
all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni
aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e
dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di
sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle
norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso,
la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione ed il medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di
applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di
cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui
all'art. 1, comma 3.
Art. 22 (Formazione dei lavoratori). 1.
Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi
i
lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di
salute, con particolare riferimento al proprio
posto di lavoro ed alle proprie mansioni (1).
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di
lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati
pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente
ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero
all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto
ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza,
concernente la normativa in materia di sicurezza e
salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate
nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei
rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di
prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori
in caso di pericolo grave ed immediato, di
salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza devono essere adeguatamente formati
(2).
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro
rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in
collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare
oneri
economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, possono stabilire i contenuti minimi
della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la
sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art.
10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della
tipologia
delle imprese.
(1) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 1,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 2,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Capo VII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art. 23 (Vigilanza) (1).
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro è svolta dall'Unità sanitaria
locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore
minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, e per le industrie estrattive di
seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di
vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all'Ispettorato
del lavoro, per attività lavorative comportanti
rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del
Presidente del consiglio dei ministri, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità,
sentita la commissione consultiva permanente,
l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in
materia di sicurezza può essere esercitata anche
dall'Ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il
servizio di prevenzione e sicurezza dell'Unità
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro
12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di
sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni
vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e
alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto
riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di
navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai
servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze
armate e per le forze di polizia; i predetti servizi sono
competenti
altresì per le aree riservate o operative e per
quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche
per quel che riguarda le modalità di attuazione,
con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità. L'amministrazione della giustizia può avvalersi dei
servizi
istituiti per le Forze armate e di polizia, anche
mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonchè dei
servizi istituiti con riferimento alle strutture
penitenziarie.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 10 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 24 (Informazione, consulenza, assistenza). 1.
Le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, il Ministero dell'interno tramite le
strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto
superiore
per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche
mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro
e della previdenza sociale, per mezzo degli
Ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio
e
dell'artigianato, per il settore estrattivo,
tramite gli uffici della direzione generale delle miniere,
l'Istituto italiano
di medicina sociale, l'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di
patronato
svolgono attività di informazione, consulenza e
assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
in particolare nei confronti delle imprese
artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive
associazioni
dei datori di lavoro (1).
2. L'attività di consulenza non può essere
prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di
vigilanza.
(1) Comma così sostituito dall’art. 11 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 25 (Coordinamento). 1.
Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta
dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un
anno dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed
omogeneità di comportamenti in tutto il
territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in
materia di
sicurezza e salute dei lavoratori e di
radioprotezione (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 12 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 26 (Commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro). 1.
L'art. 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 393. (Costituzione della commissione).
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è
istituita una commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro.
Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione
generale dei rapporti di lavoro da lui delegato,
ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre
ispettori
del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in
medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di
sanità;
d) il direttore generale competente del Ministero
della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti
Ministeri: industria; commercio ed artigianato;
interno; difesa; trasporti; risorse agricole, alimentari e
forestali;
ambiente e della Presidenza del consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari
regionali (1);
e) sei rappresentanti delle regioni e province
autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi:
Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo
nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio
nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione
ambiente; Istituto italiano di medicina sociale
(2);
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei lavoratori
maggiormente rappresentative a livello nazionale (2);
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell'artigianato e della piccola e media impresa
maggiormente rappresentative a livello nazionale
(3);
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda
maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate
di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio
1956, n. 5, e successive modificazioni (4).
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato
un membro supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può
istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la
composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei
comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte,
anche su designazione delle associazioni
professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in
relazione alle
materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della
commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva
permanente ed i segretari sono nominati con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione degli organismi competenti e durano in carica tre
anni.".
2. L'art. 394 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 394. (Compiti della commissione). 1. La
commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della
normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e
predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente e per il suo
coordinamento con altre disposizioni concernenti
la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonchè
per il coordinamento degli organi preposti alla
vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai
comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei
rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della
normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura
strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare
a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga
previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga
previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.
77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della
conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi
di sicurezza (5);
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le
disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio
della vigilanza, sulle attività comportanti
rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43,
comma 1,
lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n.
142, secondo le modalità di cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della
sanità o delle regioni, su qualsiasi questione
relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute
dei
lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente,
lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni
parlamentari competenti ed ai presidenti delle
regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi
compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su
richiesta o autorizzazione del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L'art. 395 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.
(1) Lettera così modificata dall'art. 13, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera così modificata dall'art. 13, comma
2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma
3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così modificato dall'art. 13, comma 4,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(5) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma
5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 27 (Comitati regionali di coordinamento). 1.
Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro
un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale
e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,
sono individuati criteri generali relativi
all'individuazione di organi operanti nella materia della
sicurezza e della
salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare
uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la
commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni,
convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano i
rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico) 1.
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della sanità
e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti
norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (1);
b) si dà attuazione alle direttive in materia di
sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della
Comunità europea per le parti in cui modificano
modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre
direttive già recepite nell'ordinamento
nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di
natura strettamente tecnica e degli allegati al presente
decreto in relazione al progresso tecnologico.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 14 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Capo VIII
STATISTICHE DEGLI INFORTUNI
E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 29 (Statistiche degli infortuni e delle
malattie professionali). 1.
L'INAIL e l'ISPESL si forniscono
reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed
alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza
permanente di servizio per assicurare il necessario
coordinamento in relazione a quanto previsto
dall'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n.
517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei
sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre
soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il
fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle
informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da
infortunio durante l'attività lavorativa sono
individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la
classificazione dei casi di infortunio, ed i
criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro
successivi
aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente, possono essere
individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in
relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione
delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle
malattie professionali, nonchè ad altre malattie
e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono
individuati con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente, sulla base
delle norme di buona tecnica.
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Art. 30 (Definizioni). 1.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente
titolo si intendono per
luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere i posti di
lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area
della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque
accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si
applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte
di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area
edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge
vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di
lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati
tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori
di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in
particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le
docce, i
gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od
occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si
applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio
1993, ma
debbono essere adottate misure idonee a consentire
la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene
personale.
Art. 31 (Requisiti di sicurezza e di salute) (1).
1. Ferme restando le disposizioni legislative e
regolamentari vigenti e fatte salve le
disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo
30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dal decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti
o
utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del
presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di
sicurezza e salute di cui al presente titolo entro
il 1° gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono
un provvedimento concessorio o autorizzatorio il
datore di lavoro deve immediatamente iniziare il
procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli
obblighi entro sei mesi dalla data del
provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano
adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino
agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro,
previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le
misure, nel caso di cui al presente comma, sono
autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 15 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 32 (Obblighi del datore di lavoro). 1.
Il datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che
conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di
emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne
l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i
dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e
vengano eliminati, quanto più rapidamente
possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la
sicurezza e la
salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i
dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde
assicurare
condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza,
destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli,
vengano
sottoposti a regolare manutenzione e al controllo
del loro funzionamento.
Art. 33 (Adeguamenti di norme). 1.
L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 13. (Vie e uscite di emergenza). 1. Ai
fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al
deflusso che consente alle persone che occupano un
edificio o un locale di raggiungere un luogo
sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in
un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono
da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati
dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una
porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro
dell'anta mobile in posizione di massima apertura
se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se
incernierata (larghezza utile di passaggio) (1).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere
sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente
possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro
devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza
da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni
delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate
alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro
ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in
essi
installate, nonchè al numero massimo di persone
che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere
altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla
normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di
porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo
e, qualora siano chiuse, devono poter essere
aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona
che abbia bisogno di utilizzarle in caso di
emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel
verso
dell'esodo non è richiesta quando possa
determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause,
fatta
salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati
specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del
fuoco competente per territorio (2).
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono
essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente
autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a
deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di
emergenza,
le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli
verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie
di circolazione e le porte che vi danno accesso non
devono essere ostruite da oggetti in modo da poter
essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere
evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle
disposizioni vigenti, durevole e collocata in
luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono
un'illuminazione devono essere dotate di
un'illuminazione di sicurezza di intensità
sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto
elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati
interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di
esplosioni o specifici rischi di incendio alle
quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno
due
scale distinte di facile accesso o rispondere a
quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli
edifici già costruiti si dovrà provvedere in
conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata
dall'organo
di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte
le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già
concesse mantengono la loro validità salvo
diverso provvedimento dell'organo di vigilanza (3)
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima
del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta
nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero
sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".
2. L'art. 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Porte e portoni). 1. Le porte dei
locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e
materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno
durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i
materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di
incendio e siano adibiti alle attività che si
svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta
ogni
5 lavoratori deve essere apribile nel verso
dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20 (4).
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni
diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima
delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere
dotato di una porta avente larghezza minima di m
0,80 (5);
b) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50,
il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e
100, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza
minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso
dell'esodo (5);
d) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in
aggiunta alle porte previste alla lettera c) il
locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso
dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per
ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione
compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente
all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al
comma 3 può anche essere minore, purchè la loro larghezza
complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una
larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno
del
5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è
prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una
tolleranza in meno del 2% (due per cento) (6).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di
emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte
di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a
magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le
saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse
centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno
del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati
essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono
esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia
sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere
segnalate in modo visibile ed essere sgombre in
permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi
devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli
trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un
segno indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle
porte e dei portoni non sono costituite da materiali di
sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori
possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici,
queste
devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un
sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide
o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso
l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che
impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico
devono funzionare senza rischi di infortuni per i
lavoratori. Essi devono essere muniti di
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed
accessibili e poter essere aperti anche
manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire
automaticamente in caso di mancanza di energia
elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di
emergenza devono essere contrassegnate in maniera
appropriata con segnaletica durevole conformemente
alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte,
in ogni momento, dall'interno senza aiuto
speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le
porte devono poter essere aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del
1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che,
per numero ed ubicazione, consentono la rapida
uscita delle persone e che sono agevolmente apribili
dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti
luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di
cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di
lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si
applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6
concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza
delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro
deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia
ovvero dalla licenza di abitabilità (7).».
3. L'art. 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. (Vie di circolazione, zone di
pericolo, pavimenti e passaggi). 1. Le vie di circolazione,
comprese
scale, scale fisse e banchine e rampe di carico,
devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i
veicoli possano utilizzarle facilmente in piena
sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i
lavoratori
operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di
circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero
potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano
utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni
una
distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli
devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni,
passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei
locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il
tracciato delle vie di circolazione deve essere
evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di
pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi
di cadute dei lavoratori o rischi di cadute
d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per
impedire
che i lavoratori non autorizzati possano accedere
a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per
proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di
pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in
modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei
luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o
sporgenze pericolose e devono essere in condizioni
tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle
persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere
ingombrati da materiali che ostacolano la normale
circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si
possono completamente eliminare dalle zone di transito
ostacoli fissi o mobili che costituiscono un
pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono
percorrere,
gli ostacoli devono essere adeguatamente
segnalati.".
4. L'intestazione del titolo II del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita
dalla seguente:
"Titolo II
Disposizioni particolari".
5. L'art. 6, del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie). 1.
I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali
chiusi
destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende
industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni
caso in quelle che eseguono le lavorazioni
indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m 3;
b) cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente
deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla
superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili,
macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal
pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle
volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo
richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può
consentire altezze minime inferiori a quelle sopra
indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di
ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei
limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la
cubatura e la
superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa
anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque
lavoratori quando le lavorazioni che in esse si
svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza,
pregiudizievoli alla salute dei lavoratori
occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi a
uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle
aziende commerciali, i limiti di altezza sono
quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente." (8).
6. L'art. 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9. (Aerazione dei luoghi di lavoro
chiusi). 1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che
tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi
fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di
aria salubre in quantità sufficiente anche
ottenuta con impianti di areazione (9).
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione,
esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni
eventuale guasto deve essere segnalato da un
sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare
la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento
dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono
funzionare in modo che i lavoratori non siano
esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe
comportare un pericolo immediato per la salute dei
lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria
respirata deve essere eliminato rapidamente.".
7. L'art. 11 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Temperatura dei locali). 1. La
temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata
all'organismo
umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei
metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai
lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i
lavoratori si deve tener conto della influenza che possono
esercitare sopra di essa il grado di umidità ed
il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali
per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle
mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate
devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei
luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di
attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la
temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa
dei lavoratori contro le temperature troppo alte o
troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi
personali di protezione.".
8. L'art. 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10. (Illuminazione naturale ed
artificiale dei luoghi di lavoro). 1. A meno che non sia richisto
diversamente dalle necessità delle lavorazioni e
salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro
devono disporre di sufficiente luce naturale. In
ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono
essere
dotati di dispositivi che consentono
un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la
sicurezza, la
salute e il benessere di lavoratori (10).
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di
lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in
modo che il tipo d'illuminazione previsto non
rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono
particolarmente esposti a rischi in caso di guasto
dell'illuminazione artificiale, devono disporre di
un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di
illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente
in buone condizioni di pulizia e di
efficienza.".
9. L'art. 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre
e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e
rampe
di carico). 1. A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato
adibire a
lavori continuativi locali chiusi che non
rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti
atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente,
tenuto
conto del tipo di impresa e dell'attività fisica
dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido
ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro
l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti,
dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere
condizioni adeguate di igiene (11).
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da
protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono
essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si
versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il
pavimento deve avere superficie unita ed
impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i
liquidi
verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di
quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere
munito in permanenza di palchetti o di graticolato,
se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature
impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni
tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta
chiara.
6. La pareti trasparenti o traslucide, in
particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle
vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di
circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro
dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle
vie di circolazione succitati in modo tale che i
lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè
rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi.
Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino
all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza
è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i
lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in
frantumi (12).
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di
ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e
fissati
dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono
aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire
un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere
concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di
dispositivi
che consentono la loro pulitura senza rischi per i
lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori
presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non
sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto
se sono fornite attrezzature che permettono di
eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono
funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei
necessari dispositivi di sicurezza e devono
possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente
identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere
adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di
almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine
di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono
disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una
sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere.
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12
e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione
principali sul terreno dell'impresa, alle vie di
circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare
manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè
alle
banchine di carico (13).».
10. L'art. 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Locali di riposo). 1. Quando la
sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del
tipo
di attività, lo richiedono, i lavoratori devono
poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si
applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali
di lavoro che offrono equivalenti possibilità di
riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni
sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con
schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure
adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli
inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto
regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo,
devono essere messi a disposizione del personale
altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante
l'interruzione del lavoro nel caso in cui la
sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è
opportuno
prevedere misure adeguate per la protezione dei
non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che,
anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai
dipendenti di lavorare stando a sedere ogni
qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano
devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e
in
condizioni appropriate.".
11. L'art. 40 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40. (Spogliatoi e armadi per il
vestiario). 1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono
essere
messi a disposizione dei lavoratori quando questi
devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per
ragioni di salute o di decenza non si può loro
chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due
sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che
occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio
può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a
ciò
adibiti sono utilizzati dal personale dei due
sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati
nell'ambito
dell'orario di lavoro (14).
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere
una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali
di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di
sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di
attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a
chiave i propri indumenti durante il tempo di
lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività
insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti
in sospensione sostanze untuose od incrostanti,
nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive
od infettanti o comunque pericolose, gli armadi
per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per
gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun
lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al
comma 4 per poter riporre i propri
indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti
dai
seguenti:
"Art. 37. (Docce). 1. Docce sufficienti ed
appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori
quando il tipo di attività o la salubrità lo
esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce
separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli
stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque
facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni
sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi
senza impacci e in condizioni appropriate di
igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente
calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi
(15).
Art. 39. (Gabinetti e lavabi). 1. I lavoratori
devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei
locali
di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di
gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e
dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti
gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di
vincoli urbanistici o architettonici e nelle
aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non
superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione
separata degli stessi (16).».
13. L'art. 11 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Posti di lavoro e di passaggio e
luoghi di lavoro esterni). 1. I posti di lavoro e di passaggio
devono essere idoneamente difesi contro la caduta
o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi
tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e
altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai
lavoratori durante le loro attività devono essere
concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei
veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2,
3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di
circolazione
principali sul terreno dell'impresa, alle vie di
circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare
manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè
alle
banchine di carico (17).
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e
zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8,
si
applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni
(17).
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere
opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce
del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro
all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto
tecnicamente possibile, in modo tale che i
lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e,
se necessario, contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad
agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di
lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi
rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
14. Le disposizioni di cui al presente articolo
entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente
decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
(1) Lettera aggiunta dall'art. 16, comma 2, lett.
a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così modificato dall'art. 16, comma 2,
lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 2,
lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3,
lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(5) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3,
lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(6) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3,
lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(7) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3,
lett. d), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(8) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 4,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(9) Comma così modificato dall'art. 16, comma 6,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(10) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 7,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(11) Comma così modificato dall'art. 16, comma 5,
lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(12) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 5,
lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(13) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 5, lett.
c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(14) Comma così modificato dall'art. 16, comma
11, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(15) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma
8, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(16) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma
10, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(17) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 1,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
Art. 34 (Definizioni). 1.
Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si
intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina,
apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato
durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi
operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di
lavoro, quale la messa in servizio o fuori
servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la
trasformazione, la
manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno
ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale
la presenza di un lavoratore costituisce un
rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
Art. 35 (Obblighi del datore di lavoro). (1)
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero
adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della
salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed
organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi
connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano
essere utilizzate per operazioni e secondo
condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di
lavoro
prende le misure necessarie affinché durante
l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le
disposizioni di
cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della scelta delle attrezzature di
lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche
del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle
attrezzature stesse.
cbis) i sistemi di comando, che devono essere
sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle
sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso
progettato dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie
affinché le attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del
fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di
garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36
e siano corredate, ove necessario, da apposite
istruzioni d'uso;
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i
rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in
particolare sufficiente spazio disponibile tra gli
elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che
tutte
le energie e sostanze utilizzate o prodotte
possano essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché
nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non
semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di
circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in
una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a
evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di
attività di attrezzature di lavoro semoventi e
comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza
di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona
esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di
lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga
esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale
fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo
spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia
adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di
motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro
soltanto qualora sia assicurata una quantità
sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché
nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi
sia
assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in
funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del
dispositivo di aggancio, delle condizioni
atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della
configurazione
dell'imbracatura; le combinazioni di più
accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per
consentire all'utilizzatore di conoscerne le
caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli
accessori di sollevamento siano depositati in modo
tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due o più attrezzature di lavoro che
servono al sollevamento di carichi non guidati sono
installate o montate in un luogo di lavoro in modo
che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure
appropriate per evitare la collisione tra i
carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che,
quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un
carico, tali operazioni possano svolgersi con la
massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne
conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano
correttamente progettate nonché adeguatamente controllate
ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei
lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare
simultaneanente da due o più attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia
stabilita e applicata una procedura d'uso per
garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati non possano
trattenere i carichi in caso di interruzione
parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese
misure
appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai
rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza
sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla
zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e
sistemato con la massima sicurezza;
f) allorché le condizioni meteorologiche si
degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di
funzionamento, esponendo così i lavoratori a
rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro
che
servono al sollevamento di carichi non guidati sia
sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i
lavoratori e, in particolare, misure che
impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della
normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui
all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di
prima installazione o di successiva installazione e a verifiche
periodiche o eccezionali, di seguito denominate
"verifiche", al fine di assicurarne l'installazione
corretta e il
buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al
comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di
vigilanza competente per un periodo di cinque anni
dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio
dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento
attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve
accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque
queste sono utilizzate".
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro
impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione
ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si
assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro é riservato
a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o
manutenzione, il lavoratore interessato é qualificato in
maniera specifica per svolgere tali compiti.
(1) Come modificato dall’articolo 2 del D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 359.
Art. 36 (Disposizioni concernenti le attrezzature
di lavoro). (1)
1. Le attrezzature di lavoro messe a
disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela
della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad
esse applicabili.
2. Le modalità e le procedure tecniche delle
verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in
base al quale l'attrezzatura é stata costruita e
messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio
e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure
per l'effettuazione delle verifiche di cui al
comma 2.
4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se
ciò é appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di
lavoro e del tempo di arresto normale,
un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di
arresto
di emergenza.".
5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 é
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano
anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili
ovvero comprensibili senza possibilità di
errore.". (2)
6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2
é fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere
l'aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della
Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono
aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Un'attrezzatura che presenta pericoli
causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di
dispositivi appropriati di sicurezza
corrispondenti a tali pericoli.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli
dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad
emissioni di polvere, deve essere munita di
appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino
alla
fonte corrispondente a tali pericoli.". (3)
8. Le disposizioni del presente articolo entrano
in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del D.Lgs.359/99
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di
cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di
lavoro indicate nel predetto allegato, già messe
a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non
soggette a norme nazionali di attuazione di
direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere
costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura
di lavoro considerata un rischio corrispondente. (4)
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui
al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro
adotta misure alternative che garantiscano un
livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine
definite all'art. 1, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito
dell'applicazione delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle
effettuate per migliorare le condizioni di
sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di
utilizzo e delle prestazioni previste dal
costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi
dell'art. 1,
comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.
(1) Come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 359.
(2) Comma così modificato dall'art. 17, comma 2,
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma abrogato dall'art. 17, comma 1, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Termine differito al 5 dicembre 2002
(limitatamente alle attrezzature individuate ai punti 1.3 e 1.4
dell'allegato XV) dall' art. 20
della Legge 1 marzo 2002, n.39
Art. 37 (Informazione) 1.
Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di
lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano
di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in
rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature
anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle
esperienze acquisite nella fase di utilizzazione
delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a
informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso
delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature
di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante,
anche se da essi non usate direttamente, nonché
sui cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono
risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
(1) Come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 359.
Art. 38 (Formazione ed addestramento). 1.
Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le
attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso
delle
attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle
attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità
particolari di
cui all'art. 35, comma 5, ricevono un
addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare
tali
attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in
relazione ai rischi causati ad altre persone.
Art. 39 (Obblighi dei lavoratori). 1.
I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di
addestramento eventualmente organizzati dal datore
di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di
lavoro messe a loro disposizione conformemente all'informazione,
alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a
loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria
iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o
al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od
inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature
di lavoro messe a loro disposizione.
Titolo IV
USO DEI DISPOSITIVI
DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Art. 40 (Definizioni). 1.
Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI)
qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza o la
salute durante il lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio
destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi
non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la
salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di
salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle
forze armate, delle forze di polizia e del personale del
servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale
proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la
dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e
segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41 (Obbligo di uso). 1.
I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o
sufficientemente ridotti da misure tecniche di
prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi
o
procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 42 (Requisiti dei DPI). 1.
I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto
legislativo 4
dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza
comportare di per sè un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul
luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di
salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo
le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso
simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro
compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso
simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei
rischi corrispondenti.
Art. 43 (Obblighi del datore di lavoro). 1.
Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi
che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie
affinchè questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera
a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo
dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui
all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili
sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga
una variazione significativa negli elementi di valutazione
(1).
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle
norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un
DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda
la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun
lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i
DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di
cui
all'art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le
condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni
e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto
per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali,
conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i
lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora
le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da
parte di più persone, prende misure adeguate
affinchè tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico
ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei
rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità
produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza,
se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso
corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza
categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
(1) Lettera così modificata dall’art. 18 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 44 (Obblighi dei lavoratori). 1.
I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento organizzato dal datore di lavoro nei
casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera
g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro
disposizione conformemente all'informazione e alla formazione
ricevute e all'addestramento eventualmente
organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria
iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono
le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore
di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o
inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a
loro disposizione.
Art. 45 (Criteri per l'individuazione e l'uso). 1.
Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento
di riferimento per l'applicazione di quanto
previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività
e dei
fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme
restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si
rende necessario l'impiego dei DPI.
Art. 46 (Norma transitoria). 1.
Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di
emergenza
destinati all'autosalvataggio in caso di
evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15,
comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in
vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative
vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità
europea.
Titolo V
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Art. 47 (Campo di applicazione). 1.
Le norme del presente titolo si applicano alle attività che
comportano la
movimentazione manuale dei carichi con i rischi,
tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il
lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le
operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di
uno o più lavoratori, comprese le azioni del
sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico
che, per le loro caratteristiche o in conseguenza
delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra
l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle
strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso
lombare.
Art. 48 (Obblighi dei datori di lavoro). 1.
Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o
ricorre ai mezzi appropriati, in particolare
attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una
movimentazione manuale dei carichi da parte dei
lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la
movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il
datore
di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori
stessi i
mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio
che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base
all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una
movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non
può
essere evitata, il datore di lavoro organizza i
posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più
possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le
condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in
questione e tiene conto in particolare delle
caratteristiche del carico in base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra
l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in
particolare dei fattori individuali di rischio,
delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che
tale
attività comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui
all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente decreto.
Art. 49 (Informazione e formazione). 1.
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare
per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante
nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una
collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i
rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono
eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli
elementi di cui all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
Titolo V
USO DI ATTREZZATURE MUNITE
DI VIDEOTERMINALI
Art. 50 (Campo di applicazione). 1.
Le norme del presente titolo si applicano alle attività
lavorative che
comportano l'uso di attrezzature munite di
videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano
ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un
mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo
prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove
non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di
lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di
cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo
di visualizzazione dei dati o delle misure,
necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo
separato (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 51 (Definizioni). 1.
Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o
grafico a prescindere dal tipo di procedimento di
visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le
attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con
tastiera ovvero altro sistema di immissione dati,
ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori
opzionali, le apparecchiature connesse,
comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la
stampante, il
supporto per i documenti, la sedia, il piano di
lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostanze;
c) lavoratore:
il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di
videoterminali, in modo sistematico o
abituale, per venti ore settimanali, dedotte le
interruzioni di cui all’articolo 54 (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 21, comma
1, lett.a , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.
Art. 52 (Obblighi del datore di lavoro). 1.
Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui
all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro
con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed
all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene
ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure
appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle
valutazioni di
cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero
della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53 (Organizzazione del lavoro). 1.
Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi
comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo
una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più
possibile la ripetitività e la monotonia delle
operazioni.
Art. 54 (Svolgimento quotidiano del lavoro). 1.
Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno
quattro ore consecutive, ha diritto ad una
interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento
di
attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono
stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale
riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore
comunque ha diritto ad una pausa di quindici
minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al
viedoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni
possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale
ove il medico competente ne evidenzi la
necessità.
5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle
interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono
compresi i tempi di attesa della risposta da parte del
sistema elettronico, che sono considerati, a tutti
gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa
abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti
parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è
riassorbibile all'interno di accordi che prevedono
la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 55 (Sorveglianza sanitaria). 1.
I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al
presente titolo,
sono sottoposti ad una visita medica per
evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame
degli
occhi e della vista effettuati dal medico
competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la
necessità, il
lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
(1)
2. In base alle risultanze degli accertamenti di
cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I
lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’articolo
16.(2)
3- bis.
Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai
commi 1 e 2. (2)
3- ter.
La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi
particolari che richiedono una frequenza diversa
stabilita dal medico competente, è biennale per i
lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i
lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo
anno di età; quinquennale negli altri casi. (2)
4. Il
lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua
richiesta, ogniqualvolta sospetti una
sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l’esito
della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la
necessità (2)
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi
speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a
carico del datore di lavoro.
(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma
3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito dall’art. 21, comma
1, lett.b , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.
Art. 56 (Informazione e formazione). 1.
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare
per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in
base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con
decreto una guida d'uso dei videoterminali.
Art. 57 (Consultazione e partecipazione). 1.
Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti
tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del
lavoro, in riferimento alle attività di cui al
presente titolo.
Art. 58 – (Adeguamento
alle norme).
1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all’articolo
51, comma 1, lettera c),
devono essere conformi alle
prescrizioni minime di cui all’allegato VII (1)
(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma
1, lett.c , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.
Art. 59 (Caratteristiche tecniche). 1.
Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
della
sanità e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente,
sono
disposti, anche in recepimento di direttive
comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII
in
funzione del progresso tecnico, della evoluzione
delle normative e specifiche internazionali oppure delle
conoscenze nel settore delle attrezzature dotate
di videoterminali.
Titolo VII
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI MUTAGENI (1)
(1) Rubrica così modificata dall’ art. 1 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66, il quale ha inoltre disposto che
nelle
disposizioni del titolo VII, fatta eccezione per
gli articoli 61 e 71, dopo le parole: «cancerogeno» o:
«cancerogeni» sono
aggiunte, ripettivamente, le parole: «o
mutageno» e «o mutageni»
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 60 (Campo di applicazione). 1.
Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività
nelle quali i
lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni a causa della loro attività
lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano
alle attività disciplinate dal decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277, capo III. (1)
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori
esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che
istituisce la Comunità europea dell'energia
atomica.
(1) Comma così modificato dall’ art. 2 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000. n. 66.
Art. 61 (Definizioni) (1).
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi
alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti
ai
sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di
cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle
singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai
limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle
categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri
stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16
luglio 1998, n.
285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui
all'allegato VIII, nonchè una sostanza od un preparato emessi
durante un processo previsto dall'allegato VIII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi
alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal
decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e
successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di
cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle
singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai
limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle
categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri
stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16
luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato,
il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del
tempo,
di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria,
rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad
un periodo di riferimento determinato stabilito
nell'allegato VIII-bis.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 62 (Sostituzione e riduzione). 1.
Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente
cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in
particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un
procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è
o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla
sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire
l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro
provvede affinchè la produzione o l'utilizzazione
dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema
chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è
tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinchè il
livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto
al più basso valore tecnicamente possibile. L’ esposizione non
deve comunque superare il valore limite dell’
agente stabilito nell’ allegato VIII bis (1).
(1) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’
art. 4 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Art. 63 (Valutazione del rischio). 1.
Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro
effettua una
valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni
o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel
documento di cui all'art. 4, comma 2 (1).
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare,
delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e
della loro frequenza, dei quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro
concentrazione, della capacità degli stessi di
penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche
in relazione al loro stato di aggregazione e,
qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o
informa polverulente e se o meno contenuti in una
matrice solida che ne riduce o nei impedisce la fuoriuscita.
La valutazione deve tener conto di tutti i
possibili modi di esposizione, comreso quello in cui vi è
assorbimento
cutaneo (2).
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati
della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive
e protettive del presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è
integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la
presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di
processi industriali di cui all'allegato VIII, con
l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti
cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati
cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero
presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero
potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota
e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed
il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile
sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati
eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la
valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del
processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre
anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso
anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di
cui all'art. 9, comma 3.
(1) Comma così modificato dall’art. 20, comma
2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’
art. 5 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Art. 64 (Misure tecniche, organizzative,
procedurali). 1.
Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di
lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono
impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o
mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli
agenti cancerogeni o mutageni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione,
non
sono accumulati sul luogo di lavoro in
quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei
lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni, anche isolando le
lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali
di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali
"vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori
che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro
mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto
di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni
in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o
mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente
possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve
avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art.
4,
comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve
comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione
generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni
o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui
alla lettera c) e per individuare precocemente le
esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da
un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del
decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura
dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che
possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni
sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di
sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento,
ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle
lavorazioni contenenti agenti cancerogeni,
avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando
contenitori ermetici etichettati in modo chiaro,
netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico
competente, misure protettive particolari con quelle categorie di
lavoratori per i quali l'esposizione a taluni
agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente
elevati.
Art. 65 (Misure tecniche). 1.
Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi
igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione
idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati
dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i dispositivi di protezione
individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati
e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di
ogni
nuova utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare
nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
Art. 66 (Informazione e formazione). 1.
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed
istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei
cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute
connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi
supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare
l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare
indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di
protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di
incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi
1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle
attività in questione e vengono ripetute, con
frequenza almeno quinquiennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che
influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinchè
gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti
cancerogeni o mutageni siano etichettati in
maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni
utilizzati e le altre indicazioni devono essere
conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e
successive modifiche ed integrazioni.
Art. 67 (Esposizione non prevedibile). 1.
Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono
comportare un'esposizione anomala dei lavoratori,
il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate
per identificare e rimuovere la causa dell'evento
e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente
l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli
addetti agli interventi di riparazione ed ad altre
operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e
dispositivi di protezione delle vie respiratorie,
messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso
dei dispositivi di protezione non può essere
permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al
minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto
all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al
comma
1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al
minimo le conseguenze.
Art. 68 (Operazioni lavorative particolari). 1.
Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella
di manutenzione, per le quali, nonostante
l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, è
prevedibile un'esposizione rilevante dei
lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno
accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove
tecnicamente possibile, all'isolamento delle
stesse ed alla loro identificazione mediante appositi
contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e
dispositivi di protezione individuale che devono essere
indossati dai lavoratori adibiti alle suddette
operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei
lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo
compatibilmente con le necessità delle
lavorazioni.
Capo III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 69 (Accertamenti sanitari e norme preventive
e protettive specifiche). 1.
I lavoratori per i quali la
valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del
medico competente, adotta misure preventive e protettive per
singoli lavoratori sulla base delle risultanze
degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere
l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure
dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano
evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso
agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a
tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di
lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4
il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in
conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione
della concentrazione dell'agente in aria per verificare
l'efficacia delle misure adottate (1).
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori
adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono
sottoposti, con particolare riguardo
all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo
la
cessazione dell'attività lavorativa.
(1) Comma così sostituito dall’art. 20, comma
3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 70 (Registro di esposizione e cartelle
sanitarie) (1).
1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in
un registro nel quale è riportata, per ciascuno
di essi, l'attività svolta, l'agente cangerogeno o mutageno
utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione
a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal
datore
di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del
medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione
ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso
a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei
lavoratori di cui all'articolo 69, provvede ad istituire e
aggiornare
una cartella sanitaria e di rischio, custodita
presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità
del
datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori
interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1 e,
tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro,
il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la
cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato
unitamente alle annotazioni individuali contenute
nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività
dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al
comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio
sono
conservate dal datore di lavoro almeno fino a
risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a
quarant'anni dalla cessazione di ogni attività
che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni
individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e
trasmessi con salvaguardia del segreto
professionale e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del
lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto
ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1
all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per
territorio, e comunica loro ogni tre anni, e
comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le
variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore
di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività
dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1
all'organo di
vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno
in precedenza esercitato attività con esposizione ad
agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede
all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1, nonchè copia della
cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia
in
possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro
e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con
decreto del Ministro della sanità, di concerto
con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero
della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri
di cui al comma 1 ed a richiesta li rende
disponibili alle regioni.".
(1) Articolo così sostituito dall’art. 6 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Art. 71 (Registrazione dei tumori). 1.
I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli
istituti
previdenziali assicurativi pubblici o privati, che
refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da
esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni,
trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione
clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente
l'anamnesi lavorativa.
2. L’ ISPESL realizza, nei limiti delle
ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi
cancerogeni di origine professionale utilizzando i
flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte
dai sistemi di registrazione delle patologie
attivi sul territorio regionale, nonchè i dati di carattere
occupazionale, anche a livello nominativo,
rilevati nell’ ambito delle rispettive attività istituzionali
dall’ Istituto
nazionale della previdenza sociale - INPS, dall’
Istituto nazionale per l’ assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro - INAIL, e da altre istituzioni pubbliche.
L’ ISPESL rende disponibile al Ministero della Sanità ed alle
regioni i risultati del monitoraggio con
periodicità annuale (1)
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del
lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente, sono determinate le
caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo
di
neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta,
l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonchè le
modalità di registrazione di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su
richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni
dei
dati del registro di cui al comma 1.
(1) Comma così sostituito dall’ art. 7 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Art. 72 (Adeguamenti normativi) (1)
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua
periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e
tossiche per la riproduzione che, pur non essendo
classificate ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi
stabiliti e fornisce consulenza ai ministeri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta,
in
tema di classificazione di agenti chimici
pericolosi.
2. Con decreto dei ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente e la Commissione consultiva
tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII bis in
funzione del progresso tecnico, dell’ evoluzione di
normative e specifiche comunitarie o
internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti
cancerogeni o
mutageni;
b) è pubblicato l’ elenco delle sostanze in
funzione dell’ individuazione effettuata ai sensi del comma 1.
(1) Articolo così sostituito dall’ art. 8 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Titolo VII-bis
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI (1)
(1) Titolo inserito dall’art. 2 del D.Lgs. 2
febbraio 2002, n. 25.
Art. 72-bis (Campo di applicazione).
1. Il presente titolo determina i requisiti minimi
per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e
la sicurezza che derivano, o possono derivare,
dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o
come
risultato di ogni attività lavorativa che
comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente titolo si
applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono
presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le
disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono
provvedimenti di protezione radiologica
regolamentati dal decreto legislativo n. 230 del 1995, e
successive
modifiche.
3. Per gli agenti cancerogeni sul lavoro, si
applicano le disposizioni del presente titolo, fatte salve le
disposizioni specifiche contenute nel titolo VII
del decreto legislativo n. 626/94, come modificato dal decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 66.
4. Le disposizioni del presente titolo si
applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi,
fatte
salve le disposizioni specifiche contenute nei
decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28
settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio
1999, n. 41, di attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle
disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel
codice IGC, quali definite dall’articolo 2 della direttiva
93/75/CEE, nelle disposizioni dell’accordo
europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose
per
vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per
il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR),
quali incorporate nella normativa comunitaria e
nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci
pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
5. Le disposizioni del presente titolo non si
applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che
restano disciplinate dalla normativa specifica.
Art. 72-ter (Definizioni)
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti
chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o
ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo
smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa,
siano
essi prodotti intenzionalmente o no e siano
immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze
pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, e successive modifiche, nonchè gli agenti che
corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze
pericolose di cui al predetto decreto. Sono
escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati
pericolosi ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 1998, n.
285,
e successive modifiche, nonchè gli agenti che
rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi
di cui al predetto decreto. Sono esclusi i
preparati pericolosi solo per l’ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo
classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono
comportare un rischio per la sicurezza e la salute
dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche
chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono
utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti
chimici cui è stato assegnato un valore limite di
esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti
chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti
chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni
tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione,
l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione
e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività
lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se
non diversamente specificato, il limite della
concentrazione media ponderata nel tempo di un
agente chimico nell’aria all’interno della zona di
respirazione
di un lavoratore in relazione ad un determinato
periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è
riportato
nell’allegato VIII-ter;
e) valore limite biologico: il limite della
concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un
indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo
biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato
VIII-quater;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello
stato di salute del singolo lavoratore in funzione
dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di
lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente
chimico di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il
potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o
esposizione.
Art. 72-quater (Valutazione dei rischi)
1. Nella valutazione di cui all’art. 4, il
datore di lavoro determina, preliminarmente l’eventuale presenza
di
agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e
valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo
in considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza
comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la relativa
scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei
decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n.
285 e
successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in
presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o
i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato
negli allegati VIII-ter ed VIII-quater;
f) gli effetti delle misure preventive e
protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da
eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di
lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi
dell’articolo 60-quinquies e, ove applicabile,
dell’articolo 60-sexies. Nella valutazione medesima devono
essere
incluse le attività, ivi compresa la
manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di
notevole esposizione
o che, per altri motivi, possono provocare effetti
nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo che sono state
adottate tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attività lavorative che comportano
l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono
valutati in base al rischio che comporta la
combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e
successive modifiche, il fornitore o il produttore
di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di
lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni
necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio può includere la
giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi
con
gli agenti chimici pericolosi rendono non
necessaria un’ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei
rischi.
6. Nel caso di un’attività nuova che comporti
la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei
rischi che essa presenta e l’attuazione delle
misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale
attività comincia solo dopo che si sia proceduto
alla valutazione dei rischi che essa presenta e all’attuazione
delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la
valutazione e, comunque, in occasione di notevoli
mutamenti che potrebbero averla resa superata
ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino
la necessità.
Art. 72-quinquies (Misure e principi generali per
la prevenzione dei rischi)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo
3, devono essere eliminati i rischi derivanti da agenti
chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante le
seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di
lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro
specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori
che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità
dell’esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti
presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della
lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le
disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione,
nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo
di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti che
contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi
dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente
chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di
esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è
solo un rischio moderato per la sicurezza e la
salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono
sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano
le disposizioni degli articoli 60-sexies, 60-septies, 60-decies,
60-
undecies.
Art. 72-sexies (Misure specifiche di protezione e
di prevenzione).
1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività
e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 60-bis,
provvede
affinché il rischio sia eliminato o ridotto
mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo
consenta, con
altri agenti o processi che, nelle condizioni di
uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori.
Quando la natura dell’attività non consente di
eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di
lavoro
garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione
delle seguenti misure nell’indicato ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi
lavorativi e controlli tecnici, nonchè uso di attrezzature e
materiali
adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di
protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i
dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a
prevenire con altri mezzi l’esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma
degli articoli 60-decies e 60-undecies.
2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi
il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e
di protezione, il datore di lavoro, periodicamente
ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono
influire sull’esposizione, provvede ad
effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un
rischio
per la salute, con metodiche standardizzate di cui
è riportato un elenco non esaustivo nell’allegato VIII-sexties
o in loro assenza, con metodiche appropriate e con
particolare riferimento ai valori limite di esposizione
professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione
in termini spazio temporali.
3. Se è stato superato un valore limite di
esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il
datore di lavoro identifica e rimuove le cause
dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di
prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2
sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi
noti ai rappresentanti per la sicurezza dei
lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni
effettuate ai
sensi del comma 2 per l’adempimento degli
obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all’articolo
60-
quater. Sulla base della valutazione dei rischi e
dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di
lavoro adotta le misure tecniche e organizzative
adeguate alla natura delle operazioni, compresi
l’immagazzinamento, la manipolazione e l’isolamento
di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il
datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la
presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o
quantità pericolose di sostanze chimicamente
instabili.
5. Laddove la natura dell’attività lavorativa
non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di
concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili
o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il
datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che
potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza
di condizioni avverse che potrebbero provocare
effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze
chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali
ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti
pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei
lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti
all’accensione di sostanze infiammabili, o gli
effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze
chimicamente instabili;
6. Il datore di lavoro mette a disposizione
attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva
ed individuale conformi alle disposizioni
legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto
riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere
potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per
assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e
macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi
e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di
esplosione o dispositivi per limitare la pressione
delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del
superamento dei valori limite di esposizione professionale,
delle cause dell’evento e delle misure di
prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione all’organo
di
vigilanza.
Art. 72-septies (Disposizioni in caso di incidenti
o di emergenze)
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli
articoli 12 e 13 e al decreto ministeriale 10 marzo 1998, il
datore
di lavoro, per proteggere la salute e la sicurezza
dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze
derivanti dalla presenza di agenti chimici
pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento
adeguate da attuarsi al verificarsi di tali
eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza da
effettuarsi a intervalli regolari e la messa a
disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore
di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli
effetti ed in particolare, di assistenza, di
evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di
lavoro
adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio
alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area
colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione
delle riparazioni e delle attività necessarie,
sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione
individuale
ed idonee attrezzature di intervento che devono
essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie
per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di
comunicazione necessari per segnalare
tempestivamente l’incidente o l’emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute
nel piano di cui al decreto 10 marzo 1998, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
n. 81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività
pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per
l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni
e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le
situazioni di emergenza possano mettere a punto le
proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui
rischi specifici derivanti o che possano derivare dal
verificarsi di incidenti o situazioni di
emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in
base al
presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti
non protetti devono immediatamente abbandonare la
zona interessata.
Art. 72-octies (Informazione e formazione per i
lavoratori)
1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 21
e 22, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro
rappresentanti dispongano di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del
rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche
importanti sul luogo di lavoro determinino un
cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi
presenti sul luogo di lavoro, quali l’identità degli agenti, i
rischi per la sicurezza e la salute, i relativi
valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni
normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed
azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro
stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza
messa a disposizione dal fornitore ai sensi dei decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio
1998, n. 285, e successive modifiche.
2. Il datore di lavoro assicura che le
informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della
valutazione del rischio di cui all’articolo 60-quater. Tali
informazioni possono essere costituite da
comunicazioni orali o dalla formazione e dall’addestramento
individuali con il supporto di informazioni
scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato
dalla
valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento
delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli
agenti chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non
siano contrassegnati da segnali di sicurezza in
base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996,
n. 493, il datore di lavoro provvede affinchè la
natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli
eventuali rischi connessi siano chiaramente
identificabili.
4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere
ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli
agenti chimici pericolosi prodotti o forniti
secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997
n. 52,
e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
Art. 72-novies (Divieti)
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego
degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate
all’allegato VIII-quinquies.
2. Il divieto non si applica se un agente è
presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purchè
la
concentrazione individuale sia inferiore al limite
indicato nello stesso allegato.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono
essere effettuate, previa autorizzazione, le seguenti
attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e
sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici
che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad
essere usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al
presente titolo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore
di
lavoro evita l’esposizione dei lavoratori,
stabilendo che la produzione e l’uso più rapido possibile degli
agenti
come prodotti intermedi avvenga in un sistema
chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto
nella misura necessaria per il controllo del
processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le
attività di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di
autorizzazione al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero della
salute e la
regione interessata. La richiesta di
autorizzazione è corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell’agente da utilizzare
annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attività e delle reazioni o
processi;
e) misure previste per la tutela della salute e
sicurezza e per prevenire l’esposizione dei lavoratori.
Art. 72-decies (Sorveglianza sanitaria)
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo
60-quinquies, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza
sanitaria di cui all’articolo 16 i lavoratori
esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che
rispondono ai
criteri per la classificazione come molto tossici,
tossici, nocivi, sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo
riproduttivo.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione
che comporta esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l’anno o
con periodicità diversa decisa dal medico competente con
adeguata motivazione riportata nel documento di
valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la
sicurezza dei lavoratori, in funzione della
valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza
sanitaria;
c) all’atto della cessazione del rapporto di
lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al
lavoratore le eventuali indicazioni relative alle
prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i
lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un
valore limite biologico. Dei risultati di tale
monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I
risultati di tal
monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati
al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso
rischio per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su conforme parere del
medico competente, adotta misure preventive e protettive
particolari per singoli lavoratori sulla base
delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le
misure
possono comprendere l’allontanamento del
lavoratore secondo le procedure dell’articolo 8 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza
sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di
lavoratori esposti in maniera analoga ad uno
stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la
salute
imputabili a tale esposizione o il superamento di
un valore limite biologico, il medico competente informa
individualmente i lavoratori interessati ed il
datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro
deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei
rischi effettuata a norma dell’articolo 60-quater;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte
per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente
nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o
ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinchè sia effettuata una
visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che
hanno subito un’esposizione simile.
8. L’organo di vigilanza, con provvedimento
motivato, può disporre contenuti e periodicità della
sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli
definiti dal medico competente.
Art. 72-undecies (Cartelle sanitarie e di rischio)
1. Il medico competente, per ciascuno dei
lavoratori di cui all’articolo 60-decies istituisce ed aggiorna
una
cartella sanitaria e di rischio custodita presso l’azienda,
o l’unità produttiva, secondo quanto previsto
dall’articolo 17, comma 1, lettera d), e
fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste
dalle
lettere e) ed f) dello stesso articolo. Nella
cartella di rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di
esposizione
professionale individuali forniti dal Servizio di
prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, è fornita agli organi di
vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.
3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro,
le cartelle sanitarie e di rischio sono trasmesse all’ISPESL.
Art. 72-duodecies (Consultazione e partecipazione
dei lavoratori)
1. La consultazione e partecipazione dei
lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle
disposizioni di cui al Titolo I, Capo V.
Art. 72-terdecies (Adeguamenti normativi)
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle
politiche sociali e della salute, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato, un
comitato consultivo per la determinazione e l’aggiornamento
dei valori limite di esposizione professionale e dei
valori limite biologici relativi agli agenti
chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali
di
chiara fama in materia tossicologica e sanitaria
di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute su
proposta dell’Istituto superiore di sanità,
dell’ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in
rappresentanza della Conferenza dei Presidenti
delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, anche su proposta dell’Istituto
italiano di medicina sociale. Il Comitato si avvale del
supporto organizzativo e logistico della direzione
generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro
e delle politiche sociali e della salute d’intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per le
attività produttive, il Comitato di cui al comma
1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione
professionale e biologici obbligatori predisposti
dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite
nazionali anche tenuto conto dei valori limite
indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono
aggiornati gli allegati VIII-ter, quater,
quinquies e sexies in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione
di
normative e specifiche comunitarie o
internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici
pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre
determinato il rischio moderato di cui all’articolo
60-quinquies,
comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed
alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori
limite indicativi fissati dalla Unione europea e
dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui
al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e
delle politiche sociali e della salute, d’intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni
e le province autonome, possono essere stabiliti,
entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, i parametri per l’individuazione
del rischio moderato di cui all’articolo 60-quinquies, comma 2,
sulla base di proposte delle associazioni di
categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente
rappresentative, sentite le associazioni dei
prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative.
Scaduto inutilmente il termine di cui al
precedente periodo, la valutazione del rischio moderato è
comunque
effettuata dal datore di lavoro".
Titolo VIII
PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 73 (Campo di applicazione). 1.
Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività
lavorative
nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti
biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di
recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato
di microrganismi geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del decreto
legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso (1).
(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 74 (Definizioni). 1.
Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo
anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed
endoparassita umano che potrebbe provocare
infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità
microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o
trasferire
materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita
in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.
Art. 75 (Classificazione degli agenti biologici). 1.
Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro
gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che
presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti
umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che
può causare malattie in soggetti umani e costituire un
rischio per i lavoratori; è poco probabile che si
propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che
può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce
un serio rischio per i lavoratori; l'agente
biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono
disponibili
efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente
biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani
e costituisce un serio rischio per i lavoratori e
può presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunità; non sono disponibili, di norma,
efficaci misure, profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di
classificazione non può essere attribuito in modo
inequivocabile ad uno fra i due gruppi
sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più
elevato tra le
due possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti
biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.
Art. 76 (Comunicazione). 1.
Il datore di lavoro che intende esercitare attività che
comportano uso di
agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica
all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti
informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio
dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo
titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato
all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un
agente
biologico del gruppo 4 è tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova
comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o,
comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un
nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via
provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso
alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano
la presenza di microorganismi geneticamente modificati
appartenenti al gruppo II, come definito all'art.
4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui
al comma 1, lettera b), è sostituito da copia
della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal
predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio
diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1
anche per quanto riguarda gli agenti biologici del
gruppo 4.
Art. 77 (Autorizzazione). 1.
Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della
propria attività, un
agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende
utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero
della sanità sentito il parere dell'Istituto superiore di
sanità.
Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso
dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della
sanità di
ogni nuovo agente biologico del gruppo 4
utilizzato, nonchè di ogni avvenuta cessazione di impiego di un
agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio
diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all'organo
di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni
concesse e le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero
della sanità
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli
agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata
l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui
ai commi 1 e 4.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 78 (Valutazione del rischio). 1.
Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art.
4, comma
1, tiene conto di tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e
delle modalità
lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici
che presentano o possono presentare un pericolo per la
salute umana quale risultante dall'allegato XI o,
in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla
base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono
essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale
è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione
diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note
dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul
rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti
biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona
prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi
accertati, le misure protettive e preventive di
cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle
situazioni
lavorative (1).
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la
valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche
dell'attività lavorativa significative ai fini
della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso,
trascorsi tre
anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a
titolo esemplificativo nell'allegato IX, che, pur non comportando
la
deliberata intenzione di operare con agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei
lavoratori
agli stessi, il datore di lavoro può prescindere
dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81,
commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i
risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali
misure non
è necessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è
integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che
comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di
cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate,
nonchè le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei
lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente
biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di
un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è
consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al
comma
1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma
2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 79 (Misure tecniche, organizzative,
procedurali). 1.
In tutte le attività per le quali la valutazione di cui
all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei
lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche,
organizzative e
procedurali, per evitare ogni esposizione degli
stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici
nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o
potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero
misure di protezione individuali qualora non sia possibile
evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre
al minimo la propagazione accidentale di un agente
biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico,
rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento
appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare,
manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare
incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul
luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se
necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,
l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni
di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori
adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento
dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il
trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici
all'interno del luogo di lavoro.
Art. 80 (Misure igieniche). 1.
In tutte le attività nelle quali in valutazione di cui all'art.
78 evidenzia rischi
per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari
adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda,
nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e
antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti
protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti
separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano
controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione,
provvedendo altresì a far riparare o sostituire
quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che
possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti
quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e,
se necessario, distrutti.
2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare
nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione.
Art. 81 (Misure specifiche per le strutture
sanitarie e veterinarie). 1.
Il datore di lavoro, nelle strutture
sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione
dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza
di
agenti biologici nell'organismo dei pazienti o
degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che
tale
presenza comporta in relazione al tipo di
attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il
datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate
procedure che consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la
comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti
od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da
agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le
misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio
di infezione sono indicate nell'allegato XII.
Art. 82 (Misure specifiche per i laboratori e gli
stabulari). 1.
Fatto salvo quanto specificatamente
previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori
comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini
di
ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali
destinati ad animali da laboratorio deliberamente contaminati con
tali
agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure
di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di
agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al
secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al
gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al
terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo
3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al
quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al
gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali
con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni
per l'uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di
lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa
uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso
può far sorgere un rischio grave per la salute
dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4,
il Ministero della sanità, sentito l'Istituto superiore di
sanità,
può individuare misure di contenimento più
elevate.
Art. 83 (Misure specifiche per i processi
industriali). 1.
Fatto salvo quanto specificamente previsto
all'allegato XI, punto 6, nei processi industriali
comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il
datore
di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra
quelle elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei
criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora
classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di
contenimento.
Art. 84 (Misure di emergenza). 1.
Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente
ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare
immediatamente la zona interessata, cui possono
accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con
l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto
l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonchè i
lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza,
dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure
che intende adottare, o che ha già adottato, per
porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore
di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi
infortunio o incidente relativo all'uso di agenti
biologici.
Art. 85 (Informazioni e formazione). 1.
Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78
evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti
biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare
l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e
protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro
corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di
agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di
infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi
1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle
attività in questione, e ripetute, con frequenza
almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono
sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione
ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da
seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 86 (Prevenzione e controllo). 1.
I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione
dei rischi ha
evidenziato un rischio per la salute sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del
medico competente, adotta misure protettive particolari per
quei lavoratori per i quali, anche per motivi
sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione,
fra le
quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per
quei lavoratori che non sono già immuni all'agente
biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore
secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano
evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno
stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile
a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di
lavoro (1).
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma
3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del
rischio in conformità all'art. 78 (1).
2-quater. Il medico competente fornisce ai
lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono
sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che
comporta rischio di esposizione a particolari
agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonchè sui
vantaggi
ed inconvenienti della vaccinazione e della non
vaccinazione (1).
(1) Comma aggiunto dall’ art. 21, comma 3, del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 87 (Registri degli esposti e degli eventi
accidentali). 1.
I lavoratori addetti ad attività comportanti
uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti
in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi,
l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il
registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico
competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza
hanno
accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1
all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di
vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi,
ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne
fanno richiesta, le variazioni intervenute (1);
b) comunica all'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza
competente per territorio la cessazione del
rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al
contempo l'aggiornamento dei dati che li
riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle
sanitarie e di rischio (1);
c) in caso di cessazione di attività
dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e
all'organo di
vigilanza competente per territorio, copia del
registro di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del
medesimo registro nonchè le cartelle sanitarie e di rischio (1);
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno
esercitato attività che comportano rischio di esposizione
allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1, nonchè copia della cartella sanitaria e di
rischio (2);
e) tramite il medico competente comunica ai
lavoratori interessati le relative annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1 e nella
cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la
sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel
registro di cui al comma 1 (2).
4. Le annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio
sono
conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti
biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono
provocare infezioni consistenti o latenti o che
danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo
tempo o che possono avere gravi sequele a lungo
termine tale periodo è di quaranta anni (3).
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è
custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto
professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro
di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono
determinati con decreto del Ministro della sanità
e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione
consultiva permanente (4).
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero
della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del
registro
di cui al comma 1.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 21, comma
4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera così modificata dall’art. 21, comma
5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così modificato dall’art. 21, comma
5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così sostituito dall’art. 21, comma
6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 88 (Registro dei casi di malattia e di
decesso). 1.
Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di
malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione
ad agenti biologici.
2. I medici, nonchè le strutture sanitarie,
pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di
decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL
copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del
lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva, sono determinati il modello e le
modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonchè le
modalità
di trasmissione della documentazione di cui al
comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla
commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei
dati
del registro di cui al comma 1.
Titolo IX
SANZIONI
Art. 89 (Contravvenzioni commesse dai datori di
lavoro e dai dirigenti) (1)
1. Il datore di lavoro è punito
con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli
4,
commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo;
63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86,
comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono
puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda
da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l),
n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma
1; 22,
commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3
e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere
a),
b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54;
55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 60-quater, commi da 1 a 3,
6 e 7; 60-sexies; 60-septies; 60-novies, commi 1,
3, 4 e 5; 60-decies, comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;
66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e
5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81,
commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1, 2;
(3)
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con
l'ammenda da lire un milione a lire 5 milioni per la violazione
degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5,
lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10;
12, comma 1,
lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere
c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 60-octies, commi 1, 2
e 3,
60-decies, commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4;
67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84,
comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2. (4)
3. ll datore di lavoro ed il dirigente sono puniti
con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a
lire 6 milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3, 4, 5, 6 e
8; 87,
commi 3 e 4 (2)
(1) Articolo così sostituito dall’art. 22 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Si vedano, ora, gli articoli 6 e 8
del D.Lgs. 4 agosto
1999, n. 359, riportato in Appendice di
aggiornamento.
(2) Comma così modificato dall’ art. 11 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
(4) Lettera così modificata dall’ art. 3 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
Art. 90 (Contravvenzioni commesse dai preposti) (1).
1. I preposti sono puniti:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda
da lire 500 mila a lire 2 milioni per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l),
n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma
1; 30,
commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi
1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52,
comma 2;
54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 60-quater, commi da 1
a 3, 6 e 7; 60-sexies; 60-septies; 60-novies, commi 1, 3, 4 e 5;
60-
decies, comma 7, 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;
67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80,
comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
(2)
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da
lire 300 mila a lire 1 milione per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m);
7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e
c); 21;
37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma
1; 56, comma 1; 57; 60-sexies, comma 8; 60-decies, commi 1, 2, 3,
e
5; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4. (3)
(1) Articolo così sostituito dall’art. 23 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera così modificata dall’ art. 3 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
Art. 91 (Contravvenzioni commesse dai progettisti,
dai fabbricanti e dagli installatori) (1).
1. La
violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con
l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni
a lire
sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è
punita con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire
seicentomila a lire due milioni.
(1) Rubrica così sostituita dall’art. 24, comma
1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 92 (Contravvenzioni commesse dal medico
competente). 1.
Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda
da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli
articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l);
"60-decies, comma 3, primo periodo e comma 6; 60-undecies;
69,
comma 4; 86, comma 2 bis; (1) (3)
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione
degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed
i), nonchè del comma 3, e 70, comma 2 (2).
(1) Lettera così modificata dall’art. 24, comma
2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera dapprima modificata dall’art. 24,
comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificata
dall’ art.11 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.
Art. 93 (Contravvenzioni commesse dai lavoratori) (1).
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila
per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12,
comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3 (2);
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con
l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la
violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma
1.
(1) Articolo così modificato dall'art. 27, comma
13, del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.
(2) Lettera così modificata dall’art. 24, comma
4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art. 94 (Violazioni amministrative). 1.
Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e
80,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.
Titolo X
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 95 (Norma transitoria). 1.
In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non
oltre il
31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende
svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai
rischi è esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando
l'osservanza degli adempimenti previsti dal
predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96 (Decorrenza degli obblighi di cui all'art.
4). 1. E' fatto
obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4
nel termine di dodici mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto.
Art. 96 bis (Attuazione degli obblighi) (1).
1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa di
cui
all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di
cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi
dall'effettivo inizio dell'attività.
(1) Articolo inserito dall’art. 25 del D.Lgs. 19
marzo 1996, n. 242.
Art. 97 (Obblighi d'informazione) 1.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla
commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno
adottate nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione
pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione
sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse
anche alle commissioni parlamentari.
Art. 98 (Norma finale). 1.
Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal
presente
decreto, le disposizioni vigenti in materia di
prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.
Allegato I (1)
Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto
da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e
protezione dai rischi (art. 10)
1. Aziende artigiane e industriali (2)..........
fino a 30 addetti
2. Aziende agricole e zootecniche............ ..
fino a 10 addetti
3. Aziende della pesca
............................... fino a 20 addetti
4. Altre aziende
.......................................... fino a 200 addetti
(1) Allegato così modificato dall’art. 26 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Escluse le aziende industriali di cui all'art.
1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
175, e successive
modificazioni, soggette all'obbligo di
dichiarazione o notifica ai sensi degli artt. 4 e 6 del decreto
stesso: le centrali
termoelettriche, gli impianti ed i laboratori
nucleari, le aziende estrattive ed altre attività minerarie, le
aziende per la
fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura
sia pubbliche sia private.
Allegato II
Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi
di lavoro
1. Rilevazione e lotta antincendio
A seconda delle dimensioni e dell'uso degli
edifici, delle attrezzature presenti, delle caratteristiche
fisiche e
chimiche delle sostanze presenti, nonchè del
numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi
di lavoro devono essere dotati di dispositivi
adeguati per combattere l'incendio, e se del caso, di rilevatori
di
incendio e di sistemi di allarme.
I dispositivi non automatici di lotta antincendio
devono essere facilmente accessibili e utilizzabili. Essi
devono essere oggetto di una segnaletica conforme
alla normativa vigente.
Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi
appropriati ed essere durevole.
2. Locali adibiti al pronto soccorso
Qualora l'importanza dei locali, il tipo di
attività in essi svolta e la frequenza degli infortuni lo
richiedano,
occorre prevedere uno o più locali adibiti al
pronto soccorso.
I locali adibiti al pronto soccorso devono essere
dotati di apparecchi e di materiale di pronto soccorso
indispensabili ed essere facilmente accessibili
con barelle.
Essi devono essere oggetto di una segnaletica
conforme alla normativa vigente.
Il materiale di pronto soccorso deve inoltre
essere disponibile in tutti i luoghi in cui le condizioni di
lavoro
lo richiedano.
Esso deve essere oggetto di una segnaletica
appropriata e deve essere facilmente accessibile.
Allegato III
Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai
fini dell'impiego
di attrezzature di protezione individuale
Allegato IV (1)
Elenco indicativo e non esauriente delle
attrezzature di protezione individuale
Dispositivi di protezione della testa
- Caschi di protezione per l'industria (caschi per
miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie);
- Copricapo leggero per proteggere il cuoio
capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera);
- Copricapo di protezione (cuffie, berretti,
cappelli di tela cerata, ecc., in tessuto, in tessuto rivestito,
ecc.).
Dispositivi di protezione dell'udito
- Palline e tappi per le orecchie;
- Caschi (comprendenti l'apparato auricolare);
- Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione
per l'industria;
- Cuffie con attacco per ricezione a bassa
frequenza;
- Dispositivi di protezione contro il rumore con
apparecchiature di intercomunicazione.
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
- Occhiali a stanghette;
- Occhiali a maschera;
- Occhiali di protezione contro i raggi x, i raggi
laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili;
- Schermi facciali;
- Maschere e caschi per la saldatura ad arco
(maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
- Apparecchi antipolvere, antigas e contro le
polveri radioattive;
- Apparecchi isolanti a presa d'aria;
- Apparecchi respiratori con maschera per
saldatura amovibile;
- Apparecchi ed attrezzature per sommozzatori;
- Scafandri per sommozzatori.
Dispositivi di protezione delle mani e delle
braccia
- Guanti:
contro le aggressioni meccaniche (perforazioni,
tagli, vibrazioni, ecc.);
contro le aggressioni chimiche;
per elettricisti e antitermici;
- Guanti a sacco;
- Ditali;
- Manicotti;
- Fasce di protezione dei polsi;
- Guanti a mezze dita;
- Manopole.
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
- Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di
sicurezza;
- Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido;
- Scarpe con protezione supplementare della punta
del piede;
- scarpe e soprascarpe con suola anticalore;
- scarpe, stivali e soprastivali di protezione
contro il calore;
- scarpe, stivali e soprastivali di protezione
contro il freddo;
- scarpe, stivali e soprastivali di protezione
contro le vibrazioni;
- scarpe, stivali e soprastivali di protezione
antistatici;
- scarpe, stivali e soprastivali di protezione
isolanti;
- stivali di protezione contro le catene delle
trance meccaniche;
- zoccoli;
- ginocchiere;
- dispositivi di protezione amovibili del collo
del piede;
- ghette;
- suole amovibili (anticalore, antiperforazione o
antitraspirazione);
- ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno
sdrucciolevole.
Dispositivi di protezione della pelle
- Creme protettive/pomate.
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
- Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione
contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi
di metallo fuso, ecc.);
- giubbotti, giacche e grembiuli di protezione
contro le aggressioni chimiche;
- giubbotti termici;
- giubbotti di salvataggio;
- grembiuli di protezione contro i raggi X;
- cintura di sicurezza del tronco.
Dispositivi dell'intero corpo
- Attrezzature di protezione contro le cadute;
- attrezzature cosiddette anticaduta (attrezzature
complete comprendenti tutti gli accessori necessari al
funzionamento);
- attrezzature con freno "ad assorbimento di
energia cinetica" (attrezzature complete comprendenti tutti
gli
accessori necessari al funzionamento);
- dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura
di sicurezza).
Indumenti di protezione
- Indumenti di lavoro cosiddetti "di
sicurezza" (due pezzi e tute);
- indumenti di protezione contro le aggressioni
meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
- indumenti di protezione contro le aggressioni
chimiche;
- indumenti di protezione contro gli spruzzi di
metallo fuso e di raggi infrarossi;
- indumenti di protezione contro il calore;
- indumenti di protezione contro il freddo;
- indumenti di protezione contro la contaminazione
radioattiva;
- indumenti antipolvere;
- indumenti antigas;
- indumenti ed accessori (bracciali e guanti,
ecc.), fluorescenza di segnalazione, catarifrangenti;
- coperture di protezione.
(1) Allegato così modificato dall’art. 27 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Allegato V (1)
Elenco indicativo e non esauriente delle attività
e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario
mettere a disposizione attrezzature di protezione
individuale
1. Protezione del capo (protezione del cranio)
Elmetti di protezione
- Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o
in prossimità di impalcature e di posti di lavoro sopraelevati,
montaggio e smontaggio di armature, lavori di
installazione e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione;
- Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in
strutture d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, costruzioni
idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e
laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali
elettriche;
- Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di
miniera;
- Lavori in terra e in roccia;
- Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo
aperto e lavori di spostamento di ammassi di sterile;
- Uso di estrattori di bulloni;
- Brillatura mine;
- Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi
di sollevamento, gru e nastri trasportatori;
- Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di
riduzione diretta, in acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti
metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e
a stampo, nonchè in fonderie;
- Lavori in forni industriali, contenitori,
apparecchi, silos, tramogge e condotte;
- Costruzioni navali;
- Smistamento ferroviario;
- Macelli.
2. Protezione del piede
Scarpe di sicurezza con suola imperforabile
- Lavori di rustico, di genio civile e lavori
stradali;
- Lavori su impalcature;
- Demolizioni di rustici;
- Lavori in calcestruzzo ed in elementi
prefabbricati con montaggio e smontaggio di armature;
- Lavori in cantieri edili e in aree di deposito;
- Lavori su tetti.
Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile
- Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in
strutture di grande altezza, piloni, torri, ascensori e
montacarichi,
costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni,
acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru,
caldaie,
e impianti elettrici;
- Costruzioni di forni, installazione di impianti
di riscaldamento e di aerazione, nonchè montaggio di
costruzioni metalliche;
- Lavori di trasformazione e di manutenzione;
- Lavori in altiforni, impianti di riduzione
diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti metallurgici,
impianti di
fucinatura a maglio e a stampo, impianti di
pressatura a caldo e di trafilatura;
- Lavori in cave di pietra, miniere, a cielo
aperto e rimozione di discarica;
- Lavorazione e finitura di pietre;
- Produzione di vetri piani e di vetri cavi,
nonchè lavorazione e finitura;
- Manipolazione di stampi nell'industria della
ceramica;
- Lavori di rivestimenti in prossimità del forno
nell'industria della ceramica;
- Lavori nell'industria della ceramica pesante e
nell'industria dei materiali da costruzione;
- Movimentazione e stoccaggio;
- Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di
contenitori metallici di conserve;
- Costruzioni navali;
Smistamento ferroviario.
Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua
e con intersuola imperforabile
- Lavori sui tetti.
Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante
- Attività su e con masse molto fredde o ardenti.
Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido
- In caso di rischio di penetrazione di masse
incandescenti fuse.
3. Protezione degli occhi o del volto
Occhiali di protezione, visiere o maschere di
protezione
- Lavori di saldatura, molatura e tranciatura;
- Lavori di mortasatura e di scalpellatura;
- Lavorazione e finitura di pietre;
- Uso di estrattori di bulloni;
- Impiego di macchine asportatrucioli durante la
lavorazione di materiale che producono trucioli corti;
- Fucinatura a stampo;
- Rimozione e frantumazione di schegge;
- Operazioni di sabbiatura;
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini,
disinfettanti e detergenti corrosivi;
- Impiego di pompe a getto liquido;
- Manipolazione di masse incandescenti fuse o
lavori in prossimità delle stesse;
- Lavori che comportano esposizione al calore
radiante;
- Impiego di laser.
4. Protezione delle vie respiratorie
Autorespiratori
- Lavori in contenitori, in vani ristretti ed in
forni industriali riscaldati a gas, qualora sussista il rischio di
intossicazione da gas o di carenza di ossigeno;
- Lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno;
- Lavori in prossimità dei convertitori e delle
condutture di gas di altoforno;
- Lavori in prossimità della colata in siviera
qualora sia prevedibile che se ne sprigionino fumo di metalli
pesanti;
- Lavori di rivestimento di forni e di siviere
qualora sia prevedibile la formazione di polveri;
- Verniciatura a spruzzo senza sufficiente
aspirazione;
- Lavori in pozzetti, canali ed altri vani
sotterranei nell'ambito della rete fognaria;
- Attività in impianti frigoriferi che presentino
un rischio di fuoriuscita del refrigerante.
5. Protezione dell'udito
Otoprotettori
- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli;
- Lavori che implicano l'uso di utensili
pneumatici;
- Attività del personale a terra negli aeroporti;
- Battitura di pali e costipazione del terreno;
- Lavori nel legname e nei tessili
6. Protezione del tronco, delle braccia e delle
mani
Indumenti protettivi
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini,
disinfettanti e detergenti corrosivi;
- Lavori che comportano la manipolazione di masse
calde o la loro vicinanza o comunque un'esposizione al
calore;
- Lavorazione di vetri piani;
- Lavori di sabbiatura;
- Lavori in impianti frigoriferi.
Indumenti protettivi difficilmente infiammabili
- Lavori di saldatura in ambienti ristretti.
Grembiuli imperforabili
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei
macelli;
- Lavori che comportano l'uso di coltelli, nel
caso in cui questi siano mossi in direzione del corpo.
Grembiuli di cuoio
- Saldatura;
- Fucinatura;
- Fonditura.
Bracciali
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei
macelli.
Guanti
- Saldatura;
- Manipolazione di oggetti con spigoli vivi,
esclusi i casi in cui sussista il rischio che il guanto rimanga
impigliato nelle macchine;
- Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e
alcalini.
Guanti a maglia metallica
- Operazione di disossamento e di squartamento nei
macelli;
- Attività protratta di taglio con il coltello
nei reparti di produzione e macellazione;
- Sostituzione di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di protezione contro le intemperie
- Lavori edili all'aperto con clima piovoso e
freddo.
8. Indumenti fosforescenti
- Lavori in cui è necessario percepire in tempo
la presenza dei lavoratori.
9. Attrezzatura di protezione anticaduta
(imbracature di sicurezza)
- Lavori su impalcature;
- Montaggio di elementi prefabbricati;
- Lavori su piloni.
10. Attacco di sicurezza con corda
- Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru;
- Posti di lavoro in cabine di manovra
sopraelevate di transelevatori;
- Posti di lavoro sopraelevati su torri di
trivellazione;
- Lavori in pozzi e in fogne.
11. Protezione dell'epidermide
- Manipolazione di emulsioni;
- Concia di pellami.
(1) Allegato così modificato dall’art. 28 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Allegato VI
Elementi di riferimento
1. Caratteristiche del carico
La movimentazione manuale di un carico può
costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi
seguenti:
- il carico è troppo pesante (kg 30);
- è ingombrante o difficile da afferrare;
- è in equilibrio instabile o il suo contenuto
rischia di spostarsi;
- è collocato in una posizione tale per cui deve
essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal
tronco o con una torsione o inclinazione del
tronco;
- può, a motivo della struttura esterna e/o della
consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in
particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto
Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra
l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- è eccessivo;
- può essere effettuato soltanto con un movimento
di torsione del tronco;
- può comportare un movimento brusco del carico;
- è compiuto con il corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro
Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono
aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorsolombare
nei seguenti casi:
- lo spazio libero, in particolare verticale, è
insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta;
- il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi
di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal
lavoratore;
- il posto o l'ambiente di lavoro non consentono
al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a
un'altezza di sicurezza o in buona posizione;
- il pavimento o il piano di lavoro presenta
dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli
diversi;
- il pavimento o il punto di appoggio sono
instabili;
- la temperatura, l'umidità o la circolazione
dell'aria sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all'attività
L'attività può comportare un rischio tra l'altro
dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti
esigenze:
- sforzi fisici che sollecitano in particolare la
colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;
- periodo di riposo fisiologico o di recupero
insufficiente;
- distanze troppo grandi di sollevamento, di
abbassamento o di trasporto;
- un ritmo imposto da un processo che non può
essere modulato dal lavoratore.
Fattori individuali di rischio
Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti
casi:
- inidoneità fisica a svolgere il compito in
questione;
- indumenti, calzature o altri effetti personali
inadeguati portati dal lavoratore;
- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o
della formazione.
Allegato VII (1)
Prescrizioni minime
Osservazione preliminare
Gli obblighi previsti dal presente allegato si
applicano al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VI e
qualora
gli elementi esistano sul posto di lavoro e non
contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della
mansione.
1. Attrezzature
a) Osservazione generale
L'utilizzazione in sè dell'attrezzatura non deve
essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) Schermo
I caratteri sullo schermo devono avere una buona
definizione e una forma chiara, una grandezza
sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato
tra i caratteri e le linee.
L'immagine sullo schermo deve essere stabile;
esente da sfarfallamento o da altre forme d'instabilità.
La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo
sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da
parte dell'utilizzatore del videoterminale e
facilmente adattabili alle condizioni ambientali.
Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile
liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze
dell'utilizzatore.
E' possibile utilizzare un sostegno separato per
lo schermo o un piano regolabile.
Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che
possano causare molestia all'utilizzatore.
c) Tastiera
La tastiera dev'essere inclinabile e dissociata
dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una
posizione confortevole e tale da non provocare
l'affaticamento delle braccia o delle mani.
Lo spazio davanti alla tastiera dev'essere
sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia
dell'utilizzatore.
La tastiera deve avere una superficie opaca onde
evitare i riflessi.
La disposizione della tastiera e le
caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso della
tastiera
stessa.
I simboli dei tasti devono presentare sufficiente
contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di
lavoro.
d) Piano di lavoro
Il piano di lavoro deve avere una superficie poco
riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere
una disposizione flessibile dello schermo, della
tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.
Il supporto per i documenti deve essere stabile e
regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre
al massimo i movimenti fastidiosi della testa e
degli occhi.
E' necessario uno spazio sufficiente che permetta
ai lavoratori una posizione comoda.
e) Sedile di lavoro
Il sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere
all'utilizzatore una certa libertà di movimento ed una
posizione comoda. I sedili debbono avere altezza
regolabile.
Il loro schienale deve essere regolabile in
altezza e in inclinazione.
Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di
coloro che lo desiderino.
2. Ambiente
a) Spazio
Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e
allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per
permettere cambiamenti di posizione e di movimenti
operativi.
b) Illuminazione
L'illuminazione generale ovvero l'illuminazione
specifica (lampade di lavoro) devono garantire
un'illuminazione sufficiente ed un contrasto
appropriato tra lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle
caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive
dell'utilizzatore.
Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo
o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando
l'arredamento del locale e del posto di lavoro in
funzione dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle
loro
caratteristiche tecniche.
c) Riflessi e abbagliamenti
I posti di lavoro devono essere sistemati in modo
che le fonti luminose quali le finestre e le altre aperture,
le pareti trasparenti o traslucide, nonchè le
attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi
sullo
schermo.
Le finestre devono essere munite di un opportuno
dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce
diurna che illumina il posto di lavoro.
d) Rumore
Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti
al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione
al momento della sistemazione del posto di lavoro,
in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la
comunicazione verbale.
e) Calore
Le attrezzature appartenenti al/ai posto/i di
lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa
essere fonte di disturbo per i lavoratori.
f) Radiazioni
Tutte le radiazioni, eccenzion fatta per la parte
visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere
ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista
della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
g) Umidità
Si deve fare in modo da ottenere e mantenere
un'umidità soddisfacente.
3. Interfaccia elaboratore/uomo
All'atto dell'elaborazione, della scelta,
dell'acquisto del software, o allorchè questo viene modificato,
come
anche nel definire le mansioni che implicano
l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro
terrà conto
dei seguenti fattori:
a) il software deve essere adeguato alla mansione
da svolgere;
b) il software deve essere di facile uso e, se del
caso, adattabile a livello di conoscenza e di esperienza
dell'utilizzatore; nessun dispositivo o controllo
quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei
lavoratori;
c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle
indicazioni sul loro svolgimento;
d) i sistemi devono fornire l'informazione di un
formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;
e) i principi dell'ergonomia devono essere
applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da
parte
dell'uomo.
(1) Allegato così modificato dall’art. 29 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Allegato VIII
Elenco di sostanze, preparati e processi (1)
1. Produzione di auramina col metodo Michler.
2. I lavori che espongono agli idrocarburi
policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o
nella
pece di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e
nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a
temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione
di alcool isopropilico.
5. Il lavoro comportante l’ esposizione a
polvere di legno duro.
(1) Allegato così modificato dall’ art. 9 del
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato VIII-bis
(art. 61, comma 2; art. 62, comma 3 e art. 72,
comma 2, lettera a)
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE (1)
Nome agente EINECS(1) CAS(2) Valore limite di
esposizione
professionale
Osservazioni Misure transitorie
Mg/m 3(3)
ppm(4)
Benzene 200-753-7 71-43-2 3,25(5) 1(5) Pelle(6)
Sino al 31 Dicembre 2001
il valore limite è di 3 ppm
(=9,75 mg/m3)
Cloruro di vinile
monomero
200-831 75-01-4 7,77(5) 3(5) -- --
Polveri di legno -- -- 5,00(5)(7) -- -- --
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze
chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical
Susbstances).
(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service.
(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a
20o e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio).
(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume:
ml/m3).
(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un
periodo di riferimento di otto ore.
(6) Sostanziale contributo al carico corporeo
totale attraverso la possibile esposizione cutanea.
(7) Frazione inalabile; se le polveri di legno
duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite
si applica a tutte le
polveri di legno presenti nella miscela in
questione".
(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs.
25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato VIII-ter
(articolo 60-ter, comma 1, lettera d)
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE (1)
EINECS 1)
CAS2)
NOME AGENTE NOME AGENTE
NOTAZIONE3)
8 ore 4)
Breve
Termine 5)
mg/m 3
6)
Ppm
7)
mg/m 3
6)
ppm
7)
Piombo inorganico e suoi
composti
0,15
1. EINECS European Inventory of Existing Chemical
Substances.
2. CAS Chemical Abstract Service Registry Number.
3. La notazione Pelle attribuita ai valori limite
di esposizione indica la possibilità di assorbimento
significativo attraverso la
pelle.
4. Misurato e calcolato rispetto ad un periodo di
riferimento di 8 ore.
5. Valore limite al di sopra del quale non vi deve
essere esposizione e si riferisce ad un periodo di 15 minuti se
non altrimenti
specificato.
6. mg/m3: milligrammi per metro cubo di aria a 20o
C e 101,3 Kpa.
7. ppm parti per milione di aria (ml/m2).
(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs.
25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato VIII-quater
(art. 60-ter, comma 1, lettera e)
VALORI LIMITE BIOLOGICI OBBLIGATORI E PROCEDURE DI
SORVEGLIANZA SANITARIA (1)
Piombo e suoi composti ionici.
1. Il monitoraggio biologico comprende la
misurazione del livello di piombo nel sangue (PbB) con l’ausilio
della spettroscopia
ad assorbimento atomico o di un metodo che dia
risultati equivalenti. Il valore limite biologico è il seguente:
60 mg Pb/100 ml
di sangue. Per le lavoratrici in età fertile il
riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di
piombo per 100
millilitri di sangue comporta, comunque,
allontanamento dall’esposizione.
2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando:
l’esposizione a una concentrazione di piombo
nell’aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su
40 ore alla
settimana, è superiore a 0,075 mg/m3; nei singoli
lavoratori è riscontrato un contenuto di piombo nel sangue
superiore a 40
mg Pb/100 ml di sangue.
(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs.
25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato VIII-quinquies
(art. 60-novies, comma 1)
DIVIETI (1)
a) Agenti chimici
N. EINECS (1) N. CAS (2) Nome dell’agente Limite
di concentrazione per
l’esenzione
- - -
202-080-4 91-59-8 2-naftilammina e suoi sali 0.1%
in peso
202-177-1 92-67-1 4-amminodifenile e suoi sali
0,1% in peso
202-199-1 92-87-5 Benzidina e suoi sali 0,1% in
peso
202-204-7 92-93-3 4-nitrodifenile 0,1% in peso
b) Attività lavorative: Nessuna
(1) EINECS European Inventory of Existing
Commercial Chemical Substance
(2) CAS Chemical Abstracts Service
(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs.
25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato VIII-sexties
(articolo 60-sexies, comma 2) (1)
UNI EN 481:1994 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per
la misurazione delle particelle aerodisperse.
UNI EN 482:1998 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Requisiti generali per le prestazioni dei
procedimenti di misurazione degli agenti chimici.
UNI EN 689 1997 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per
inalazione a composti chimici ai fini del
confronto con i valori limite e strategia di
misurazione.
UNI EN 838 1998 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Campionatori diffusivi per la determinazione
di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1076:1999 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Tubi di assorbimento mediante pompaggio
per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e
metodi di prova.
UNI EN 1231 1999 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Sistemi di misurazione di breve durata con
tubo di rivelazione. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1232: 1999 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Pompe per il campionamento personale di
agenti chimici. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1540:2001 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Terminologia.
UNI EN 12919:2001 Atmosfera nell’ambiente di
lavoro. Pompe per il campionamento di agenti
chimici con portate maggiori di 5 l/min. Requisiti
e metodi di prova.
(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs.
25 febbraio 2000, n. 66.
Allegato IX
Elenco esemplificativo di attività lavorative che
possono
comportare la presenza di agenti biologici
1. Attività in industrie alimentari.
2. Attività nell'agricoltura.
3. Attività nelle quali vi è contatto con
animali e/o con prodotti di origine animale.
4. Attività nei servizi sanitari, comprese le
unità di isolamento e post mortem.
5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e
diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
6. Attività in impianti di smaltimento rifiuti e
di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
7. Attività negli impianti per la depurazione
delle acque di scarico.
Allegato X
Segnale di rischio biologico
Allegato XI
Elenco degli agenti biologici classificati
1. Sono inclusi nella classificazione unicamente
gli agenti di cui è noto che possono provocare malattie infettive
in
soggetti umani.
I rischi tossico ovvero allergenico eventualmente
presenti sono indicati a fianco di ciascun agente in apposita
colonna.
Non sono stati presi in considerazione gli agenti
patogeni di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto
sull'uomo.
In sede di compilazione di questo primo elenco di
agenti biologici classificati non si è tenuto conto dei
microrganismi
geneticamente modificati.
2. La classificazione degli agenti biologici si
basa sull'effetto esercitato dagli stessi su lavoratori sani.
Essa non tiene conto dei particolari effetti sui
lavoratori la cui sensibilità potrebbe essere modificata da altre
cause quali
malattia preesistente, uso di medicinali,
immunità compromessa, stato di gravidanza o allattamento, fattori
dei quali è tenuto
conto nella sorveglianza sanitaria di cui all'art.
95.
3. Gli agenti biologici che non sono stati inclusi
nei gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono implicitamente inseriti
nel gruppo
1.
Per gli agenti di cui è nota per numerose specie
la patogenicità per l'uomo, l'elenco comprende le specie più
frequentemente implicate nelle malattie, mentre un
riferimento di carattere più generale indica che altre specie
appartenenti
allo stesso genere possono avere effetti sulla
salute dell'uomo.
Quando un intero genere è menzionato nell'elenco
degli agenti biologici, è implicito che i ceppi e le specie
definiti non
patogeni sono esclusi dalla classificazione.
4. Quando un ceppo è attenuato o ha perso geni
notoriamente virulenti, il contenimento richiesto dalla
classificazione
del ceppo parentale non è necessariamente
applicato a meno che la valutazione del rischio da esso
rappresentato sul luogo di
lavoro non lo richieda.
5. Tutti i virus che sono già stati isolati
nell'uomo e che ancora non figurano nel presente allegato devono
essere
considerati come appartenenti almeno al gruppo 2,
a meno che sia provato che non possono provocare malattie
nell'uomo.
6. Taluni agenti classificati nel gruppo 3 ed
indicati con doppio asterisco (**) nell'elenco allegato possono
comportare
un rischio di infezione limitato perchè
normalmente non sono veicolati dall'aria. Nel caso di particolari
attività
comportanti l'utilizzazione dei suddetti agenti,
in relazione al tipo di operazione effettuata e dei quantitativi
impiegati
può risultare sufficiente, per attuare le misure
di cui ai punti 2 e 13 dell'Allegato XII ed ai punti 2, 3, 5
dell'Allegato XIII,
assicurare i livelli di contenimento ivi previsti
per gli agenti del gruppo 2.
7. Le misure di contenimento che derivano dalla
classificazione dei parassiti si applicano unicamente agli stadi
del ciclo
del parassita che possono essere infettivi per
l'uomo.
8. L'elenco contiene indicazioni che individuano
gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o
tossiche, quelli per i quali è disponibile un
vaccino efficace e quelli per i quali è opportuno conservare per
almeno dieci anni
l'elenco dei lavoratori che hanno operato in
attività con rischio di esposizione a tali agenti.
Tali indicazioni sono:
A: possibili effetti allergici;
D: l'elenco dei lavoratori che hanno operato con
detti agenti deve essere conservato per almeno dieci anni dalla
cessazione dell'ultima attività comportante
rischio di esposizione;
T: produzione di tossine;
V: vaccino efficace disponibile.
Batteri e organismi simili
N.B.: Per gli agenti che figurano nel presente
elenco la menzione "spp" si riferisce alle altre specie
riconosciute patogene
per l'uomo.
Agente biologico Classificazione Rilievi
Actinobacillus actinomycetemcomitans 2
Actinomadura madurae 2
Actinomadura pelletieri 2
Actinomyces gereneseriae 2
Actinomyces israelii 2
Actinomyces pyogenes 2
Actinomyces spp 2
Arcanobacterium haemolyticum (Corynebacterium
haemolyticum) 2
Bacillus anthracis 3
Bacteroides fragilis 2
Bartonella bacilliformis 2
Bartonella (Rochalimea) spp 2
Bartonella quintana (Rochalimea quintana) 2
Bordetella bronchiseptica 2
Bordetella parapertussis 2
Bordetella pertussis 2 V
Borrelia burgdorferi 2
Borrelia duttonii 2
Borrelia recurrentis 2
Borrelia spp 2
Brucella abortus 3
Brucella canis 3
Brucella melitensis 3
Brucella suis 3
Burkholderia mallei (pseudomonas mallei) 3
Burkholderia pseudomallei (pseudomonas
pseudomallei) 3
Campylobacter fetus 2
Campylobacter jejuni 2
Campylobacter spp 2
Cardiobacterium hominis 2
Chlamydia pneumoniae 2
Chlamydia trachomatis 2
Chlamydia psittaci (ceppi aviari) 3
Chlamydia psittaci (ceppi non aviari) 2
Clostridium botulinum 2 T
Clostridium perfringens 2
Clostridium tetani 2 T, V
Clostridium spp 2
Corynebacterium diphtheriae 2 T, V
Corynebacterium minutissimum 2
Corynebacterium pseudotuberculosis 2
Corynebacterium spp 2
Coxiella burnetii 3
Edwardsiella tarda 2
Ehrlichia sennetsu (Rickettsia sennetsu) 2
Ehrlichia spp 2
Eikenella corrodens 2
Enterobacter aerogenes/cloacae 2
Enterobacter spp 2
Enterococcus spp 2
Erysipelothrix rhusiopathiae 2
Escherichia coli (ad eccezione dei ceppi non
patogeni) 2
Escherichia coli, ceppi verocitotossigenici (es.
O157:H7 oppure O103) 3 (**) T
Flavobacterium meningosepticum 2
Fluoribacter bozemanii (Legionella) 2
Francisella tularensis (tipo A) 3
Francisella tularensis (tipo B) 2
Fusobacterium necrophorum 2
Gardnerella vaginalis 2
Haemophilus ducreyi 2
Haemophilus influenzae 2 V
Haemophilus spp 2
Helicobacter pylori 2
Klebsiella oxytoca 2
Klebsiella pneumoniae 2
Klebsiella spp 2
Legionella pneumophila 2
Legionella spp 2
Leptospira interrogans (tutti i serotipi) 2
Listeria monocytogenes 2
Listeria ivanovii 2
Morganella morganii 2
Mycobacterium africanum 3 V
Mycobacterium avium/ intracellulare 2
Mycobacterium bovis (ad eccezione del ceppo BCG) 3
V
Mycobacterium chelonae 2
Mycobacterium fortuitum 2
Mycobacterium kansasii 2
Mycobacterium leprae 3
Mycobacterium malmoense 2
Mycobacterium marinum 2
Mycobacterium microti 3 (**)
Mycobacterium paratuberculosis 2
Mycobacterium scrofulaceum 2
Mycobacterium simiae 2
Mycobacterium szulgai 2
Mycobacterium tuberculosis 3 V
Mycobacterium ulcerans 3 (**)
Mycobacterium xenopi 2
Mycoplasma caviae 2
Mycoplasma hominis 2
Mycoplasma pneumoniae 2
Neisseria gonorrhoeae 2
Neisseria meningitidis 2 V
Nocardia asteroides 2
Nocardia brasiliensis 2
Nocardia farcinica 2
Nocardia nova 2
Nocardia otitidiscaviarum 2
Pasteurella multocida 2
Pasteurella spp 2
Peptostreptococcus anaerobius 2
Plesiomonas shigelloides 2
Porphyromonas spp 2
Prevotella spp 2
Proteus mirabilis 2
Proteus penneri 2
Proteus vulgaris 2
Providencia alcalifaciens 2
Providencia rettgeri 2
Providencia spp 2
Pseudomonas aeruginosa 2
Rhodococcus equi 2
Rickettsia akari 3 (**)
Rickettsia canada 3 (**)
Rickettsia conorii 3
Rickettsia montana 3 (**)
Rickettsia typhi (Rickettsia mooseri) 3
Rickettsia prowazekii 3
Rickettsia rickettsii 3
Rickettsia tsutsugamushi 3
Rickettsia spp 2
Salmonella arizonae 2
Salmonella enteritidis 2
Salmonella typhimurium 2
Salmonella paratyphi A, B, C 2 V
Salmonella typhi 3 (**) V
Salmonella (altre varietà serologiche) 2
Serpulina spp 2
Shigella boydii 2
Shigella dysenteriae (Tipo 1) 3 (**) T
Shigella dysenteriae, diverso dal Tipo 1 2
Shigella flexneri 2
Shigella sonnei 2
Staphylococcus aureus 2
Streptobacillus moniliformis 2
Streptococcus pneumoniae 2
Streptococcus pyogenes 2
Streptococcus spp 2
Streptococcus suis 2
Treponema carateum 2
Treponema pallidum 2
Treponema pertenue 2
Treponema spp 2
Vibrio cholerae (incluso El Tor) 2
Vibrio parahaemolyticus 2
Vibrio spp 2
Yersinia enterocolitica 2
Yersinia pestis 3 V
Yersinia pseudotuberculosis 2
Yersinia spp 2
(**) Vedi introduzione punto 6.
Virus (*)
Agente biologico Classificazione Rilievi
Adenoviridae 2
Arenaviridae:
LCM-Lassa Virus complex (Arenavirus del Vecchio
Mondo):
Virus Junin 4
Virus Lassa 4
Virus della coriomeningite linfocitaria (ceppi
neurotropi) 3
Virus della coriomeningite linfocitaria (altri
ceppi) 2
Virus Mopeia 2
Altri LCM-Lassa Virus complex 2
Virus complex Tacaribe (Arenavirus del Nuovo
Mondo):
Virus Guanarito 4
Virus Junin 4
Virus Sabia 4
Virus Machupo 4
Virus Flexal 3
Altri Virus del Complesso Tacaribe 2
Astroviridae 2
Bunyaviridae:
Bhanja 2
Virus Bunyamwera 2
Germiston 2
Virus Oropouche 3
Virus dell'encefalite Californiana 2
Hantavirus:
Hantaan (febbre emorragica coreana) 3
Belgrado (noto anche come Dobrava) 3
Seoul-Virus 3
Sin Nombre (ex Muerto Canyon) 3
Puumala-Virus 2
Prospect Hill-Virus 2
Altri Hantavirus 2
Nairovirus:
Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo 4
Virus Hazara 2
Phlebovirus:
Febbre della Valle del Rift 3 V
Febbre da Flebotomi 2
Virus Toscana 2
Altri bunyavirus noti come patogeni 2
Caliciviridae:
Virus dell'epatite E 3 (**)
Norwalk-Virus 2
Altri Caliciviridae 2
Coronaviridae 2
Filoviridae:
Virus Ebola 4
Virus di Marburg 4
Flaviviridae:
Encefalite d'Australia (Encefalite della Valle
Murray) 3
Virus dell'encefalite da zecca dell'Europa
centrale 3 (**) V
Absettarov 3
Hanzalova 3
Hypr 3
Kumlinge 3
Virus della dengue tipi 1-4 3
Virus dell'epatite C 3 (**) D
Virus dell'epatite G 3 (**) D
Encefalite B giapponese 3 V
Foresta di Kyasanur 3 V
Louping ill 3 (**)
Omsk (a) 3 V
Powassan 3
Rocio 3
Encefalite verno-estiva russa (a) 3 V
Encefalite di St. Louis 3
Virus Wesselsbron 3 (**)
Virus della Valle del Nilo 3
Febbre gialla 3 V
Altri flavivirus noti per essere patogeni 2
Hepadnaviridae:
Virus dell'epatite B 3 (**) V, D
Virus dell'epatite D (Delta) (b) 3 (**) V, D
Herpesviridae:
Cytomegalovirus 2
Virus d'Epstein-Barr 2
Herpesvirus simiae (B virus) 3
Herpes simplex virus tipi 1 e 2 2
Herpesvirus varicella-zoster 2
Virus Herpes dell'uomo tipo 7 2
Virus herpes dell'uomo tipo 8 2 D
Virus lifontropo B dell'uomo (HBLV-HHV6) 2
Orthomyxoviridae:
Virus influenzale tipi A, B e C 2 V (c)
Orthomyxoviridae trasmesse dalle zecche: Virus
Dhori e Thogoto 2
Papovaviridae:
Virus BK e JC 2 D (d)
Papillomavirus dell'uomo 2 D (d)
Paramyxoviridae:
Virus del morbillo 2 V
Virus della parotite 2 V
Virus della malattia di Newcastle 2
Virus parainfluenzali tipi 1-4 2
Virus respiratorio sinciziale 2
Parvoviridae:
Parvovirus dell'uomo (B 19) 2
Picornaviridae:
Virus della congiuntivite emorragica (AHC) 2
Virus Coxackie 2
Virus Echo 2
Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo tipo
72) 2 V
Virus della poliomelite 2 V
Rhinovirus 2
Poxviridae:
Buffalopox virus (e) 2
Cowpox virus 2
Elephantpox virus (f) 2
Virus del nodulo dei mungitori 2
Molluscum contagiosum virus 2
Monkeypox virus 3 V
Orf virus 2
Rabbitpox virus (g) 2
Vaccinia virus 2
Variola (major & minor) virus 4 V
Whitepox virus ("variola virus") 4 V
Yatapox virus (Tana & Yaba) 2
Reoviridae:
Coltivirus 2
Rotavirus umano 2
Orbivirus 2
Reovirus 2
Retroviridae:
Virus della sindrome di immunodeficienza umana
(AIDS) 3 (**) D
Virus di leucemie umane e cellule T (HTLV) tipi 1
e 2 3 (**) D
SIV (h) 3 (**)
Rhabdoviridae:
Virus della rabbia 3 (**) V
Virus della stomatite vescicolosa 2
Togaviridae:
Alfavirus:
Encefalomielite equina dell'America dell'est 3 V
Virus Bebaru 2
Virus Chikungunya 3 (**)
Virus Everglades 3 (**)
Virus Mayaro 3
Virus Mucambo 3 (**)
Virus Ndumu 3
Virus O'nyong-nyong 2
Virus del fiume Ross 2
Virus della foresta di Semliki 2
Virus Sindbis 2
Virus Tonate 3 (**)
Encefalomielite equina del Venezuela 3 V
Encefalomielite equina dell'America dell'ovest 3 V
Altri alfavirus noti 2
Rubivirus (rubella) 2 V
Toroviridae 2
Virus non classificati:
Virus dell'epatite non ancora identificati 3 (**)
Morbillivirus equino 4
Agenti non classici associati con le encefaliti
spongiformi trasmissibili (TSE) (i):
Morbo di Creutzfeldt-Jakob 3 (**) D (d)
Variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob 3 (**) D
(d)
Encefalite spongiforme bovina (BSE) ed altre TSE
degli animali a queste associate 3 (**) D (d)
Sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker 3 (**)
D (d)
Kuru 3 (**) D (d)
(*) Vedi introduzione, punto 5.
(**) Vedi introduzione, punto 6.
(a) Tick-borne encefalitis.
(b) Il virus dell'epatite D esercita il suo potere
patogeno nel lavoratore soltanto in caso di infezione simultanea o
secondaria
rispetto a quella provocata dal virus dell'epatite
B. La vaccinazione contro il virus dell'epatite B protegge
pertanto i lavoratori
non affetti dal virus dell'epatite B contro il
virus dell'epatite D (Delta).
(c) Soltanto per i tipi A e B.
(d) Raccomandato per i lavori che comportano un
contatto diretto con questi agenti.
(e) Alla rubrica possono essere identificati due
virus, un genere "buffalopox" e una variante del virus
"vaccinia".
(f) Variante del "Cowpox".
(g) Variante di "Vaccinia".
(h) Non esiste attualmente alcuna prova di
infezione dell'uomo provocata da retrovirus di origine scimmiesca.
A titolo di
precauzione si raccomanda un contenimento di
livello 3 per i lavori che comportano un'esposizione di tale
retrovirus.
(i) Non esiste attualmente alcuna prova di
infezione dell'uomo provocata dagli agenti responsabili di altre
TSE negli animali.
Tuttavia a titolo precauzionale, si consiglia di
applicare nei laboratori il livello di contenimento 3 (**), ad
eccezione dei lavori
relativi ad un agente identificato di "scrapie"
per cui un livello di contenimento 2 è sufficiente.
Parassiti
Agente biologico Classificazione Rilievi
Acanthamoeba castellanii 2
Ancylostoma duodenale 2
Angiostrongylus cantonensis 2
Angiostrongylus costaricensis 2
Ascaris lumbricoides 2 A
Ascaris suum 2 A
Babesia divergens 2
Babesia microti 2
Balantidium coli 2
Brugia malayi 2
Brugia pahangi 2
Capillaria philippinensis 2
Capillaria spp 2
Clonorchis sinensis 2
Clonorchis viverrini 2
Cryptosporidium parvum 2
Cryptosporidium spp 2
Cyclospora cayetanensis 2
Dipetalonema streptocerca 2
Diphyllobothrium latum 2
Dracunculus medinensis 2
Echinococcus granulosus 3 (**)
Echinococcus multilocularis 3 (**)
Echinococcus vogeli 3 (**)
Entamoeba histolytica 2
Fasciola gigantica 2
Fasciola hepatica 2
Fasciolopsis buski 2
Giardia lamblia (Giardia intestinalis) 2
Hymenolepis diminuta 2
Hymenolepis nana 2
Leishmania braziliensis 3 (**)
Leishmania donovani 3 (**)
Leishmania aethiopica 2
Leishmania mexicana 2
Leishmania peruviana 2
Leishmania tropica 2
Leishmania major 2
Leishmania spp 2
Loa Loa 2
Mansonella ozzardi 2
Mansonella perstans 2
Naegleria fowleri 3 (**)
Necator americanus 2
Onchocerca volvulus 2
Opisthorchis felineus 2
Opisthorchis spp 2
Paragonimus westermani 2
Plasmodium falciparum 3 (**)
Plasmodium spp (uomo & scimmia) 2
Sarcocystis suihominis 2
Schistosoma haematobium 2
Schistosoma intercalatum 2
Schistosoma japonicum 2
Schistosoma mansoni 2
Schistosoma mekongi 2
Strongyloides stercoralis 2
Strongyloides spp 2
Taenia saginata 2
Taenia solium 3 (**)
Toxocara canis 2
Toxoplasma gondii 2
Trichinella spiralis 2
Trichuris trichiura 2
Trypanosoma brucei brucei 2
Trypanosoma brucei gambiense 2
Trypanosoma brucei rhodesiense 3 (**)
Trypanosoma cruzi 3
Wuchereria bancrofti 2
(**) Vedi introduzione, punto 6.
Funghi
Agente biologico Classificazione Rilievi
Aspergillus fumigatus 2 A
Blastomyces dermatitidis (Ajellomyces dermatitidis)
3
Candida albicans 2 A
Candida tropicalis 2
Cladophialophora bantiana (es. Xylohypha bantiana,
Cladosporium bantianum o
trichoides)
3
Coccidioides immitis 3 A
Cryptococcus neoformans var. neoformans (Filobasidiella
neoformans var. neoformans) 2 A
Cryptococcus neoformans var. gattii (Filobasidiella
bacillispora) 2 A
Emmonsia parva var. parva 2
Emmonsia parva var. crescens 2
Epidermophyton floccosum 2 A
Fonsecaea compacta 2
Fonsecaea pedrosoi 2
Histoplasma capsulatum var. capsulatum (Ajellomyces
capsulatum) 3
Histoplasma capsulatum duboisii 3
Madurella grisea 2
Madurella mycetomatis 2
Microsporum spp 2 A
Neotestudina rosatii 2
Paracoccidioides brasiliensis 3
Penicilium marneffei 2 A
Scedosporium apiospermum, Pseudallescheria boydii
2
Scedosporium prolificans (inflantum) 2
Sporothrix schenckii 2
Trichophyton rubrum 2
Trichophyton spp 2
Allegato XII
Specifiche sulle misure di contenimento
e sui livelli di contenimento
Nota preliminare: Le misure contenute in questo
allegato debbono essere applicate in base alla natura
delle attività, la valutazione del rischio per i
lavoratori e la natura dell'agente biologico di cui trattasi.
A. Misure di contenimento B. Livelli di
contenimento
2 3 4
1. La
zona di lavoro deve essere separata da qualsiasi
altra attività nello stesso edificio
2. L'aria
immessa nella zona di lavoro e l'aria estratta
devono essere filtrate attraverso un ultrafiltro (HEPA)
o un filtro simile
3. L'accesso
deve essere limitato alle persone
autorizzate
4. La
zona di lavoro deve poter essere chiusa a tenuta
per consentire la disinfezione
5. Specifiche
procedure di disinfezione
6. La
zona di lavoro deve essere manutenuta ad una
pressione negativa rispetto a quella atmosferica
7. Controllo
efficace dei vettori, ad esempio, roditori ed
insetti
8. Superfici
idrorepellenti e di facile pulitura
9. Superfici
resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai
disinfettanti
10. Deposito
sicuro per agenti biologici
11. Finestra
d'ispezione o altro dispositivo che permetta
di vederne gli occupanti
12. I
laboratori devono contenere l'attrezzatura a loro
necessaria
13. I
materiali infetti, compresi gli animali, devono
essere manipolati in cabine di sicurezza,
isolatori o
altri adeguati contenitori
14. Inceneritori
per l'eliminazione delle carcasse di
animali
15. Mezzi
e procedure per il trattamento dei rifiuti
16. Trattamento
delle acque reflue
No
No
Raccomandato
No
Si
No
Raccomandato
Si, per il banco
di lavoro
Raccomandato
Si
Raccomandato
No
Ove opportuno
Raccomandato
Si
No
Raccomandato
Si, sull'aria
estrattta
Si
Raccomandato
Si
Raccomandato
Si
Si, per il banco
di lavoro,
l'arredo e il
pavimento
Si
Si
Raccomandato
Raccomandato
Si, quando
l'infezione è
veicolata
dall'aria
Si (disponibile)
Si
Facoltativo
Si
Si, sull'aria
immessa e su
quella estratta
Si, attraverso
una camera di
compensazione
Si
Si
Si
Si
Si, per il banco
di lavoro,
l'arredo, i muri,
il pavimento e
ilsoffitto
Si
Si, deposito
sicuro
Si
Si
Si
Si, sul posto
Si, con
sterilizzazione
Si
Allegato XIII
Specifiche per processi industriali
Agenti biologici del gruppo 1
Per le attività con agenti biologici del gruppo
1, compresi i vaccini spenti, si osserveranno i principi di una
buona sicurezza ed igiene professionali.
Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4
Può risultare opportuno selezionare ed abbinare
specifiche di contenimento da diverse categorie tra quelle
sottoindicate, in base ad una valutazione di
rischio connessa con un particolare processo o parte di esso.
Misure di contenimento Livelli di contenimento
2 3 4
1. Gli organismi vivi devono essere manipolati in
un
sistema che separi fisicamente il
processodell'ambiente
2. I gas di scarico del sistema chiuso devono
essere
trattati in modo da:
3. Il prelievo di campioni, l'aggiunta di
materiali in un
sistema chiuso e il trasferimento di organismi
vivi in
un altro sistema chiuso devono essere effettuati
in
modo da:
4. La coltura deve essere rimossa dal sistema
chiuso
solo dopo che gli organismi vivi sono stati:
5. I dispositivi di chiusura devono essere
previsti in
modo da:
6. I sistemi chiusi devono essere collocati in una
zona
controllata
a) Vanno previste segnalazioni di pericolo
biologico
b) E' ammesso solo il personale addetto
c) Il personale deve indossare tute di protezione
d) Occorre prevedere una zona di decontaminazione
e le docce per il personale
e) Il personale deve fare una doccia prima di
uscire
dalla zona controllata
f) Gli effluenti dei lavandini e delle docce
devono
essere raccolti e inattivati prima dell'emissione
g) La zona controllata deve essere adeguatamente
ventilata per ridurre al minimo la contaminazione
atmosferica
h) La pressione ambiente nella zona controllata
deve essere mantenuta al di sotto di quella
atmosferica
i) L'aria in entrata ed in uscita dalla zona
controllata deve essere filtrata con ultrafiltri
(HEPA)
j) La zona controllata deve essere concepita in
modo da impedire qualsiasi fuoriuscita dal
sistema chiuso
k) La zona controllata deve poter essere sigillata
in modo da
rendere possibili le fumigazioni
l) Trattamento degli effluenti prima dello
smaltimento finale
Si
ridurre al
minimo le emissioni
ridurre al
minimo
le emissioni
inattivati con
mezzi
collaudati
ridurre al
minimo
le emissioni
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Si, tute da lavoro
Si
No
No
Facoltativo
No
No
No
No
Inattivati con mezzi
collaudati
Si
evitare le
emissioni
evitare le
emissioni
inattivati con
mezzi chimici o
fisici collaudati
evitare le
emissioni
Facoltativo
Si
Si
Si
Si
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Facoltativo
Inattivati con
mezzi chimici o
fisici collaudati
Si
evitare le
emissioni
evitare le
emissioni
inattivati con
mezzi chimici o
fisici collaudati
evitare le
emissioni
Si e costruita
all'uopo
Si
Si, attraverso
camere di
condizionamento
Ricambio
completo
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Inattivati con
mezzi fisici
collaudati
Allegato XIV
Elenco delle attrezzature da sottoporre a verifica
1) scale aeree ad inclinazione variabile;
2) ponti mobili sviluppabili su carro;
3) ponti sospesi muniti di argano;
4) idroestrattori centrifughi con diametro esterno
del paniere 450 cm;
5) funi e catene di impianti ed apparecchi di
sollevamento;
6) funi e catene di impianti ed apparecchi di
trazione;
7) gru e apparecchi di sollevamento di portata4
200 kg;
8) organi di trazione, di attacco e dispositivi di
sicurezza dei piani inclinati;
9) macchine e attrezzature per la lavorazione di
esplosivi;
10) elementi di ponteggio;
11) ponteggi metallici fissi;
12) argani dei ponti sospesi;
13) funi dei ponti sospesi;
14) armature degli scavi;
15) freni dei locomotori;
16) micce;
17) materiali recuperati da costruzioni sceniche;
18) opere sceniche;
19) riflettori e batterie di accumulatori mobili;
20) teleferiche private;
21) elevatori trasferibili;
22) ponteggi sospesi motorizzati;
23) funi dei ponteggi sospesi motorizzati;
24) ascensori e montacarichi in servizio privato;
25) apparecchi a pressione semplici;
26) apparecchi a pressione di gas;
27) generatori e recipienti di vapore d'acqua;
28) generatori e recipienti di liquidi
surriscaldati;
29) forni per oli minerali;
30) generatori di calore per impianti di
riscaldamento ad acqua calda;
31) recipienti per trasporto di gas compressi,
liquefatti e disciolti.
Allegato XV
Prescrizioni supplementari applicabili alle
attrezzature di lavoro specifiche
0. Osservazione preliminare.
Le disposizioni del presente allegato si applicano
allorché esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un
rischio corrispondente.
Ai fini del loro adempimento ed in quanto riferite
ad attrezzature in esercizio, esse non richiedono
necessariamente l'adozione delle stesse misure
corrispondenti ai requisiti essenziali applicabili alle
attrezzature
di lavoro nuove.
1. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di
lavoro mobili, semoventi o non semoventi.
1.1. Qualora il bloccaggio intempestivo degli
elementi di trasmissione d'energia accoppiabili tra
un'attrezzatura
di lavoro mobile e suoi accessori e traini possa
provocare rischi specifici, l'attrezzatura di lavoro deve essere
attrezzata o sistemata in modo tale da impedire il
bloccaggio degli elementi di trasmissione d'energia.
Nel caso in cui tale bloccaggio non possa essere
impedito, dovrà essere presa ogni precauzione possibile per
evitare conseguenze pregiudizievoli per i
lavoratori.
1.2. Se gli organi di trasmissione di energia
accoppiabili tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di
sporcarsi e
di rovinarsi strisciando al suolo, si devono
prevedere possibilità di fissaggio.
1.3. Le attrezzature di lavoro mobili con
lavoratore o lavoratori a bordo devono limitare, nelle condizioni
di
utilizzazione reali, i rischi derivanti da un
ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro:
a) mediante una struttura di protezione che
impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di
giro,
b) ovvero mediante una struttura che garantisca
uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori
trasportati a bordo qualora il movimento possa
continuare oltre un quarto di giro,
c) ovvero da qualsiasi altro dispositivo di
portata equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere
integrate all'attrezzatura di lavoro.
Queste strutture di protezione non sono
obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro é stabilizzata durante
tutto il
periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro
é concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della
stessa.
Se sussiste il pericolo che il lavoratore
trasportato a bordo, in caso di ribaltamento, rimanga schiacciato
tra
parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve
essere installato un sistema di ritenzione del lavoratore o dei
lavoratori trasportati.
1.4. I carrelli elevatori su cui prendono posto
uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo
da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio:
a) installando una cabina per il conducente;
b) mediante una struttura atta ad impedire il
ribaltamento del carrello elevatore;
c) mediante una struttura concepita in modo tale
da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno
spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del
carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo;
d) mediante una struttura che trattenga il
lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per
evitare che,
in caso di ribaltamento del carrello elevatore,
essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.
1.5. Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il
cui spostamento può comportare rischi per le persone devono
soddisfare le seguenti condizioni:
a) esse devono essere dotate dei mezzi necessari
per evitare la messa in moto non autorizzata;
b) esse devono essere dotate dei mezzi appropriati
che consentano di ridurre al minimo le conseguenze di
un'eventuale collisione in caso di movimento
simultaneo di più attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;
c) esse devono essere dotate, qualora
considerazioni di sicurezza l'impongano, di un dispositivo di
emergenza
con comandi facilmente accessibili o automatici
che ne consenta la frenatura e l'arresto in caso di guasto del
dispositivo di frenatura principale;
d) quando il campo di visione diretto del
conducente é insufficiente per garantire la sicurezza, esse
devono
essere dotate di dispositivi ausiliari per
migliorare la visibilità;
e) le attrezzature di lavoro per le quali é
previsto un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un
dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da
svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f) le attrezzature di lavoro che comportano, di
per sé o a causa dei loro carichi o traini, un rischio di
incendio
suscettibile di mettere in pericolo i lavoratori,
devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a
meno che tali dispositivi non si trovino già ad
una distanza sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse
sono usate;
g) le attrezzature di lavoro comandate con sistemi
immateriali devono arrestarsi automaticamente se escono dal
campo di controllo;
h) le attrezzature di lavoro telecomandate che,
usate in condizioni normali possono comportare rischi di urto o
di intrappolamento dei lavoratori devono essere
dotate di dispositivi di protezione contro tali rischi, a meno
che non siano installati altri dispositivi per
controllare il rischio di urto.
2. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di
lavoro adibite al sollevamento di carichi.
2.1. Gli accessori di sollevamento devono essere
contrassegnati in modo da poterne identificare le
caratteristiche essenziali ai fini di
un'utilizzazione sicura.
Se l'attrezzatura di lavoro non é destinata al
sollevamento di persone, una segnalazione in tal senso dovrà
esservi apposta in modo visibile onde non
ingenerare alcuna possibilità di confusione.
2.2. Le macchine per il sollevamento o lo
spostamento di persone devono essere di natura tale:
a) da escludere qualsiasi rischio di
schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto
dell'utilizzatore, in
particolare i rischi dovuti a collisione
accidentale;
b) da garantire che i lavoratori bloccati in caso
di incidente nell'abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e
possano essere liberati.". |