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IL PAGELLONE

Domenica 26 - 10 - 2003

di Archibald (27/10/2003)

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10 - NEDVED. Corre e inventa per 3 com'è uso fare, poi cesella un topazio all'incrocio, lasciando avversari e spettatori instupidi come al cospetto di mangiafuoco. Vantava già una solida lobby a sostenere la sua candidatura al Pallone d'oro, da domenica fa più proseliti di un apostolo. Si autoreferenzia come nessuno.

9 - SHEVCHENKO & ADRIANO. Le globalizzate autostrade del gol: ebony and ivory. Avorio (8 reti), scarica sulla Samp una doppietta che profuma d'Ucraina e dei tempi d'oro del callido Colonnello Lobanowsky. Ebano non manca un piattello nemmeno quando lo menano e si mantiene sul par (7 reti in 7 gare). Quando accelera gli altri sembrano in un acquario.

8 - FAVA. Chi? Capocannoniere cadetto la scorsa annata, rischia di finire nelle sabbie mobili d'estate. In comproprietà tra Varese (C1) e Triestina (B), finisce ovviamente a quelli di sotto per 2,5 milioni cash, nel calciomercato delle vacche magre, e i saggi sentenziano: c'è qualcuno dietro. Clamorosamente non c'era nessuno. Dal confino nei gulag della C1 lo strappa il buon Pozzo, patron dell'Udinese, uno che la sa sempre lunga. Un triestino, che di nome fa Fava, ad Udine: storie tese in vista? Manco per niente, almeno finché la porta gli appare grande come l'oceano come adesso.

7 - MALDINI & NESTA. I dioscuri della difesa, anche se non son gemelli. Il giovane trasuda l'arroganza fisica dei predestinati, mentre il vecchio ipnotizza con lo sguardo, come uno sciamano, salvo poi usare indifferentemente il cesello e la katana, la spada dei samurai. L'infausto mercoledì di coppa è già aggredito dalla polvere in soffitta, sabato si incrociano le lame con i punteros juventini, e sarà un altro incrociare. Il giovane ed il vecchio già scalpitano…

6 - TADDEI. La sua storia non sfigurerebbe in appendice al Libro Cuore. Talento brazileiro che già lo scorso anno non fu estraneo alla cavalcata in A del Siena, su cui s'è abbattuto il maglio della sfiga. Un tremendo incidente d'auto, giusto all'indomani della promozione, in cui il nostro perde il fratello e rimane a sua volta ferito. Qualche mese di vuoto di sceneggiatura, e il ragazzo ricompare. Gioca come prima e quando segna si batte il pugno sul cuore. Non c'è bisogno di spiegare perché. I piedi gli vengono dall'alma mater brasiliana, gli attributi non si sa, ma fanno provincia.

5 - NOVELLINO. Il Milan fa impressione alla Samp già col nome, ma forse anche lui ci mette del suo. I blucerchiati non riescono a buttarla sul piano della grinta, non attaccano i giocolieri del centrocampo altrui, ed il giapponese sulla fascia dal primo è un lusso enorme di fronte ai campioni d'Europa. Lusso pagato, ovviamente.

4 - I GIAPPONESI. Nakata medita sulle magnifiche sorti e progressive dell'umanità dalla panchina, Nakamura non la vede mai sullo stretto e Yanagisawa la vede fin troppo, ma non la prende mai comunque, a Genova. Il vento d'oriente cala d'intensità, ma fino a che ci saranno occhi a mandorla in tribuna ed in quel bel ristorantino in centro…

3 - DIAMOUTENE. Ennesima improvvisazione esotica del Capitan Gaucci, che sul prato del Curi dipana 11 dipendenti che ricordano i Bazar di Istanbul, quelli dove si trova di tutto proveniente da ogni dove. Questo evoluisce in difesa e alterna senza batter ciglio prodigi di sfrontatezza atletica e lacune tecniche da dopolavoro ferrovieri. Balla todo el die, ma con moderazione, finché sdogana Fava sul terzo gol con una finta che manda in bestia Cosmi e Perugia tutta.

2 - BOLOGNINO. A Roma si lamentano tutti, come gli impiegati di fronte al film in cecoslovacco con sottotitoli in tedesco, di fantozziana memoria. Ne fa di tutti i colori: rigori negati (Troise su Corradi), reti da invalidare (Corradi su Troise), ammonisce Inzaghi per esultanza sopra le righe e si scorda di applicare la solita legge anche a Corradi, s'intasca almeno due minuti di recupero alla fine e non li ritira più fuori.

1 - KAMARA. Sostanzialmente non la prende mai, ma si distingue per l'ignobile teatrino che organizza quando Malesani, rassegnato, lo chiama fuori dopo 63 giri di lancetta di niente. Sbraita, impreca in un buon modenese e molla un cinque all'entrante Vignaroli di quelli attraverso i quali la settima arte concesse al carneade Carlo Pedersoli l'immortalità col nome di Bud Spencer. Penoso.