Matteotti e Gentile, due delitti italiani
Pubblico presente nella Sala del Centro d'Ambra |
Al
Centro di Ricerche Storiche d’Ambra
TAVOLA ROTONDA SU MATTEOTTI E
GENTILE
Si
è tenuta presso la Sede del Centro di Ricerche Storiche d’Ambra
un’affollata tavola rotonda sul tema: “Giacomo Matteotti e Giovanni
Gentile: due delitti italiani”, che chiaramente sottendeva la giustificabilità
o meno del delitto cosiddetto politico.
Hanno partecipato alla
tavola rotonda: la prof.ssa Angiola Maggi presidente del Circolo Culturale G.
Sadoul, il prof. Gianni Balestrieri,
il prof. Mario Sironi preside della Scuola Media di Forio, il prof. Aniello
Penza già assessore alla Cultura del Comune di Forio, il poeta prof. Pasquale
Balestriere. Ai quali vanno i più vivi complimenti per aver trattato con
ampiezza e padronanza un argomento storico intellettualmente scabroso
(naturalmente ciascuno dal proprio punto di vista). Il folto e attento pubblico
presente vi ha partecipato con passione facendo con garbo capire il proprio
dissenso su certi concetti estremi, ma sottolineando anche il proprio consenso
su passaggi condivisibili. Certo era impossibile che un materiale storico del
genere trovasse tutti d’accordo.
Nell’introdurre l’argomento
l’avv. Nino d’Ambra, organizzatore e coordinatore del meeting, ha
preliminarmente precisato che non era nelle intenzioni
degli organizzatori alcun intendimento di revisioni storiche. Ha
sottolineato come i due delitti furono comunque parto estremo e violento della
cultura politica italiana del tempo ed ha precisato che l’argomento della tavola
rotonda si incentrava sul quesito se si possa mai concepire oggi una pur
larvata giustificazione morale nel preordinare un omicidio politico. Ciò per
prima cosa, segnerebbe – ha continuato d’Ambra – una mancanza assoluta di
rispetto per l’Uomo, sulla traccia di un umanesimo (insito nelle nostre radici
più profonde e genuine) che parte da Petrarca e, attraverso percorsi
intellettuali e speculativi di uomini di cultura e filosofi nei vari secoli,
approda ad Albert Camus, Jean-Paul Sartre (“L’esistenzialismo è un
umanesimo”) e a tanti altri pensatori contemporanei.
Le relazioni sono state
varie ed articolate: ne tenteremo una estrema sintesi, scusandoci
anticipatamente per eventuali omissioni o imprecisioni.
Nel
suo intervento, Angiola Maggi ha sottolineato l'attualità del dibattito, cui
partecipano le voci più autorevoli del nostro tempo, a seguito della
pubblicazione del pamphlet di Sergio Luzzatto:”La crisi dell'antifascismo”.
Luzzatto sottolinea il dovere, da parte degli studiosi,di "non consentire
che la storia del Novecento anneghi nel mare dell'indistinzione " e
denuncia una banalizzazione retrospettiva del regime fascista in una temperie
politica di stampo qualunquistico. Non vi è nazione, dice la Maggi , senza un
patto di memoria. La nostra repubblica è nata sulle ceneri dell'antifascismo e
la pietà per i morti non deve cancellare le differenze dei valori in campo
avverso:libertà e democrazia sono per noi un approdo definitivo e se noi li
misconosciamo neghiamo il nostro passato e con esso la nostra identità. La
ricostruzione storica, né buonista né giustiziera, deve sì comprendere gli
avvenimenti ma tenere fermi i confini che delimitano i progetti. Ecco perché
l'assassinio di Matteotti non può equivalere all'assassinio di Gentile:
Matteotti, schierato a difesa della libertà e della democrazia, ucciso in tempo
di pace per l'intransigente difesa di valori non abdicabili, Gentile, ucciso in tempo di
guerra , perché moralmente responsabile di un conflitto atroce e di un regime
orribile come la Repubblica di Salò. Ma perché si chiede con inquietudine la
Maggi, uomini geniali, buoni e generosi come Gentile e Croce sostennero il
fascismo (dopo il delitto Matteotti, Croce votò la fiducia al governo
Mussolini) e considerarono la violenza la levatrice della storia? A questo
conduce la filosofia idealistica di matrice hegeliana? Temi difficili e
complessi che l'analisi storica deve approfondire sine ira ac studio.
Pasquale Balestriere, fra l’altro, ha detto che gli uomini contano per
le idee che esprimono, per la singolarità e l’efficacia del loro pensiero.
Essi muoiono ma le idee continuano a vivere, lascito, eredità, segno non caduco
del loro passaggio sulla terra.
Le
idee, però, possono essere diverse, anche opposte. Nel periodo di cui si parla
stasera, due schieramenti si contrapponevano in Italia: da un lato il Fascismo,
partito di governo, che sosteneva una dittatura e che vantava alcune alleanze e
supporti politici, dall’altro tutte le forze che credevano in un paese libero
da regimi autoritari. Tra le due parti una frattura sempre più profonda, che
rendeva l’animo dei contendenti sempre più ostile.
In
questo contesto si muovevano anche i partiti politici, i quali nella loro
espressione più alta favorivano il dialogo, il confronto e il dibattito. Ma
talvolta, e più in alcuni partiti rispetto ad altri, si faceva opera di
catechizzazione, di istigazione all’odio per l’avversario che così
diventava un nemico.
Dalla
scuola dell’odio e dell’intolleranza vennero gli assassini di Matteotti, che
ebbe l’ardire di pronunciare alla Camera un discorso definito dai fascisti
“mostruosamente provocatorio” ; dalla scuola dell’odio vennero gli uomini
che uccisero Gentile, filosofo eccellente e uomo di eletta cultura.
Credo
che sia del tutto iniquo uccidere in nome di un’idea o di un ideale o, peggio,
di una convinzione politica, specialmente quando non vi sia pericolo immediato e
reale per la propria vita.
Qualcuno si è chiesto perché Gentile, fu fedele e ossequiente al fascismo fino all’ultimo, lui che pure s’era dimesso da ministro dopo l’assassinio di Matteotti. Fu forse per gratitudine (il regime gli aveva dato molto), o forse per ferrea convinzione o per una forma di totale ammirazione nei confronti di una personalità (quella del duce) più forte della sua? Nessuno può sapere come lo spirito, o il pensiero, o la mente si leghi al corpo e come accada che un individuo si comporti in un modo piuttosto che in un altro. Chiedersi il perché di certi atteggiamenti è spesso puramente accademico, e dunque assolutamente inutile, giacché essi a volte dipendono da un dettaglio o da una situazione convincente.
Comunque,
ha concluso il poeta, Gentile e Matteotti, uomini di grande spessore morale,
militarono in due campi opposti. La nostra adesione e ammirazione va a
Matteotti, che ebbe il coraggio di opporsi al dittatore, al costo della vita, e
si batté per l’idea che legittimamente vinse, perché più rispettosa del
senso di giustizia e della dignità dell’uomo.
Nel suo intervento Gianni Balestrieri ha preso spunto dagli assassini di
Matteotti e Gentile per cercare di indicare alcune delle ragioni per cui il
confronto politico nel '900 si è manifestato nella forma di una violenza
radicale ed estrema. La sua riflessione si è fermata su tre questioni: la
svalutazione della democrazia operata dai principali filoni politici
novecenteschi, il ruolo degli intellettuali, la concezione messianica della
politica.
A dispetto di quanto
oggi si possa credere, quella che per noi è oggi un valore irrinunciabile, la
democrazia, è stata dalle grandi ideologie del '900 più che apprezzata
disprezzata. La Destra vi vedeva l'estrema degenerazione della società di massa
in cui il numero, la pura quantità, s'imponeva e trionfava sui migliori, mentre
la Sinistra riteneva le regole della democrazia un diabolico trucco inventato
dalla borghesia per continuare a sfruttare le classi più povere. Ma se Destra e
Sinistra si sono spese per abbattere la democrazia, cioè quel sistema di regole
che consente lo svolgimento pacifico del confronto politico, non ci si può poi
meravigliare di come la violenza sia diventata uno strumento normale della vita
politica.
Dagli intellettuali noi
ci aspettiamo che essi siano una guida, una luce che ci aiuti a distinguere il
bene dal male. Ma se ripercorriamo le vicende del secolo scorso ci accorgiamo,
ha insistito il prof. G. Balestrieri, che gli intellettuali la luce non l'hanno
accesa, bensì l'hanno spenta. Sia a Destra sia, e forse soprattutto, a Sinistra
tanti intellettuali hanno avallato alcuni dei regimi politici più mostruosi
apparsi nella storia dell'umanità. E quando di fronte alle dure repliche della
storia non era più proprio possibile continuare a sostenere che, ad esempio,
nella Russia staliniana stesse sorgendo il sole dell'avvenire, anziché fare
autocritica si sono lanciati nell'esaltazione della rivoluzione culturale
maoista e perfino di quel folle macellaio di Pol Pot che, in nome del comunismo,
ha massacrato metà della popolazione della Cambogia. A ben guardare, ha
concluso Balestrieri, le sciagure del '900 affondano la loro radice in principal
modo nella concezione messianica della politica che ha dominato il secolo
scorso. Alla politica non è stato richiesto di realizzare il possibile, ma
l'impossibile, la società perfetta, il paradiso in terra. Ma proprio perché la
meta era l'utopia della perfezione, si poteva accettare di pagare il prezzo di
qualche decina di milioni di morti.
Al quesito posto dall’avv. d’Ambra, se sia lecito usare il delitto
politico come strumento per la conquista del potere, rispondo senza esitazione
NO. Ha esordito il prof. Penza. Non è mai lecito uccidere. Alla violenza si
risponde con la violenza in una spirale senza fine. Anche ai nostri giorni
centinaia di persone vengono massacrate da una violenza barbara destinata a
crescere nei prossimi mesi. Bisogna sostituire la violenza con il dialogo, anche
perché dialogare corrisponde alle
loro aspirazioni e ai loro interessi. Nella contrapposizione fascismo-
antifascismo molti giovani persero la vita solo perché credettero in buona fede
nelle idee dell’una e dell’altra parte. Molti intellettuali aderirono al
fascismo: oltre a G.Gentile, anche il mitissimo Pirandello, il valoroso G.
d’Annunzio e tutti i Futuristi. Anche le gerarchie ecclesiastiche lo
guardarono all’inizio con simpatia. Furono tutti ciechi o in quel momento
storico il fascismo apparve come una soluzione ai problemi dell’Italia?
Bisognerà indagare in questa direzione. Credo che sia arrivato il momento di
porre fine alla violenza politica e non, e aprirsi a un dialogo costruttivo per
il bene di tutti.
Il preside Sironi, in un suo lungo ed
articolato intervento,ha fra l’altro affermato che quando si giudica la morte
di un individuo, si giudica la sua vita. Dinanzi a un qualsiasi corpo vivente
morto è legittimo il sentimento della pietas ; ogni cadavere in quanto
tale è destinato al medesimo destino di decomposizione e nessuna differenza è
possibile.Ma il giudizio storico e politico è diverso : non si giudica la morte
ma la vita. E’ necessaria quindi la distinzione rispetto alle scelte
effettuate individualmente; nel caso
di Matteotti e Gentile è evidente che è impossibile qualsiasi confronto. Io
sono nettamente contrario al concetto di memoria condivisa che significa
annullare il valore delle diverse scelte. Ogni nazione ha una mitologia di
riferimenti che segnano, nel continuum del divenire storico, i momenti di cesura
rispetto alla costruzione dell’individualità collettiva della nazione. La
Repubblica Italiana nasce dalla lotta partigiana contro l’invasore nazista e i
loro alleati della Repubblica Sociale ; nasce dal ripudio del fascismo e dalla
costruzione di nuove fondamenta del vivere civile.
Se è possibile fare di
Giacomo Matteotti uno dei padri fondatori ideali della nostra Repubblica, non è
possibile farlo con Giovanni Gentile. Proprio nel rispetto profondo delle sue
scelte non è possibile annacquarlo in una indistinta memoria che annulla le
tragedie.
Giova forse ripetere che
oggi dobbiamo invitare i giovani ad identificarsi con i tanti, che con
motivazioni diverse, imbracciarono il fucile e salirono in montagna per
combattere gli invasori nazisti e i loro alleati italiani. Loro sono quelli che
hanno fatto la scelta giusta, è la loro memoria che dobbiamo onorare, ha
concluso Mario Sironi
….Prima del confronto
dialettico sul tema del giorno c’è stato un contatto telefonico con
l’Argentina,dove il cantante Gaetano Maschio e il musicista Peppino Iacono
stanno effettuando una tournée canora riscuotendo un grande successo.Con gli
auguri della loro terra la Sala è scoppiata in un fragoroso applauso
beneaugurante.
Indi l’avv. d’Ambra ha ricordato
con grande partecipazione emotiva, le figure dell’architetto Floriano Hettner
(1934-2004) e della maestra in pensione Titina Tallarico ved.Regine (1920-2004),
soprattutto con immagini e film dell’Archivio del Centro d’Ambra, che
rammentavano alcuni momenti belli della loro vita di relazione. Cosa che il
pubblico ha particolarmente gradito.Anche se non tutti sono riusciti a mantenere
il distacco emotivo.
La discussione è durata molto più a
lungo del previsto per cui si è deciso unanimemente di rinviare ad altra data
l’annunciata proiezione del film di Florestano Vancini “Il Delitto
Matteotti”.
(Federica Conte,”Il Golfo” del 7
dicembre 2004, pag.27-28)