Epigrafe marmorea esistente nella sala d'aspetto della
Sezione di Ischia del Tribunale di Napoli.
L’omaggio di Ischia ad uno dei suoi
figli più illustri
Filippo di Lustro, una vita dedicata agli
ideali di
libertà, uguaglianza, fraternità.
Un altro tassello si è aggiunto da ieri all’impegnativo progetto del
“Centro di Ricerche Storiche d’Ambra” di restituire agli ischitani la
memoria di alcune delle pagine più affascinanti della storia della nostra isola
e di coloro che ne furono i protagonisti. A distanza di oltre due secoli, con
l’epigrafe [vedi in calce al presente articolo] apposta sulla facciata della
sede della Sezione distaccata del Tribunale di Napoli, Ischia ha tributato il
suo omaggio tardivo all’avvocato Filippo di Lustro e agli altri giovani che,
condividendo gli stessi ideali, gli furono compagni nella lotta per
l’affermazione dei principi di libertà contro la tirannide fino al punto di
sacrificare le loro giovani vite.
“Dottor legale di Forio
d’Ischia, di anni venticinque circa, di giusta statura e corporatura dilicata,
nero di volto, alquanto tarlato dal vajolo, rasuto, e con capelli ligati a
codino. In Napoli vestiva con giamberga a colore acqua marina, calzone nero e
camisciolla gialla…”: era
il 30 maggio 1794 quando la polizia borbonica tracciò questo identikit del
giovane Filippo di Lustro in un mandato di cattura internazionale diramato
contro un gruppo di giacobini napoletani sfuggiti all’ondata di arresti che
aveva messo fine al primo significativo atto di ribellione contro la monarchia
borbonica.
Le basi della congiura avevano cominciato a gettarle due anni prima, nel ‘792,
quei giovani che anche a Napoli si riconoscevano in quei principi di libertà,
uguaglianza e fraternità che affermatisi in Francia con la Rivoluzione
dell’89, avevano subito cominciato a diffondersi nelle altre nazioni europee,
divenendo lievito delle lotte per la libertà e l’indipendenza dei popoli che
avrebbero caratterizzato il nuovo secolo ormai alle porte. Nella città di
Partenope i giacobini si erano organizzati e avevano dato vita ad una assemblea,
ricordata come la Cena di Posillipo, in cui gli storici hanno ravvisato il
nucleo originario di quella Società Patriottica che doveva farsi promotrice
della congiura contro i Borbone.
Tra i membri più attivi della Società, che si era radicata sul territorio
grazie alla creazione dei “Club elementari”, vi era anche Filippo di Lustro,
foriano di nascita, che viveva ormai stabilmente a Napoli, dove aveva
frequentato l’università laureandosi in Legge. Presidente del club di
Portici, il di Lustro collaborava con alcuni personaggi di spicco nelle vicende
di quello straordinario decennio di fine secolo: Carlo Lauberg, che sarebbe
divenuto Capo del Governo Provvisorio della Repubblica Napoletana del ’99, ed
i giovani Vincenzo Galiani ed Emanuele De Deo.
Tutti insieme parteciparono alla congiura antiborbonica del ’94 che,
fallita, fu repressa nel sangue. Tra i cospiratori catturati vi furono anche
Galiani e De Deo, imprigionati nel carcere della Vicaria, dov’è oggi il
Tribunale di Castelcapuano. De Deo, in particolare, studente in legge appena
ventiduenne, preferì affrontare la morte piuttosto che tradire i compagni che
erano riusciti a fuggire, tra i quali era di Lustro. Poco prima che la condanna
fosse eseguita De Deo scrisse una toccante lettera al fratello, nella quale
ribadì i suoi profondi convincimenti, la fedeltà ai suoi ideali che gli
impediva anche di prendere in considerazione la possibilità di chiedere la
grazia, riconoscendo implicitamente l’autorità che aveva combattuto. Una
lettera di altissimo valore ideale che Benedetto Croceritrovò e pubblicò per la prima volta, rendendo così onore all’uomo
che l’aveva scritta. De Deo, con gli amici Vincenzo Galiani e Vincenzo
Vitaliano furono impiccati in piazza Castello. Era il 18 ottobre 1794. Lo stesso
giorno, duecentosette anni dopo, lo scoprimento dell’epigrafe della sezione
del Tribunale di Ischia ha voluto ricordare il loro sacrificio.
Differente fu la sorte di Filippo di Lustro, che riuscì a sottrarsi alla
giustizia borbonica rifugiandosi sull’isola natia. A proteggerlo fu la natura
selvaggia dell’Epomeo, che offriva ripari sicuri e impenetrabili. Per diversi
giorni di Lustro attese che giungesse il momento opportuno per continuare la
fuga, finché una notte, non riuscì ad imbarcarsi fortunosamente a Lacco Ameno
su un gozzo che lo condusse a Civitavecchia.
Dal porto laziale, l’uomo raggiunse la Liguria, dove, nella zona di Oneglia,
l’attuale Imperia, era stata fondata una repubblica filo-francese, dicui era presidente Filippo Buonarroti, fine intellettuale e
rivoluzionario giacobino. Lì di Lustro ricoprì ruoli di notevole responsabilità
nell’ambito dell’amministrazione della repubblica, conquistandosi la fiducia
e la considerazione del Buonarroti come di tutti gli altri protagonisti di
quell’inconsueta esperienza politica.
La permanenza ad Oneglia, tuttavia, durò pochi mesi. Già l’anno seguente,
quando fu revocato il mandato presidenziale a Buonarroti, di Lustro decise,
insieme al Buonarroti stesso, di trasferirsi in Francia, a Parigi, dove continuò
e con maggiore intensità la sua attività politica, aderendo al programma di
Babeuf, quel “Manifesto degli Uguali” che rivendicava l’applicazione del
principio di uguaglianza nell’organizzazione sociale ed economica dello Stato
francese, sostenendo la necessità di una nuova fase rivoluzionaria per la
realizzazione della “Repubblica degli Uguali”, fondata sulla comunione dei
beni tra tutti i cittadini.
La congiura per la concretizzazione di questo progetto coinvolse anche di Lustro
che, dopo la cattura e la condanna a morte di Babeuf, scelse di arruolarsi
nell’esercito di Napoleone, dove raggiunse il grado di Commissario di Guerra.
Con l’armata napoleonica partecipò alla campagna d’Egitto e lì, il 25
luglio 1799 trovò la morte combattendo contro i Turchi ad Abukir. Di Lustro non
aveva ancora trent’anni. Un anno prima, a Roma, erano state pubblicate le sue
“Massime repubblicane”, una sintesi delle idee che avevano guidato tutte le
scelte della sua breve, ma intensa e travagliata esistenza.
IsabellaMarino
[ IL Golfo del 23 ottobre 2001, pagg.31-32]
All’avvocato
foriano
Filippo di Lustro
(1769-1799)
Antesignano contestatore del dispotismo borbonico.
Negli
anni 1792-1794
fu
tra i primi italiani a sentire irrinunciabile
il
fascino prepotente della Libertà,
dopo
un lungo letargo nazionale.
Sfuggito
con altri alla cattura,
fu
accolto fraternamente nella Repubblica di Oneglia