Barsanti

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the fathers of the IC Engine


 

Nacque a Pietrasanta (Lu) il 12 Ottobre 1821

da Giovanni , scolpitore di marmo, e da Angela Francesconi; era un bambino gracile di costituzione ma di indole buona ed amorosa.

La madre era contraria a mandare Niccolò a scuola perché pensava che nuocesse alla salute del suo gracile figlio, mentre il padre non era propenso a portarlo a lavorare con sé, voleva dargli un’istruzione e un tono di vita superiore.

Compiuti i sei anni Niccolò varcò la soglia dell’istituto delle Scuole Pie con sede nel convento di S. Agostino a Pietrasanta dove sia la direzione che l’insegnamento erano  tenuti dai padri Scolopi.

Niccolò Barsanti frequentò l’Istituto fino a 17 anni concludendo gli studi superiori con ottimi risultati in tutte le discipline, ma rivelando una particolarissima tendenza per le scienze esatte ed in particolare per la matematica e la fisica.

Terminati gli studi superiori, mentre il padre pensava che il figlio si iscrivesse all’Università di Pisa per intraprendere gli studi in ingegneria o medicina, il giovane Barsanti si presentò al direttore dell’istituto per ritirare quello che ora è il diploma di maturità liceale e gli manifestò la volontà di diventare uno Scolopio, se gli Scolopi lo avessero accettato.

Ben felice  il Padre Rettore a cui fu affidato il compito da parte di Niccolò di informare la sua famiglia.

Papà Giovanni quando venne a sapere i desideri del figlio fu un po’ restio a cedere, ma dopo lunga riflessione si arrese al volere di Niccolò e pensò a dirlo alla moglie Angela che fu contenta della scelta del figlio.

Accompagnato da Padre Bottari Niccolò partì per Firenze il 17 Luglio 1838 e compì il Noviziato presso  l’Istituto del Calasanzio  “Il  Pellegrino” in via Bolognese.

Niccolò indossò l’abito che S.Giuseppe Calasanzio aveva imposto ai suoi religiosi e cambiò il suo nome in Eugenio dell’Addolorata.

Passò due anni di prova fra preghiere e studi religiosi e, finito il noviziato, continuò le sue ricerche al collegio San Giovannino frequentando l’osservatorio Ximeniano diretto da Padre Giovanni lnghirami.

Nel Settembre del 1841 Padre Inghirami convocò Padre Eugenio Barsanti, non ancora sacerdote, nel suo studio e lo informò che avrebbe dovuto trasferirsi nel collegio S. Michele di Volterra per insegnare fisica e matematiche elementari; “...Credevo, Padre, che mi avesse chiamato per farmi vedere il cielo stellato invece.. .-rispose Padre Barsanti un po’ confuso Non tema; riconosco che sono giovane, ma se Lei mi giudica adatto per questo incarico, farò del mio meglio”.

Il Rettore del collegio di Volterra Padre Alessandro Sarri, nonostante le ottime referenze del Padre Inghirami, nel vedersi davanti un padre così giovane ebbe un po’ di timore in quanto gli studenti erano molti e la differenza di età fra discepoli e maestro era poca.

Tanto fu l’ardore e l’impegno con il quale il giovane professore si dedicò all’insegnamento che i suoi scolari rimasero incantati.

Era la primavera del 1843, il “maestrino”, come gli alunni lo chiamavano per la sua giovane età e per l’esile statura, entrò in classe con in mano un barattolo con un lungo collo, strumento che si era personalmente costruito per l’esperienza che doveva fare.

Quello strumento riproduceva la pistola di Volta.  Il maestrino spiegò agli allievi cosa intendeva fare, riempì il recipiente con idrogeno e aria, chiuse ermeticamente il collo con un tappo di sughero quindi agli estremi della sbarretta di ottone isolata e terminante con due sferette fece scoccare una scintilla elettrica e immediatamente uno scoppio fragoroso scaraventò il tappo contro la soffitta e fece rintronare l’aula. Agli alunni spaventati spiegò cosa era avvenuto: la scintilla elettrica aveva incendiato il miscuglio di gas il quale aumentando di volume aveva prodotto lo scoppio lanciando in aria il tappo. Lo strumento realizzato da Barsanti è tuttora conservato a Volterra.

Questo esperimento fece balenare nella mente di Barsanti l’idea di utilizzare l’esplosione di un miscuglio gassoso come generatore di una forza da utilizzare in una macchina a moto continuo che risultasse più pratica della macchina a vapore

In un documento conservato nell’archivio Ximeniano troviamo scritto: “Il Padre Eugenio Barsanti aveva ripetutamente osservato che l’apparecchio subiva, al momento dell’esplosione, un riscaldamento tanto maggiore quanto più fortemente era calcato il turacciolo e che questo riscaldamento giungeva al maximum allorché il turacciolo stesso veniva così fortemente calcato che l’esplosione della mescolanza detonante non valeva a cacciarlo via. Da questa osservazione deduceva che la forza esplosiva dei miscugli composti di idrogeno e di aria non era così violenta come l’avrebbe fatto supporre il rumore che si ode quando il turacciolo viene slanciato, e che si poteva regolarne gli effetti dinamici obbligandolo a trasformarsi in parte o anche totalmente in calorico”.

E’ evidente come nella mente di Barsanti fosse chiaro ed operante il concetto di equivalenza fra energia termica ed energia meccanica.

Si tramanda che gli esperimenti al Collegio di Volterra continuarono fino a quando Padre Eugenio Barsanti vi rimase, tanto che per i frequenti scoppiettii, specie durante la notte, era corsa la voce che al collegio si creassero armi segrete.

Nel settembre del 1845 Padre Eugenio Barsanti fu ordinato sacerdote e celebrò la sua prima Messa al Paese natale, nella Chiesa di S.Agostino a Pietrasanta.

Il sacerdote Barsanti, fu un ottimo insegnante, uno studioso scrupoloso ed infaticabile, ma mai immemore della dignità sacerdotale.

Dopo un meritato riposo in famiglia, Barsanti fu chiamato a Firenze a insegnare nel 1848 filosofia morale e geometria e dall’anno successivo  matematica e fisica al Collegio di San Giovannino.  Fra i suoi illustri allievi dal 1849 al 1852 vi fu Giosuè Carducci. Successivamente Barsanti venne nominato lettore di meccanica ed idraulica nell’Istituto Ximeniano. La sua vita passò tra lo studio continuo del suo motore ed il dovere ecclesiastico.

La vita di Barsanti si concluse il 19 aprile 1864 a Seraing in Belgio proprio nel momento in cui stava per raccogliere la gloria  con l’inizio della costruzione in serie del suo motore. Il Barsanti era giunto in Belgio nel marzo di quell’anno ma proprio a Seraing aveva contratto una grave forma di febbre tifoide.

Le sue spoglie giunte a Livorno il 24 maggio furono dapprima tumulate  nella villetta della “Rosa” a Compiobbi, quindi nel 1910 furono trasportate  nella cripta della Chiesa di S. Giovannino degli Scolopi a Firenze.  Il 24 ottobre 1954 i resti mortali di p. Barsanti furono trasportati nella Basilica di S. Croce.

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Ultimo aggiornamento: 26-mar-2006