« Perdono
assassino» un dramma – saggio in 4 atti scritti dallo storico isolano.
Il volume di
108 pagine è in libreria
NINO D’AMBRA
«PORTA»
IL TERRORISMO IN TEATRO
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Il
volume di produzione sin qui pubblicato, autorizzava a credere interessi tutti
altrove direzionati che non verso la natura ed il genere trattato nell’ultima
fatica di Nino d’Ambra.
Avevamo in lui conosciuto ed apprezzato lo scrupolo
certosino dello storico, la sagace e puntuale attenzione del novista di costume
e di storia patria ed ancora come non sottolineare le sue incursioni nella
poesia. Oggi, drammaturgo, ci propone «Un perdono assassino» : testo nato per
il teatro che trova materia ed argomentazioni nella fitta ed intricata ragnatela
degli anni di piombo e che ci ha visti spesso spettatori, talvolta vittime
inconsapevoli ed innocenti, di una strategia della tensione-attenzione che
certamente vorremmo rimuovere dal vissuto reale ma che è parte della nostra
memoria collettiva e storica: è parte di noi tutti che battezzammo come una
audace ma pur sempre “goliardata” il rapimento sequestro del giudice Sossi,
restituito ai suoi affetti dopo un “processo polaroid”; inorridimmo subito
dopo quando dalle azioni dimostrative ci furono le prime sentenze di morte, le
prime esecuzioni accompagnate da macabri comunicati in numeri progressivi. Fu
allora che il terrorismo si trovò isolato sempre più nelle coscienze e dalla
condanna della società civile inorridita da tanta gratuita ferocia. Scorrendo,
in rilettura, le pagine del dramma ci si accorge e, non poteva essere
altrimenti, della presenza attenta dell’uomo di legge, dell’ intellettuale
vigile all’informazione massomediale: presenza avvertita nello sviluppo
protocollare dei dialoghi, dentro la specificità dei termini che ci riportano,
tout court, a dossier, cronache e vicende processuali, ancora più emotivamente
vissute in processi in tv che hanno dialogizzato quel disegno aberrante che ha
visto bruciate tanta vite, vittime e carnefici: momento vivo e presente nella
nostra generazione per cui più passa il tempo e più bisogna ricordare, per non
dimenticare: per non correre ancora una volta il rischio che altri possa
ripetere certi errori dicendo di non sapere… I dialoghi che si sviluppano tra
i protagonisti, riportano in maniera inequivocabile a quello che era il
dibattito ideologico-politico di quegli anni: la freddezza e la lucidità di
certe tesi ricorrenti per giustificare le ragioni di lotta, la strategia della
tensione e dall’ altra lo sgomento nell’opinione pubblica, la rabbia nelle
forze dell’ordine, la lentezza omissiva quando non ancora più terribilmente
permissiva, in tanta parte delle nostre istituzioni deviate e devianti fino al
punto di sacrificare pezzi dello Stato, servitori dello Stato vittime della
lucida, geometrica potenza di un disegno criminale e criminogeno che non merita
perdono, che se così è stato, quel perdono non è che assassinio. Il
terrorismo ne esce sconfitto ma alto è il prezzo che è stato pagato: molti i
morti i cui nomi oggi sono ricordati nei cimiteri, nelle piazze, nelle strade,
da quelli che li piansero e li piangono.Tanta gente comune, giornalisti, operai,
sindacalisti, uomini politici, servitori dello Stato che hanno creduto ed hanno
pagato, per questo loro credo, un prezzo altissimo. Nino d’Ambra ha saputo
cogliere tutto questo, lo ha drammatizzato in una partitura incalzante, non
avara di colpi di scena (essenziali per il coinvolgimento emotivo), mai
indulgendo al sensazionalismo, ma argomentati nel rigore di un riferimento
costante ad una realtà tragicamente effettuale. Proiettati, sul sipario che si
chiude, gli slogan di quegli anni, tutti morti e datati mentre vivi e presenti
sono i nomi di tante morti a ricordarci che il terrorismo non è passato,
proprio grazie a quei martiri.
Pietro Paolo Zivelli