GIOVANNI DAMIANI


TRATTO DI BOCCA COME TRATTO SU CORDA

for violin or cello and digital elaborations on quadraphonic tape


  For the violin or cello: the staff down with the violin key (above the staves for tape), is for left hand, the others staves above for the bow; it’s not shown the resulting intensity, but separately bow’s velocity and pressure, with two graphics: above, the velocity (from maximum to zero- from high to low), below pressure (from zero to maximum=distorted). At zero, velocity and pressure are joined, and the resulting intensity is zero; the extreme of velocity alone is flautato, and of pressure is extreme distortion, that’s stopping bow’s motion. Apart from this extreme case, the distance between the two graphics give the resulting intensity. The uppermost graphics is for the zone of string between tasto (extreme down = the zone exactly in the middle of the vibrating string between finger and the bridge, ‘clarinet tone’) and ponte (on high = ponte more as possible).
The square note half white half black is an action of finger between sfiorato (as for overtones) and normal note pressure, resulting in a rough flautato.
The violinist synchronises himself with the tape by means of a chronometre and the short description of the electronic music below his part. The relationship space-time is constant.
Duration: 15’35’’
 Program note
Si parte dal violino come strumento aperto, laboratorio di acustiche metafore. Esso viene sfregato lungo tutta l’estensione delle corde; le traiettorie dei vari parametri seguono analogicamente dei grafici tracciati a mano libera. L’elaborazione digitale ha principio dalla stessa idea esplorativa, che viene organizzata in modo più cristallino e via via più astratto ed emancipato da criteri di imitazione di un modello acustico. Per rendere chiaro questo processo, all’inizio il percorso del suono è seguito in tutti i suoi elementi: si descivono punto di eccitazione, risonanze simpatiche e formanti della cassa acutica, e i cammini che conducono il suono diretto e riflesso all’orecchio; questi ultimi tengono conto della posizione delle sorgenti (più ‘violini’ in movimento), della dimensione della ‘sala’ e della velocità del suono, e vengono riflesse secondo la stessa geometria ottica di una stanza in cui ogni parete è coperta da uno specchio. L’aspetto formalmente più peculiare è che tutte le tecniche di produzione del suono modellano il timbro secondo principi analoghi a quelli del violino suonato su tutta la corda (dal tasto al ponte, si annullano delle armoniche e i loro multipli) e sfiorato per isolare delle armoniche e i loro multipli. L’ordine di queste lungo la corda non è lineare, è simmetrico, può essere analizzato matematicamente con le serie di Farey, e musicalmente esplorato in mille percorsi. Sia sul violino, sia in un filtro digitale a pettine, sia in un banco di oscillatori o di filtri regolati sullo stesso principio. Qui la costruzione formale dinamica conta più delle somiglianze timbriche, molto approssimative; importa contemplare nei fenomeni acustici l’accenno a possibilità di coincidenze, di incroci di linee di vita interiore e fruttuosa: cercare nel timbro, qui modellabile e reso modello anche ideale, nuova armonia e melodia, che mette in crisi i concetti di nota, polifonia, di timbro stesso.
L’astrazione del modello ‘glissato d’armonici’ permette di intonare separatamente ogni componente (le armoniche vengono riaccordate, compresse, ritardate, invertite) o di distribuirle nello spazio intorno agli ascoltatori, tutte cose che rendono il timbro sempre più un fenomeno complesso polifonico. Lo stesso modello o serie di armonici può filtrare altri suoni, combinando le loro caratteristiche timbriche con le proprie. Sono utilizzate delle voci che leggono i testi qui di seguito riportati. Viceversa, anche i testi diventano un modello timbrico, che colora di vocali e consonanti i suoni di violino e simili, spesso in dimensioni temporali dilatate.
Texts  :
 (...) insegnare a vedere abissi, là dove sono luoghi comuni,(...)
 (Karl Kraus, citato da Webern)
(...) imprimendo alle parole in uso una inclinazione che le porta a trascendersi, a far valere quel residuo di potenza rivelativa che esse contengono.
 C’è in noi una grammatica generativa non esaurita dalle grammatiche apprese a scuola, una grammatica in cui già ferve la lingua di domani, un domani senza scadenza, quando ciascuno parlerà e tutti lo udranno nella propria lingua.
 (Ernesto Balducci, contributo a Danilo Dolci “Comunicare”)
 guardando le venature di una foglia, penso le mani di Gaspare
 guardando le mani di Gaspare, penso le venature di una foglia
(M.M.G., da un quaderno)
Attimi dove si riflette il canto,
Lì puoi comunicare o stare quieto -
Tanto la mano dona e nell’incanto
Si riflette l’anima aperta. Mieto,
Per la profondità del velo, intanto,
Miriadi di ogni sorta d’orme: lieto
Sprofondare di memoria per quanto
S’alza la litanìa. Affonda il concreto
Nell’essenza e riporta la matrice
D’ogni sorta di suono fra le pieghe
Del palmo, quasi a renderlo strumento.
Similmente riportava Euridice
Fuori dall’Erebo Orfeo con il lèghein
Disperso. E perse pure lei nel vento.
(Francesco Sirio Carapezza, “Attimi dove si riflette il canto”, a G.D., 5 marzo xc5)