GUIDA PRATICA AGLI ORGANI COLLEGIALI

comitato genitori circolo didattico 10

D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626

Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,

90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38

riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. (G. U.

12.11.1994, n. 265, s.o. n. 141) (1)

(1) Titolo così modificato dall’ art. 1 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Titolo I

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1 (Campo di applicazione). 1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute

e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.

2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonchè nell'ambito delle

strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con

compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli

istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree

archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari, e dei mezzi di trasporto aerei e

marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al

servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della

previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica (1).

3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonchè dei lavoratori con rapporto

contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.

4. Le disposizioni di cui al presente decreto, si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province

autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.

4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive

attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti

all'osservanza delle disposizioni del presente decreto (2).

4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare

quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11 primo periodo (2).

(1) Comma sostituito dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificato dall'art. 9, comma 22, del

D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, conv. in L. 28 novembre 1996, n. 608.

(2) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 2 (Definizioni) (1). 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:

a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti

ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci

lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli

enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale

avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì

equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale

nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,

fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del

numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;

b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto

che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità

produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle

pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di

lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica

dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;

c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni

all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità

produttiva;

d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:

1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in

tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre

specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro

dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;

2) docenza o libera docenza, in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e

psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in

possesso di attitudini e capacità adeguate;

f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per

rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di

seguito denominato rappresentante per la sicurezza;

g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività

lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità

dell'ambiente esterno;

h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la

salute;

i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia

finanziaria e tecnico funzionale.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 3 (Misure generali di tutela). 1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei

lavoratori sono:

a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;

b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non

è possibile, loro riduzione al minimo;

c) riduzione dei rischi alla fonte;

d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella

prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonchè l'influenza dei fattori

dell'ambiente di lavoro;

e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella

definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;

g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;

l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;

m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;

n) misure igieniche;

o) misure di protezione collettiva ed individuale;

p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei

lavoratori e di pericolo grave ed immediato;

q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai

dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;

s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,

sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;

t) istruzioni adeguate ai lavoratori.

2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso

comportare oneri finanziari per i lavoratori.

Art. 4 (Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto) (1).

1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta

tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti

a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici

impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi di lavoro. (2)

2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:

a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono

specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;

b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale,

conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di

sicurezza.

3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.

4. Il datore di lavoro:

a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le

regole di cui all'art. 8;

b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le

regole di cui all'art. 8;

c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.

5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:

a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta

antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto

soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno

rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica

della prevenzione e della protezione;

c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto

alla loro salute e alla sicurezza;

d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispostivi di protezione individuale, sentito il responsabile del

servizio di prevenzione e protezione;

e) prende le misure appropriate affinchè soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni

accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonchè delle disposizioni

aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi

di protezione individuale messi a loro disposizione;

g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto,

informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;

h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinchè i

lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona

pericolosa;

i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il

rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività

in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle

misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle

informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);

n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per

la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;

o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano

un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica

professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonchè la data di abbandono e di ripresa

del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto dal Ministero del lavoro e

della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del

Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro,

a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai

modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;

p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);

q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè

per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle

dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.

6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in

collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi

in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di

modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.

8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio

del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna

copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa

richiesta.

9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei

Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità,

sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in

relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli

adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di

cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche,

soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali

termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende

per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia

pubbliche sia private.

10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro

e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione

consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì

definiti:

a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di

prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a

quello indicato nell'allegato I;

b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera h), degli

ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si

modificano le situazioni di rischio.

11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende

familiari nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e

3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e

l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la

sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le aziende

che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici

settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i

Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e

dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.

12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del

presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici

uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per

effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente

decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli

uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha

l'obbligo giuridico.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così sostituito dall'art. 21 comma 2, della Legge 1 marzo 2002, n.39

Art. 5 (Obblighi dei lavoratori). 1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della

propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti

delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di

lavoro.

2. In particolare i lavoratori:

a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini

della protezione collettiva ed individuale;

b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi,

i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonchè i dispositivi di sicurezza;

c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e

dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonchè le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a

conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per

eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di

controllo;

f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che

possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;

h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi

imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante

il lavoro.

Art. 6 (Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori). 1. I progettisti dei

luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di

salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione

rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (1).

2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature

di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di

sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di

omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri

documenti previsti dalla legge (2).

3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di

sicurezza e di igiene del lavoro, nonchè alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri

mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

(1) Comma così modificato dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così sostituito dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 7 (Contratto di appalto o contratto d’ opera). 1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori

all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:

a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità tecnicoprofessionale

delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o

contratto d'opera;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui

sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:

a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti

sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,

informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse

imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2. Tale

obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori

autonomi (1).

(1) Comma così sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Capo II

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 8 (Servizio di prevenzione e protezione). 1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro

organizza all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica

persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.

2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui

dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di

attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e

disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire

pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.

4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in

possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione (1).

5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità

produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988,

n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del

decreto stesso;

b) nelle centrali termoelettriche;

c) negli impianti e laboratori nucleari;

d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;

e) nelle aziende industriali con oltre 200 dipendenti;

f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti;

g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private (2).

6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità

produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa

consultazione del rappresentante per la sicurezza (3).

7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a

favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.

8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.

9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e

dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare

specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonchè il numero minimo degli operatori

di cui ai commi 3 e 7.

10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria

responsabilità in materia.

11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente

competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione

interno ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti

con riferimento alle persone designate:

a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;

b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;

c) il curriculum professionale.

(1) Comma così sostituito dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così sostituito dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(3) Comma così modificato dall’art. 21, comma 3, della Legge 1 marzo 2002, n.39.

Art. 9 (Compiti del servizio di prevenzione e protezione). 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai

rischi professionali provvede:

a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la

sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica

conoscenza dell'organizzazione aziendale;

b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4,

comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;

c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;

d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;

e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'art. 11;

f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.

2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:

a) la natura dei rischi;

b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;

c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;

e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.

3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni

di cui al presente decreto.

4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.

Art. 10 (Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai

rischi). 1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione

dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva

informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso

può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.

2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di

formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di

lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:

a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai

rischi;

b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11 (1);

c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata

in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione

prevista dalla legislazione vigente;

d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 11 (Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi). 1. Nelle aziende, ovvero unità

produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di

prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:

a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;

b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

c) il medico competente ove previsto;

d) il rappresentante per la sicurezza.

2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:

a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;

b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;

c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro

salute.

3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di

esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi

sulla sicurezza e salute dei lavoratori.

4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma

3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.

5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla

redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

Capo III

PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE

DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO

Art. 12. (Disposizioni generali). 1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di

lavoro:

a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso,

salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;

b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a) (1);

c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure

predisposte ed i comportamenti da adottare;

d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinchè i lavoratori possano, in caso di

pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro,

abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

e) prende i provvedimenti necessari affinchè qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato

per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente

superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo

conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni

dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.

3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere

formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni

ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.

4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di

riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 13 (Prevenzione incendi). 1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della

Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo

di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono

definiti:

a) i criteri diretti ad individuare:

1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;

2) misure precauzionali di esercizio;

3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;

4) criteri per la gestione delle emergenze;

b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,

compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.

2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della

previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Art. 14 (Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato). 1. Il lavoratore che, in caso di

pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona

pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente

superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per

tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.

Art. 15 (Pronto soccorso). 1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni

dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti

necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre

eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per

il trasporto dei lavoratori infortunati.

2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati

dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua

formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di

rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e

dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio

superiore di sanità.

4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.

CAPO IV

SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 16 (Contenuto della sorveglianza sanitaria). 1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti

dalla normativa vigente.

2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:

a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono

destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;

b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità

alla mansione specifica.

3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al

rischio ritenuti necessari dal medico competente.

Art. 17 (Il medico competente). 1. Il medico competente:

a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base

della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di

rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei

lavoratori;

b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;

c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;

d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza

sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto

professionale;

e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel

caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari

anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta,

informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera B) e, a

richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;

g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati

anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti

risultati;

h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di

lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i

cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;

i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora

tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;

l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15;

m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.

2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti

dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.

3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2, esprima un

giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e

il lavoratore (1).

4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione

del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori

accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:

a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo

svolgimento dei compiti di cui al presente capo;

b) libero professionista;

c) dipendente del datore di lavoro.

6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli

assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.

7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente qualora esplichi

attività di vigilanza (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 8 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Capo V

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 18 (Rappresentante per la sicurezza). 1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il

rappresentante per la sicurezza.

2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è

eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il

rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del

comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze

sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è

eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali

rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.

4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo

di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione

collettiva.

5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e

della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla

comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni

pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite la organizzazioni sindacali maggiormente

rappresentative sul piano nazionale.

6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:

a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;

b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 dipendenti;

c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in

sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto

di cui all'art. 22, comma 7.

Art. 19 (Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza). 1. Il rappresentante per la sicurezza:

a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;

b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla

individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;

c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione

incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;

d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;

e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di

prevenzione relative, nonchè quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti,

l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;

f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;

g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;

h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la

salute e l'integrità fisica dei lavoratori;

i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;

l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;

m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;

n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;

o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai

rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la

salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico

senza perdita di retribuzione, nonchè dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà

riconosciutegli.

3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione

collettiva nazionale.

4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della

propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze

sindacali.

5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al documento di cui

all'art. 4, commi 2 e 3, nonchè al registro degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).

Art. 20 (Organismi paritetici). 1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le

organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di

iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito

a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle

norme vigenti.

2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi

interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.

3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono

parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.

Capo VI

INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 21 (Informazione dei lavoratori). 1. Il datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore riceva

un'adeguata informazione su:

a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;

b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;

c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni

aziendali in materia;

d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di

sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;

e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;

f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;

g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.

2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui

all'art. 1, comma 3.

Art. 22 (Formazione dei lavoratori). 1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i

lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di

salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (1).

2. La formazione deve avvenire in occasione:

a) dell'assunzione;

b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;

c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati

pericolosi.

3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero

all'insorgenza di nuovi rischi.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza,

concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di

rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei

rischi stessi.

5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori

in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione

dell'emergenza devono essere adeguatamente formati (2).

6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in

collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri

economici a carico dei lavoratori.

7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva

permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la

sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia

delle imprese.

(1) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Capo VII

DISPOSIZIONI CONCERNENTI

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 23 (Vigilanza) (1). 1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei

luoghi di lavoro è svolta dall'Unità sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale

dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e

province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all'Ispettorato

del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del

Presidente del consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,

sentita la commissione consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in

materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'Ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il

servizio di prevenzione e sicurezza dell'Unità sanitaria locale competente per territorio.

3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni

vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto

riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai

servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le forze di polizia; i predetti servizi sono competenti

altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche

per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri

del lavoro e della previdenza sociale e della sanità. L'amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi

istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonchè dei

servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 10 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 24 (Informazione, consulenza, assistenza). 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di

Bolzano, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore

per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro

e della previdenza sociale, per mezzo degli Ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano

di medicina sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di patronato

svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,

in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni

dei datori di lavoro (1).

2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di

vigilanza.

(1) Comma così sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 25 (Coordinamento). 1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri

del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un

anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed

omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di

sicurezza e salute dei lavoratori e di radioprotezione (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 12 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 26 (Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro). 1.

L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 393. (Costituzione della commissione). 1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è

istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro.

Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione

generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:

a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori

del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;

b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;

c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;

d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti

Ministeri: industria; commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali;

ambiente e della Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari

regionali (1);

e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;

f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo

nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione

ambiente; Istituto italiano di medicina sociale (2);

g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle

organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale (2);

h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle

organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa

maggiormente rappresentative a livello nazionale (3);

i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle

organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al

decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni (4).

2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.

3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la

composizione e la funzione.

4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte,

anche su designazione delle associazioni professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle

materie trattate.

5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero

del lavoro e della previdenza sociale.

6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del

Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre

anni.".

2. L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 394. (Compiti della commissione). 1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:

a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e

predisporre una relazione annuale al riguardo;

b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo

coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonchè

per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;

c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei

rischi adottate nei luoghi di lavoro;

d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;

e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare

a livello nazionale;

f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.

277;

g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.

77;

h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (5);

i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio

della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1,

lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all'art. 402;

l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della

sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei

lavoratori.

2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni

parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni.

3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su

richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".

3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.

(1) Lettera così modificata dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Lettera così modificata dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(4) Comma così modificato dall'art. 13, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(5) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 27 (Comitati regionali di coordinamento). 1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro

un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta

dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,

sono individuati criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della

salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la

commissione consultiva permanente.

2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano i

rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.

Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico) 1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza

sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la

commissione consultiva permanente:

a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di

lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (1);

b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della

Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre

direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;

c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente

decreto in relazione al progresso tecnologico.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 14 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Capo VIII

STATISTICHE DEGLI INFORTUNI

E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Art. 29 (Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali). 1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono

reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.

2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario

coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n.

517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre

soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.

3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da

infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la

classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi

aggiornamenti.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la

commissione consultiva permanente, possono essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in

relazione a particolari rischi.

5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle

malattie professionali, nonchè ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono

individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la

commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.

Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Art. 30 (Definizioni). 1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per

luoghi di lavoro:

a) i luoghi destinati a contenere i posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità

produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque

accessibile per il lavoro.

2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:

a) ai mezzi di trasporto;

b) ai cantieri temporanei o mobili;

c) alle industrie estrattive;

d) ai pescherecci;

e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area

edificata dell'azienda.

3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di

lavoro sono specificate nell'allegato II.

4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori

di handicap.

5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i

gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.

6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma

debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene

personale.

Art. 31 (Requisiti di sicurezza e di salute) (1). 1. Ferme restando le disposizioni legislative e

regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre

1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o

utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di

sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.

2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il

datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli

obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.

3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del

rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro,

previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le

misure, nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 15 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 32 (Obblighi del datore di lavoro). 1. Il datore di lavoro provvede affinchè:

a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di

emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;

b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e

vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la

salute dei lavoratori;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare

condizioni igieniche adeguate;

d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano

sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Art. 33 (Adeguamenti di norme). 1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.

547, è sostituito dal seguente:

"Art. 13. (Vie e uscite di emergenza). 1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un

edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;

b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;

c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati

dall'incendio o altre situazioni di emergenza;

c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro

dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se

incernierata (larghezza utile di passaggio) (1).

2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente

possibile un luogo sicuro.

3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza

da parte dei lavoratori.

4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate

alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi

installate, nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.

5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla

normativa vigente in materia antincendio.

6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo

e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona

che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso

dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta

salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del

fuoco competente per territorio (2).

7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente

autorizzati dall'autorità competente.

8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza,

le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.

9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non

devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.

10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle

disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.

11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di

un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto

elettrico.

12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di

esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due

scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli

edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo

di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già

concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza (3)

13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta

nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".

2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 14. (Porte e portoni). 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e

materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno

durante il lavoro.

2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di

incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni

5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20 (4).

3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima

delle porte è la seguente:

a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere

dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80 (5);

b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50,

il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;

c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e

100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza

minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo (5);

d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in

aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso

dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione

compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.

4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purchè la loro larghezza

complessiva non risulti inferiore.

5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del

5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una

tolleranza in meno del 2% (due per cento) (6).

6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte

di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.

7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le

saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno

del locale.

8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono

esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere

segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.

9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli

trasparenti.

10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.

11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di

sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste

devono essere protette contro lo sfondamento.

12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide

o di cadere.

13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che

impedisca loro di ricadere.

14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i

lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed

accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire

automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.

15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera

appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte,

in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.

16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.

17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che,

per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili

dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di

cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si

applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza

delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia

ovvero dalla licenza di abitabilità (7).».

3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 8. (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1. Le vie di circolazione, comprese

scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i

veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori

operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.

2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero

potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.

3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una

distanza di sicurezza sufficiente.

4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni,

passaggi per pedoni, corridoi e scale.

5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il

tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.

6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi

di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire

che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.

7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di

pericolo.

8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.

9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o

sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle

persone e dei mezzi di trasporto.

10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale

circolazione.

11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito

ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere,

gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.".

4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita

dalla seguente:

"Titolo II

Disposizioni particolari".

5. L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie). 1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi

destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni

caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:

a) altezza netta non inferiore a m 3;

b) cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;

c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.

2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili,

macchine ed impianti fissi.

3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle

volte.

4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può

consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di

ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la

superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque

lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza,

pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.

5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle

aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente." (8).

6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 9. (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). 1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che

tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di

aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione (9).

2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni

eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare

la salute dei lavoratori.

3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono

funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.

4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei

lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.".

7. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 11. (Temperatura dei locali). 1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo

umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai

lavoratori.

2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono

esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.

3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle

mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.

4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei

luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.

5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa

dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi

personali di protezione.".

8. L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 10. (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1. A meno che non sia richisto

diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro

devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere

dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la

salute e il benessere di lavoratori (10).

2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in

modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.

3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto

dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.

4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente

in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".

9. L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe

di carico). 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a

lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:

a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto

conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;

b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;

c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;

d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere

condizioni adeguate di igiene (11).

2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono

essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.

3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il

pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi

verso i punti di raccolta e scarico.

4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere

munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature

impermeabili.

5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta

chiara.

6. La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle

vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da

materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle

vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè

rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino

all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i

lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi (12).

7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati

dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire

un pericolo per i lavoratori.

8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi

che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori

presenti nell'edificio ed intorno ad esso.

9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto

se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.

10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei

necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente

identificabili ed accessibili.

11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.

12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine

di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.

13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere.

13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione

principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di

circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle

banchine di carico (13).».

10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 14. (Locali di riposo). 1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo

di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali

di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.

3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con

schienale in funzione del numero dei lavoratori.

4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli

inconvenienti del fumo.

5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo,

devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante

l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno

prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.

6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai

dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.

7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in

condizioni appropriate.".

11. L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:

"Art. 40. (Spogliatoi e armadi per il vestiario). 1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere

messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per

ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.

2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che

occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò

adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito

dell'orario di lavoro (14).

3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali

di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.

4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a

chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.

5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti

in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive

od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per

gli indumenti privati.

6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al

comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".

12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai

seguenti:

"Art. 37. (Docce). 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori

quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.

2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli

stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.

3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi

senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.

4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi

(15).

Art. 39. (Gabinetti e lavabi). 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali

di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e

dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.

2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di

vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non

superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi (16).».

13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 11. (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). 1. I posti di lavoro e di passaggio

devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività

lavorativa.

2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.

3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai

lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei

veicoli può avvenire in modo sicuro.

4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione

principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di

circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle

banchine di carico (17).

5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si

applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni (17).

6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce

del giorno non è sufficiente.

7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto

tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:

a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;

b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;

c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi

rapidamente;

d) non possono scivolare o cadere.".

14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente

decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

(1) Lettera aggiunta dall'art. 16, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così modificato dall'art. 16, comma 2, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(3) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(4) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(5) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(6) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(7) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3, lett. d), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(8) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(9) Comma così modificato dall'art. 16, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(10) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 7, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(11) Comma così modificato dall'art. 16, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(12) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 5, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(13) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(14) Comma così modificato dall'art. 16, comma 11, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(15) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma 8, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(16) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma 10, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(17) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO

Art. 34 (Definizioni). 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:

a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato

durante il lavoro;

b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di

lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la

manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;

c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale

la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.

Art. 35 (Obblighi del datore di lavoro). (1) 1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori

attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della

salute.

2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi

connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano

essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di lavoro

prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di

cui ai commi 4-bis e 4-ter.

3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.

cbis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle

sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:

a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;

b) utilizzate correttamente;

c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36

e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso;

c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in

particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte

le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.

4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non

semoventi sia assicurato che:

a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in

una zona di lavoro;

b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di

attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza

di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;

c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga

esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo

spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia adeguata;

d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro

soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei

lavoratori.

4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia

assicurato che:

a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del

dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione

dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per

consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli

accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;

b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono

installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure

appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;

c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un

carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne

conservi il controllo diretto o indiretto;

d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate

ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare

simultaneanente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia

stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;

e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano

trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure

appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza

sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e

sistemato con la massima sicurezza;

f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di

funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che

servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i

lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.

4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui

all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche

periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il

buon funzionamento.

4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di

vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio

dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve

accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate".

5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione

ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:

a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro é riservato a lavoratori all'uopo incaricati;

b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato é qualificato in

maniera specifica per svolgere tali compiti.

(1) Come modificato dall’articolo 2 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359.

Art. 36 (Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro). (1) 1. Le attrezzature di lavoro messe a

disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela

della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.

2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in

base al quale l'attrezzatura é stata costruita e messa in servizio.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio

e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure

per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.

4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é

aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò é appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di

lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto

di emergenza.".

5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 é

aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili

ovvero comprensibili senza possibilità di errore.". (2)

6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é

aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 é fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere

l'aggiornamento di questo libretto.".

7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono

aggiunti, in fine, i seguenti commi:

"Un'attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di

dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli.

Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad

emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla

fonte corrispondente a tali pericoli.". (3)

8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del D.Lgs.359/99

nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di

lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non

soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere

costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente. (4)

8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro

adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.

8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del decreto del Presidente della

Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle

effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di

utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'art. 1,

comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.

(1) Come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359.

(2) Comma così modificato dall'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(3) Comma abrogato dall'art. 17, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(4) Termine differito al 5 dicembre 2002 (limitatamente alle attrezzature individuate ai punti 1.3 e 1.4 dell'allegato XV) dall' art. 20

della Legge 1 marzo 2002, n.39

Art. 37 (Informazione) 1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a

disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in

rapporto alla sicurezza e relativa:

a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle

esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;

b) alle situazioni anormali prevedibili.

1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso

delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante,

anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.

2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

(1) Come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359.

Art. 38 (Formazione ed addestramento). 1. Il datore di lavoro si assicura che:

a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle

attrezzature di lavoro;

b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di

cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali

attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.

Art. 39 (Obblighi dei lavoratori). 1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di

addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.

2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all'informazione,

alla formazione ed all'addestramento ricevuti.

3. I lavoratori:

a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;

c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od

inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.

Titolo IV

USO DEI DISPOSITIVI

DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Art. 40 (Definizioni). 1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura

destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi

suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio

destinato a tale scopo.

2. Non sono dispositivi di protezione individuale:

a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la

salute del lavoratore;

b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del

servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;

e) i materiali sportivi;

f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;

g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

Art. 41 (Obbligo di uso). 1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o

sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o

procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

Art. 42 (Requisiti dei DPI). 1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4

dicembre 1992, n. 475.

2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:

a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sè un rischio maggiore;

b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;

c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;

d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.

3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro

compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei

rischi corrispondenti.

Art. 43 (Obblighi del datore di lavoro). 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;

b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinchè questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera

a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;

c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui

all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione

(1).

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un

DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:

a) entità del rischio;

b) frequenza dell'esposizione al rischio;

c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;

d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui

all'art. 45, comma 2.

4. Il datore di lavoro:

a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni

e le sostituzioni necessarie;

b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali,

conformemente alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;

d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da

parte di più persone, prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico

ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;

f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;

g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso

corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.

5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:

a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;

b) per i dispositivi di protezione dell'udito.

(1) Lettera così modificata dall’art. 18 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 44 (Obblighi dei lavoratori). 1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e

addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera

g), e 5.

2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione

ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.

3. I lavoratori:

a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o

inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

Art. 45 (Criteri per l'individuazione e l'uso). 1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento

di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.

2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio

e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei

fattori specifici di rischio, indica:

a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;

b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si

rende necessario l'impiego dei DPI.

Art. 46 (Norma transitoria). 1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza

destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:

a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;

b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative

vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea.

Titolo V

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Art. 47 (Campo di applicazione). 1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la

movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il

lavoro.

2. Si intendono per:

a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di

uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico

che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra

l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;

b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso

lombare.

Art. 48 (Obblighi dei datori di lavoro). 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o

ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una

movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore

di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i

mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base

all'allegato VI.

3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può

essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più

possibile sicura e sana.

4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:

a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in

questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico in base all'allegato VI;

b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in

particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale

attività comporta, in base all'allegato VI;

c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente decreto.

Art. 49 (Informazione e formazione). 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare

per quanto riguarda:

a) il peso di un carico;

b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una

collocazione eccentrica;

c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono

eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto

indicato al comma 1.

Titolo V

USO DI ATTREZZATURE MUNITE

DI VIDEOTERMINALI

Art. 50 (Campo di applicazione). 1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che

comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.

2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:

a) ai posti di guida di veicoli o macchine;

b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;

c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;

d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;

e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo

di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;

f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 51 (Definizioni). 1. Ai fini del presente titolo si intende per:

a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di

visualizzazione utilizzato;

b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con

tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori

opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il

supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostanze;

c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o

abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 54 (1)

(1) Comma così modificato dall’art. 21, comma 1, lett.a , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.

Art. 52 (Obblighi del datore di lavoro). 1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui

all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di

cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

Art. 53 (Organizzazione del lavoro). 1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi

comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più

possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.

Art. 54 (Svolgimento quotidiano del lavoro). 1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno

quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di

attività.

2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore

comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al

viedoterminale.

4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale

ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del

sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa

abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è

riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.

Art. 55 (Sorveglianza sanitaria). 1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo,

sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli

occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il

lavoratore è sottoposto ad esami specialistici. (1)

2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:

a) idonei, con o senza prescrizioni;

b) non idonei.

3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’articolo 16.(2)

3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2. (2)

3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa

stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i

lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi. (2)

4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una

sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l’esito

della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità (2)

5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a

carico del datore di lavoro.

(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 1, lett.b , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.

Art. 56 (Informazione e formazione). 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare

per quanto riguarda:

a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;

b) le modalità di svolgimento dell'attività;

c) la protezione degli occhi e della vista.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto

indicato al comma 1.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con

decreto una guida d'uso dei videoterminali.

Art. 57 (Consultazione e partecipazione). 1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il

rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del

lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.

Art. 58 – (Adeguamento alle norme).

1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all’articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle

prescrizioni minime di cui all’allegato VII (1)

(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 1, lett.c , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.

Art. 59 (Caratteristiche tecniche). 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della

sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono

disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in

funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle

conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.

Titolo VII

PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI MUTAGENI (1)

(1) Rubrica così modificata dall’ art. 1 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66, il quale ha inoltre disposto che nelle

disposizioni del titolo VII, fatta eccezione per gli articoli 61 e 71, dopo le parole: «cancerogeno» o: «cancerogeni» sono

aggiunte, ripettivamente, le parole: «o mutageno» e «o mutageni»

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 60 (Campo di applicazione). 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i

lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività

lavorativa.

2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal decreto legislativo 15 agosto

1991, n. 277, capo III. (1)

3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che

istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.

(1) Comma così modificato dall’ art. 2 del D.Lgs. 25 febbraio 2000. n. 66.

Art. 61 (Definizioni) (1). 1. Agli effetti del presente decreto si intende per:

a) agente cancerogeno:

1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai

sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;

2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle

singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle

categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n.

285;

3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonchè una sostanza od un preparato emessi

durante un processo previsto dall'allegato VIII;

b) agente mutageno:

1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal

decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;

2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle

singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle

categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;

c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo,

di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad

un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Capo II

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Art. 62 (Sostituzione e riduzione). 1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente

cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente

possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è

o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro

provvede affinchè la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema

chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinchè il

livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. L’ esposizione non

deve comunque superare il valore limite dell’ agente stabilito nell’ allegato VIII bis (1).

(1) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’ art. 4 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Art. 63 (Valutazione del rischio). 1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una

valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel

documento di cui all'art. 4, comma 2 (1).

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e

della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro

concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche

in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o

informa polverulente e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o nei impedisce la fuoriuscita.

La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, comreso quello in cui vi è assorbimento

cutaneo (2).

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive

e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:

a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di

processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti

cancerogeni;

b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero

presenti come impurità o sottoprodotti;

c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;

d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;

e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;

f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati

eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del

processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre

anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di

cui all'art. 9, comma 3.

(1) Comma così modificato dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’ art. 5 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Art. 64 (Misure tecniche, organizzative, procedurali). 1. Il datore di lavoro:

a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono

impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli

agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non

sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;

b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti

cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di

avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che

debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto

di fumare;

c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o

mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve

avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4,

comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione

generale;

d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui

alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da

un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto

legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;

f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;

g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di

sicurezza;

h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle

lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando

contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;

i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di

lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente

elevati.

Art. 65 (Misure tecniche). 1. Il datore di lavoro:

a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;

b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati

dagli abiti civili;

c) provvede affinchè i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati

e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni

nuova utilizzazione.

2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).

Art. 66 (Informazione e formazione). 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle

conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:

a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute

connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;

b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di

protezione ed il loro corretto impiego;

e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le

conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto

indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle

attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquiennale, e comunque ogni qualvolta si

verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinchè gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti

cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni

utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e

successive modifiche ed integrazioni.

Art. 67 (Esposizione non prevedibile). 1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono

comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate

per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli

addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e

dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso

dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al

minimo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma

1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.

Art. 68 (Operazioni lavorative particolari). 1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella

di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è

prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del

rappresentante per la sicurezza:

a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove

tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;

b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere

indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo

compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.

Capo III

SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 69 (Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche). 1. I lavoratori per i quali la

valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per

singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure

dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso

agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di

lavoro.

5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:

a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;

b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare

l'efficacia delle misure adottate (1).

6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono

sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la

cessazione dell'attività lavorativa.

(1) Comma così sostituito dall’art. 20, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 70 (Registro di esposizione e cartelle sanitarie) (1). 1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in

un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cangerogeno o mutageno

utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore

di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione

ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede ad istituire e aggiornare

una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del

datore di lavoro.

3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali

contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.

4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la

prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato

unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.

5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le

cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.

6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono

conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a

quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.

7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e

trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali.

8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto

ai commi da 1 a 7:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per

territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le

variazioni intervenute;

b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;

c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di

vigilanza competente per territorio;

d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad

agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel

registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in

possesso ai sensi del comma 4.

9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con

decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della

previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.

10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri

di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.".

(1) Articolo così sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Art. 71 (Registrazione dei tumori). 1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli istituti

previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da

esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione

clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.

2. L’ ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi

cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte

dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonchè i dati di carattere

occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati nell’ ambito delle rispettive attività istituzionali dall’ Istituto

nazionale della previdenza sociale - INPS, dall’ Istituto nazionale per l’ assicurazione contro gli infortuni sul

lavoro - INAIL, e da altre istituzioni pubbliche. L’ ISPESL rende disponibile al Ministero della Sanità ed alle

regioni i risultati del monitoraggio con periodicità annuale (1)

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione

consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di

neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonchè le

modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.

4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei

dati del registro di cui al comma 1.

(1) Comma così sostituito dall’ art. 7 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Art. 72 (Adeguamenti normativi) (1) 1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua

periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo

classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi

stabiliti e fornisce consulenza ai ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in

tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.

2. Con decreto dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione

consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:

a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII bis in funzione del progresso tecnico, dell’ evoluzione di

normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o

mutageni;

b) è pubblicato l’ elenco delle sostanze in funzione dell’ individuazione effettuata ai sensi del comma 1.

(1) Articolo così sostituito dall’ art. 8 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Titolo VII-bis

PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI (1)

(1) Titolo inserito dall’art. 2 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Art. 72-bis (Campo di applicazione).

1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e

la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come

risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.

2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono

presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono

provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive

modifiche.

3. Per gli agenti cancerogeni sul lavoro, si applicano le disposizioni del presente titolo, fatte salve le

disposizioni specifiche contenute nel titolo VII del decreto legislativo n. 626/94, come modificato dal decreto

legislativo 25 febbraio 2000, n. 66.

4. Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte

salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28

settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, di attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle

disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall’articolo 2 della direttiva

93/75/CEE, nelle disposizioni dell’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per

vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR),

quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci

pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.

5. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che

restano disciplinate dalla normativa specifica.

Art. 72-ter (Definizioni)

1. Ai fini del presente titolo si intende per:

a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o

ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano

essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;

b) agenti chimici pericolosi:

1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.

52, e successive modifiche, nonchè gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze

pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;

2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285,

e successive modifiche, nonchè gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi

di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;

3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono

comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche

chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti

chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;

c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti

chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione,

l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività

lavorativa;

d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della

concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione

di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato

nell’allegato VIII-ter;

e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un

indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato

VIII-quater;

f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione

dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;

g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;

h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o

esposizione.

Art. 72-quater (Valutazione dei rischi)

1. Nella valutazione di cui all’art. 4, il datore di lavoro determina, preliminarmente l’eventuale presenza di

agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori

derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:

a) le loro proprietà pericolose;

b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la relativa

scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285 e

successive modifiche;

c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;

d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;

e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato

negli allegati VIII-ter ed VIII-quater;

f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;

g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.

2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi

dell’articolo 60-quinquies e, ove applicabile, dell’articolo 60-sexies. Nella valutazione medesima devono essere

incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione

o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo che sono state

adottate tutte le misure tecniche.

3. Nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono

valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.

4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e

successive modifiche, il fornitore o il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di

lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.

5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con

gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei

rischi.

6. Nel caso di un’attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei

rischi che essa presenta e l’attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale

attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all’attuazione

delle misure di prevenzione.

7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli

mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino

la necessità.

Art. 72-quinquies (Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, devono essere eliminati i rischi derivanti da agenti

chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:

a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;

b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;

c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;

d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;

e) misure igieniche adeguate;

f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della

lavorazione;

g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione,

nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti che

contengono detti agenti chimici.

2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente

chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è

solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono

sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 60-sexies, 60-septies, 60-decies, 60-

undecies.

Art. 72-sexies (Misure specifiche di protezione e di prevenzione).

1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 60-bis, provvede

affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con

altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori.

Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro

garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure nell’indicato ordine di priorità:

a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonchè uso di attrezzature e materiali

adeguati;

b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;

c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a

prevenire con altri mezzi l’esposizione;

d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 60-decies e 60-undecies.

2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e

di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono

influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio

per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco non esaustivo nell’allegato VIII-sexties

o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione

professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

3. Se è stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il

datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di

prevenzione e protezione.

4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi

noti ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai

sensi del comma 2 per l’adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 60-

quater. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di

lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi

l’immagazzinamento, la manipolazione e l’isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il

datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o

quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.

5. Laddove la natura dell’attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di

concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il

datore di lavoro deve in particolare:

a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza

di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze

chimicamente instabili;

b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti

pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti

all’accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze

chimicamente instabili;

6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva

ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto

riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.

7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e

macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di

esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.

8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale,

delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione all’organo di

vigilanza.

Art. 72-septies (Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze)

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 e al decreto ministeriale 10 marzo 1998, il datore

di lavoro, per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze

derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento

adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza da

effettuarsi a intervalli regolari e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.

2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli

effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro

adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.

3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione

delle riparazioni e delle attività necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale

ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.

4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di

comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza.

5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano di cui al decreto 10 marzo 1998, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:

a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per

l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le

situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;

b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal

verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al

presente articolo.

6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la

zona interessata.

Art. 72-octies (Informazione e formazione per i lavoratori)

1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro

rappresentanti dispongano di:

a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche

importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;

b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l’identità degli agenti, i

rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni

normative relative agli agenti;

c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro

stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;

d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal fornitore ai sensi dei decreti

legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.

2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:

a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all’articolo 60-quater. Tali

informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall’addestramento

individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla

valutazione del rischio;

b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.

3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non

siano contrassegnati da segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996,

n. 493, il datore di lavoro provvede affinchè la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli

eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.

4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli

agenti chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997 n. 52,

e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.

Art. 72-novies (Divieti)

1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate

all’allegato VIII-quinquies.

2. Il divieto non si applica se un agente è presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purchè la

concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nello stesso allegato.

3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione, le seguenti

attività:

a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;

b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;

c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.

4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente titolo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di

lavoro evita l’esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l’uso più rapido possibile degli agenti

come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto

nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.

5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di

autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero della salute e la

regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalle seguenti informazioni:

a) i motivi della richiesta di deroga;

b) i quantitativi dell’agente da utilizzare annualmente;

c) il numero dei lavoratori addetti;

d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;

e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire l’esposizione dei lavoratori.

Art. 72-decies (Sorveglianza sanitaria)

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60-quinquies, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza

sanitaria di cui all’articolo 16 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai

criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo

riproduttivo.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;

b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con

adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la

sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;

c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al

lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un

valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tal

monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai

rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.

5. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive

particolari per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure

possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 8 del decreto

legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di

lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute

imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente informa

individualmente i lavoratori interessati ed il datore di lavoro.

7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:

a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell’articolo 60-quater;

b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;

c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o

ridurre il rischio;

d) prendere le misure affinchè sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che

hanno subito un’esposizione simile.

8. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della

sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente.

Art. 72-undecies (Cartelle sanitarie e di rischio)

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 60-decies istituisce ed aggiorna una

cartella sanitaria e di rischio custodita presso l’azienda, o l’unità produttiva, secondo quanto previsto

dall’articolo 17, comma 1, lettera d), e fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle

lettere e) ed f) dello stesso articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di esposizione

professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.

2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.

3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le cartelle sanitarie e di rischio sono trasmesse all’ISPESL.

Art. 72-duodecies (Consultazione e partecipazione dei lavoratori)

1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle

disposizioni di cui al Titolo I, Capo V.

Art. 72-terdecies (Adeguamenti normativi)

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, d’intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato, un

comitato consultivo per la determinazione e l’aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei

valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di

chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute su

proposta dell’Istituto superiore di sanità, dell’ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in

rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e

delle politiche sociali, anche su proposta dell’Istituto italiano di medicina sociale. Il Comitato si avvale del

supporto organizzativo e logistico della direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero

del lavoro e delle politiche sociali.

2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute d’intesa con la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per le

attività produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione

professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite

nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono

aggiornati gli allegati VIII-ter, quater, quinquies e sexies in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di

normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici

pericolosi.

3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio moderato di cui all’articolo 60-quinquies,

comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori

limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.

4. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e

delle politiche sociali e della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

e le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del

presente decreto, i parametri per l’individuazione del rischio moderato di cui all’articolo 60-quinquies, comma 2,

sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente

rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative.

Scaduto inutilmente il termine di cui al precedente periodo, la valutazione del rischio moderato è comunque

effettuata dal datore di lavoro".

Titolo VIII

PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI

Capo I

Art. 73 (Campo di applicazione). 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative

nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.

2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato

di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente

modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso (1).

(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 74 (Definizioni). 1. Ai sensi del presente titolo si intende per:

a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed

endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;

b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire

materiale genetico;

c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

Art. 75 (Classificazione degli agenti biologici). 1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro

gruppi a seconda del rischio di infezione:

a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti

umani;

b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un

rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci

misure profilattiche o terapeutiche;

c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce

un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili

efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani

e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella

comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure, profilattiche o terapeutiche.

2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo

inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le

due possibilità.

3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.

Art. 76 (Comunicazione). 1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di

agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti

informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:

a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;

b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.

2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un agente

biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.

3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni

mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o,

comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via

provvisoria.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.

5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente modificati

appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui

al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal

predetto decreto.

6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1

anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.

Art. 77 (Autorizzazione). 1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un

agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.

2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:

a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;

b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.

3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell'Istituto superiore di sanità.

Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per

l'autorizzazione ne comporta la revoca.

4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della sanità di

ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonchè di ogni avvenuta cessazione di impiego di un

agente biologico del gruppo 4.

5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.

6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni

concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità

istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata

l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

Capo II

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Art. 78 (Valutazione del rischio). 1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma

1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità

lavorative, ed in particolare:

a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la

salute umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla

base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;

b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;

c) dei potenziali effetti allergici e tossici;

d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione

diretta all'attività lavorativa svolta;

e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul

rischio;

f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi

accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni

lavorative (1).

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche

dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre

anni dall'ultima valutazione effettuata.

4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX, che, pur non comportando la

deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori

agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81,

commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non

è necessaria.

5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:

a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;

b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);

c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonchè le misure preventive e protettive applicate;

e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente

biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma

1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.

(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 79 (Misure tecniche, organizzative, procedurali). 1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui

all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e

procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:

a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;

b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;

c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;

d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile

evitare altrimenti l'esposizione;

e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente

biologico fuori dal luogo di lavoro;

f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento

appropriati;

g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;

h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;

i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se

necessario o tecnicamente realizzabile;

l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni

di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento

dei rifiuti stessi;

m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici

all'interno del luogo di lavoro.

Art. 80 (Misure igieniche). 1. In tutte le attività nelle quali in valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi

per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:

a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda,

nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;

b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti

separati dagli abiti civili;

c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione,

provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;

d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti

quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e,

se necessario, distrutti.

2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione.

Art. 81 (Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie). 1. Il datore di lavoro, nelle strutture

sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di

agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale

presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.

2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate

procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la

comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.

3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da

agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio

di infezione sono indicate nell'allegato XII.

Art. 82 (Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari). 1. Fatto salvo quanto specificatamente

previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di

ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberamente contaminati con tali

agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XII.

2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:

a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al

gruppo 2;

b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo

3;

c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al

gruppo 4.

3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni

per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro

adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.

4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso

può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti

almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità,

può individuare misure di contenimento più elevate.

Art. 83 (Misure specifiche per i processi industriali). 1. Fatto salvo quanto specificamente previsto

all'allegato XI, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore

di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei

criteri di cui all'art. 82, comma 2.

2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la

salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di

contenimento.

Art. 84 (Misure di emergenza). 1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione

nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare

immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con

l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.

2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonchè i

lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure

che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.

3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi

infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.

Art. 85 (Informazioni e formazione). 1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia

rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze

disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:

a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;

b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro

corretto impiego;

e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;

f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le

conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto

indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle

attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano

nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da

seguire in caso di infortunio od incidente.

Capo III

SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 86 (Prevenzione e controllo). 1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha

evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per

quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le

quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente

biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15

agosto 1991, n. 277.

2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno

stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di

lavoro (1).

2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del

rischio in conformità all'art. 78 (1).

2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono

sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che

comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonchè sui vantaggi

ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione (1).

(1) Comma aggiunto dall’ art. 21, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 87 (Registri degli esposti e degli eventi accidentali). 1. I lavoratori addetti ad attività comportanti

uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi,

l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.

2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico

competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno

accesso a detto registro.

3. Il datore di lavoro:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto superiore per la

prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi,

ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute (1);

b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza

competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al

contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle

sanitarie e di rischio (1);

c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e all'organo di

vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la

prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonchè le cartelle sanitarie e di rischio (1);

d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione

allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma

1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio (2);

e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali

contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la

sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1 (2).

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono

conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla

cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono

provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo

tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni (3).

5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto

professionale.

6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono

determinati con decreto del Ministro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione

consultiva permanente (4).

7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del registro

di cui al comma 1.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 21, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Lettera così modificata dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(3) Comma così modificato dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(4) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 88 (Registro dei casi di malattia e di decesso). 1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di

malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.

2. I medici, nonchè le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di

decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione

consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonchè le modalità

di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.

4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati

del registro di cui al comma 1.

Titolo IX

SANZIONI

Art. 89 (Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti) (1) 1. Il datore di lavoro è punito

con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4,

commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86,

comma 2-ter.

2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli

articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22,

commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a),

b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 60-quater, commi da 1 a 3,

6 e 7; 60-sexies; 60-septies; 60-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 60-decies, comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;

66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81,

commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1, 2; (3)

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire 5 milioni per la violazione

degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1,

lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 60-octies, commi 1, 2 e 3,

60-decies, commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84,

comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2. (4)

3. ll datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a

lire 6 milioni per la violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3, 4, 5, 6 e 8; 87,

commi 3 e 4 (2)

(1) Articolo così sostituito dall’art. 22 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Si vedano, ora, gli articoli 6 e 8 del D.Lgs. 4 agosto

1999, n. 359, riportato in Appendice di aggiornamento.

(2) Comma così modificato dall’ art. 11 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

(4) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Art. 90 (Contravvenzioni commesse dai preposti) (1).

1. I preposti sono puniti:

a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 2 milioni per la violazione degli

articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30,

commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2;

54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 60-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 60-sexies; 60-septies; 60-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 60-

decies, comma 7, 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80,

comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2; (2)

b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da lire 300 mila a lire 1 milione per la violazione degli

articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21;

37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 60-sexies, comma 8; 60-decies, commi 1, 2, 3, e

5; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4. (3)

(1) Articolo così sostituito dall’art. 23 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Art. 91 (Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori) (1). 1. La

violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire

sessanta milioni.

2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire

seicentomila a lire due milioni.

(1) Rubrica così sostituita dall’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 92 (Contravvenzioni commesse dal medico competente). 1. Il medico competente è punito:

a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli

articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l); "60-decies, comma 3, primo periodo e comma 6; 60-undecies; 69,

comma 4; 86, comma 2 bis; (1) (3)

b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione

degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonchè del comma 3, e 70, comma 2 (2).

(1) Lettera così modificata dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Lettera dapprima modificata dall’art. 24, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificata dall’ art.11 del

D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Art. 93 (Contravvenzioni commesse dai lavoratori) (1). 1. I lavoratori sono puniti:

a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila

per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3 (2);

b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la

violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.

(1) Articolo così modificato dall'art. 27, comma 13, del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.

(2) Lettera così modificata dall’art. 24, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 94 (Violazioni amministrative). 1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80,

comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.

Titolo X

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 95 (Norma transitoria). 1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il

31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai

rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando

l'osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).

Art. 96 (Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4). 1. E' fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4

nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 96 bis (Attuazione degli obblighi) (1). 1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui

all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi

dall'effettivo inizio dell'attività.

(1) Articolo inserito dall’art. 25 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Art. 97 (Obblighi d'informazione) 1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla

commissione:

a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori

durante il lavoro;

b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV;

c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e VI.

2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.

Art. 98 (Norma finale). 1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente

decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.

Allegato I (1)

Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e

protezione dai rischi (art. 10)

1. Aziende artigiane e industriali (2).......... fino a 30 addetti

2. Aziende agricole e zootecniche.............. fino a 10 addetti

3. Aziende della pesca ............................... fino a 20 addetti

4. Altre aziende .......................................... fino a 200 addetti

(1) Allegato così modificato dall’art. 26 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

(2) Escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive

modificazioni, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli artt. 4 e 6 del decreto stesso: le centrali

termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive ed altre attività minerarie, le aziende per la

fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

Allegato II

Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro

1. Rilevazione e lotta antincendio

A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e

chimiche delle sostanze presenti, nonchè del numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi

di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio, e se del caso, di rilevatori di

incendio e di sistemi di allarme.

I dispositivi non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e utilizzabili. Essi

devono essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.

Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole.

2. Locali adibiti al pronto soccorso

Qualora l'importanza dei locali, il tipo di attività in essi svolta e la frequenza degli infortuni lo richiedano,

occorre prevedere uno o più locali adibiti al pronto soccorso.

I locali adibiti al pronto soccorso devono essere dotati di apparecchi e di materiale di pronto soccorso

indispensabili ed essere facilmente accessibili con barelle.

Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.

Il materiale di pronto soccorso deve inoltre essere disponibile in tutti i luoghi in cui le condizioni di lavoro

lo richiedano.

Esso deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deve essere facilmente accessibile.

Allegato III

Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai fini dell'impiego

di attrezzature di protezione individuale

Allegato IV (1)

Elenco indicativo e non esauriente delle

attrezzature di protezione individuale

Dispositivi di protezione della testa

- Caschi di protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie);

- Copricapo leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera);

- Copricapo di protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata, ecc., in tessuto, in tessuto rivestito, ecc.).

Dispositivi di protezione dell'udito

- Palline e tappi per le orecchie;

- Caschi (comprendenti l'apparato auricolare);

- Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l'industria;

- Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza;

- Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.

Dispositivi di protezione degli occhi e del viso

- Occhiali a stanghette;

- Occhiali a maschera;

- Occhiali di protezione contro i raggi x, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili;

- Schermi facciali;

- Maschere e caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).

Dispositivi di protezione delle vie respiratorie

- Apparecchi antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive;

- Apparecchi isolanti a presa d'aria;

- Apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile;

- Apparecchi ed attrezzature per sommozzatori;

- Scafandri per sommozzatori.

Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia

- Guanti:

contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.);

contro le aggressioni chimiche;

per elettricisti e antitermici;

- Guanti a sacco;

- Ditali;

- Manicotti;

- Fasce di protezione dei polsi;

- Guanti a mezze dita;

- Manopole.

Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe

- Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza;

- Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido;

- Scarpe con protezione supplementare della punta del piede;

- scarpe e soprascarpe con suola anticalore;

- scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il calore;

- scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il freddo;

- scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro le vibrazioni;

- scarpe, stivali e soprastivali di protezione antistatici;

- scarpe, stivali e soprastivali di protezione isolanti;

- stivali di protezione contro le catene delle trance meccaniche;

- zoccoli;

- ginocchiere;

- dispositivi di protezione amovibili del collo del piede;

- ghette;

- suole amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);

- ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.

Dispositivi di protezione della pelle

- Creme protettive/pomate.

Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome

- Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi

di metallo fuso, ecc.);

- giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche;

- giubbotti termici;

- giubbotti di salvataggio;

- grembiuli di protezione contro i raggi X;

- cintura di sicurezza del tronco.

Dispositivi dell'intero corpo

- Attrezzature di protezione contro le cadute;

- attrezzature cosiddette anticaduta (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al

funzionamento);

- attrezzature con freno "ad assorbimento di energia cinetica" (attrezzature complete comprendenti tutti gli

accessori necessari al funzionamento);

- dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza).

Indumenti di protezione

- Indumenti di lavoro cosiddetti "di sicurezza" (due pezzi e tute);

- indumenti di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);

- indumenti di protezione contro le aggressioni chimiche;

- indumenti di protezione contro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi infrarossi;

- indumenti di protezione contro il calore;

- indumenti di protezione contro il freddo;

- indumenti di protezione contro la contaminazione radioattiva;

- indumenti antipolvere;

- indumenti antigas;

- indumenti ed accessori (bracciali e guanti, ecc.), fluorescenza di segnalazione, catarifrangenti;

- coperture di protezione.

(1) Allegato così modificato dall’art. 27 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Allegato V (1)

Elenco indicativo e non esauriente delle attività e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario

mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale

1. Protezione del capo (protezione del cranio)

Elmetti di protezione

- Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimità di impalcature e di posti di lavoro sopraelevati,

montaggio e smontaggio di armature, lavori di installazione e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione;

- Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, costruzioni

idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali

elettriche;

- Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera;

- Lavori in terra e in roccia;

- Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di spostamento di ammassi di sterile;

- Uso di estrattori di bulloni;

- Brillatura mine;

- Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e nastri trasportatori;

- Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti

metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e a stampo, nonchè in fonderie;

- Lavori in forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e condotte;

- Costruzioni navali;

- Smistamento ferroviario;

- Macelli.

2. Protezione del piede

Scarpe di sicurezza con suola imperforabile

- Lavori di rustico, di genio civile e lavori stradali;

- Lavori su impalcature;

- Demolizioni di rustici;

- Lavori in calcestruzzo ed in elementi prefabbricati con montaggio e smontaggio di armature;

- Lavori in cantieri edili e in aree di deposito;

- Lavori su tetti.

Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile

- Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in strutture di grande altezza, piloni, torri, ascensori e montacarichi,

costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru, caldaie,

e impianti elettrici;

- Costruzioni di forni, installazione di impianti di riscaldamento e di aerazione, nonchè montaggio di

costruzioni metalliche;

- Lavori di trasformazione e di manutenzione;

- Lavori in altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti metallurgici, impianti di

fucinatura a maglio e a stampo, impianti di pressatura a caldo e di trafilatura;

- Lavori in cave di pietra, miniere, a cielo aperto e rimozione di discarica;

- Lavorazione e finitura di pietre;

- Produzione di vetri piani e di vetri cavi, nonchè lavorazione e finitura;

- Manipolazione di stampi nell'industria della ceramica;

- Lavori di rivestimenti in prossimità del forno nell'industria della ceramica;

- Lavori nell'industria della ceramica pesante e nell'industria dei materiali da costruzione;

- Movimentazione e stoccaggio;

- Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di conserve;

- Costruzioni navali;

Smistamento ferroviario.

Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua e con intersuola imperforabile

- Lavori sui tetti.

Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante

- Attività su e con masse molto fredde o ardenti.

Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido

- In caso di rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse.

3. Protezione degli occhi o del volto

Occhiali di protezione, visiere o maschere di protezione

- Lavori di saldatura, molatura e tranciatura;

- Lavori di mortasatura e di scalpellatura;

- Lavorazione e finitura di pietre;

- Uso di estrattori di bulloni;

- Impiego di macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiale che producono trucioli corti;

- Fucinatura a stampo;

- Rimozione e frantumazione di schegge;

- Operazioni di sabbiatura;

- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi;

- Impiego di pompe a getto liquido;

- Manipolazione di masse incandescenti fuse o lavori in prossimità delle stesse;

- Lavori che comportano esposizione al calore radiante;

- Impiego di laser.

4. Protezione delle vie respiratorie

Autorespiratori

- Lavori in contenitori, in vani ristretti ed in forni industriali riscaldati a gas, qualora sussista il rischio di

intossicazione da gas o di carenza di ossigeno;

- Lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno;

- Lavori in prossimità dei convertitori e delle condutture di gas di altoforno;

- Lavori in prossimità della colata in siviera qualora sia prevedibile che se ne sprigionino fumo di metalli

pesanti;

- Lavori di rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la formazione di polveri;

- Verniciatura a spruzzo senza sufficiente aspirazione;

- Lavori in pozzetti, canali ed altri vani sotterranei nell'ambito della rete fognaria;

- Attività in impianti frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita del refrigerante.

5. Protezione dell'udito

Otoprotettori

- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli;

- Lavori che implicano l'uso di utensili pneumatici;

- Attività del personale a terra negli aeroporti;

- Battitura di pali e costipazione del terreno;

- Lavori nel legname e nei tessili

6. Protezione del tronco, delle braccia e delle mani

Indumenti protettivi

- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi;

- Lavori che comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o comunque un'esposizione al

calore;

- Lavorazione di vetri piani;

- Lavori di sabbiatura;

- Lavori in impianti frigoriferi.

Indumenti protettivi difficilmente infiammabili

- Lavori di saldatura in ambienti ristretti.

Grembiuli imperforabili

- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli;

- Lavori che comportano l'uso di coltelli, nel caso in cui questi siano mossi in direzione del corpo.

Grembiuli di cuoio

- Saldatura;

- Fucinatura;

- Fonditura.

Bracciali

- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli.

Guanti

- Saldatura;

- Manipolazione di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista il rischio che il guanto rimanga

impigliato nelle macchine;

- Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini.

Guanti a maglia metallica

- Operazione di disossamento e di squartamento nei macelli;

- Attività protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e macellazione;

- Sostituzione di coltelli nelle taglierine.

7. Indumenti di protezione contro le intemperie

- Lavori edili all'aperto con clima piovoso e freddo.

8. Indumenti fosforescenti

- Lavori in cui è necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori.

9. Attrezzatura di protezione anticaduta (imbracature di sicurezza)

- Lavori su impalcature;

- Montaggio di elementi prefabbricati;

- Lavori su piloni.

10. Attacco di sicurezza con corda

- Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru;

- Posti di lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori;

- Posti di lavoro sopraelevati su torri di trivellazione;

- Lavori in pozzi e in fogne.

11. Protezione dell'epidermide

- Manipolazione di emulsioni;

- Concia di pellami.

(1) Allegato così modificato dall’art. 28 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Allegato VI

Elementi di riferimento

1. Caratteristiche del carico

La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi

seguenti:

- il carico è troppo pesante (kg 30);

- è ingombrante o difficile da afferrare;

- è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;

- è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal

tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;

- può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in

particolare in caso di urto.

2. Sforzo fisico richiesto

Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:

- è eccessivo;

- può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;

- può comportare un movimento brusco del carico;

- è compiuto con il corpo in posizione instabile.

3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro

Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorsolombare

nei seguenti casi:

- lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta;

- il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal

lavoratore;

- il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a

un'altezza di sicurezza o in buona posizione;

- il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli

diversi;

- il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;

- la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.

4. Esigenze connesse all'attività

L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti

esigenze:

- sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;

- periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente;

- distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;

- un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.

Fattori individuali di rischio

Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:

- inidoneità fisica a svolgere il compito in questione;

- indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;

- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.

Allegato VII (1)

Prescrizioni minime

Osservazione preliminare

Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VI e qualora

gli elementi esistano sul posto di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della

mansione.

1. Attrezzature

a) Osservazione generale

L'utilizzazione in sè dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.

b) Schermo

I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza

sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee.

L'immagine sullo schermo deve essere stabile; esente da sfarfallamento o da altre forme d'instabilità.

La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da

parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali.

Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze

dell'utilizzatore.

E' possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile.

Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore.

c) Tastiera

La tastiera dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una

posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia o delle mani.

Lo spazio davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia

dell'utilizzatore.

La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi.

La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso della tastiera

stessa.

I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di

lavoro.

d) Piano di lavoro

Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere

una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.

Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre

al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi.

E' necessario uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda.

e) Sedile di lavoro

Il sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di movimento ed una

posizione comoda. I sedili debbono avere altezza regolabile.

Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione.

Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino.

2. Ambiente

a) Spazio

Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per

permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi.

b) Illuminazione

L'illuminazione generale ovvero l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire

un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle

caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore.

Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando

l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro

caratteristiche tecniche.

c) Riflessi e abbagliamenti

I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le finestre e le altre aperture,

le pareti trasparenti o traslucide, nonchè le attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi sullo

schermo.

Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce

diurna che illumina il posto di lavoro.

d) Rumore

Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione

al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la

comunicazione verbale.

e) Calore

Le attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa

essere fonte di disturbo per i lavoratori.

f) Radiazioni

Tutte le radiazioni, eccenzion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere

ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

g) Umidità

Si deve fare in modo da ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente.

3. Interfaccia elaboratore/uomo

All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorchè questo viene modificato, come

anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto

dei seguenti fattori:

a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;

b) il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di conoscenza e di esperienza

dell'utilizzatore; nessun dispositivo o controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei

lavoratori;

c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento;

d) i sistemi devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;

e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte

dell'uomo.

(1) Allegato così modificato dall’art. 29 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

Allegato VIII

Elenco di sostanze, preparati e processi (1)

1. Produzione di auramina col metodo Michler.

2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella

pece di carbone.

3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a

temperature elevate.

4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.

5. Il lavoro comportante l’ esposizione a polvere di legno duro.

(1) Allegato così modificato dall’ art. 9 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato VIII-bis

(art. 61, comma 2; art. 62, comma 3 e art. 72, comma 2, lettera a)

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE (1)

Nome agente EINECS(1) CAS(2) Valore limite di esposizione

professionale

Osservazioni Misure transitorie

Mg/m3(3) ppm(4)

Benzene 200-753-7 71-43-2 3,25(5) 1(5) Pelle(6) Sino al 31 Dicembre 2001

il valore limite è di 3 ppm

(=9,75 mg/m3)

Cloruro di vinile

monomero

200-831 75-01-4 7,77(5) 3(5) -- --

Polveri di legno -- -- 5,00(5)(7) -- -- --

(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances).

(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service.

(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20o e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio).

(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3).

(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore.

(6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale attraverso la possibile esposizione cutanea.

(7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le

polveri di legno presenti nella miscela in questione".

(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato VIII-ter

(articolo 60-ter, comma 1, lettera d)

VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE (1)

EINECS1) CAS2) NOME AGENTE NOME AGENTE NOTAZIONE3)

8 ore4) Breve

Termine5)

mg/m3

6)

Ppm

7)

mg/m3

6)

ppm

7)

Piombo inorganico e suoi

composti

0,15

1. EINECS European Inventory of Existing Chemical Substances.

2. CAS Chemical Abstract Service Registry Number.

3. La notazione Pelle attribuita ai valori limite di esposizione indica la possibilità di assorbimento significativo attraverso la

pelle.

4. Misurato e calcolato rispetto ad un periodo di riferimento di 8 ore.

5. Valore limite al di sopra del quale non vi deve essere esposizione e si riferisce ad un periodo di 15 minuti se non altrimenti

specificato.

6. mg/m3: milligrammi per metro cubo di aria a 20o C e 101,3 Kpa.

7. ppm parti per milione di aria (ml/m2).

(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato VIII-quater

(art. 60-ter, comma 1, lettera e)

VALORI LIMITE BIOLOGICI OBBLIGATORI E PROCEDURE DI SORVEGLIANZA SANITARIA (1)

Piombo e suoi composti ionici.

1. Il monitoraggio biologico comprende la misurazione del livello di piombo nel sangue (PbB) con l’ausilio della spettroscopia

ad assorbimento atomico o di un metodo che dia risultati equivalenti. Il valore limite biologico è il seguente: 60 mg Pb/100 ml

di sangue. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100

millilitri di sangue comporta, comunque, allontanamento dall’esposizione.

2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando:

l’esposizione a una concentrazione di piombo nell’aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla

settimana, è superiore a 0,075 mg/m3; nei singoli lavoratori è riscontrato un contenuto di piombo nel sangue superiore a 40

mg Pb/100 ml di sangue.

(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato VIII-quinquies

(art. 60-novies, comma 1)

DIVIETI (1)

a) Agenti chimici

N. EINECS (1) N. CAS (2) Nome dell’agente Limite di concentrazione per

l’esenzione

- - -

202-080-4 91-59-8 2-naftilammina e suoi sali 0.1% in peso

202-177-1 92-67-1 4-amminodifenile e suoi sali 0,1% in peso

202-199-1 92-87-5 Benzidina e suoi sali 0,1% in peso

202-204-7 92-93-3 4-nitrodifenile 0,1% in peso

b) Attività lavorative: Nessuna

(1) EINECS European Inventory of Existing Commercial Chemical Substance

(2) CAS Chemical Abstracts Service

(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato VIII-sexties

(articolo 60-sexies, comma 2) (1)

UNI EN 481:1994 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per

la misurazione delle particelle aerodisperse.

UNI EN 482:1998 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Requisiti generali per le prestazioni dei

procedimenti di misurazione degli agenti chimici.

UNI EN 689 1997 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per

inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di

misurazione.

UNI EN 838 1998 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Campionatori diffusivi per la determinazione

di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova.

UNI EN 1076:1999 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Tubi di assorbimento mediante pompaggio

per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova.

UNI EN 1231 1999 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Sistemi di misurazione di breve durata con

tubo di rivelazione. Requisiti e metodi di prova.

UNI EN 1232: 1999 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento personale di

agenti chimici. Requisiti e metodi di prova.

UNI EN 1540:2001 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Terminologia.

UNI EN 12919:2001 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento di agenti

chimici con portate maggiori di 5 l/min. Requisiti e metodi di prova.

(1) Allegato aggiunto dall’ art. 10 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

Allegato IX

Elenco esemplificativo di attività lavorative che possono

comportare la presenza di agenti biologici

1. Attività in industrie alimentari.

2. Attività nell'agricoltura.

3. Attività nelle quali vi è contatto con animali e/o con prodotti di origine animale.

4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.

5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.

6. Attività in impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.

7. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.

Allegato X

Segnale di rischio biologico

Allegato XI

Elenco degli agenti biologici classificati

1. Sono inclusi nella classificazione unicamente gli agenti di cui è noto che possono provocare malattie infettive in

soggetti umani.

I rischi tossico ovvero allergenico eventualmente presenti sono indicati a fianco di ciascun agente in apposita colonna.

Non sono stati presi in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto

sull'uomo.

In sede di compilazione di questo primo elenco di agenti biologici classificati non si è tenuto conto dei microrganismi

geneticamente modificati.

2. La classificazione degli agenti biologici si basa sull'effetto esercitato dagli stessi su lavoratori sani.

Essa non tiene conto dei particolari effetti sui lavoratori la cui sensibilità potrebbe essere modificata da altre cause quali

malattia preesistente, uso di medicinali, immunità compromessa, stato di gravidanza o allattamento, fattori dei quali è tenuto

conto nella sorveglianza sanitaria di cui all'art. 95.

3. Gli agenti biologici che non sono stati inclusi nei gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono implicitamente inseriti nel gruppo

1.

Per gli agenti di cui è nota per numerose specie la patogenicità per l'uomo, l'elenco comprende le specie più

frequentemente implicate nelle malattie, mentre un riferimento di carattere più generale indica che altre specie appartenenti

allo stesso genere possono avere effetti sulla salute dell'uomo.

Quando un intero genere è menzionato nell'elenco degli agenti biologici, è implicito che i ceppi e le specie definiti non

patogeni sono esclusi dalla classificazione.

4. Quando un ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento richiesto dalla classificazione

del ceppo parentale non è necessariamente applicato a meno che la valutazione del rischio da esso rappresentato sul luogo di

lavoro non lo richieda.

5. Tutti i virus che sono già stati isolati nell'uomo e che ancora non figurano nel presente allegato devono essere

considerati come appartenenti almeno al gruppo 2, a meno che sia provato che non possono provocare malattie nell'uomo.

6. Taluni agenti classificati nel gruppo 3 ed indicati con doppio asterisco (**) nell'elenco allegato possono comportare

un rischio di infezione limitato perchè normalmente non sono veicolati dall'aria. Nel caso di particolari attività

comportanti l'utilizzazione dei suddetti agenti, in relazione al tipo di operazione effettuata e dei quantitativi impiegati

può risultare sufficiente, per attuare le misure di cui ai punti 2 e 13 dell'Allegato XII ed ai punti 2, 3, 5 dell'Allegato XIII,

assicurare i livelli di contenimento ivi previsti per gli agenti del gruppo 2.

7. Le misure di contenimento che derivano dalla classificazione dei parassiti si applicano unicamente agli stadi del ciclo

del parassita che possono essere infettivi per l'uomo.

8. L'elenco contiene indicazioni che individuano gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o

tossiche, quelli per i quali è disponibile un vaccino efficace e quelli per i quali è opportuno conservare per almeno dieci anni

l'elenco dei lavoratori che hanno operato in attività con rischio di esposizione a tali agenti.

Tali indicazioni sono:

A: possibili effetti allergici;

D: l'elenco dei lavoratori che hanno operato con detti agenti deve essere conservato per almeno dieci anni dalla

cessazione dell'ultima attività comportante rischio di esposizione;

T: produzione di tossine;

V: vaccino efficace disponibile.

Batteri e organismi simili

N.B.: Per gli agenti che figurano nel presente elenco la menzione "spp" si riferisce alle altre specie riconosciute patogene

per l'uomo.

Agente biologico Classificazione Rilievi

Actinobacillus actinomycetemcomitans 2

Actinomadura madurae 2

Actinomadura pelletieri 2

Actinomyces gereneseriae 2

Actinomyces israelii 2

Actinomyces pyogenes 2

Actinomyces spp 2

Arcanobacterium haemolyticum (Corynebacterium haemolyticum) 2

Bacillus anthracis 3

Bacteroides fragilis 2

Bartonella bacilliformis 2

Bartonella (Rochalimea) spp 2

Bartonella quintana (Rochalimea quintana) 2

Bordetella bronchiseptica 2

Bordetella parapertussis 2

Bordetella pertussis 2 V

Borrelia burgdorferi 2

Borrelia duttonii 2

Borrelia recurrentis 2

Borrelia spp 2

Brucella abortus 3

Brucella canis 3

Brucella melitensis 3

Brucella suis 3

Burkholderia mallei (pseudomonas mallei) 3

Burkholderia pseudomallei (pseudomonas pseudomallei) 3

Campylobacter fetus 2

Campylobacter jejuni 2

Campylobacter spp 2

Cardiobacterium hominis 2

Chlamydia pneumoniae 2

Chlamydia trachomatis 2

Chlamydia psittaci (ceppi aviari) 3

Chlamydia psittaci (ceppi non aviari) 2

Clostridium botulinum 2 T

Clostridium perfringens 2

Clostridium tetani 2 T, V

Clostridium spp 2

Corynebacterium diphtheriae 2 T, V

Corynebacterium minutissimum 2

Corynebacterium pseudotuberculosis 2

Corynebacterium spp 2

Coxiella burnetii 3

Edwardsiella tarda 2

Ehrlichia sennetsu (Rickettsia sennetsu) 2

Ehrlichia spp 2

Eikenella corrodens 2

Enterobacter aerogenes/cloacae 2

Enterobacter spp 2

Enterococcus spp 2

Erysipelothrix rhusiopathiae 2

Escherichia coli (ad eccezione dei ceppi non patogeni) 2

Escherichia coli, ceppi verocitotossigenici (es. O157:H7 oppure O103) 3 (**) T

Flavobacterium meningosepticum 2

Fluoribacter bozemanii (Legionella) 2

Francisella tularensis (tipo A) 3

Francisella tularensis (tipo B) 2

Fusobacterium necrophorum 2

Gardnerella vaginalis 2

Haemophilus ducreyi 2

Haemophilus influenzae 2 V

Haemophilus spp 2

Helicobacter pylori 2

Klebsiella oxytoca 2

Klebsiella pneumoniae 2

Klebsiella spp 2

Legionella pneumophila 2

Legionella spp 2

Leptospira interrogans (tutti i serotipi) 2

Listeria monocytogenes 2

Listeria ivanovii 2

Morganella morganii 2

Mycobacterium africanum 3 V

Mycobacterium avium/ intracellulare 2

Mycobacterium bovis (ad eccezione del ceppo BCG) 3 V

Mycobacterium chelonae 2

Mycobacterium fortuitum 2

Mycobacterium kansasii 2

Mycobacterium leprae 3

Mycobacterium malmoense 2

Mycobacterium marinum 2

Mycobacterium microti 3 (**)

Mycobacterium paratuberculosis 2

Mycobacterium scrofulaceum 2

Mycobacterium simiae 2

Mycobacterium szulgai 2

Mycobacterium tuberculosis 3 V

Mycobacterium ulcerans 3 (**)

Mycobacterium xenopi 2

Mycoplasma caviae 2

Mycoplasma hominis 2

Mycoplasma pneumoniae 2

Neisseria gonorrhoeae 2

Neisseria meningitidis 2 V

Nocardia asteroides 2

Nocardia brasiliensis 2

Nocardia farcinica 2

Nocardia nova 2

Nocardia otitidiscaviarum 2

Pasteurella multocida 2

Pasteurella spp 2

Peptostreptococcus anaerobius 2

Plesiomonas shigelloides 2

Porphyromonas spp 2

Prevotella spp 2

Proteus mirabilis 2

Proteus penneri 2

Proteus vulgaris 2

Providencia alcalifaciens 2

Providencia rettgeri 2

Providencia spp 2

Pseudomonas aeruginosa 2

Rhodococcus equi 2

Rickettsia akari 3 (**)

Rickettsia canada 3 (**)

Rickettsia conorii 3

Rickettsia montana 3 (**)

Rickettsia typhi (Rickettsia mooseri) 3

Rickettsia prowazekii 3

Rickettsia rickettsii 3

Rickettsia tsutsugamushi 3

Rickettsia spp 2

Salmonella arizonae 2

Salmonella enteritidis 2

Salmonella typhimurium 2

Salmonella paratyphi A, B, C 2 V

Salmonella typhi 3 (**) V

Salmonella (altre varietà serologiche) 2

Serpulina spp 2

Shigella boydii 2

Shigella dysenteriae (Tipo 1) 3 (**) T

Shigella dysenteriae, diverso dal Tipo 1 2

Shigella flexneri 2

Shigella sonnei 2

Staphylococcus aureus 2

Streptobacillus moniliformis 2

Streptococcus pneumoniae 2

Streptococcus pyogenes 2

Streptococcus spp 2

Streptococcus suis 2

Treponema carateum 2

Treponema pallidum 2

Treponema pertenue 2

Treponema spp 2

Vibrio cholerae (incluso El Tor) 2

Vibrio parahaemolyticus 2

Vibrio spp 2

Yersinia enterocolitica 2

Yersinia pestis 3 V

Yersinia pseudotuberculosis 2

Yersinia spp 2

(**) Vedi introduzione punto 6.

Virus (*)

Agente biologico Classificazione Rilievi

Adenoviridae 2

Arenaviridae:

LCM-Lassa Virus complex (Arenavirus del Vecchio Mondo):

Virus Junin 4

Virus Lassa 4

Virus della coriomeningite linfocitaria (ceppi neurotropi) 3

Virus della coriomeningite linfocitaria (altri ceppi) 2

Virus Mopeia 2

Altri LCM-Lassa Virus complex 2

Virus complex Tacaribe (Arenavirus del Nuovo Mondo):

Virus Guanarito 4

Virus Junin 4

Virus Sabia 4

Virus Machupo 4

Virus Flexal 3

Altri Virus del Complesso Tacaribe 2

Astroviridae 2

Bunyaviridae:

Bhanja 2

Virus Bunyamwera 2

Germiston 2

Virus Oropouche 3

Virus dell'encefalite Californiana 2

Hantavirus:

Hantaan (febbre emorragica coreana) 3

Belgrado (noto anche come Dobrava) 3

Seoul-Virus 3

Sin Nombre (ex Muerto Canyon) 3

Puumala-Virus 2

Prospect Hill-Virus 2

Altri Hantavirus 2

Nairovirus:

Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo 4

Virus Hazara 2

Phlebovirus:

Febbre della Valle del Rift 3 V

Febbre da Flebotomi 2

Virus Toscana 2

Altri bunyavirus noti come patogeni 2

Caliciviridae:

Virus dell'epatite E 3 (**)

Norwalk-Virus 2

Altri Caliciviridae 2

Coronaviridae 2

Filoviridae:

Virus Ebola 4

Virus di Marburg 4

Flaviviridae:

Encefalite d'Australia (Encefalite della Valle Murray) 3

Virus dell'encefalite da zecca dell'Europa centrale 3 (**) V

Absettarov 3

Hanzalova 3

Hypr 3

Kumlinge 3

Virus della dengue tipi 1-4 3

Virus dell'epatite C 3 (**) D

Virus dell'epatite G 3 (**) D

Encefalite B giapponese 3 V

Foresta di Kyasanur 3 V

Louping ill 3 (**)

Omsk (a) 3 V

Powassan 3

Rocio 3

Encefalite verno-estiva russa (a) 3 V

Encefalite di St. Louis 3

Virus Wesselsbron 3 (**)

Virus della Valle del Nilo 3

Febbre gialla 3 V

Altri flavivirus noti per essere patogeni 2

Hepadnaviridae:

Virus dell'epatite B 3 (**) V, D

Virus dell'epatite D (Delta) (b) 3 (**) V, D

Herpesviridae:

Cytomegalovirus 2

Virus d'Epstein-Barr 2

Herpesvirus simiae (B virus) 3

Herpes simplex virus tipi 1 e 2 2

Herpesvirus varicella-zoster 2

Virus Herpes dell'uomo tipo 7 2

Virus herpes dell'uomo tipo 8 2 D

Virus lifontropo B dell'uomo (HBLV-HHV6) 2

Orthomyxoviridae:

Virus influenzale tipi A, B e C 2 V (c)

Orthomyxoviridae trasmesse dalle zecche: Virus Dhori e Thogoto 2

Papovaviridae:

Virus BK e JC 2 D (d)

Papillomavirus dell'uomo 2 D (d)

Paramyxoviridae:

Virus del morbillo 2 V

Virus della parotite 2 V

Virus della malattia di Newcastle 2

Virus parainfluenzali tipi 1-4 2

Virus respiratorio sinciziale 2

Parvoviridae:

Parvovirus dell'uomo (B 19) 2

Picornaviridae:

Virus della congiuntivite emorragica (AHC) 2

Virus Coxackie 2

Virus Echo 2

Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo tipo 72) 2 V

Virus della poliomelite 2 V

Rhinovirus 2

Poxviridae:

Buffalopox virus (e) 2

Cowpox virus 2

Elephantpox virus (f) 2

Virus del nodulo dei mungitori 2

Molluscum contagiosum virus 2

Monkeypox virus 3 V

Orf virus 2

Rabbitpox virus (g) 2

Vaccinia virus 2

Variola (major & minor) virus 4 V

Whitepox virus ("variola virus") 4 V

Yatapox virus (Tana & Yaba) 2

Reoviridae:

Coltivirus 2

Rotavirus umano 2

Orbivirus 2

Reovirus 2

Retroviridae:

Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS) 3 (**) D

Virus di leucemie umane e cellule T (HTLV) tipi 1 e 2 3 (**) D

SIV (h) 3 (**)

Rhabdoviridae:

Virus della rabbia 3 (**) V

Virus della stomatite vescicolosa 2

Togaviridae:

Alfavirus:

Encefalomielite equina dell'America dell'est 3 V

Virus Bebaru 2

Virus Chikungunya 3 (**)

Virus Everglades 3 (**)

Virus Mayaro 3

Virus Mucambo 3 (**)

Virus Ndumu 3

Virus O'nyong-nyong 2

Virus del fiume Ross 2

Virus della foresta di Semliki 2

Virus Sindbis 2

Virus Tonate 3 (**)

Encefalomielite equina del Venezuela 3 V

Encefalomielite equina dell'America dell'ovest 3 V

Altri alfavirus noti 2

Rubivirus (rubella) 2 V

Toroviridae 2

Virus non classificati:

Virus dell'epatite non ancora identificati 3 (**)

Morbillivirus equino 4

Agenti non classici associati con le encefaliti spongiformi trasmissibili (TSE) (i):

Morbo di Creutzfeldt-Jakob 3 (**) D (d)

Variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob 3 (**) D (d)

Encefalite spongiforme bovina (BSE) ed altre TSE degli animali a queste associate 3 (**) D (d)

Sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker 3 (**) D (d)

Kuru 3 (**) D (d)

(*) Vedi introduzione, punto 5.

(**) Vedi introduzione, punto 6.

(a) Tick-borne encefalitis.

(b) Il virus dell'epatite D esercita il suo potere patogeno nel lavoratore soltanto in caso di infezione simultanea o secondaria

rispetto a quella provocata dal virus dell'epatite B. La vaccinazione contro il virus dell'epatite B protegge pertanto i lavoratori

non affetti dal virus dell'epatite B contro il virus dell'epatite D (Delta).

(c) Soltanto per i tipi A e B.

(d) Raccomandato per i lavori che comportano un contatto diretto con questi agenti.

(e) Alla rubrica possono essere identificati due virus, un genere "buffalopox" e una variante del virus "vaccinia".

(f) Variante del "Cowpox".

(g) Variante di "Vaccinia".

(h) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata da retrovirus di origine scimmiesca. A titolo di

precauzione si raccomanda un contenimento di livello 3 per i lavori che comportano un'esposizione di tale retrovirus.

(i) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata dagli agenti responsabili di altre TSE negli animali.

Tuttavia a titolo precauzionale, si consiglia di applicare nei laboratori il livello di contenimento 3 (**), ad eccezione dei lavori

relativi ad un agente identificato di "scrapie" per cui un livello di contenimento 2 è sufficiente.

Parassiti

Agente biologico Classificazione Rilievi

Acanthamoeba castellanii 2

Ancylostoma duodenale 2

Angiostrongylus cantonensis 2

Angiostrongylus costaricensis 2

Ascaris lumbricoides 2 A

Ascaris suum 2 A

Babesia divergens 2

Babesia microti 2

Balantidium coli 2

Brugia malayi 2

Brugia pahangi 2

Capillaria philippinensis 2

Capillaria spp 2

Clonorchis sinensis 2

Clonorchis viverrini 2

Cryptosporidium parvum 2

Cryptosporidium spp 2

Cyclospora cayetanensis 2

Dipetalonema streptocerca 2

Diphyllobothrium latum 2

Dracunculus medinensis 2

Echinococcus granulosus 3 (**)

Echinococcus multilocularis 3 (**)

Echinococcus vogeli 3 (**)

Entamoeba histolytica 2

Fasciola gigantica 2

Fasciola hepatica 2

Fasciolopsis buski 2

Giardia lamblia (Giardia intestinalis) 2

Hymenolepis diminuta 2

Hymenolepis nana 2

Leishmania braziliensis 3 (**)

Leishmania donovani 3 (**)

Leishmania aethiopica 2

Leishmania mexicana 2

Leishmania peruviana 2

Leishmania tropica 2

Leishmania major 2

Leishmania spp 2

Loa Loa 2

Mansonella ozzardi 2

Mansonella perstans 2

Naegleria fowleri 3 (**)

Necator americanus 2

Onchocerca volvulus 2

Opisthorchis felineus 2

Opisthorchis spp 2

Paragonimus westermani 2

Plasmodium falciparum 3 (**)

Plasmodium spp (uomo & scimmia) 2

Sarcocystis suihominis 2

Schistosoma haematobium 2

Schistosoma intercalatum 2

Schistosoma japonicum 2

Schistosoma mansoni 2

Schistosoma mekongi 2

Strongyloides stercoralis 2

Strongyloides spp 2

Taenia saginata 2

Taenia solium 3 (**)

Toxocara canis 2

Toxoplasma gondii 2

Trichinella spiralis 2

Trichuris trichiura 2

Trypanosoma brucei brucei 2

Trypanosoma brucei gambiense 2

Trypanosoma brucei rhodesiense 3 (**)

Trypanosoma cruzi 3

Wuchereria bancrofti 2

(**) Vedi introduzione, punto 6.

Funghi

Agente biologico Classificazione Rilievi

Aspergillus fumigatus 2 A

Blastomyces dermatitidis (Ajellomyces dermatitidis) 3

Candida albicans 2 A

Candida tropicalis 2

Cladophialophora bantiana (es. Xylohypha bantiana, Cladosporium bantianum o

trichoides)

3

Coccidioides immitis 3 A

Cryptococcus neoformans var. neoformans (Filobasidiella

neoformans var. neoformans) 2 A

Cryptococcus neoformans var. gattii (Filobasidiella bacillispora) 2 A

Emmonsia parva var. parva 2

Emmonsia parva var. crescens 2

Epidermophyton floccosum 2 A

Fonsecaea compacta 2

Fonsecaea pedrosoi 2

Histoplasma capsulatum var. capsulatum (Ajellomyces capsulatum) 3

Histoplasma capsulatum duboisii 3

Madurella grisea 2

Madurella mycetomatis 2

Microsporum spp 2 A

Neotestudina rosatii 2

Paracoccidioides brasiliensis 3

Penicilium marneffei 2 A

Scedosporium apiospermum, Pseudallescheria boydii 2

Scedosporium prolificans (inflantum) 2

Sporothrix schenckii 2

Trichophyton rubrum 2

Trichophyton spp 2

Allegato XII

Specifiche sulle misure di contenimento

e sui livelli di contenimento

Nota preliminare: Le misure contenute in questo allegato debbono essere applicate in base alla natura

delle attività, la valutazione del rischio per i lavoratori e la natura dell'agente biologico di cui trattasi.

A. Misure di contenimento B. Livelli di contenimento

2 3 4

1. La zona di lavoro deve essere separata da qualsiasi

altra attività nello stesso edificio

2. L'aria immessa nella zona di lavoro e l'aria estratta

devono essere filtrate attraverso un ultrafiltro (HEPA)

o un filtro simile

3. L'accesso deve essere limitato alle persone

autorizzate

4. La zona di lavoro deve poter essere chiusa a tenuta

per consentire la disinfezione

5. Specifiche procedure di disinfezione

6. La zona di lavoro deve essere manutenuta ad una

pressione negativa rispetto a quella atmosferica

7. Controllo efficace dei vettori, ad esempio, roditori ed

insetti

8. Superfici idrorepellenti e di facile pulitura

9. Superfici resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai

disinfettanti

10. Deposito sicuro per agenti biologici

11. Finestra d'ispezione o altro dispositivo che permetta

di vederne gli occupanti

12. I laboratori devono contenere l'attrezzatura a loro

necessaria

13. I materiali infetti, compresi gli animali, devono

essere manipolati in cabine di sicurezza, isolatori o

altri adeguati contenitori

14. Inceneritori per l'eliminazione delle carcasse di

animali

15. Mezzi e procedure per il trattamento dei rifiuti

16. Trattamento delle acque reflue

No

No

Raccomandato

No

Si

No

Raccomandato

Si, per il banco

di lavoro

Raccomandato

Si

Raccomandato

No

Ove opportuno

Raccomandato

Si

No

Raccomandato

Si, sull'aria

estrattta

Si

Raccomandato

Si

Raccomandato

Si

Si, per il banco

di lavoro,

l'arredo e il

pavimento

Si

Si

Raccomandato

Raccomandato

Si, quando

l'infezione è

veicolata

dall'aria

Si (disponibile)

Si

Facoltativo

Si

Si, sull'aria

immessa e su

quella estratta

Si, attraverso

una camera di

compensazione

Si

Si

Si

Si

Si, per il banco

di lavoro,

l'arredo, i muri,

il pavimento e

ilsoffitto

Si

Si, deposito

sicuro

Si

Si

Si

Si, sul posto

Si, con

sterilizzazione

Si

Allegato XIII

Specifiche per processi industriali

Agenti biologici del gruppo 1

Per le attività con agenti biologici del gruppo 1, compresi i vaccini spenti, si osserveranno i principi di una

buona sicurezza ed igiene professionali.

Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4

Può risultare opportuno selezionare ed abbinare specifiche di contenimento da diverse categorie tra quelle

sottoindicate, in base ad una valutazione di rischio connessa con un particolare processo o parte di esso.

Misure di contenimento Livelli di contenimento

2 3 4

1. Gli organismi vivi devono essere manipolati in un

sistema che separi fisicamente il processodell'ambiente

2. I gas di scarico del sistema chiuso devono essere

trattati in modo da:

3. Il prelievo di campioni, l'aggiunta di materiali in un

sistema chiuso e il trasferimento di organismi vivi in

un altro sistema chiuso devono essere effettuati in

modo da:

4. La coltura deve essere rimossa dal sistema chiuso

solo dopo che gli organismi vivi sono stati:

5. I dispositivi di chiusura devono essere previsti in

modo da:

6. I sistemi chiusi devono essere collocati in una zona

controllata

a) Vanno previste segnalazioni di pericolo biologico

b) E' ammesso solo il personale addetto

c) Il personale deve indossare tute di protezione

d) Occorre prevedere una zona di decontaminazione

e le docce per il personale

e) Il personale deve fare una doccia prima di uscire

dalla zona controllata

f) Gli effluenti dei lavandini e delle docce devono

essere raccolti e inattivati prima dell'emissione

g) La zona controllata deve essere adeguatamente

ventilata per ridurre al minimo la contaminazione

atmosferica

h) La pressione ambiente nella zona controllata

deve essere mantenuta al di sotto di quella

atmosferica

i) L'aria in entrata ed in uscita dalla zona

controllata deve essere filtrata con ultrafiltri

(HEPA)

j) La zona controllata deve essere concepita in

modo da impedire qualsiasi fuoriuscita dal

sistema chiuso

k) La zona controllata deve poter essere sigillata in modo da

rendere possibili le fumigazioni

l) Trattamento degli effluenti prima dello smaltimento finale

Si

ridurre al

minimo le emissioni

ridurre al

minimo

le emissioni

inattivati con

mezzi

collaudati

ridurre al

minimo

le emissioni

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Si, tute da lavoro

Si

No

No

Facoltativo

No

No

No

No

Inattivati con mezzi

collaudati

Si

evitare le

emissioni

evitare le

emissioni

inattivati con

mezzi chimici o

fisici collaudati

evitare le

emissioni

Facoltativo

Si

Si

Si

Si

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Facoltativo

Inattivati con

mezzi chimici o

fisici collaudati

Si

evitare le

emissioni

evitare le

emissioni

inattivati con

mezzi chimici o

fisici collaudati

evitare le

emissioni

Si e costruita

all'uopo

Si

Si, attraverso

camere di

condizionamento

Ricambio

completo

Si

Si

Si

Si

Si

Si

Si

Si

Inattivati con

mezzi fisici

collaudati

Allegato XIV

Elenco delle attrezzature da sottoporre a verifica

1) scale aeree ad inclinazione variabile;

2) ponti mobili sviluppabili su carro;

3) ponti sospesi muniti di argano;

4) idroestrattori centrifughi con diametro esterno del paniere 450 cm;

5) funi e catene di impianti ed apparecchi di sollevamento;

6) funi e catene di impianti ed apparecchi di trazione;

7) gru e apparecchi di sollevamento di portata4 200 kg;

8) organi di trazione, di attacco e dispositivi di sicurezza dei piani inclinati;

9) macchine e attrezzature per la lavorazione di esplosivi;

10) elementi di ponteggio;

11) ponteggi metallici fissi;

12) argani dei ponti sospesi;

13) funi dei ponti sospesi;

14) armature degli scavi;

15) freni dei locomotori;

16) micce;

17) materiali recuperati da costruzioni sceniche;

18) opere sceniche;

19) riflettori e batterie di accumulatori mobili;

20) teleferiche private;

21) elevatori trasferibili;

22) ponteggi sospesi motorizzati;

23) funi dei ponteggi sospesi motorizzati;

24) ascensori e montacarichi in servizio privato;

25) apparecchi a pressione semplici;

26) apparecchi a pressione di gas;

27) generatori e recipienti di vapore d'acqua;

28) generatori e recipienti di liquidi surriscaldati;

29) forni per oli minerali;

30) generatori di calore per impianti di riscaldamento ad acqua calda;

31) recipienti per trasporto di gas compressi, liquefatti e disciolti.

Allegato XV

Prescrizioni supplementari applicabili alle attrezzature di lavoro specifiche

0. Osservazione preliminare.

Le disposizioni del presente allegato si applicano allorché esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un

rischio corrispondente.

Ai fini del loro adempimento ed in quanto riferite ad attrezzature in esercizio, esse non richiedono

necessariamente l'adozione delle stesse misure corrispondenti ai requisiti essenziali applicabili alle attrezzature

di lavoro nuove.

1. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi.

1.1. Qualora il bloccaggio intempestivo degli elementi di trasmissione d'energia accoppiabili tra un'attrezzatura

di lavoro mobile e suoi accessori e traini possa provocare rischi specifici, l'attrezzatura di lavoro deve essere

attrezzata o sistemata in modo tale da impedire il bloccaggio degli elementi di trasmissione d'energia.

Nel caso in cui tale bloccaggio non possa essere impedito, dovrà essere presa ogni precauzione possibile per

evitare conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori.

1.2. Se gli organi di trasmissione di energia accoppiabili tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di sporcarsi e

di rovinarsi strisciando al suolo, si devono prevedere possibilità di fissaggio.

1.3. Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore o lavoratori a bordo devono limitare, nelle condizioni di

utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro:

a) mediante una struttura di protezione che impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di giro,

b) ovvero mediante una struttura che garantisca uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori

trasportati a bordo qualora il movimento possa continuare oltre un quarto di giro,

c) ovvero da qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.

Queste strutture di protezione possono essere integrate all'attrezzatura di lavoro.

Queste strutture di protezione non sono obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro é stabilizzata durante tutto il

periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro é concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della

stessa.

Se sussiste il pericolo che il lavoratore trasportato a bordo, in caso di ribaltamento, rimanga schiacciato tra

parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione del lavoratore o dei

lavoratori trasportati.

1.4. I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo

da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio:

a) installando una cabina per il conducente;

b) mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore;

c) mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno

spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo;

d) mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che,

in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.

1.5. Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui spostamento può comportare rischi per le persone devono

soddisfare le seguenti condizioni:

a) esse devono essere dotate dei mezzi necessari per evitare la messa in moto non autorizzata;

b) esse devono essere dotate dei mezzi appropriati che consentano di ridurre al minimo le conseguenze di

un'eventuale collisione in caso di movimento simultaneo di più attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;

c) esse devono essere dotate, qualora considerazioni di sicurezza l'impongano, di un dispositivo di emergenza

con comandi facilmente accessibili o automatici che ne consenta la frenatura e l'arresto in caso di guasto del

dispositivo di frenatura principale;

d) quando il campo di visione diretto del conducente é insufficiente per garantire la sicurezza, esse devono

essere dotate di dispositivi ausiliari per migliorare la visibilità;

e) le attrezzature di lavoro per le quali é previsto un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un

dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;

f) le attrezzature di lavoro che comportano, di per sé o a causa dei loro carichi o traini, un rischio di incendio

suscettibile di mettere in pericolo i lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a

meno che tali dispositivi non si trovino già ad una distanza sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse

sono usate;

g) le attrezzature di lavoro comandate con sistemi immateriali devono arrestarsi automaticamente se escono dal

campo di controllo;

h) le attrezzature di lavoro telecomandate che, usate in condizioni normali possono comportare rischi di urto o

di intrappolamento dei lavoratori devono essere dotate di dispositivi di protezione contro tali rischi, a meno

che non siano installati altri dispositivi per controllare il rischio di urto.

2. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi.

2.1. Gli accessori di sollevamento devono essere contrassegnati in modo da poterne identificare le

caratteristiche essenziali ai fini di un'utilizzazione sicura.

Se l'attrezzatura di lavoro non é destinata al sollevamento di persone, una segnalazione in tal senso dovrà

esservi apposta in modo visibile onde non ingenerare alcuna possibilità di confusione.

2.2. Le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:

a) da escludere qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto dell'utilizzatore, in

particolare i rischi dovuti a collisione accidentale;

b) da garantire che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell'abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e

possano essere liberati.".

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