Il modello del pezzo, la sua ‘origine’, è la serie degli
armonici
producibili su tutta la lunghezza della corda del violino; il
risultato, necessariamente semplificato, è esposto all’inizio
del pezzo
Gli armonici più deboli e lontani possono uscire con
un’appropriata
tecnica d’arco, con particolare pressione, e usando una porzione di
dito quanto più piccola possibile, per centrare l’esatto punto
nodale.
In questo pezzo si deve cercare di integrare la serie più ampia
di
fenomeni armonici in una teoria rigorosa, dove il rigore è
segnato
dall’inclusione dei fenomeni più instabili, minimi e
transitori.
Mostrare le corrispondenze tra le diverse regioni della corda, rendere
chiara la logica musicale e matematica dell’ordine non lineare di
queste divisioni intere o armoniche: è l’aspetto logico da
trarre dalla
partitura, in particolare nella prima parte, nelle serie che il violino
continuamente ripropone e che il flauto ‘analizza’ estrapolandone
diverse facce dello stesso fenomeno del sorgere ordinato degli
armonici. Da p.3, terzo sistema, il flauto cerchi di riprodurre questa
seria di armonici, sugli stessi fondamentali o posizioni del violino:
la tecnica, il risultato, l’aspetto e la tensione psichica sono
completamente diversi, ma è identica la struttura di fondo, e
sono
comuni tutte le relazioni tra fondamentali e armonici selezionati.
Alle pp.5 e 6 il violino fa centro sulla metà della IV
corda e compie
delle escursioni sempre più grandi intorno ad essa, da
realizzare il
più precisamente possibile per mostrare poco a poco le strette
corrispondenze e affinità speculari tra le due metà della
corda. Il
fenomeno era stato già esposto ‘artificialmente’ da flauto e
violino
uniti, a p. 4, secondo e terzo sistema. Queste due ‘esposizioni’ di
simmetrie in formazione e in movimento sono separate da una
‘depressione’ statica, in cui il violino si sofferma sugli armonici
più
instabili, interferenti tra loro, e sul loro sorgere da posizioni
nulle, morte (di cui logicamente è indicata solo la posizione).
A metà
del pezzo vi è un intervento del violino solo, che parte da
atmosfere
sonore un po’ più familiari; ma la mimesi del mondo esterno dura
poco,
e si ritorna presto alla più difficile riflessione sulla
struttura, sul
nuovo ordine di relazioni. Vi è forse ancora più
complessità, per
esempio quando il violino suona armonici in movimento su 2 corde, ma al
fine di un maggiore abbandono alla ricchezza delle possibilità
combinatorie della serie originaria.
N.B.: La partitura non è in suoni reali
Il violino suona su due pentagrammi e usa, oltre alla chiave
normale,
quelle con indice di ottava e di quindicesima sopra. La
nota indica
pressione intermedia tra sfiorato e pressato, per ottenere un suono non
sporco, ma con un alone di armonici, più dolce del suono al
ponticello.
Avviso per la notazione del violino
Per semplicità, le altezze degli armonici sono indicate con le
alterazioni del temperamento equabile; posizioni e suoni normali
crescenti con ↑, calanti con ↓ ; l’esatta posizione va trovata in
relazione agli armonici da produrre; la nota d’effetto è sempre
indicata, e ad essa è di solito unito il valore ritmico,
perché si
seguano e si ascoltino queste, e non le posizioni. Queste ultime sono
sempre indicate con note bianche romboidali, tranne che nei movimenti
lineari (glissati) prolungati, e dove è lasciata
all’interprete la
ricerca delle posizioni più efficaci (il che non lo esime da
fare
altrettanto in altri casi che mi siano sembrati a torto più
efficaci
nel modo indicato).
Si possono usare tre tecniche di dito, scegliendo per ogni caso
la più adatta :
1) Glissato di dito o sua punta più piccola
possibile, anche con
pressione d’arco, ascoltando quasi uno per uno gli armonici che escono,
in un continuo feedback per approssimarsi all’effetto indicato; ben
vengano anche piccoli armonici non indicati: ma si mantenga il ritmo o
scorrimento complessivo;
2) rapido spostamento di un dito
3) articolazione di dita.
La prima tecnica è preferibile per la maggior parte dei casi; lo
scorrimento ritmico essere fluido, solo mediamente uniforme,
com’è del
resto nella natura di questi armonici o dei suoni multipli del flauto:
suoni di colore e peso diverso, trascorrenti l’uno nell’altro
attraverso passaggi appena udibili. La notazione di altezze, ritmi e
dinamiche è limitata e schematica rispetto ai complessi fenomeni
timbrici che si producono; ma serve come spunto, come stimolo per
l’analisi e le associazioni generative musicali, evitando il mero
abbandono percettivo privo di conoscenza: abbandono al timbro, se
inteso come puramente irrazionale e indeterminato, e alle azioni e
gesti che lo creano, senza sapere come.
Per cercare di capire i fenomeni timbrici come un tutto unico
è anche
indispensabile porre la massima attenzione ai suoni più
instabili,
deboli, confusi, e cercare di avvantaggiarli rispetto agli armonici
più
noti, attraverso accorgimenti tecnici e di dinamica, velocità,
ecc.
(come indicato espressamente a p.5), e con una disposizione psichica
già comunicativa dell’appena udibile. Se ciò avesse solo
il fine di una
conoscenza puntuale, avrebbe più senso in un esperimento da
laboratorio; il poterne fare una musica è dovuto al fascino e
all’importanza che , così mi sembra, questa apertura a tutte le
facce
del suono ha, a livello percettivo ed etico; è dovuto al
fatto che
questa serie teoricamente infinita di parziali dà un ordine
coerente di
successione temporale, che si va chiarendo nel corso del pezzo.
Il titolo è tratto da una delle Maximen und Reflexionen di
Goethe (la n.488), di cui ecco la traduzione completa:
“La cosa più elevata sarebbe: comprendere che tutto ciò
che è fattuale
è già teoria. L’azzurro del cielo ci rivela la legge
fondamentale della
cromatica. Non si cerchi nulla dietro ai fenomeni: essi stessi sono
già
la teoria.”