Perdono assassino

« Perdono assassino» un dramma – saggio in 4 atti scritti dallo storico isolano.

Il volume di 108 pagine è in libreria

 

NINO D’AMBRA

 «PORTA» IL TERRORISMO IN TEATRO

  E’ in libreria il volume di Nino d’Ambra: Un perdono assassino: dialoghi sul terrorismo, un dramma- saggio in 4 atti (Pagg.108, ill; £ 8000), edito dal centro di Ricerche Storiche d’Ambra.  Un’ opera letteraria senz’altro, ma nel contempo acuta ed approfondita analisi sulle ragioni e sui torti del terrorismo politico in Italia, che giustamente è stato condannato non solo dai tribunali (spesso in ritardo), ma soprattutto dall’opinione pubblica e da tutte le organizzazioni sociali. Inoltre sono da sottolineare gli interrogativi, molto attuali ed inquietanti, che l’Autore si pone sui danni sociali della Televisione quale sonnifero delle masse, che spinge verso un rilassamento consumistico collettivo di tendenza deteriore. Infatti il libro si presenta con una citazione del filosofo Karl Popper: «Nessuna democrazia può sopravvivere se non si mette fine all’abuso del potere della televisione». Pubblichiamo qui di seguito il lucido scritto del prof. Pietro Paolo Zivelli su quest’ultima fatica di Nino d’Ambra.

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  di Pietro Paolo Zivelli

   Il volume di produzione sin qui pubblicato, autorizzava a credere interessi tutti altrove direzionati che non verso la natura ed il genere trattato nell’ultima fatica di Nino d’Ambra.

Avevamo in lui conosciuto ed apprezzato lo scrupolo certosino dello storico, la sagace e puntuale attenzione del novista di costume e di storia patria ed ancora come non sottolineare le sue incursioni nella poesia. Oggi, drammaturgo, ci propone «Un perdono assassino» : testo nato per il teatro che trova materia ed argomentazioni nella fitta ed intricata ragnatela degli anni di piombo e che ci ha visti spesso spettatori, talvolta vittime inconsapevoli ed innocenti, di una strategia della tensione-attenzione che certamente vorremmo rimuovere dal vissuto reale ma che è parte della nostra memoria collettiva e storica: è parte di noi tutti che battezzammo come una audace ma pur sempre “goliardata” il rapimento sequestro del giudice Sossi, restituito ai suoi affetti dopo un “processo polaroid”; inorridimmo subito dopo quando dalle azioni dimostrative ci furono le prime sentenze di morte, le prime esecuzioni accompagnate da macabri comunicati in numeri progressivi. Fu allora che il terrorismo si trovò isolato sempre più nelle coscienze e dalla condanna della società civile inorridita da tanta gratuita ferocia. Scorrendo, in rilettura, le pagine del dramma ci si accorge e, non poteva essere altrimenti, della presenza attenta dell’uomo di legge, dell’ intellettuale vigile all’informazione massomediale: presenza avvertita nello sviluppo protocollare dei dialoghi, dentro la specificità dei termini che ci riportano, tout court, a dossier, cronache e vicende processuali, ancora più emotivamente vissute in processi in tv che hanno dialogizzato quel disegno aberrante che ha visto bruciate tanta vite, vittime e carnefici: momento vivo e presente nella nostra generazione per cui più passa il tempo e più bisogna ricordare, per non dimenticare: per non correre ancora una volta il rischio che altri possa ripetere certi errori dicendo di non sapere… I dialoghi che si sviluppano tra i protagonisti, riportano in maniera inequivocabile a quello che era il dibattito ideologico-politico di quegli anni: la freddezza e la lucidità di certe tesi ricorrenti per giustificare le ragioni di lotta, la strategia della tensione e dall’ altra lo sgomento nell’opinione pubblica, la rabbia nelle forze dell’ordine, la lentezza omissiva quando non ancora più terribilmente permissiva, in tanta parte delle nostre istituzioni deviate e devianti fino al punto di sacrificare pezzi dello Stato, servitori dello Stato vittime della lucida, geometrica potenza di un disegno criminale e criminogeno che non merita perdono, che se così è stato, quel perdono non è che assassinio. Il terrorismo ne esce sconfitto ma alto è il prezzo che è stato pagato: molti i morti i cui nomi oggi sono ricordati nei cimiteri, nelle piazze, nelle strade, da quelli che li piansero e li piangono.Tanta gente comune, giornalisti, operai, sindacalisti, uomini politici, servitori dello Stato che hanno creduto ed hanno pagato, per questo loro credo, un prezzo altissimo. Nino d’Ambra ha saputo cogliere tutto questo, lo ha drammatizzato in una partitura incalzante, non avara di colpi di scena (essenziali per il coinvolgimento emotivo), mai indulgendo al sensazionalismo, ma argomentati nel rigore di un riferimento costante ad una realtà tragicamente effettuale. Proiettati, sul sipario che si chiude, gli slogan di quegli anni, tutti morti e datati mentre vivi e presenti sono i nomi di tante morti a ricordarci che il terrorismo non è passato, proprio grazie a quei martiri.

                                                                                       Pietro Paolo Zivelli

                                          (periodico “Ischia Mondo”, febbraio 1996, pagg. 10 e 13)