Il Coro

 

  Durante gli anni 1970-1974 il tutto è stato restaurato per riportarlo alla forma originale, che i lavori dell’Ottocento avevano sconvolto.

 Le fondamenta di questa parte della chiesa si cominciarono a gettare nel 1498.

  “ Ricordo come l’anno 1498 al tempo del R.do padre fra Giovanni Sinibaldo fiorentino priore di questo convento e del R.do padre fra Jacopo di Cicilia, vicario genera le et prima era priore di questo convento, si fabricò da fondamenti la cappella dell’altare maggiore et insiemi il choro con il lavoro così honorato come ancora al presente si vede [siamo nel 1576 quando fra Vittorio d’Arezzo scrive questo ricordo]: non si concluse al hora…”.(vol.113 c. 4)

Nessuno però diede seguito a quanto avevano iniziato i due discepoli del Savonarola.

Solamente nel 1506 un altro fiorentino fra Filippo Strozzi, d’accordo con i santesi viterbesi, volle riprendere i lavori;

 “Addi 10 dicembre 1506 fra’ Filippo Strozzi, priore, et messer Francesco Sac­chi, Girolamo Caprini et Valerio Carci, alloghorno el choro del convento cioè a murare a M° Thommaso, altrimenti chia­mato Cuggia, et a M° Domenico Maghagmni et M° Pietro di Giorgio mu­ratori, ad ogni loro spesa di chalcina et pietre, rena, armadura et ogni altra chosa excepto e chonci, a canini 14 et baiocchi 2 e ½ la channa viterbese [la canna è uguale a circa 220 cm ] et ciaschuno è oblighato.

El tutto roghato messer Aghostino di messer Bernardino di messer Anselmo…” (vol. 116 c.168).

Anche questa volta non se ne fece quasi niente: infatti fu solamente levata un po’ di terra nel posto dove avrebbe dovuto sorgere il coro.( vol. 116 c.69 e seg.)

L’anno 1510 il priore fra’ Bonifacio Landini ed i santesi del tempo vollero che tale opera fosse portata a termine: “…A di 21 d’agosto 1510 fra’ Bonifatio Landini priore et messer  Piero  del  Veltro,    Marchantonio Turini Alamanno et Valerio Charci, allogorno a murare el choro a Giovanlorenzo da Camerino a ogni sua spesa di chalcina, pietre, rena, armadure et ogni altra chosa apartenente per prezo e paga di baiocchi 99 la canna a giuditio di buoni maestri, rogato messer Aghostino di messer Bernardino di Messer Anselmo…” (vol. 116 c. 169).

Ma Giovanlorenzo passò il suo cottimo al lombardo Cristoforo da Cavemo:

“…Addì 22 d’ottobre 1510 detto Giovanni Lorenzo alloghò detto lavoro a M­Cristofano lombardo chome definì pacti et modi et prezi et debbelo aver fornito in termine di due anni, non gli mancan­do danari di che è roghato messer Mazatosta…”( vol. 116 c. 169).

I denari c’erano, un buon artigiano pure, e così il lavoro, questa volta, pro­seguì spedito: “Alli 22 marzo 1511 si misurò el fondamento del choro verso mezzodì et fu largho piedi 4 [un piede è uguale a circa 22 cm, una canna = 10 piedi] et fu cupo, da un segno che si fece in una pietra sotto la finestra de ghateschi, canne una e ½ piede, cioè piedi 10 e ½.

           Alli 7 d’aprile si misurò el fondamento della tribuna in verso mezzodì et levante et fu largho piedi tre et fu cupo uno piede più chel choro.

           Addi 10 el lochotenente et tutti e soprastanti insieme chon noi demmo licentia a m° Cristofano chel muro del choro lo tirassi grosso piedi tre e ½, el muro della tribuna piedi tre et chon pacto che non dovesse gittare terreno del fondamento resta a chavare se non verso tramontana.

           Addì 29 decto, misurammo el fondamento del choro verso tramontana chol suo sprone et fu largho piedi 4 et cupo canne dua per insino a una croce che è una pietra sotto la finestra della chappella del crocifixo, el resto del fondamento della tribuna largho et cupo quanto el resto cioè piedi tre grosso.

           A dì 2 di giugno, presente el lochotenente et tutti e soprastanti, si mi­surò tutto el fondamento ripieno sino a dove sa allasciare la risegha cioè insino al piano della chappella della Madonna et fu canne 62 et piedi 46…” (vol. 116 c.169).

Finite di gettare le fondamenta, fu iniziata la fabbrica del muro.

“…Adì 22 di settembre 1512, presente fra Mariano Ughi, priore del convento fra Gabriello Mannini,  Marcho  di  Nicholao, soprastante, Agnolo della Bisciolata, m° Danese, m° Pierdomenico scharpellino et m° Cristofano di Valmagina, si misurò le mura del choro et tribuna dalla risegha et fondamenti in su, le quali ha murate m° Cristofano sopradetto per l’obrigho ha come appare in questo a c. 169 et prima:

           la lunghezza del muro sottile del choro da tre lati sono channe 17 piedi 1, alto piedi 4 e ¾, grosso piedi 1 e ¾, sono channe 13 piedi 28

.           El  frontehospitio del tramezo alto piedi 2 e ¼, lungho piedi 33 e 1/2 grosso piedi 1 e ¾ sono channe 1 e piedi 38

           El muro sottile della tribuna lungho channe 7 e piedi 6 alto piedi 8 e ¼ grosso uno muro chomune e channe 9:12

           El Frontehospitio della tribuna lungho piedi 24, alto piedi 2 e ¼, gros­so uno muro chomune, sono channe 1:05

           Ei muro grosso del choro verso tramontana lungho piedi 46 e 5/8, alto pie­di 29, grosso piedi 3 e ½, sono channe 64:18

           El muro grosso del choro verso mezzodì lungho piedi 45 e ¼ alto piedi 29, grosso piedi 3 e ½. sono channe 62:23

           Le dua rivolte presso alla tribuna lunghe piedi 10 e ½ alte piedi 13 e ¾ grosse piedi 3 e ½ sono channe 6:43

           El muro sopra dette rivolte lungho piedi 29 e ¾ alto piedi 15 e ¼, grosso piedi 3 e ½, sono channe 21:29

           E muri atorno la tribuna piedi 59 e ½, alto piedi 27 e ¾, grosso piedi 3 cioè dua mura, channe 67:19

           Et più piedi 33 di un pocho di muro che è sopra la scharpa benchè non sia tanto, piedi 33

           Et più piedi 16 che si errorno in fare del chonto quando si misurorno e fondamenti alli 2 di giugno 1511…”  (vol.116 c. 171 – 172).

Mentre m° Cristofano completava le opere in muratura, venivano date a cottimo tutte le opere di scalpellino a m° Capo Corso, Carlo, Domenico.

 “…2 giugno 1511 - Alli dì decto alloghammo a Chapo Chorso et Charlo et Domenico scarpellini dua finestre pel choro alte piedi sei e sopra el mezo tondo chon uno ochio di sopra et cholla cholonna in mezo et dalla cholonna agli stipiti piedi 1 e ¼ a modo delle finestre della chie­sa verso tramontana et chon un piede di sguancio per lato et gli stipiti debbono esser alti piedi 6 et di uno pezzo et debbe avere ducati octo di charlini dell’una che montano ducati 16 di charlini; item ai detti dua finestre per la tribuna chome quella del crocefixo verso tra­montana di larghezza et lunghezza, l’altezza piedi 5, la larghezza piedi 1 e ½ chol mezzo tondo sopra et gli stipiti di uno pezzo per ducati 4 di charlini; l’una monta ducati 8:2; item dua pilastri per la tribuna cholle loro base dove sa a voltare l’archo, larghi di verso el choro uno piede chollo intavolato,  l’altra faccia piede 1 e ½ piana, le tavole braccia 3 in 4 cholle sue leghature, chortina, dossi, choll’archo et desi misurare a piedi innanzi cioè avanti et debbono avere del piede baiocchi 10.

Item le chantonate lunghe piedi 1 e ½, grossi mezzo piede et misurisi a piedi avanti per baiocchi 3:15 el piede et tutte le pietre debbono essere grosse nel­le teste ½ piede et gli sguanci uno chole di sotto.

Item  alloghammo  a  Pietro Domenico scharpellino uno ochio per la tribuna in testa, el diametro sia piedi 3 sguanciato dentro et di fuori di i piede di sguancio per ducati 4 di charlini.

           Item una chantonata ai modo et prezo chome di sopra et el tutto fu roghato Messer Agnolo di Vangelista da Vitorchiano…” (vol. 116 c. 169).

Il 16 dicembre del 1512 fu  affidato il lavoro per costruire  la volta:

“Cristofano  di  Ghuglielmo  di Valmagina da dare a di 16 dicembre 1512, ducati 10 di Charlini, potè chontanti prendere al Bancho de Chigi de quali laveano misurato sopra di m° Danese e sono per parte della volta del choro da fare, di che fu roghato messer Persepio…”(vol.116 c.107v).

Il 30 marzo 1513 il lavoro era terminato:

“…m° Cristofano di chontro de avere addi 30 marzo 1513, ducati 45 e ½ sono per la monta di channe 26 e piedi 37 di volta, che fu misurata la volta del choro da m° Danese presente m° Cristofano detto, messer Spinelio et Alexandro Chaponi soprastanti et Chario scharpellino, a charlini 17 la channa et così fu dachordo ducati 45 baiocchi 37 denari 10, fu piedi 43 e ½ lungha et piedi 30 e ¼ largha…”( vol. 116 c. 107-108).

A proposito delle volte del coro, ri­portiamo altre notizie, anche se non ri­spetteranno la sequenza temporale. Infatti

Nel 1519 questa costruzione fu sfondata per la caduta di una trave: si pensò allora di rifarla, ma a botte:

“…Ricordarsi come al tempo di fra Serafino priore della Madonna [1519], furno facte le infrascripte cose in chiesa della Madonna al tempo che era soprastanti   messer   Marcho   da Vitorchiano et ser Francesco Tignosini et Domenico Bussi et Jacopo da Orti che era già morto…

…Di nuovo fu rifatta la volta del coro perchè quella prima stava per rovinare per esservi caschato su una trave a pieno et essendo la volta a uso di palco si aperse da un canto e però si ebbe a rifa­re.

E sopradetti la finirono et feceila poi a botte come sta murata per mano di m° Baptista da Cortona…”( vol. 117 c. 121v)(vol.117 cc.22-22v).

La volta fu rifatta e fu abbellita con un affresco:

“…Item el medesimo tempo [1519] fu dipinto quei tondo che è sopra la volta et fu dipinto da m°  Monaldo [Trofi]…” (vol. 117 c. 121v)(vol.117 cc. 24-80-80v-83v)(vol.140 c.28v)(vol.141 c.79-84).

Il tondo, posto al centro della volta a botte del coro, rappresenta la Vergine Santissima seduta in trono, un tronco di quercia, con a lato S. Domenico e S. Lorenzo. Il pittore Monaldo è lo stesso che ha realizzato il leone di Viterbo nel grande soffitto a cassettoni della navata centrale, cioè quel Monaldo Trofi, detto Truffetta, chiamato anche Corso, da alcuni autori citato come “cives cornetanus” cittadino di Corneto, ma nei primi anni  del sec. XVI certamente cittadino viterbese. Per il tondo, a Monaldo furono pagati 15 ducati, avendo i frati messo a sua disposizione i colori azzurro ed oro.

 Come visto, la struttura muraria del coro,  alla fine di marzo del 1513, era terminata. Mancava la parte in legname.

 I frati del convento di S. Maria della Quercia e i Soprastanti decisero di bandirne il cottimo, che fu consegnato, il 22 novembre 1513, ai legnaioli fiorentini Francesco di Domenico di Zanobi detto il Tassino ed a Giuliano di Giovanni detto il Pollastra: “…Àddi 22 novembre 1513, fra Ghabriello Mannini di chomessione del priore et padri et di Giovan Baptista Spiriti et di messer Spinello et Alexandro Chaponi soprastanti, allochò ad fare et fornire el choro di legname del chonvento a Francesco di Domenicho di Zanobi detto el Tassino et ad Giuliano di Giovanni detto del Pollastra legnaioli fiorentini et fessi el chontracto in Firenze in veschovado e furne roghato messer Giustino di Lorenzo notaio fiorentino et permisse che el chonvento et Soprastanti ratificherebbono in fratempo di mesi dua prossimi e pacti et modi sono qui et prima:

           debbono fare el choro sechondo la forma qualità et perfectione che è el choro della Badia del Monastero de Mo­naci Neri fuori di Siena, circha uno miglio et oltre a quello debbono fare gli ginocchiatori alle sedie e di sopra e chosì a quelle di sotto overo forme et in oltre chontare di noce da manghaneli in su et tutte laltre sue appartenentie per ducati 3 larghi d’oro in oro la sedia di sopra, et inoltre sono obligati detti Francesco et Giuliano a mettere e chapiteli sopra e pilastri della perfectione et belleza che sono quelli del choro principale di San Salvadore tuora della Porta a San Miniato a Firenze de quali gli dobbiamo dare in opera charlini tre delluno et oltre a di questo gli dobbiamo dare loro tutti e legnami, tarsìe, e aghuti, seghature convenienti, ghangheri, mastice et ogni altra apartenentia a detto choro;

           et oltre a di questo per tutte le loro spese di victo, masseritie et tutte altre chose simili per insino a che sia fornito di tutto ducati 60 d’oro in oro larghi et inoltre labitatione per loro uso nientedi­meno vota et se detti maestri agiongessino o levassino alchuna chosa di chonsentimento de frati se li abbi a difalchare o giongere a giudicio di dua persone chomuni et debbono chomiciare a lavorare in detto choro per tutto di 15 di dicembre 1513 et habbilo forni­to del tutto per tutto el mese di aghosto 1515 sanza alcuna exeptione sotto pena di ducati 200 d’oro in oro larghi et sono oblighati in forma chamera et l’uno per l’altro et ciaschuno in solidum.

           A di 7 di Gennaio 1514 messer Spinello et Alcxandro Chaponi sopra­stanti et in nome de chompagni ratifi­chorno alla detta alloghagione funne rogato messer Mazatosta et chosì el chonvento…” (vol. 116 c. 173)

 

Il coro all’inizio del 1516 era ormai terminato, anche se, morto Francesco, Giuliano aveva dovuto continuare a lavorare aiutato solamente dai suoi lavoranti.

“A di 21 di gennaio 1516 fornito el coro si tecie compromesso de melio­ramenti del decto coro rogato ser Milio da Viterbo.

 Lodossi a di 22 roghato ser Francesco Tignosini fu rimesso in m° Antonio et Cenci di Vitcrbo et in Bastiano et Giovanni Pagliaj da Firenze et in questo furno concordi et prima giudicorno che fussino 48 sedie a paghamento et per meglioramento dello inginochiatoio di sotto carlini dua per sedia per el piano dello inginochiatoio di sopra fiorini 14 per sedia et per lo inta­volato con cornice morte di drieto al detto lire [ fiorentine] 1  soldi 7 ( 5 lire fiorentine = 1 ducato di carlini; 1 lira fiorentina = 20 soldi ;  100 soldi = 75 baiocchi ) per sedia et per la spalliera di sopra tra la manghanella per tucto soldi 10 per sedia et per uno filo di tarsia in­torno al quadro et per meglio di base et bastone intorno alla cornice soldi 7,  per meglio de quadri et pilastri et sulla ban­da di sotto al cielo et per lo sporto et altre cornice cioè luovole sopra le men­sole in tucto lire due soldi 10 per sedia et per meglio delle mensole lire 1 soldi 10 per sedia ma ci ha a rifare ducati do­dici d’oro in oro larghi spendemo in decte mensole, tucte le sopradecte cose fanno la somma di lire 7 soldi 18 per sedia che multiplichato per 48 sedie fanno la somma di lire 379 e soldi 14...” (Vol. 116 c. 173)

“Lodorno ancora a sopradecti che fussino meglio e dua fornimenti del coro da piè lire 3 soldi 10 fra tucta due et per li usci in testa al coro per tucti lire 22 soldi 10 et per meglio de capi cori cioè  base, pilastri colonne et risalti et girarij di cornice et architrave et cornicione et tarsie per tucti e dua lire 25 per el folio nocie et colla de quadri quarantasei, baiocchi 10 luno et per una cassa per le oblatione et candele et per la basa previ­sta, lire 30 che acozato insieme fanno la somma di lire cento undici et mezo a carlini fanno ducati 22 baiocchi 22 e 1/2

           Somma adunche el coro, cioè la manifactura prima a ducati tre d’oro per seggiola a 48 seggiole sono ducati 144 d’oro in oro sono a carlini ducati 201 baiocchi 45

           Et più per le spese dacordo ducati 60 d’oro in oro, sono a carlini ducati 84

           Et pe miglioramenti che sono in questo a c. 173 che sono lire 7 soldi 18 per sedia montano lire 3 79 soldi 4, ducati 75 baiocchi 63

           Et pelli meglioramenti qui di sopra et  per la cassa per tucti lire 111 soldi 10 sono a carlini ducati 22 baiocchi 22 et denari 10 [ 1/2 baiocco]

           Et per cinquantasette capitegli a tre carlini luno se sono a paraghone del campione per tutti lire 85 soldi 10 a carlini ducati 17 baiocchi 7 denari 10 , in totale ducati 399 baiocchi 138.Nota che di detta somma si ha a sbattere ducati dodici d’oro in oro larghi et tanti hanno giudicato ci ha fare buoni m°Giuliano per quarantocto mensole, a quatro a ducato d’oro, che paghamo noi a Baccino intagliatore et Orfeo suo com­pagno che sono di carlini ducati 16 baiocchi 60 che deducti de ducati 399 baiocchi 138 restano ducati 384 baiocchi 3 di carlini et di tanto lo porremo creditore decto m° Giuliano in questo facciendo tucto in nome di mastro Francesco del Tasso et m° Giuliano in che dice el contracto del cottimo. Totale ducati 384 baiocchi 3…” (Vol.116 cc. 174-174v).

Il fatto che m° Francesco fosse morto durante la lavorazione del coro è documentato anche da numerosi ricordi;  in particolare si legge in uno di essi : “…[1516]  Francesco del Taxo et m° Giuliano di contro deono havere et per loro m°Giuliano solo che ha facto, dacordo le rede di Francesco decto dopo la morte sua, ducati 384 et baiocchi 3 et sono per monta della manifactura del coro et per la spesa et per altro lavoro facto saldo et facto con­to secondo che ci obligha ei contracto et secondo è stato giudicato da 4 maestri circha e miglioramenti come apertamente si vede in questo a c. 173 a c. 174 cosa per cosa…” (vol. 116 c. 113)

L’opera grandiosa degna della chiesa ormai quasi completamente realizzata , il 18 agosto del 1529, rischiò di andare completamente distrutta dal fuoco.

“Ricordo come a di 18 di Agosto nel 1529 accadde uno incendio dannoso in choro in tal forma.La mattina a la aurora apparendo gia alquanto lume del giorno el sagrestano minore aprendo la sagrestia et luscio del choro, trovò che dalla parte sinistra ardeva el legname del choro forte et era già arso  el leggio del psalterio di rincontro a lo altro pulpito del psalterio della parte dxtra:  pensosi da tutti la causa del fuoco essere stata, che perlo esseere fuora la maggior parte de frati gia dua giorni avanti per la festa di Santo Rocco a Buonmarzo, gli pochi erono restati cioè dua sacerdoti et dua novitij  dicevano el mattutino la sera dopo lavemaria.

Onde havendolo  decto la sera innanzi crediamo che una smoccolatura di can­dela o mocholo cadessi incautamente a quello che deserviva  al psalterio,  nella cassetta della segatura, et quivi conservandosi accesa, partiti gli frati et serrata la chiesa riscaldò la segatura et cominciò accenderne et infocarne tanteche levando la fiamma cominciò a ardere el pavimento  dell’asse et la panchetta dinanzi al choro così el leggio del quale quando fu abbruciato  el  pie' cascò inverso la cappella in su la panca di la da la divisione dell’andare al coro di sopra.

Così arse dua sedie del coro di sotto et dua  altre  incominciorno et  si guastorno assai, et gli dua tramezzi di noce che facevano la divisione per anda­re al coro di sopra, tutto el piano di ta­vole dove si sta co piedi dalla sedia del sttocantore insino a dua braccia di la da la divisione tutta la panchetta dal sottocantore insino a la divisione, et tutto el pulpito del psalterio.

Fu el danno del convento tra el le­gname et e libri arsi circa ducati 100 o più;  e senonchè presto come venne in notitia corsono subito tutti gli frati et garzoni di casa et così con ferri et aqua lo spensoro in brevissimo tempo, sarebbe arso tutto el coro sinistro…

 …Parve al p. Priore et  Soprastanti subi­to rifare quello era arso perché pareva una cosa bruttissima ne si poteva exercitare el choro, et perché si aspettava la festa del perdono di settembre nella quale fu finito di rassettare, dettesi a rifarlo a m°  Giovanni fiorentino legnaiolo…” (vol. 117 cc.  127-l27v)

Per completare il discorso sul coro non possiamo non dare notizie del grande leggio che si trova  proprio nel centro del coro stesso.Costruito nel I 574 dal falegname viterbese m° Feliziano che “lavora bene ma salato”, scrive fra  Vitttorio d’Arezzo nel 1576, costò scudi 44. Fu restaurato nel 1738 per ordine del padre Pisani che ne fece rifare la parte superiore a cinque angoli, per la quale si spesero scudi 40.  

 

 

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