CALCIO

LA CHAMPIONS LEAGUE DELLA ROMA 2001-02

I servizi di Marco Baldi

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Galatasaray - Roma 1-1

Roma, bene a metà

(22/11/2001) Bene a metà, tanti i motivi: primo tempo disastroso, secondo da grande squadra; risultato accettabile, ma si poteva fare di meglio; scelte sbagliate all'inizio, ma corrette al meglio in corsa. Questa la Roma che ad Instanbul, nella prima della seconda fase di Champions, coglie un pareggio quantomeno d'oro in un ambiente del genere, ma è pure vero che ad un certo punto la vittoria non sarebbe stata poi una così grande ingiustizia.
Procediamo comunque fiduciosi verso la sfida con l'odiato (sportivamente, s'intende) Liverpool, consapevoli che, dopo la batosta dell'Anfield Road con il Barcellona, battere gli inglesi potrebbe voler già dire estrometterli da
tutto, eliminando una pericolosa concorrente in modo tanto fulmineo quanto inaspettato. E poi, inutile nasconderlo: vent'anni son passati, ma il desiderio di rivincita s'è tutt'altro che assopito, e ve lo dice uno che quei tempi non l'ha neppure vissuti direttamente.
Ad Instanbul solita bolgia di tifosi, che ci appaiono sempre più come simili a quelli della Roma, per colori, certo, ma soprattutto passione e dedizione, alimentata nonostante i prezzi quantomeno proibitivi, fino a 360mila per una
tribuna, e se pensate che i turchi guadagnano in media un decimo di quello che si guadagna in Italia, i conti proprio rosei non sono. Non ci aspettavamo, e non ci son piaciuti un granché, i numerosi striscioni offensivi in italiano (ricordo della visita laziale da queste parti?): "Roma ladrona" l'hanno inventata da altre becere parti, e col calcio niente dovrebbe centrarci, non si sa come sia arrivata fino a lì; "Roma merda" nemmeno è degno di commento, come tanti, troppi altri. Per il resto encomiabili i tifosi turchi, che cantano, incitano, urlano, ma dalla loro squadra poco hanno in cambio, se non in termini di scorrettezze. Un centinaio, invece, i coraggiosi al seguito della Roma sotto il freddo di Instanbul.
Sul campo Capello si dimostra la coerenza fatta persona, ed insiste col modulo più recente che tanti pochi goal ha portato ma, sarebbe ipocrita non ammetterlo, altrettanto pochi ne ha fatti subire. Nel 3-5-2 giallorosso, in difesa Aldair ancora una volta a sostituire Zago, in Brasile per la morte del papà, in mezzo Emerson affiancato da Lima e Tommasi, in avanti c'è la coppia Totti-Batistuta.
Nel Galatasaray Sergen e Hasan Sas appoggiano l'unica punta Umit Karan, mentre in marcatura, se su Totti fisso sembra non esserci nessuno, ma prende calci un po' da tutti, su Batistuta ci va Ayhan, che svolge il compito in
maniera decente, ma fin troppo violenta.
Il primo tempo funge da sonnifero, entrambe le squadre stentano a ritrovarsi e la palla in area ci arriva col contagocce. Non succede nulla per un buon 20 minuti, quando il (pessimo) signor Colombo assegna ai turchi un angolo tanto netto quanto viziato da un fallo su Aldair. L'angolo è battuto, la difesa dall'italiano giallorosso s'addormenta, ed è un giochetto per Perez insaccare indisturbato. 1-0 per il Galatasaray, la Roma reagisce, ma nemmeno troppo. Batistuta, come spesso accade in tempi recenti, è fin troppo solo, Tommasi non corre più come una volta, Emerson si deve ancora ritrovare al 100%, e Candela scende troppo poco per poter essere pericoloso. Da qui deriva che gli unici pericoli vengono dalle solite imbeccate di Cafu e dalle ancor più solite finezze di capitan Totti, che si conferma trequartista di livello mondiale, ma seconda punta non proprio da pallone d'oro. Anche il Galatasaray non è che faccia più di tanto per ravvivare la partita; dà l'impressione di controllare agevolmente il vantaggio ottenuto, d'accordo, ma più per demeriti altrui che non per propria abilità.
E' tutto qui un noioso primo tempo di un match che avrebbe proprio bisogno di una svolta. E la svolta arriva: nella ripresa Cassano subentra ad uno spento Tommasi, Capello corregge in corsa i propri errori, e la Roma si trasforma. Un caso? Non ci crediamo. Bati rimane il perno centrale, ma Totti, finalmente trequartista, a destra, e Cassano, quasi un Delvecchio più avanzato, dall'altra parte, fanno impazzire, con suggerimenti al compasso dal capitano al giovane gioiello e continui scambi di posizione, la tecnicamente inferiore difesa turca. Encomiabile il movimento del ragazzo di Bari vecchia, meno le conclusioni. Il golden boy barese cerca fin troppo la giocata, comprensibile, per carità, se hai 19 anni e dopo mesi di panchina puoi farti vedere nella Roma Campione d'Italia, ma così facendo fin troppe occasioni vanno a farsi benedire.
La Roma crea, anche se forse ci si aspetterebbe qualcosa di più, il Galatasaray comincia a non capirci più nulla, ed a puntare tutto su violenza ed aggressività: tanti, fin troppi, i falli da killer dei difensori, e non solo, di Lucescu, ma l'arbitro, con personalità meno che scarsa, non prende provvedimenti, ed il massacro reiterato continua indisturbato.
Nella cattiva ripresa turca fra i pochi a salvarsi Hasan Sas, sempre pericoloso sulla sinistra, mentre delude Sergen, presentato addirittura come l'alter-ego di capitan Totti, ma che con una buona giocata riesce comunque a
sfiorare il raddoppio: per fortuna Antonioli conferma il periodo positivo. La Roma gioca, d'accordo, ma il meritatissimo pareggio sembra non voler proprio arrivare. Entra anche Fuser per un confuso Zebina, ma non è che il suo contributo sia esattamente determinante. Poi, quando le speranze sembrano finire, se un Dio del calcio veramente esiste, finalmente interviene e mette tutto a posto: punizione dalla trequarti di Candela, palla che dopo un batti e ribatti arriva ad Emerson che insacca in rovesciata a 91° scoccato. 1-1, finisce qui. Alla partita seguono risse assortite promosse dai turchi, che proseguono nella linea generale dei 90 minuti, poi tutti a casa ed arrivederci col Liverpool.


Barcellona - Roma 1-1

Roma, peccato


(23/2/2002) Ottanta minuti che a lamentarsi bisogna essere quantomeno incontentabili, ma poi ecco Kluivert ad infliggerti l'ingiusta punizione. Questa la fotografia di una Roma bellissima che a Barcellona, avanti con Panucci, si fa riprendere solo nel finale grazie ad un'avventatezza di Candela, si disgrega e rischia di tornare a casa addirittura a mani vuote. In parecchi spiccano nell'ottima prestazione giallorossa: bravo Panucci, autore del goal ma soprattutto dell'ennesima prestazione tale che se non va ai Mondiali gridare allo scandalo non sarà poi questa grande eresia; bravo Totti, che nel periodo d'appannamento stagionale, costretto dal ruolo sacrifica la fase offensiva ma fa quello che gli chiede Capello, lottando in ripiegamento su Cocu come il gladiatore che ne simboleggia il personaggio, fino a meritarsi tre punti di sutura per le troppe tacchettate ricevute; ma soprattutto bravissimo Capello, che in quanto a tattica e disposizione della squadra batte Rexach undici a zero, e vi assicuriamo che non stiamo esagerando: nemmeno un uomo fuori posto nello scacchiere di don Fabio, parecchio astrusa invece la disposizione tattica azulgrana, tanto che cominciano a capire perché i tifosi vogliono scacciare a tutti costi questo allenatore. Di
comprensione particolarmente difficile la posizione dei tre attaccanti: Saviola resta fisso in avanti, a far da prima punta, ci sarà pure la classe, anche se stavolta davvero non s'è vista, ma è fin troppo esile per sperare di farsi spazio fra quei santoni che sono i difensori giallorossi; mentre Kluivert e Rivaldo ecco che li trovi più che altro a centrocampo, ad aiutare i tre mediani non proprio in serata di grazia, e quando, soprattutto il primo avanza, sembra ricordare gli ironici fasti dell'era milanista.
Nel primo tempo il copione è quello previsto, con il Barcellona che attacca e la Roma che si chiude e riparte in contropiede. Sorprendente invece lo sterile gioco azulgrana, che non ce la fa proprio ad impressionarci. Complici gli ottimi centrocampisti giallorossi, con Lima e Tommasi a sostenere un Emerson, per l'occasione imbarazzante in fase di proposizione, ma stratosferico se deve fare l'incontrista; ma certo contribuisce in misura decisiva anche la scarsissima dimestichezza con i piedi di difensori e centrocampisti di Rexach, che se fossero di scena in Italia farebbero bene a trovarsi da subito un confortevole posto in panchina, se non addirittura in tribuna, tanto è lì che passerebbero, se non tutta, di sicuro buona parte della stagione.
Curioso vedere più falli che passaggi da parte di Christanval e compagni, con Cafu, tacchettata di Puyol, e Totti, entrate non proprio da gentleman del giovane Motta, nel ruolo di quelli che ne fanno le spese maggiori. Perché sarà pur vero che nella Liga attaccanti e goal a grappoli la faranno da padrone, ma certo che se ogni tanto si icordassero che esiste pure la difesa o la disposizione tattica degli uomini non farebbero poi questo grandissimo delitto.
Con tali presupposti non viene da stupirsi più di tanto se le azioni azulgrana, dopo un numero imprecisato di inutili palleggi, si concludono sistematicamente sulla trequarti, con la Roma brava a ripartire ma che nei sedici metri finali conferma ancora una volta tutti i problemi attuali, con Batistuta più che mai mobile ma che ormai non prende più la porta, e Totti fin troppo stremato dal lavoro in retroguardia per risultare lucido anche in area di rigore. Così, con Cafu e Sergi che si annullano a vicenda sulla destra giallorossa, ed i rispettivi centrocampi non proprio eccelsi se si
tratta di proporre, nelle ripartenze romaniste, poco controllato da un Puyol più ala che terzino, spicca Candela, bravo fino all'83', quando l'errore fatale gli costerà un bel punto, se non più, nella pagella che avrebbe meritato altrimenti.
Primo tempo con poche emozioni, se parliamo di occasioni per passare in vantaggio, più vivace, almeno in parte, la ripresa. I ventidue non cambiano, la mentalità decisamente. All'arrembaggio parte la Roma, che sorprende Rivaldo e compagni e spiazza il pubblico del Camp Nou, abituato a vedere la squadra riversata nella metà campo altrui più che arroccata nella propria. Ed al 57' arriva il premio più che mai meritato, con Panucci che riprende una punizione di Candela ed insacca in bello stile. Entusiasmo fra i quattromila accorsi da Roma, fischi dal pubblico di casa, che non gli perdona il passato madridista. E qui riprende il copione della prima frazione, col Barcellona che sfiora il
goal solo in un'occasione con Rivaldo, bravo Antonioli a respingere, e reclama un rigore (dubbio) per fallo di Samuel sullo stesso brasiliano, ma non dà mai l'impressione della grande squadra prossima al pareggio. Poi il resto è storia, con Candela generoso nel regalo di Natale posticipato a Puyol, e Kluivert che scarica in porta tutta la rabbia per una gara non proprio da primattore. Il Barça riprende vigore e ci prova, ma sarebbe una punizione eccessiva per la formazione di Capello. Finisce qui, e pure nella classifica del girone, in virtù anche del pareggio fra Galatasaray e Liverpool, non è che cambi granché: Barcellona sempre in testa a 5 punti, ma con due trasferte su tre ancora da giocare; Roma e Galatasaray a 3 ed ancora con due casalinghe, lo scontro diretto e la partita col Barça; sempre dietro gli inglesi, in difficoltà ed attesi al Camp Nou ed all'Alì Sami Yen, con solo la Roma ad Anfield nell'ultima partita.


Roma - Barcellona 3-0

Inchino ai campioni


(1/3/2002) Roma-Barça tre a zero, tutto il resto appare superfluo. Ragion per cui ci sentiamo in dovere di scusarci in anticipo nel caso eccedessimo in commenti.
Roma pressoché perfetta nella bolgia che è l'Olimpico per l'occasione: primo tempo equilibrato e di studio, nella ripresa avanza il baricentro e demolisce la debole difesa azulgrana, con Montella a far da mattatore. Come all'andata, ad indirizzare (quasi) tutto le decisioni dei due allenatori: e come all'andata, se Capello le azzecca praticamente tutte, Rexach ci sembra più confuso. Nella Roma si torna al modulo scudetto, con Delvecchio a far da pendolo, Totti finalmente trequartista dietro a Batistuta, ed a centrocampo mobilità e generosità di Lima preferite a maggior senso tattico e piedi migliori di Tommasi nell'affiancare l'ormai insostituibile Emerson. Peggio dell'andata invece, e non era davvero facile riuscirci, la disposizione tattica azulgrana: difesa a quattro d'ordinanza, altrettanti i centrocampisti, tutti centrali impegnati a pestarsi i piedi senza nemmeno la parvenza di un esterno, e due attaccanti, Kluivert e Rivaldo, che fanno gli esterni, senza però il riferimento d'un centravanti o d'un centrocampista capace di inserirsi con regolarità, compito questo a cui sarebbe teoricamente deputato Luis Enrique.
Vien da sé che le rare offensive azulgrana vengano tutte da azioni confuse e prive di una qualche tattica ben delineata, e si concludano di solito col tiro, più o meno pretenzioso ma comunque inefficace, di Rivaldo. Di per sé
la Roma controlla agevolmente, attacca e prosegue in quello studio della gara che nella ripresa darà tutti i suoi frutti, ma col poco pressing asseconda forse troppo la solita interminabile trafila di palleggi a centrocampo degli uomini di Rexach, tesi in maniera fin troppo evidente ad ottenere quello che sarebbe stato un prezioso pareggio.
Nel primo tempo peggiore in campo di sicuro l'arbitro, affetto da forma acuta da quella comunemente detta "sindrome di Collina"; tradotto: mania di protagonismo sconfinata. Il direttore di gara la esprime con eclatanti
rigori non concessi o viceversa, il signor Nielsen lo fa in modo più articolato, ma comunque evidente, non fischiando praticamente nulla, sorvolando su falli quantomeno da ammonizione e distribuendo cartellini solo in occasione di proteste, neppure troppo plateali, o gesti di stizza, censurabili per carità, ma non certo paragonabili alle entrate da dietro su Totti, Cafu e compagni. Certo che pure i guardalinee non lo aiutano, distribuendo in numero eguale e fin troppo massiccio errori su fuorigioco e simili.
Dopo il riposo, per Delvecchio ecco Montella, che con Totti e Bati va a ripristinare il tridente delle meraviglie, e per il Barcellona sono dolori.
Roma grande nel collettivo, ma c'è sempre chi è sugli scudi più di altri: Emerson, come ormai da consuetudine insuperabile in interdizione, meno se si tratta di proporre; Totti, che, ritrovato dietro alle due punte, il ruolo naturale e preferito, distribuisce assist al bacio quasi fossero coriandoli, bersagli preferiti delle sue imbeccate Cafu, che non smentisce la fama di Pendolino, e Montella; e lo stesso centravanti italiano, imprendibile per i lenti e rocciosi difensori spagnoli; e pensare che secondo Capello non è ancora al 100%. Batistuta si fa notare più che altro nei movimenti senza palla, tesi a liberare spazi al compagno d'attacco, ma in quanto a conclusioni conferma tutte le difficoltà stagionali.
E così al 60° arriva inevitabile il vantaggio, con un tiro di Candela deviato fortuitamente in porta da Emerson; gol causale nel suo svolgimento, ma sicuramente meritato. E qui ecco la prima mossa più o meno sensata di Rexach, che mette Overmars per un Motta rimbambito da un Totti mai fermo.
Mossa che non dà comunque i suoi frutti, con l'esterno olandese sistematicamente ignorato dai compagni. Tanto che prima Nielsen annulla (giustamente) una rete a Totti per fuorigioco di Bati, ma poi è lo stesso Totti a suggerire a Montella, che rimbambisce Christanval e ad un quarto d'ora dalla fine mette dentro il raddoppio. Olimpico in tripudio, Barcellona che non ci capisce più nulla, ed arriva pure il tris: splendida azione corale, alla fine palla a Tommasi, entrato per Bati, che a 90° scoccato insacca il tre a zero finale.
Roma fantastica, Roma che stravince, Roma che se batte il Galatasaray alla prossima passa matematicamente ai quarti, ma soprattutto Roma che pone sempre più autorevole la candidatura ad un bel viaggetto a Glasgow, magari
intorno al 15 di maggio.


Roma: incredibile stangata
Galatasaray: ingiustificata assoluzione

(24/3/2002) Scandalo. Difficile davvero descrivere in altro modo l'assurda, incredibilmente parziale e quantomeno inaspettata, almeno in parte, decisione presa in merito alla rissa post Roma-Galatasaray. Decisione presa dalla Commissione disciplinare dell'UEFA, o meglio da tre personaggi, un belga, uno svizzero ed un danese, che se è vero come è vero che dovevano basarsi prima di tutto sulle immagini televisive, anche se cominciamo a dubitarlo, dovranno essere quantomeno non vedenti, senza offesa per nessuno.
Che poi il fatto che il presidente dell'UEFA stessa sia svedese, come l'arbitro Frisk, ed il vice turco, a pensar male aiuta eccome, Andreotti docet. Sentenza decisa però anche sulla base delle considerazioni di Frisk, che, disastroso in campo, cominciano a pensare lo sia stato anche nel redigere il referto.
Ma ricapitoliamo per meglio capirci: per la Roma, tre giornate a Lima e Totti, una a Bati e Capello, oltre alla squalifica per un turno del campo ed alla multa di 200mila franchi svizzeri (più o meno 240 milioni delle vecchie
lire); mentre i turchi, particolarmente attivi nel parapiglia post-gara, se la cavano senza problemi, solo una multa di 40mila franchi svizzeri (85 milioni) e tutto è risolto. Se su Bati possiamo pure concordare, e su Lima abbiamo poco da dire (sulla squalifica, non certo sull'entità), le perplessità s'affacciano senza riserve quando si parla di Totti, Capello e dei turchi. Per l'allenatore, evidente in effetti la "tirata di capelli" nei confronti di un componente la panchina dei giallorossi di Lucescu, ma palese anche il tentativo di sedare, per quant'era possibile, la rissa: insomma, una multa, nemmeno di grande entità, sarebbe di sicuro bastata ed avanzata. Mentre per il capitano, addirittura difficile anche solo commentarla una sentenza del genere, senza fondamento, né giustificazioni, né tanto meno certezze. Non si sa neppure di sicuro perché la squalifica si sia abbattuta su Totti, colpevole, si dice, di una presunta scazzottata con Ayhan (se fosse vero, squalifica giustissima, intendiamoci); non si sa chi l'abbia
visto, qualcuno accenna a Frisk, altri ad un fantomatico delegato UEFA greco dal nome scioglilingua; non si capisce per quale motivo, se la scazzottata, che per definizione si fa minimo in due, c'è stata davvero, paghi solo Totti e la passi liscia il turco suo marcatore (non proprio gentiluomo) durante la partita.
Nel paradossale, sempre a voler restare nel campo eufemistico, la posizione dei turchi, perché sapevamo che la mano era stata preannunciata, ma speravamo fosse pure equa. Ed invece. Eppure non sembrerebbero lasciare
francamente il minimo dubbio botte prese e denunce fatte, penali non sappiamo verbali di sicuro, dalla dozzina di poliziotti malmenati a forza di calci, sputi ed insulti da Umit Karan e soci, salvati dall'arresto solo dall'intervento tempestivo del loro ambasciatore. E fortuna che la nostra polizia era peggio di quella fascista.
Già la mattina non è che fosse cominciata granché bene, con l'annuncio che gli "indagati" erano sei, quattro della Roma, l'allenatore ed i tre giocatori, e solo due fra i turchi, Ayhan e Berklun. Ed era continuata pure peggio, con le parole del segretario generale dell'UEFA Aigner, che definiva riprovevole quanto accaduto, soprattutto per
dei calciatori, che dovrebbero essere da esempio per i giovani. E qui possiamo essere pure d'accordo con lui, solo credevamo si riferisse ad entrambe le parti.
Ora si susseguiranno gli appelli, ne siamo certi, forse sarà sentito pure qualcuno fra gli improvvisati boxer dell'Olimpico, ma chissà perché la sensazione è che non possa cambiare granché.
Ma inutile negare come i meandri di questa partita, rissa e post-rissa, ci aiutino pure a riflettere. Perché se è vero come è vero che noi ci lamentiamo della nostra di giustizia, tanto ordinaria quanto sportiva, questa e molte altre sentenze ci dimostrano come all'estero non stiano messi poi molto meglio. Perché ci confermano ancora una volta quanto poco contiamo in questa Europa che una volta ci vedeva dominatori; Carraro si dice sconcertato dalla sentenza dell'UEFA, se per una volta facesse pure qualcosa di concreto sarebbe ben gradito. E soprattutto perché rissa, pre-rissa, nel senso di botte in campo, e gare di altri non possono che scatenare, alimentare e far più forte quel sospetto a cui Capello ha solo velatamente accennato (anche se poi ha smentito di averlo fatto) e che Zeman va a dire ormai da un lustro, prima solo per l'Italia, ora anche per il di fuori; perché sapere che i controlli, dopo lo scandalo Acquacetosa, ci sono praticamente solo da noi, mentre nella Champions nemmeno li fanno fino ai quarti, vedere quelli del Galatasaray picchiare come fabbri dopo novanta minuti di moto perpetuo e quelli del Liverpool, del Bayern, o fate voi, correre come forsennati a questo punto della stagione, non è cosa esattamente naturale.