Roma. Appena fuori dallo
Stadio Olimpico, nei pressi della Farnesina. Prima dell'inizio
del derby si accendono alcuni tafferugli tra le tifoserie avversarie
( roba normale purtroppo in partite così). La polizia
interviene, una camionetta arriva sgommando sul posto e per poco
non investe un piccolo tifoso romanista/laziale ( fate voi).
Salvo proprio per un pelo.
Roma. All'interno dello stadio. La partita è già
iniziata da un quarto d'ora. Un tale tifoso, che aveva vissuto
la scena fuori dallo stadio, fa al suo amico tal'altro tifoso
:" Ao, gli infami celerini stavano a ammazzà un pischello
qua fuori, te giuro" e l'altro " No, davero?!"
e un terzo " Che è? L'hanno ammazzato?"."
Me sa de si" fa l'ultimo. Deve essere nato così lo
psicodramma calcistico al quale abbiamo assistito impietriti
ieri. Non credo al complotto pilotato, anche se riconosco che
uno dei partiti di maggioranza della politica calcistica sono
proprio le tifoserie. Il tifo organizzato. Più verosimile
l'effetto a catena di un'errata comunicazione tra un gruppetto
di tifosi che, di sentito dire in sentito dire, lavorando audacemente
di immaginazione, hanno creato il tutto. Hanno creato quel bambino
archetipico, originario, simbolo del bene innocente ucciso ingiustamente
da una forza negativa ( gli odiati poliziotti ) che, con troppa
foga hanno imposto la loro giustizia, hanno fatto rispettare
la loro legge dove non ce n'era bisogno ( agli occhi degli ultrà
ovviamente). Il sospetto è che nel clima di più
assoluto terrore nel quale, nostro malgrado, siamo immersi quotidianamente
( si ha paura di prendere un treno qualunque o no?!) , anche
l'inconscio collettivo calcistico stia esplodendo a poco a poco.
Una immagine di violenza, di morte, partorita da chissà
quale fantasia, associata ad un evento di massa è in grado
di immobilizzare anche una macchina (apparentemente) forte come
quella calcistica. Perché non continuare a giocare quando
le autorità statali hanno assicurato più volte
l'infondatezza della notizia paralizzante? Era la volta buona
di andare avanti, di dimostrare che questo mondo è forte
e non ha paura della propria ombra. Occasione fallita. Dalla
debolezza mostrata, dalla paura che montava con il passare dei
minuti sono nati atti di violenza documentati da Sky in diretta.
Ma perché? La paura che genera violenza senza senso, la
carica dei tifosi ai "celerini assassini" è
un assoluto non senso quando bastava un annuncio chiaro, esplicito
delle autorità delegato magari a figure che i tifosi avrebbero
ascoltato. I due capitani delle squadre.Un tentativo del genere
è stato accennato ( Liverani sotto la curva a calmare
gli animi dei laziali con un microfonino inutile), ma non era
abbastanza. I due capitani, Totti e Mihajlovic, avrebbero dovuto
dare un segnale molto più forte. Dall'alto parlante dello
stadio. " Non è successo niente, noi ora giochiamo".
E invece no, si è cercato un aiuto esterno, un deus ex
machina che non poteva esimersi a quel punto in un clima di tanta
insicurezza. Galliani ha fermato il giocattolo impaurito giustamente
a quel punto. Quei minuti interminabili di incertezza, di non
informazione, di assoluta incomprensione, rimarranno nel cuore
di quell'elitè ristretta di tifosi che vogliono bene al
calcio e che temono per la sua estinzione. Sembra che la caduta
in basso non abbia fine. E in un ambiente che dovrebbe esprimere
forza, dovrebbe essere una forza per la società in generale,
si è raggiunto l'obiettivo più umiliante. Si è
toccato quel fondo che potremmo definire la paura del nulla.
E' proprio la paura del nulla che mette i brividi più
forti sulla pelle dei tifosi veri. Da notare il labiale dell'arbitro
Rosetti durante il tentativo di rimettere in gioco il pallone
per far riprendere la partita, " Voglio vedere degli uomini
che si rimettono a giocare". Lui ci ha tentato. Avrebbero
vinto il derby entrambe, Roma e Lazio. Avrebbero dato un segnale
forte a tutto il mondo calcistico. Così hanno perso, anche
la faccia. |