Domenico Rea, incontro con lo scrittore
Domenico Rea ( 1921 - 1994 ) |
<<Pensieri della notte>>
Presentato
da Nino d’Ambra il nuovo libro di Domenico Rea
Conferenza
organizzata dal Circolo Sadoul
Organizzato dal Circolo Sadoul
e dal Centro di Ricerche Storiche d’Ambra si è tenuto, presso l’Aula Magna
della Scuola Media Statale di Ischia, l’atteso incontro con lo scrittore
Domenico Rea sulla sua ultima fatica letteraria <<Pensieri della
Notte>>, Editore Rusconi, libro dedicato al direttore de ”Il Mattino
Pasquale Nonno” ed al giornalista Giacomo Lombardi.
I lavori sono stati introdotti nell’ordine: dal prof. Edoardo Malagoli
e dall’avv. Nino d’Ambra, che hanno parlato dell’iter letterario dello
scrittore. Indi ha preso la parola Domenico Rea che, tra l’unanime attenzione
del numerosissimo pubblico intervenuto, ha parlato con un grande calore della
<<sua>> Napoli. Ne è seguito un acceso e interessantissimo
dibattito che ha posto in luce le mille facce della <<napoletanità>>.
Riportiamo l’intervento di Nino d’Ambra per il particolare
approfondimento delle tematiche dell’opera di Domenico Rea e del rapporto
dello scrittore con Napoli.
Altri analizzano (erroneamente) le opere di Rea partendo dalla sua
personale valenza sociale e dalla sua vis polemica, che si potrebbero paragonare
ad un mare agitato e prorompente sugli scogli a differenza della sua prosa che
è come il lago di Misurina: ti affascina e ti magnetizza soggiogandoti
completamente: i tumulti del polemista e dell’insoddisfatto non esistono più,
tabulati attraverso il lunghissimo travaglio dello scrittore che è riuscito a
trasformare in arte anche la sua angolosità caratteriale, capovolgendone
completamente i termini. Se noi volessimo <<vedere>> le opere, da
Caravaggio a Foscolo, alla luce dell’impatto che gli autori ebbero con le
società dell’epoca, ci porremmo da una angolo visuale distorto, atto
solamente a condurci fuori strada.
Le realtà di Napoli – che sono rimaste immutabili dalla notte dei
tempi – trovano la loro genesi in una miriade di fattori storico-sociali, che
è umanamente impossibile racchiudere
in una
sintesi. Ecco perché tutto il Meridionalismo itinerante, dai tempi di Giustino
Fortunato ad oggi, non è servito a modificare la realtà sociale di Napoli,
anche se è stato utilissimo a farci capire che strade solite, con Napoli e con
il Meridione in genere, sono da evitare. Come i provvedimenti legislativi e i
massicci interventi finanziari, pur partendo da intenzioni lodevoli, non
incidono minimamente in senso positivo (e, diciamolo pure, europeistico) sulla
mentalità meridionale e, segnatamente, napoletana, non fuoriescono dalle utilità
meramente pratiche ed immediate.
Che c’entra Rea con questa mentalità e modi di essere immutabili. Ve
lo dico subito. Secondo me, la modifica può avvenire solo dall’interno, molto
lentamente operando per una inversione di tendenza che forse fra cento anni farà
assaporare i suoi frutti. E sono uomini della levatura di Rea che, rimanendo
<<sul fronte del porto>>, con denunzie e sottolineature, continue e
persistenti, da napoletano a napoletano, (da lontano non avrebbe comunque
efficacia, perché potrebbero apparire congiure <<nordiste>>),
possono contribuire ad una presa di coscienza
collettiva, sempre respinta in ogni situazione sociale e in ogni circostanza
storica, per uscire dal baratro dell’acquiescenza e dell’ineluttabilità.
Ma dobbiamo anche constatare con rammarico che, a differenza di Rea, la
maggioranza degli intellettuali napoletani è fuggita <<dal
fronte>>, allontanandosi da Napoli, per adagiarsi in posizione di assoluta
sicurezza, rinunziando – per un successo più facile – ad una vita più
agiata e serena e alla missione di avanguardia per la modifica di quella
mentalità più deteriore che, nelle loro mani da prestigiatori accorti ed
assennati, è diventata spettacolo e, conseguentemente, investimento ad alto
reddito.
Non è il numero degli intellettuali, degli scrittori, degli
artisti, degli attori, dei poeti, dei musicisti e degli uomini di cultura in
genere, che costituisce il modo di essere, la <<faccia>> di un
popolo, né la mera quantità (anche cospicua) contribuisce a sfoltirla delle
connotazioni peggiori – anzi spesso diventano essi stessi degli alibi
esiziali, una pesante ipoteca sulla immodificabilità -, ma solamente il loro
sofferto apporto, ostinato, persistente, di una forza caparbia che solo
l’amore disinteressato per la propria terra può sostenere anche se non
contraccambiato: come un rivolo perenne, goccia su goccia, che con i secoli buca
la pietra più resistente.
Se Domenico Rea avesse
<<tradito>< Napoli (intellettualmente, s’intende), trasferendosi
in una città del Nord, o addirittura all’estero, come hanno scelto di fare
altri, oggi sarebbe uno degli
scrittori più riveriti, corteggiati ed <<opulenti>>
a livello internazionale. Ma è rimasto qui, <<sul fronte del
porto>>, come dicevo poc’anzi. Ed io, a nome di quei meridionali che la
pensano come me, sento il dovere di dire grazie a Domenico Rea di essere rimasto
in trincea, in prima linea, a combattere con pochi ardimentosi, coraggiosamente,
per la elevazione di un popolo a cui danno fastidio gli eroi se non servono da
alibi alla permanenza ed alla immutabilità. Maratona docet!
Nino
d’Ambra