Galatasaray - Roma 1-1
Roma, bene a
metà
(22/11/2001) Bene a metà,
tanti i motivi: primo tempo disastroso, secondo da grande squadra;
risultato accettabile, ma si poteva fare di meglio; scelte sbagliate
all'inizio, ma corrette al meglio in corsa. Questa la Roma che
ad Instanbul, nella prima della seconda fase di Champions, coglie
un pareggio quantomeno d'oro in un ambiente del genere, ma è
pure vero che ad un certo punto la vittoria non sarebbe stata
poi una così grande ingiustizia.
Procediamo comunque fiduciosi verso la sfida con l'odiato (sportivamente,
s'intende) Liverpool, consapevoli che, dopo la batosta dell'Anfield
Road con il Barcellona, battere gli inglesi potrebbe voler già
dire estrometterli da
tutto, eliminando una pericolosa concorrente in modo tanto fulmineo
quanto inaspettato. E poi, inutile nasconderlo: vent'anni son
passati, ma il desiderio di rivincita s'è tutt'altro che
assopito, e ve lo dice uno che quei tempi non l'ha neppure vissuti
direttamente.
Ad Instanbul solita bolgia di tifosi, che ci appaiono sempre
più come simili a quelli della Roma, per colori, certo,
ma soprattutto passione e dedizione, alimentata nonostante i
prezzi quantomeno proibitivi, fino a 360mila per una
tribuna, e se pensate che i turchi guadagnano in media un decimo
di quello che si guadagna in Italia, i conti proprio rosei non
sono. Non ci aspettavamo, e non ci son piaciuti un granché,
i numerosi striscioni offensivi in italiano (ricordo della visita
laziale da queste parti?): "Roma ladrona" l'hanno inventata
da altre becere parti, e col calcio niente dovrebbe centrarci,
non si sa come sia arrivata fino a lì; "Roma merda"
nemmeno è degno di commento, come tanti, troppi altri.
Per il resto encomiabili i tifosi turchi, che cantano, incitano,
urlano, ma dalla loro squadra poco hanno in cambio, se non in
termini di scorrettezze. Un centinaio, invece, i coraggiosi al
seguito della Roma sotto il freddo di Instanbul.
Sul campo Capello si dimostra la coerenza fatta persona, ed insiste
col modulo più recente che tanti pochi goal ha portato
ma, sarebbe ipocrita non ammetterlo, altrettanto pochi ne ha
fatti subire. Nel 3-5-2 giallorosso, in difesa Aldair ancora
una volta a sostituire Zago, in Brasile per la morte del papà,
in mezzo Emerson affiancato da Lima e Tommasi, in avanti c'è
la coppia Totti-Batistuta.
Nel Galatasaray Sergen e Hasan Sas appoggiano l'unica punta Umit
Karan, mentre in marcatura, se su Totti fisso sembra non esserci
nessuno, ma prende calci un po' da tutti, su Batistuta ci va
Ayhan, che svolge il compito in
maniera decente, ma fin troppo violenta.
Il primo tempo funge da sonnifero, entrambe le squadre stentano
a ritrovarsi e la palla in area ci arriva col contagocce. Non
succede nulla per un buon 20 minuti, quando il (pessimo) signor
Colombo assegna ai turchi un angolo tanto netto quanto viziato
da un fallo su Aldair. L'angolo è battuto, la difesa dall'italiano
giallorosso s'addormenta, ed è un giochetto per Perez
insaccare indisturbato. 1-0 per il Galatasaray, la Roma reagisce,
ma nemmeno troppo. Batistuta, come spesso accade in tempi recenti,
è fin troppo solo, Tommasi non corre più come una
volta, Emerson si deve ancora ritrovare al 100%, e Candela scende
troppo poco per poter essere pericoloso. Da qui deriva che gli
unici pericoli vengono dalle solite imbeccate di Cafu e dalle
ancor più solite finezze di capitan Totti, che si conferma
trequartista di livello mondiale, ma seconda punta non proprio
da pallone d'oro. Anche il Galatasaray non è che faccia
più di tanto per ravvivare la partita; dà l'impressione
di controllare agevolmente il vantaggio ottenuto, d'accordo,
ma più per demeriti altrui che non per propria abilità.
E' tutto qui un noioso primo tempo di un match che avrebbe proprio
bisogno di una svolta. E la svolta arriva: nella ripresa Cassano
subentra ad uno spento Tommasi, Capello corregge in corsa i propri
errori, e la Roma si trasforma. Un caso? Non ci crediamo. Bati
rimane il perno centrale, ma Totti, finalmente trequartista,
a destra, e Cassano, quasi un Delvecchio più avanzato,
dall'altra parte, fanno impazzire, con suggerimenti al compasso
dal capitano al giovane gioiello e continui scambi di posizione,
la tecnicamente inferiore difesa turca. Encomiabile il movimento
del ragazzo di Bari vecchia, meno le conclusioni. Il golden boy
barese cerca fin troppo la giocata, comprensibile, per carità,
se hai 19 anni e dopo mesi di panchina puoi farti vedere nella
Roma Campione d'Italia, ma così facendo fin troppe occasioni
vanno a farsi benedire.
La Roma crea, anche se forse ci si aspetterebbe qualcosa di più,
il Galatasaray comincia a non capirci più nulla, ed a
puntare tutto su violenza ed aggressività: tanti, fin
troppi, i falli da killer dei difensori, e non solo, di Lucescu,
ma l'arbitro, con personalità meno che scarsa, non prende
provvedimenti, ed il massacro reiterato continua indisturbato.
Nella cattiva ripresa turca fra i pochi a salvarsi Hasan Sas,
sempre pericoloso sulla sinistra, mentre delude Sergen, presentato
addirittura come l'alter-ego di capitan Totti, ma che con una
buona giocata riesce comunque a
sfiorare il raddoppio: per fortuna Antonioli conferma il periodo
positivo. La Roma gioca, d'accordo, ma il meritatissimo pareggio
sembra non voler proprio arrivare. Entra anche Fuser per un confuso
Zebina, ma non è che il suo contributo sia esattamente
determinante. Poi, quando le speranze sembrano finire, se un
Dio del calcio veramente esiste, finalmente interviene e mette
tutto a posto: punizione dalla trequarti di Candela, palla che
dopo un batti e ribatti arriva ad Emerson che insacca in rovesciata
a 91° scoccato. 1-1, finisce qui. Alla partita seguono risse
assortite promosse dai turchi, che proseguono nella linea generale
dei 90 minuti, poi tutti a casa ed arrivederci col Liverpool. Barcellona - Roma 1-1
Roma, peccato
(23/2/2002) Ottanta minuti che a lamentarsi bisogna essere quantomeno
incontentabili, ma poi ecco Kluivert ad infliggerti l'ingiusta
punizione. Questa la fotografia di una Roma bellissima che a
Barcellona, avanti con Panucci, si fa riprendere solo nel finale
grazie ad un'avventatezza di Candela, si disgrega e rischia di
tornare a casa addirittura a mani vuote. In parecchi spiccano
nell'ottima prestazione giallorossa: bravo Panucci, autore del
goal ma soprattutto dell'ennesima prestazione tale che se non
va ai Mondiali gridare allo scandalo non sarà poi questa
grande eresia; bravo Totti, che nel periodo d'appannamento stagionale,
costretto dal ruolo sacrifica la fase offensiva ma fa quello
che gli chiede Capello, lottando in ripiegamento su Cocu come
il gladiatore che ne simboleggia il personaggio, fino a meritarsi
tre punti di sutura per le troppe tacchettate ricevute; ma soprattutto
bravissimo Capello, che in quanto a tattica e disposizione della
squadra batte Rexach undici a zero, e vi assicuriamo che non
stiamo esagerando: nemmeno un uomo fuori posto nello scacchiere
di don Fabio, parecchio astrusa invece la disposizione tattica
azulgrana, tanto che cominciano a capire perché i tifosi
vogliono scacciare a tutti costi questo allenatore. Di
comprensione particolarmente difficile la posizione dei tre attaccanti:
Saviola resta fisso in avanti, a far da prima punta, ci sarà
pure la classe, anche se stavolta davvero non s'è vista,
ma è fin troppo esile per sperare di farsi spazio fra
quei santoni che sono i difensori giallorossi; mentre Kluivert
e Rivaldo ecco che li trovi più che altro a centrocampo,
ad aiutare i tre mediani non proprio in serata di grazia, e quando,
soprattutto il primo avanza, sembra ricordare gli ironici fasti
dell'era milanista.
Nel primo tempo il copione è quello previsto, con il Barcellona
che attacca e la Roma che si chiude e riparte in contropiede.
Sorprendente invece lo sterile gioco azulgrana, che non ce la
fa proprio ad impressionarci. Complici gli ottimi centrocampisti
giallorossi, con Lima e Tommasi a sostenere un Emerson, per l'occasione
imbarazzante in fase di proposizione, ma stratosferico se deve
fare l'incontrista; ma certo contribuisce in misura decisiva
anche la scarsissima dimestichezza con i piedi di difensori e
centrocampisti di Rexach, che se fossero di scena in Italia farebbero
bene a trovarsi da subito un confortevole posto in panchina,
se non addirittura in tribuna, tanto è lì che passerebbero,
se non tutta, di sicuro buona parte della stagione.
Curioso vedere più falli che passaggi da parte di Christanval
e compagni, con Cafu, tacchettata di Puyol, e Totti, entrate
non proprio da gentleman del giovane Motta, nel ruolo di quelli
che ne fanno le spese maggiori. Perché sarà pur
vero che nella Liga attaccanti e goal a grappoli la faranno da
padrone, ma certo che se ogni tanto si icordassero che esiste
pure la difesa o la disposizione tattica degli uomini non farebbero
poi questo grandissimo delitto.
Con tali presupposti non viene da stupirsi più di tanto
se le azioni azulgrana, dopo un numero imprecisato di inutili
palleggi, si concludono sistematicamente sulla trequarti, con
la Roma brava a ripartire ma che nei sedici metri finali conferma
ancora una volta tutti i problemi attuali, con Batistuta più
che mai mobile ma che ormai non prende più la porta, e
Totti fin troppo stremato dal lavoro in retroguardia per risultare
lucido anche in area di rigore. Così, con Cafu e Sergi
che si annullano a vicenda sulla destra giallorossa, ed i rispettivi
centrocampi non proprio eccelsi se si
tratta di proporre, nelle ripartenze romaniste, poco controllato
da un Puyol più ala che terzino, spicca Candela, bravo
fino all'83', quando l'errore fatale gli costerà un bel
punto, se non più, nella pagella che avrebbe meritato
altrimenti.
Primo tempo con poche emozioni, se parliamo di occasioni per
passare in vantaggio, più vivace, almeno in parte, la
ripresa. I ventidue non cambiano, la mentalità decisamente.
All'arrembaggio parte la Roma, che sorprende Rivaldo e compagni
e spiazza il pubblico del Camp Nou, abituato a vedere la squadra
riversata nella metà campo altrui più che arroccata
nella propria. Ed al 57' arriva il premio più che mai
meritato, con Panucci che riprende una punizione di Candela ed
insacca in bello stile. Entusiasmo fra i quattromila accorsi
da Roma, fischi dal pubblico di casa, che non gli perdona il
passato madridista. E qui riprende il copione della prima frazione,
col Barcellona che sfiora il
goal solo in un'occasione con Rivaldo, bravo Antonioli a respingere,
e reclama un rigore (dubbio) per fallo di Samuel sullo stesso
brasiliano, ma non dà mai l'impressione della grande squadra
prossima al pareggio. Poi il resto è storia, con Candela
generoso nel regalo di Natale posticipato a Puyol, e Kluivert
che scarica in porta tutta la rabbia per una gara non proprio
da primattore. Il Barça riprende vigore e ci prova, ma
sarebbe una punizione eccessiva per la formazione di Capello.
Finisce qui, e pure nella classifica del girone, in virtù
anche del pareggio fra Galatasaray e Liverpool, non è
che cambi granché: Barcellona sempre in testa a 5 punti,
ma con due trasferte su tre ancora da giocare; Roma e Galatasaray
a 3 ed ancora con due casalinghe, lo scontro diretto e la partita
col Barça; sempre dietro gli inglesi, in difficoltà
ed attesi al Camp Nou ed all'Alì Sami Yen, con solo la
Roma ad Anfield nell'ultima partita.
Roma - Barcellona 3-0
Inchino ai campioni
(1/3/2002) Roma-Barça tre a zero, tutto il resto appare
superfluo. Ragion per cui ci sentiamo in dovere di scusarci in
anticipo nel caso eccedessimo in commenti.
Roma pressoché perfetta nella bolgia che è l'Olimpico
per l'occasione: primo tempo equilibrato e di studio, nella ripresa
avanza il baricentro e demolisce la debole difesa azulgrana,
con Montella a far da mattatore. Come all'andata, ad indirizzare
(quasi) tutto le decisioni dei due allenatori: e come all'andata,
se Capello le azzecca praticamente tutte, Rexach ci sembra più
confuso. Nella Roma si torna al modulo scudetto, con Delvecchio
a far da pendolo, Totti finalmente trequartista dietro a Batistuta,
ed a centrocampo mobilità e generosità di Lima
preferite a maggior senso tattico e piedi migliori di Tommasi
nell'affiancare l'ormai insostituibile Emerson. Peggio dell'andata
invece, e non era davvero facile riuscirci, la disposizione tattica
azulgrana: difesa a quattro d'ordinanza, altrettanti i centrocampisti,
tutti centrali impegnati a pestarsi i piedi senza nemmeno la
parvenza di un esterno, e due attaccanti, Kluivert e Rivaldo,
che fanno gli esterni, senza però il riferimento d'un
centravanti o d'un centrocampista capace di inserirsi con regolarità,
compito questo a cui sarebbe teoricamente deputato Luis Enrique.
Vien da sé che le rare offensive azulgrana vengano tutte
da azioni confuse e prive di una qualche tattica ben delineata,
e si concludano di solito col tiro, più o meno pretenzioso
ma comunque inefficace, di Rivaldo. Di per sé
la Roma controlla agevolmente, attacca e prosegue in quello studio
della gara che nella ripresa darà tutti i suoi frutti,
ma col poco pressing asseconda forse troppo la solita interminabile
trafila di palleggi a centrocampo degli uomini di Rexach, tesi
in maniera fin troppo evidente ad ottenere quello che sarebbe
stato un prezioso pareggio.
Nel primo tempo peggiore in campo di sicuro l'arbitro, affetto
da forma acuta da quella comunemente detta "sindrome di
Collina"; tradotto: mania di protagonismo sconfinata. Il
direttore di gara la esprime con eclatanti
rigori non concessi o viceversa, il signor Nielsen lo fa in modo
più articolato, ma comunque evidente, non fischiando praticamente
nulla, sorvolando su falli quantomeno da ammonizione e distribuendo
cartellini solo in occasione di proteste, neppure troppo plateali,
o gesti di stizza, censurabili per carità, ma non certo
paragonabili alle entrate da dietro su Totti, Cafu e compagni.
Certo che pure i guardalinee non lo aiutano, distribuendo in
numero eguale e fin troppo massiccio errori su fuorigioco e simili.
Dopo il riposo, per Delvecchio ecco Montella, che con Totti e
Bati va a ripristinare il tridente delle meraviglie, e per il
Barcellona sono dolori.
Roma grande nel collettivo, ma c'è sempre chi è
sugli scudi più di altri: Emerson, come ormai da consuetudine
insuperabile in interdizione, meno se si tratta di proporre;
Totti, che, ritrovato dietro alle due punte, il ruolo naturale
e preferito, distribuisce assist al bacio quasi fossero coriandoli,
bersagli preferiti delle sue imbeccate Cafu, che non smentisce
la fama di Pendolino, e Montella; e lo stesso centravanti italiano,
imprendibile per i lenti e rocciosi difensori spagnoli; e pensare
che secondo Capello non è ancora al 100%. Batistuta si
fa notare più che altro nei movimenti senza palla, tesi
a liberare spazi al compagno d'attacco, ma in quanto a conclusioni
conferma tutte le difficoltà stagionali.
E così al 60° arriva inevitabile il vantaggio, con
un tiro di Candela deviato fortuitamente in porta da Emerson;
gol causale nel suo svolgimento, ma sicuramente meritato. E qui
ecco la prima mossa più o meno sensata di Rexach, che
mette Overmars per un Motta rimbambito da un Totti mai fermo.
Mossa che non dà comunque i suoi frutti, con l'esterno
olandese sistematicamente ignorato dai compagni. Tanto che prima
Nielsen annulla (giustamente) una rete a Totti per fuorigioco
di Bati, ma poi è lo stesso Totti a suggerire a Montella,
che rimbambisce Christanval e ad un quarto d'ora dalla fine mette
dentro il raddoppio. Olimpico in tripudio, Barcellona che non
ci capisce più nulla, ed arriva pure il tris: splendida
azione corale, alla fine palla a Tommasi, entrato per Bati, che
a 90° scoccato insacca il tre a zero finale.
Roma fantastica, Roma che stravince, Roma che se batte il Galatasaray
alla prossima passa matematicamente ai quarti, ma soprattutto
Roma che pone sempre più autorevole la candidatura ad
un bel viaggetto a Glasgow, magari
intorno al 15 di maggio.
Roma: incredibile
stangata
Galatasaray: ingiustificata assoluzione
(24/3/2002)
Scandalo. Difficile
davvero descrivere in altro modo l'assurda, incredibilmente parziale
e quantomeno inaspettata, almeno in parte, decisione presa in
merito alla rissa post Roma-Galatasaray. Decisione presa dalla
Commissione disciplinare dell'UEFA, o meglio da tre personaggi,
un belga, uno svizzero ed un danese, che se è vero come
è vero che dovevano basarsi prima di tutto sulle immagini
televisive, anche se cominciamo a dubitarlo, dovranno essere
quantomeno non vedenti, senza offesa per nessuno.
Che poi il fatto che il presidente dell'UEFA stessa sia svedese,
come l'arbitro Frisk, ed il vice turco, a pensar male aiuta eccome,
Andreotti docet. Sentenza decisa però anche sulla base
delle considerazioni di Frisk, che, disastroso in campo, cominciano
a pensare lo sia stato anche nel redigere il referto.
Ma ricapitoliamo per meglio capirci: per la Roma, tre giornate
a Lima e Totti, una a Bati e Capello, oltre alla squalifica per
un turno del campo ed alla multa di 200mila franchi svizzeri
(più o meno 240 milioni delle vecchie
lire); mentre i turchi, particolarmente attivi nel parapiglia
post-gara, se la cavano senza problemi, solo una multa di 40mila
franchi svizzeri (85 milioni) e tutto è risolto. Se su
Bati possiamo pure concordare, e su Lima abbiamo poco da dire
(sulla squalifica, non certo sull'entità), le perplessità
s'affacciano senza riserve quando si parla di Totti, Capello
e dei turchi. Per l'allenatore, evidente in effetti la "tirata
di capelli" nei confronti di un componente la panchina dei
giallorossi di Lucescu, ma palese anche il tentativo di sedare,
per quant'era possibile, la rissa: insomma, una multa, nemmeno
di grande entità, sarebbe di sicuro bastata ed avanzata.
Mentre per il capitano, addirittura difficile anche solo commentarla
una sentenza del genere, senza fondamento, né giustificazioni,
né tanto meno certezze. Non si sa neppure di sicuro perché
la squalifica si sia abbattuta su Totti, colpevole, si dice,
di una presunta scazzottata con Ayhan (se fosse vero, squalifica
giustissima, intendiamoci); non si sa chi l'abbia
visto, qualcuno accenna a Frisk, altri ad un fantomatico delegato
UEFA greco dal nome scioglilingua; non si capisce per quale motivo,
se la scazzottata, che per definizione si fa minimo in due, c'è
stata davvero, paghi solo Totti e la passi liscia il turco suo
marcatore (non proprio gentiluomo) durante la partita.
Nel paradossale, sempre a voler restare nel campo eufemistico,
la posizione dei turchi, perché sapevamo che la mano era
stata preannunciata, ma speravamo fosse pure equa. Ed invece.
Eppure non sembrerebbero lasciare
francamente il minimo dubbio botte prese e denunce fatte, penali
non sappiamo verbali di sicuro, dalla dozzina di poliziotti malmenati
a forza di calci, sputi ed insulti da Umit Karan e soci, salvati
dall'arresto solo dall'intervento tempestivo del loro ambasciatore.
E fortuna che la nostra polizia era peggio di quella fascista.
Già la mattina non è che fosse cominciata granché
bene, con l'annuncio che gli "indagati" erano sei,
quattro della Roma, l'allenatore ed i tre giocatori, e solo due
fra i turchi, Ayhan e Berklun. Ed era continuata pure peggio,
con le parole del segretario generale dell'UEFA Aigner, che definiva
riprovevole quanto accaduto, soprattutto per
dei calciatori, che dovrebbero essere da esempio per i giovani.
E qui possiamo essere pure d'accordo con lui, solo credevamo
si riferisse ad entrambe le parti.
Ora si susseguiranno gli appelli, ne siamo certi, forse sarà
sentito pure qualcuno fra gli improvvisati boxer dell'Olimpico,
ma chissà perché la sensazione è che non
possa cambiare granché.
Ma inutile negare come i meandri di questa partita, rissa e post-rissa,
ci aiutino pure a riflettere. Perché se è vero
come è vero che noi ci lamentiamo della nostra di giustizia,
tanto ordinaria quanto sportiva, questa e molte altre sentenze
ci dimostrano come all'estero non stiano messi poi molto meglio.
Perché ci confermano ancora una volta quanto poco contiamo
in questa Europa che una volta ci vedeva dominatori; Carraro
si dice sconcertato dalla sentenza dell'UEFA, se per una volta
facesse pure qualcosa di concreto sarebbe ben gradito. E soprattutto
perché rissa, pre-rissa, nel senso di botte in campo,
e gare di altri non possono che scatenare, alimentare e far più
forte quel sospetto a cui Capello ha solo velatamente accennato
(anche se poi ha smentito di averlo fatto) e che Zeman va a dire
ormai da un lustro, prima solo per l'Italia, ora anche per il
di fuori; perché sapere che i controlli, dopo lo scandalo
Acquacetosa, ci sono praticamente solo da noi, mentre nella Champions
nemmeno li fanno fino ai quarti, vedere quelli del Galatasaray
picchiare come fabbri dopo novanta minuti di moto perpetuo e
quelli del Liverpool, del Bayern, o fate voi, correre come forsennati
a questo punto della stagione, non è cosa esattamente
naturale. |