Giovanni Damiani

Perché Fibonacci?
Su GoFFrEDo

per flauto, clarinetto in si bemolle, violino, violoncello e pianoforte

o per clarinetto in si bemolle, violino, violoncello e pianoforte

Spesso nelle arti si sente parlare di numeri o rapporti di Fibonacci, e questa composizione vorrebbe approfondire e estendere in radicalità motivi e privilegi di questo insieme di numeri; ma chi è Fibonacci, e perché usare questi numeri?
Come è noto, uno dei massimi matematici del Medioevo, Leonardo Pisano, poi soprannominato Fibonacci (figlio di Bonacci), introdusse la cifre arabe in Europa, il calcolo decimale  nel commercio, e studiò l’aritmetica diofantea; la serie numerica che prende il suo nome fu trattata nel Liber abbaci, ma non fu da lui studiata; essa risponde alla seguente questione: se si ha una coppia di conigli, e se dopo un anno essa genera un coniglio, che numero raggiungono i conigli (ammesso che tutti si accoppino e nessuno di essi muoia)? Questa domanda riguarda evidentemente la generazione e le sue leggi riproduttive, questioni già cardine in mie opere come Salve follie precise, sia come argomento (la disputa ottocentesca sulla infezione puerperale) sia come principio creatore del suono (la filiazione di parziali derivate da un unico suono, in rapporto armonico e contrappuntistico con esso; ancora proporzioni numeriche tengono il tutto). Inoltre la serie di Fibonacci, (che parte da 0 e 1, e prosegue con la somma degli ultimi due numeri, quindi 1,2,3,5,8,13,21,34…), oltre a possedere interessantissime proprietà aritmetiche e geometriche (prima di tutte, i loro rapporti approssimano quello della sezione aurea), si riscontra ampiamente nelle piante (numero dei petali dei fiori, numero e ordinamento delle foglie), negli animali marini, nelle proporzioni anatomiche; e in scultura, in architettura, in musica (certo queste ultime sono anche opera di scelte umane). Nel campo dei cristalli, non si riscontra invece questa attrazione verso questi rapporti, bensì prevale la simmetria esagonale, mentre il rapporto aureo o fibonacciano è perfettamente rappresentato dalla simmetria del pentagono, prevalente negli esseri viventi. Diversamente, in musica, è prevalsa in epoca classica a livello metrico la simmetria quadrata o la serie geometrica delle potenze di due (1,2,4,8,16…, vedi valori musicali, o indifferenza per i registri di ottava), o di tre (suddivisione ternaria, o il circolo delle quinte); tuttavia abbondanti sono anche gli esempi di predilezione per suddivisioni che utilizzano i numeri di Fibonacci per approssimare la sezione aurea (in Bach, Bartok, e oggi più che mai).
Tutto ciò, studiato nella vetusta Teoria delle Proporzioni , che risale a Pitagora e al Timeo di Platone, al di là dell’apparenza classicista e prescrittiva, riflette al contrario i meccanismi profondi con cui la natura vivente si libera e si ribella ai principi entropici dell’equilibrio statico della materia inorganica, sia pure la più perfetta e cristallina, per cercare un equilibrio dinamico, generando, ogni volta che le forze lo permettono, un proprio simile in una nuova dimensione (crescita frattale), attraverso un’operazione, formalmente semplice, di somma, e un minimo di memoria (quella degli eventi immediatamente precedenti).
Ho cercato di interrogare questo principio generatore investigando le multiformi proprietà della serie di Fibonacci attraverso metri, ritmi, che ne dispiegano i meccanismi generativi, e anche sopratutto applicandola nel campo delle altezze, confrontando più modi di interpretazione: applicati nel campo degli armonici naturali, ovviamente tali rapporti approssimano molto bene il rapporto aureo (vicino alla sesta minore); applicati a un temperamento quale quello tradizionale o quello a quarti di tono, essi diventano una meravigliosa serie di altezze, agilmente trasportabili e confrontabili tra loro con principi in parte classici, ma in buona parte inediti. Quest'ultima lettura 'geometrica' della serie di Fibonacci è quella prevalente qui, insieme a quella sua complementare di Lucas (che si può ascoltare nella seconda metà della composizione); l'interpretazione 'aritmetica' dei numeri fibonacciani, emerge in una crepa della prima metà del pezzo, dopo una parte rarefatta puramente materica, in cui la stessa materia sonora obbedisce a rapporti aurei: le corde di violino e violoncello, battute dal dito (tecnica di tapping) producono non una nota, come di consueto, ma due, e queste due altezze vengono prodotte approssimando la sezione aurea della corda (e quindi le altezze risultanti producono tale unico grande punto di incontro tra il geometrico e l'aritmetico).
L’opera è dedicata a un incontro, al Festival Pontino, sull’opera di Goffredo Petrassi e le sue filiazioni musicali; Francesco Pennisi gli aveva già dedicato un Preludietto sul nome GoFFrEDo sulle note contenute nel suo nome: GFFED; curiosamente, e casualmente, gli intervalli su cui mi sono messo al lavoro per questo quintetto sono gli stessi:
Sol bemolle, Fa, Fa, Mi, Mi bemolle, Re bemolle, ecc. (v. anche ricerca dell’Urplflanze goethiana).

Giovanni Damiani