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Con il 2002 un anno di calcio se ne va:

tutto da buttare?

di Marco Baldi (5/1/2003)

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Se, globalmente parlando, sarà ricordato per avvenimenti ben più importanti, e purtroppo spesso ben più tristi (guerre, terrorismo, calamità naturali, ecc.), per quanto riguarda il calcio l'anno che sta per passare sarebbe meglio seppellirlo senza possibilità di risalita negli oscuri abissi della memoria, ricordandone vagamente fatti, aspetti e principi solo per ripromettersi di non commettere nuovamente l'errore di seguirli.
"Anno orribile" ha commentato Carraro, che della FIGC è pseudo - presidente per antonomasia, e per una volta, forse la prima, difficile dargli torto. Vetta del calcistico orrore, protagonista d'eccellenza del secondo anno del millennio, inutile dirlo, è la devastante crisi economica capace di portare sull'orlo del baratro, ed in qualche caso pure di cascarci dentro, buona parte delle società italiane ed europee. Abbassamento costante e radicale di valutazioni ed ingaggi dei giocatori, ritardi cronici, spesso pressoché definitivi, nei pagamenti di stipendi e cartellini, necessità incombente, ed angosciosa per i tifosi, di ricavare ossigeno, sotto forma di venali quattrini, con la rapida cessione dei pezzi più pregiati, che spesso poi neppure ti pagano per intero, semplicemente perché i problemi non ce li hai certo solo tu (per tutto l'elencato riferirsi abbondantemente alla Lazio di Cragnotti). Queste le manifestazioni più eclatanti, ma non certo le sole, di un fenomeno, conseguenza inevitabile delle follie del passato, che, se da una parte ha messo, e continua a mettere in dubbio la sopravvivenza stessa delle società, dall'altra, mai come in questo caso, non tutto il male potrebbe venir per nuocere, permettendo magari di ridimensionare un mondo uscito decisamente di troppo dai limiti assegnatigli, e farlo rientrare in confini più consoni e sopportabili capaci di assicurarne la sicura sopravvivenza almeno per lungo tempo ancora.
Ovvio però, considerata la famigerata abilità dei dirigenti dell'euro-pallone, difficile che tale ambiziosa speranza, attraverso la rapida conclusione delle tradizionali follie e l'inizio di un'era fatta moderazione, possa realizzarsi a breve scadenza; anzi, facciamo prima, levate pure "a breve scadenza". E se a tutto questo ci aggiungete pure arbitri sempre più incapaci (o forse altro), violenza sempre più dilagante ai limiti del grottesco, gioco, tanto per entrare un attimo in campo, teatro ormai tristemente secondario delle vicende pallonare, non proprio fra i più spettacolari di sempre, FIGC e Lega sempre più latitanti, e disastrose nei rari momenti di intervento, viene fuori un bel quadretto tale che verrebbe voglia di mollare tutto ed abbandonare per sempre questo stranissimo mondo a sé, sempre più contraddittorio, corrotto (solo moralmente ?), tutto da rifare, si avvicina insomma a grandi passi alla politica, ma di cui non si riuscirebbe davvero a fare a meno.
E, se è vero come è vero che difficilmente o è tutto nero o è tutto bianco, anche se stavolta ci siamo andati vicini davvero, ecco che in un duemiladue pieno più che altro di delusioni ed amarezze spuntano fuori anche aspetti positivi, capaci magari di occupare posizioni marginali rispetto al totale, ma pur sempre meritevoli di esser presi in considerazione. Punta d'iceberg del bello ovviamente la favola del Chievo, esempio lampante di come organizzazione, competenza e volontà possano sostituire in modo più che onorevole le economiche pazzie ed evitare l'ormai diffusissima tendenza al precipizio.
La timida risalita generale nelle coppe europee dopo anni d'astinenza, la consacrazione definitiva di campioni del calibro di Totti, checché ne dica France Football, l'ascesa più o meno prepotente di giovani italiani (Cassano, Sculli, Pelizzoli, Di Natale, ecc.), completano il quadro da sorriso del 2002 targato casa Italia; ma se il capitano giallorosso rappresenta forse l'unica certezza in assoluto dell'anno passato, ma anche di quello appena venuto, per gli altri speriamo non siano solo lampi momentanei.
Anche fuori dai confini dell'amata patria natia, nel secondo anno del millennio sorrisi ed amarezze, gioie e delusioni si contrastano e si sommano, in un rapporto che, benché forse più equilibrato che in Italia, vede comunque i secondi uscire ancora vincitori.
Tanto per dirne una, presa così a caso, è sicuro ad esempio che, di questi tempi di magra, il pienotto Moreno non sia un buono spot per nessuno, tantomeno per la disastrata FIFA blatteriana, dilaniata da un presidente - dittatore e da una guerra fratricida che sembra non avere mai fine, e che infatti, dopo averci tanto pensato, forse un po' troppo, l'ha silurato senza possibilità di ripensamento, dimostrando magari poca coerenza, ma riuscendo in compenso ad allontanare, almeno per un po', fino al sicuro prossimo scandalo, i sospetti sempre più pressanti di presunta combine. Personaggio misterioso e controverso questo Moreno, che negli ultimi tempi si è visto addirittura proiettare negli affascinanti panorami della televisione nostrana, per mano nientemeno che dalla "Rai, di niente, di meno", andando ad impinguare ulteriormente un già corposo quadretto, completato fra gli altri dalla toccata e fuga della Lewinski, dalla D'Eusanio quotidiana, dalle mutande di Morandi, dalle toccatine a Baudo, capace di risultare davvero molto incoraggiante per la sopravvivenza futura della presunta televisione di stato.
Ma dopo, e grazie, i mondiali, Moreno, si sa, di strada, oltre che negli innumerevoli paesi lontani con gli affettuosi saluti degli amici italiani, ne ha fatta parecchia, per la maggior parte a bordo della nuova Cadillac fiammante, comprata dopo la lussuosa crociera nel mar dei Caraibi e magari grazie anche all'immediato saldo, di ritorno dalla Corea, di tutti i numerosi debiti, passati, presenti e futuri. Tutto merito dei 13mila dollari corrispostigli dalla FIFA per le brillanti prestazioni mondiali, sostiene lui, che in quanto a frasi famose ha ormai raggiunto gli alti picchi di gente come Giurato, Trapattoni e compagnia: "Il mio un ottimo arbitraggio" il commento più volte ribadito in risposta alle critiche piovutegli addosso dopo Italia - Corea; "Italiani come Mussolini" la frase ricorrente; "La mia immagine fra gli italiani sta crescendo" la più recente e visionaria. Credergli, insomma è un optional a cui è davvero difficile aderire, ma forse in fondo ha ragione, in breve tempo finiremo per rivalutarlo come figura positiva, capace di realizzare la più ardua delle imprese: mettere d'accordo tutti, destra e sinistra, uomini e donne, tifosi e non, anche se forse non proprio nel senso in cui è convinto lui.
Ma Moreno è solo la punta dell'iceberg di un mondiale farsa, tanto atteso quanto deludente, da tutti, o quasi, i punti di vista: gioco, arbitri, capacità della FIFA di gestire le inevitabili difficoltà. Due facce della stessa medaglia: l'Italia, incapace sì di esprimere potenzialità comunque presenti, ma anche tartassata in modo ignobile e sistematico da direttori di gara mai all'altezza; e la favoritissima Corea, portata avanti a forza di rigori dubbi e goal regolari annullati, fino a sciogliersi come neve al sole al cospetto del Brasile alla prima partita vera.
Note positive innanzitutto il Senegal, capace di dimostrare, all'esordio mondiale, potenzialità e limiti di un calcio africano eterna promessa mai sbocciata veramente; poi la Germania, squadra che più vecchia non si può arrivata lì dove nessuno si aspettava grazie al rigoroso gioco all'italiana di Voeller ed alla rivelazione Klose, a nostro parere comunque ampiamente sopravvalutato; ed ovviamente il Brasile, storica espressione del calcio spettacolo, che si conferma più forte al mondo diventando pentacampione grazie anche al maggior rigore tattico imposto da Scolari, ad avversari non sempre irresistibili, e ad un Ronaldo ritrovato. Ovvio però che da qui al pallone d'oro ce ne passi, e che quello assegnato al brasiliano abbia quindi le stimmate più di una manovra degli sponsor (sponsor Ronaldo = NIKE) che di un effettivo riconoscimento delle qualità sia tecniche, mai espresse con continuità, sia umane, che rappresentano la nota dolente dell'ex campione madridista.
Insomma, dopo una rievocazione complessiva, fondata esclusivamente, lo teniamo a precisare, su fatti e personaggi ritenuti più importanti ed adatti a delineare il quadro pallonaro dell'anno appena passato, tralasciando aspetti secondari che farebbero solo da inutile ed allungante contorno, arriva la morale finale di una favola fin troppo lunga: se ne va il duemiladue col suo gran carico di scandali, amarezze e sospetti, e quello, molto più piccolo, di soddisfazioni, sorrisi e certezze, mentre si affaccia al mondo un duemilatre pieno, fin dall'inizio, di dubbi ed incertezze, ma anche di speranze e buoni propositi; inguaribile ottimismo o pura idiozia? Decidete un po' voi, chi vivrà vedrà.