8 Marzo 2005 :Giornata della Donna Irachena nel ricordo di Vittoria Colonna
La serata dell’8 marzo al Centro Ricerche
Storiche d’Ambra
Omaggio a Vittoria Colonna, una donna del nostro tempo
di Isabella Marino
L’elenco delle opere che l’hanno vista protagonista in tanti paesi e nei più
diversi idiomi si arricchisce sempre di nuovi titoli. Studi e ricerche
continuano ad approfondire la sua opera poetica e la sua vita. Dopo cinque
secoli, quella di Vittoria Colonna è ancora una figura che suscita un profondo
interesse e non solo tra gli studiosi. Merito di una personalità che, non
compresa appieno dai contemporanei, risulta oggi straordinariamente attuale. Una
donna forte, colta, autorevole, in grado di incidere sulla realtà che la
circondava, determinata nelle sue scelte, convinta sostenitrice delle sue idee,
anche di quelle che apparivano più ardite, perfino pericolosamente sovversive,
se non addirittura eretiche, al suo tempo.
A questa donna, che nell’universo femminile presente non
sarebbe più l’eccezione che con poche altre rappresentò nel suo, il Centro
di Ricerche Storiche d’Ambra ha voluto dedicare uno dei suoi periodici,
intensi incontri culturali. Non a caso nel giorno della Festa della Donna, l’8
marzo.
Agli ospiti, che avevano ancora una volta accolto numerosi l’invito del
cenacolo di casa d’Ambra, era stato riservato un programma particolare,
decisamente intrigante, niente a che vedere con una arida rievocazione storica
con le caratteristiche del déja-vu. E un’abile regia ha fatto sì che si
creasse subito un’atmosfera speciale, grazie alla musica. Non un semplice
sottofondo né soltanto un’esecuzione d’intrattenimento, per quanto
d’effetto, ma la musica di Vittoria. La poetessa, già famosa, durante la sua
permanenza a Roma, in particolare verso la fine degli anni Trenta del XVI
secolo, soleva scrivere versi per delle composizioni musicali sacre. Che
venivano eseguite in occasione degli incontri con amici e conoscenti e
risultavano particolarmente gradite a quanti le ascoltavano. Era quello il
periodo della frequentazione e della grande amicizia con Michelangelo, che si
dilettava anch’egli di comporre versi. E proprio la marchesa di Pescara ed il
grande artista, che prestava allora la sua opera per il Papa, erano tra i
compositori più apprezzati del momento.
ARMONIE RINASCIMENTALI
Musica profana, musica sacra: i due aspetti della produzione musicale del
Rinascimento. Di entrambi hanno dato un saggio alcuni componenti di “Giovanincoro”,
il complesso vocale e strumentale diretto dal maestro Filippo Schioppa, che si
è assunto l’onere e l’onore di proporre dei brani d’epoca, dopo aver
compiuto una complessa operazione di adattamento agli strumenti e al modo di
“leggere” e di interpretare la musica di oggi. Francesco Casilli e Carmela
Calise al clarinetto, Maria Serena Schioppa al flauto e Carmela Iacono, mezzo
soprano, hanno eseguito ballate, sarabande e scherzi, composizioni profane del
XVI secolo. Dalle quali spesso, nei secoli successivi, avrebbero tratto spunti
preziosi grandi musicisti, come ha ricordato anche un motivo evocatore del
“Flauto magico” creato da Mozart duecento anni più tardi.
Il momento davvero speciale, però, è arrivato poi con i brani di musica sacra,
una “rilettura” di spartiti originali scoperti negli archivi da Nino
d’Ambra ed eseguiti dopo cinque secoli di oblio. Non solo dei pezzi d’epoca.
Perché si trattava di quattro sonetti spirituali di Vittoria Colonna, musicati
da Pietro Vinci. Originario di Nicosia, in Sicilia, dove era nato nel 1540,
Vinci fu compositore di musica sacra e compositore prediletto della poetessa,
che conobbe a Roma, la città in cui visse per diversi anni prima di ritirarsi
nel paese natio, dove fu nominato maestro di cappella e nel quale morì nel
1584.
LA LETTERA AUTOGRAFA
Ma non era, quella musicale, l’unica sorpresa di una serata speciale. Dopo gli
spartiti di Vinci, doveva arrivare un’altra testimonianza di Vittoria e del
suo mondo, frutto anch’essa di un’attenta ricerca negli archivi storici. E
con giusto orgoglio Nino d’Ambra ha mostrato ai suoi ospiti una lettera della
nobildonna, che corrispose con i personaggi più in vista del suo tempo. Senonchè,
delle tante lettere ben note, raccolte, pubblicate ed esposte in diverse mostre,
quella appena presentata ha due particolarità che la rendono particolarmente
significativa. Innanzitutto, è stata scritta da Vittoria di suo pugno, cosa
abbastanza rara, giacchè di solito l’autrice soleva dettarle al suo
segretario, per poi apporvi personalmente solo la sua firma. Non il nome e il
cognome, secondo le nostre abitudini, ma il titolo: la marchesa di Pescara.
Altra particolarità, non meno importante dalla nostra prospettiva, è che
quella lettera risale proprio al periodo della permanenza su quello che Vittoria
chiamava lo “scoglio”, il Castello d’Ischia.
Scritta il 7 novembre 1531, la missiva era indirizzata dalla “marchesa de
Pescara” al Duca di Mantova, uno dei potenti con cui la poetessa, discendente
della famiglia Colonna e dei Montefeltro, nonché membro acquisito della
famiglia D’Avalos, intratteneva dei normali rapporti epistolari. E non poteva
lasciare indifferenti lo scoprire da vicino la grafia, oggi di difficile
lettura, di Vittoria, il modo di esprimersi dell’epoca, le particolarità
dell’italiano colto del Cinquecento, la firma autografa e quel modo antico di
scrivere Ischia, con la ipsilon iniziale.
LA GRAFIA SPECCHIO DEL CARATTERE
Avendo a disposizione un intero scritto, anche abbastanza lungo, riconducibile
direttamente alla poetessa, Nino d’Ambra ha avuto la felice intuizione di
ricostruire la personalità dell’autrice in modo inconsueto, attraverso, cioè,
un’analisi grafologica. L’autore di quest’ultima, l’avvocato Maurizio
Castaldi, ha redatto una relazione, letta dal giovane Massimo Colella, molto
articolata e ampia. Che fornisce un quadro abbastanza preciso e anche
coinvolgente del carattere e della personalità dell’autrice.
Analizzando la sua grafia, Vittoria emerge come una donna di grande intelligenza
e forza di carattere, dotata di acutezza di pensiero e di grande praticità,
risoluta nel portare avanti le sue idee e con una propensione a comprendere gli
altrui bisogni, a sondare l’animo altrui. Ma anche una donna fragile, animata
da una certa diffidenza, che vive momenti di profonda sofferenza, che cerca con
fatica di superare il dolore, di equilibrare le opposte spinte interiori del suo
animo. Una persona che vive un continuo contrasto tra l’affermazione di sé e
la realtà che la circonda e spesso la frena, tra l’esigenza di esprimere i
propri sentimenti e l’abitudine a nasconderli.
Il tutto rivelato da una grafia elegante, ma senza ostentazione. Che usa per
comunicare i suoi pensieri, le sue idee, non per una esibizione di bella
scrittura fine a sé stessa.
FEMMINISTA ANTE LITTERAM
Dopo essere stata già tante volte evocata, Vittoria si è materializzata
all’improvviso nella sala. Avvolta nel sontuoso abito di broccato bianco con
ricchi ricami dorati, che aveva indossato nel giorno memorabile del suo
matrimonio con Ferrante D’Avalos, il 27 dicembre 1509, sul Castello
d’Ischia. Una cerimonia tanto fastosa e con ospiti tanto importanti che se ne
occuparono le cronache del tempo, tanto da consentirne una ricostruzione ai
giorni nostri. Quella proposta ogni anno dall’Associazione Pro-Sant’Alessandro.
Che ha partecipato alla serata dell’8 marzo con la Vittoria Colonna del suo
famoso corteo storico, Giovanna Ferrandino.
Ad una compiuta rievocazione della figura storica della marchesa di Pescara non
poteva mancare il contributo di un suo appassionato studioso, Nunzio Albanelli,
che le ha dedicato negli anni varie ricerche, compiute in giro per l’Italia
nei luoghi di Vittoria e negli archivi che custodiscono documenti relativi alla
sua storia e alla realtà in cui visse. Ricerche i cui risultati sono stati
oggetto di due importanti pubblicazioni e di vari articoli e conferenze, tenute
anche fuori del nostro “scoglio”.
«Un personaggio ricco di sfaccettature, degno di essere ricordato proprio
nell’occasione dell’8 marzo per la sua originalità, tanto che potremmo
considerare Vittoria Colonna una femminista ante litteram», ha esordito il
professore, il quale custodisce una ricchissima bibliografia sulla poetessa che
trascorse gran parte della sua esistenza sul Castello d’Ischia, fino a legare
indissolubilmente il suo nome a quello della nostra isola. Un nome che è
entrato nelle storia della letteratura italiana, insieme a quello di pochissime
altre donne del Rinascimento, e che è noto ancora oggi in ogni parte
d’Europa.
Considerata la condizione femminile nel XVI secolo, Vittoria riuscì, cosa
abbastanza rara all’epoca, ad affermarsi come poetessa e come promotrice e
musa ispiratrice del cenacolo di prestigiosi letterati che si creò sulla Città
d’Ischia, animato da Luigi Tansillo, Galeazzo di Tarsia, Sannazaro, Girolamo
Britonio e Bernardo Tasso, padre di Torquato. A cui prese parte probabilmente
anche Ludovico Ariosto. Tuttavia, discendente da una nobile famiglia,
imparentata con casati importanti, sposata ad un D’Avalos e fortemente legata
alla famiglia dei signori di Ischia, Vittoria si conquistò un ruolo di primo
piano anche come autorevole personalità del suo tempo, tanto da interloquire
con una libertà ed una schiettezza decisamente inusuali con principi, signori e
perfino con papi.
Come ha ricordato Albanelli, fu lei ad intercedere con successo nel 1528 per la
liberazione di Alfonso del Vasto, di suo fratello Ascanio e di Camillo Colonna,
che erano stati fatti prigionieri da Filippino Doria durante una battaglia
navale al largo di Salerno. Fu proprio Doria, in quell’occasione, ad
accogliere la sua richiesta, memore di quanto la nobildonna aveva fatto a favore
del popolo romano, prodigandosi in ogni modo per alleviarne le sofferenze,
durante il sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi nel 1527. Sempre in
occasione dell’invasione che aveva messo a ferro e fuoco la Città Eterna,
Vittoria diede il suo contributo alla salvezza del papa, ottenendo poi da lui,
una volta superato quel momento il dono del feudo di Pescocostanzo. E proprio in
quella cittadina è ancora oggi gelosamente custodito il piano regolatore che
Vittoria volle far redigere.
Nel 1531, allontanatasi ancora una volta da Ischia a causa della peste, la
marchesa di Pescara si trasferì ad Arpino e poi a Roma, dove trovò il modo di
prendere posizione a favore dei Cappuccini, duramente attaccati per le novità
di cui si facevano propugnatori a livello religioso. Tanto autorevole, Vittoria,
da essere interpellata da un potente cardinale affinché si adoperasse per farlo
eleggere papa. E in seguito cercò di convincere lo stesso imperatore Carlo V ad
indire una nuova crociata in Terra Santa.
IL MISTERO DI VITTORIA
Erano, quelli, gli anni in cui la poetessa si era già avvicinata alla
predicazione di Juan de Valdès, che aveva conosciuto a Napoli, e che la porterà,
una volta a Roma, a sostenere le istanze religiose più all’avanguardia in
seno alla Chiesa di Roma, caldeggiando la necessità di rispondere con una
riforma cattolica alla riforma protestante di Martin Lutero. Posizioni molto
avanzate, condivise da alcuni illustri cardinali, Reginald Pole, Contarini,
Bembo, con cui intrattenne relazioni di vera amicizia. Anche se l’amicizia più
grande fu con Michelangelo, che la elesse sua confidente, anche per le questioni
che riguardavano la sua arte, oltre che la sua vita. Tanto da spingerlo, sul
letto di morte della poetessa, a pronunciare la famosa frase: “Morte mi tolse
un grande amico”.
Le sue idee e le sue posizioni d’avanguardia sul piano religioso, portarono
Vittoria, negli ultimi anni della sua vita, ad essere sospettata di eresia.
Albanelli, con altri studiosi, sostiene che l’Inquisizione stava per
sottoporre Vittoria ad un processo come eretica. Fu la morte, avvenuta il 25
febbraio 1547, a sottrarla ad un giudizio molto pericoloso in quegli anni.
E proprio quel sospetto che aleggiava sulla marchesa di Pescara è probabilmente
all’origine della scomparsa delle sue spoglie mortali. Albanelli si è
dedicato con grande passione a fare luce su questo aspetto delle storia di
Vittoria Colonna, consegnando le sue conclusioni al libro “Vittoria Colonna e
il suo mistero”. «Vorrei che ci si adoperasse per ritrovare con una
iniziativa ufficiale il corpo di Vittoria Colonna», ha sottolineato lo studioso
isolano. E del “mistero” della marchesa sentiremo ancora parlare. Mentre gli
studi continuano.
Isabella Marino
(quotidiano “Il Golfo” del 12 marzo 2005 – Inserto Cultura,pagg. I-IV)