Nel primo libro pubblicato,
La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872),
Friedrich Wilhelm Nietzsche propone per la prima volta la dicotomia
fondamentale tra spirito apollineo e spirito dionisiaco analizzando
la forma di espressione artistica più in voga nell'antica
Grecia: il teatro. La distinzione, basilare per i concetti principali
della sua filosofia, è facilmente spiegabile. L'apollineo
è lo spirito rinunciatario di quell'uomo che dice no alla
vita, che si lascia vivere senza mai divenire vero protagonista
della sua esistenza. Che detesta il suo destino e vive con malinconia
il tempo che passa. Associabile a tale visione è l'essenza
dell'arte scultorea. Di contro il dionisiaco è quello
stato dell'anima completo, totalizzante, che ti permette di amare
tutto ciò che ti accade come qualcosa di dovuto e essenziale.
E' il dire sì alla vita, al piacere e all'ebbrezza di
vivere ( Dioniso è il dio dell'ebbrezza nella mitologia
greca). La musica è il simbolo caratterizzante tale visione
dell'esistere umano. Cosa di più apollineo, rinunciatario,
snervante del secondo tempo proposto dai nerazzurri ai propri
tifosi impazienti? Cosa di più dionisiaco, orgiastico
e vitale della produzione di calcio milanista dal due a zero
in poi?Volete altri esempi? Il gol di Stankovic: casuale, fortuito,
non cercato. Apolineo. Il gol di Kakà ( il pareggio momentaneo):
cercato, voluto, goduto. Dionisiaco. È la filosofia intrinseca
alle due squadre a fare la differenza, è il modo di intendere
calcio. Andiamo indietro: 5 maggio 2002, la Lazio batte l'Inter
che perde lo scudetto. Apollineo. Maggio 1999: la rincorsa del
Milan di Zac sulla Lazio di un certo Vieri si conclude in trionfo.
Dionisiaco. Ok dionisiaco e apollineo non lo ripeto più,
però spero il concetto sia passato. E dire che l'Inter
ci aveva provato a mettere la testa avanti, ad uscire dalla sindrome
da derby che ormai la opprime. Due gol nel primo tempo è
tanta paglia in cascina, ma niente. Anche stavolta tutta la paglia
è bruciata. La tensione, la paura, l'angoscia della squadra
che non sa più vincere ( "Non vincete mai" sta
diventando un inno per la Fossa e la Brigate) hanno permesso
al Milan di risvegliarsi dal torpore del primo tempo. Uno sfacelo.
I centrocampisti rossoneri usufruivano al meglio delle praterie
nella trequarti interista per imporre la legge della propria
classe. Su tutti Kakà, seguendo la via indicata da Tomasson
( 1-2 all' 11' del secondo tempo), andava ad impattare la partita
dopo una sfuriata centrale di trenta metri e un tipo secco sull'
angolino lontano. Toldo si allunga, si allunga, ma niente da
fare. Due a due un minuto dopo il gol del danese. I nerazzurri
tramortiti dall'uno-due micidiale e fulmineo non si sarebbero
più ripresi. Era questione di tempo. Di poco tempo. C.
Zanetti, anima della mediana interista e reduce da troppi giorni
di stop, caracollava in campo non potendo sopportare il ritmo
forsennato del pressing portato nella prima frazione. No, di
fiato non ce n'era più per spezzare il gioco del Milan.
I fini dicitori che cercavano di declamare gioco erano troppi
da azzittire. Ecco che Seedorf al 40' decideva di finirla lì.
"Abbiamo scherzato fino ad ora ma basta così"
deve aver pensato quando, impossessatosi del pallone, l'ha scaraventato
con violenza nello stesso angolo scelto da Kakà precedentemente,
solo un po' più in alto. Si dice sassata quel tiro, si
legge fine della partita e tre punti fondamentali (anche alla
luce dei risultati della inseguitrici) incassati dai "casciavit"
rossoneri. Il resto è puro contorno al solito grande spettacolo.
Il presidente del Milan Berlusconi che critica, pignolo, la sua
squadra e il suo allenatore per non aver schierato dall' inizio
le due punte. Un consiglio per la missiva che Ancelotti manderà
al Silvio : spieghi lui al presidente che una o due punte sono
da utilizzare alternate alle varie situazioni tattiche che si
presentano di volta in volta. Non si può bocciare definitivamente
un modulo che ha portato alla vittoria straripante all'Olimpico
e a sette vittorie su sette incontri del Gennaio d'oro del Milan.
Il neo presidente dell'Inter Facchetti che mestamente accusa
il colpo, l'ennesimo.
Una dedica è d'obbligo. Anche Marco, in fuga tra le stelle,
avrà sorriso con noi al gol di Seedorf. Ciao Pirata rossonero. |