Napoli, Santa Maria La Nova, 23 dicembre 1983: presentazione del libro di Nino d'Ambra.
IL MATTINO – Anno XCII – Domenica 3 luglio 1983
Cultura
Cronaca
e storia del Garibaldi « napoletano» in un volume di
Nino d’ Ambra ricco di documenti (di parte avversaria)
Nel
ponderoso libro di 598 pagine[+ altre 192 di illustrazioni f.t.], edito da A.G.
Grassi - Napoli, vi è una grande quantità di notizie, soprattutto provenienti
dall’altra sponda, il piatto forte dell’opera che ha, inoltre, il pregio di
una sicura godibilità.
Viene
analizzato l’intero arco di vita di Garibaldi. Ma d’Ambra approfondisce le
parti della biografia coincidente con la presenza dell’Eroe a Napoli e nelle
province meridionali.
Per
la gran mole dei documenti raccolti, anche iconografici ( trascritti con
pazienza certosina e in buona parte riportati a stampa per la delizia dei fans
garibaldini), è evidente che d’Ambra ha rovistato per anni biblioteche e
archivi pubblici e privati, in Italia e all’Estero. Neutrale,
neutralissimo egli dà spicco ai provvedimenti più significativi di Garibaldi
durante il periodo della dittatura napoletana: il sussidio ai disoccupati; il
blocco degli sfratti delle case delle abitazioni; la separazione dei carcerati
già condannati da quelli in attesa di giudizio; l’abolizione del gioco del
lotto a partire dal 1 gennaio 1861 ( mai eseguita!)… come dice Fernand Braudel:
«Nessuno è mai riuscito a governare Napoli»
e,secondo me,nessuno ci riuscirà mai!
Dai
meandri degli archivi napoletani, ischitani e romani, d’Ambra ha tirato fuori,
a distanza di oltre 120 anni, i nomi dei 12 killers inviati dai Borbone a
Palermo per assassinare Garibaldi, e le congiure clerico-borboniche del 1863-64,
proliferate all’ombra dell’Orto botanico di via Foria con la pontificia
benedizione di tre sacerdoti (scoperti e condannati a soggiorno obbligato),
costruite su un inedito rapporto di polizia che, per la meticolosa accuratezza
dell’indagine e del riferimento, rappresentano un vero spaccato d’epoca.
Viene
riferito dell’Anticoncilio tenuto a Napoli nel 1869 dalla Sinistra Italiana
– col sostegno e l’appoggio di Garibaldi - in contrapposizione al concilio
Ecumenico Vaticano I, che doveva sanzionare l’infallibilità papale e la messa
al bando delle dottrine socialiste. Sono approfonditi con arguzia da scrittore
di razza i motivi delle disavventure giudiziarie del Generale circa
l’annullamento del suo matrimonio con
Ma
il « Garibaldi dalle cento vite in una» di Nino d’Ambra è un libro
istruttivo e godibile anche per un altro abbondevole particolare: il grosso
carico delle illustrazioni, specie satiriche. C’è un Francesco II di Borbone,
re in esilio, trasformato in un capo brigante baciapile dall’incisore Antonio
Manganaro, che è uno spasso. Vignette a
colori o a pastello: « Les merveilles du chassepot» (i prodigi del nuovo
fucile micidiale « chassepot») in cui viene mostrato il gaudio del vincitore
(un sordido prete alla Don Abbondio) nell’assistere
al trasporto dei corpi dei garibaldini nella fossa comune, dopo la sconfitta di
Garibaldi a Mentana. Illustrazioni povere, educative, pedagogiche come quella
che riporta un Garibaldi che dice a una Italia prona: «Concludono tutte le paci
che vogliono, io non lascio la spada se prima non prima ti vedrò veramente
libera» o quella atroce di Pio IX che ai piedi del Crocifisso impetra: «
Signore, nelle tue santissime mani raccomando il mio diletto Figlio
l’Imperatore d’Austria». E il Redentore, un uomo robustissimo, uno
scaricatore di un porto affabile
alla buona compagnia, gli risponde «Non possumus».
A
riguardare quest’Ottocento garibaldino offertoci da Nino d’Ambra, lo si
riscopre più che mai grondante di gran vizi e virtù: donne che andavano
pudicamente al matrimonio già trapassate da altre spade; suore ribelli; sordidi
preti e altri alati e, innanzi tutto, tanto senso e sentimento di avventura e
coraggio da vendere. E’ ovvio: si viveva nel popolo, non nel pubblico. La
storia era uno strumento di conoscenza non uno spettacolo; e se non è
spettacolo non è nulla. Se Craxi o De Mita non rassomigliano ad attori, sono
perduti. Non reggono il confronto con Pippo Baudo, il nume tutelare e benevolo
delle nostre case.
Ma
viene fuori ancora qualche altra cosa dalla felice fatica di Nino d’Ambra: il
mistero attraverso il quale i moti d’indipendenza Americani divennero Far
West, imprese, avventure, piacere di vivere sul filo del rischio che perdurano
nei nostri giorni e i nostri non meno nobili moti rimasti come anticaglie
malinconiche nei secreétaries delle nostre nonne..
Domenico Rea
-“Afragola
Oggi”, periodico, n.11 del dicembre 1983; pagg. 3 e 7.
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15-17).