2^:
Bianconeri in testa a punteggio pieno con la matricola Chievo
(KEVIN 9/9/2001)
Alla vigilia di Atalanta-Juventus,il tecnico bianconero Marcello
Lippi aveva detto (metaforicamente) che la sua squadra era affamata
e non vedeva l'ora di mettersi a tavola. Quindi Juventus affamata
di successi che da alcuni anni mancano dalla bacheca bianconera
(Campionato, Champions league e Coppa Italia).
E questa seconda di campionato ha confermato che la "vecchia
signora" del calcio italiano, quest'anno e' partita con
il piede e le motivazioni giuste. Confermato l'undici che aveva
travolto il Venezia, i bianconeri regolano anche l'Atalanta,
con la stessa coppia di goleador : Del Piero e Trezeguet, un
gol a testa dopo le rispettive doppiette della prima di campionato.
Pinturicchio sembra essere tornato quello di una volta sia in
fase di rifinitura, sia in fase di realizzazione, mentre il francese
si conferma bomber implacabile (10^ gol consecutivo nelle ultime
sette partite).
Gol a parte la Juve sta dimostrando di essere solida e quadrata
in ogni reparto, sia in difesa così come a centrocampo,
dove a giorni rientrerà anche l'olandese Davids, così
come in attacco sarà sicuramente importante l'apporto
che potrà dare il matador cileno Salas.
Quindi siamo solo all'antipasto e se l'appetito vien mangiando.......
3^: Juve sola in vetta
(KEVIN 17/9/2001)
La Juventus,complice anche il discusso rigore a pochi minuti
dal termine,vince lo scontro diretto con l'altra capolista,la
splendida sorpresa di questo inizio di campionato,il Chievo Verona
che aveva accarezzato il grande sogno di rimanere in vetta alla
classifica.
C'è da dire comunque,che la squadra bianconera ha dimostrato
un grande carattere,a reagire al tremendo uno due iniziale della
compagine veronese,complice sul primo gol anche una papera del
portierone Buffon.Quindi una volta raggiunto il pari con caparbietà,i
bianconeri confermando che hanno sete di vittorie,non si sono
accontentati e hanno cercato la vittoria che poi è arrivata
come già detto,sul contestatissimo calcio di rigore segnato
da Salas,per un fallo di mani probabilmente inesistente,da parte
di un difensore veronese,nel prosieguo di un'azione iniziata
con un fuorigioco,proprio del cileno.C'e' da dire comunque che
anche la Juve può recriminare per un gol annullato a Trezeguet
per un inesistente fuorigioco.Quindi c'è stata qualche
disattenzione della direzione arbitrale,che ha macchiato una
scintillante partita giocata a viso aperto da entrambe le squadre.
3^: JUVE CHIEVO 3-2 DAVIDE CONTRO
GOLIA: LA STORIA PER POCO NON SI RIPETE. (Marco BALDI 17/9/2001)
Magari chiamarla
sfida scudetto sarà un pò esagerato, ed in effetti
, ma è innegabile che Juve-Chievo fosse un match
quantomeno affascinante. Perché si incontravano le prime
due regine del nuovo campionato, due fra le pochissime, forse
uniche insieme al Brescia, riuscite finora ad esprimere un gioco
degno di questo nome, entrambe trainate in avanti dalla spinta
dei giornali e dallentusiasmo dei tifosi, certo, ma soprattutto
perché Juve-Chievo era lo scontro per eccellenza fra due
realtà totalmente opposte, talmente lontane fra loro da
sembrare di eccessivo contrasto per essere in Serie A.
Juve-Chievo, insomma, doveva essere la risposta, seppur a breve
scadenza, ad un quesito che da tempo ci assilla, e che per molto
continuerà a farlo, la risposta sembrerebbe ovvia, ma,
credeteci, non lo è poi sempre. Ossia: cosa conta di più
in questo cervellotico, velenoso ed inquinato calcio moderno?
I soldi o lingegno? La tecnica o la tattica? Gli alti ingaggi
o le grandi motivazioni? Ad una prima analisi superficiale della
cosa sembrerebbe abbiano trionfato i primi, che Golia abbia battuto
il Davide della situazione. In realtà non è esattamente
così, il gigante di città ha rischiato più
che seriamente di soccombere nuovamente dinanzi alla piccola
realtà di periferia. Eh sì, perché il Chievo,
il piccolo Chievo, con il suo palmares praticamente inesistente,
i suoi nemmeno 20mila tifosi, i 5 miliardi e mezzo spesi per
la campagna acquisti e gli appena 28 complessivi di gestione,
che basterebbero a malapena a pagare lostipendio lordo di Del
Piero, ha giocato a lungo alla pari, se non di più, con
la Vecchia Signora. Avanti 2-0 dopo nemmeno venti minuti, è
andato più che vicino a fare uno scherzo più che
mai inaspettato alla Juve, la grande Juve, squadra fra le più
titolate al mondo, con 25 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, altrettante
Intercontinentali, e chi più ne ha più ne metta,
con i suoi 13 milioni di tifosi sparsi per lEuropa raggruppati
in 1200 club, un parco giocatori (e parliamo solo di titolari)
valutato 600 miliardi e rotti, 300 miliardi spesi solo per la
campagna acquisti.
Miracoli del calcio? Certo, ma non è poi così assurdo.
Personalmente questo Chievo ci ricorda molto da vicino, fatte
naturalmente le dovute proporzioni, lultimo Valencia di
mister Cuper, quello senza Claudio Lopez, Gerard, Farinos &
c., tanto per intenderci: giocatori non eccelsi, ma nemmeno da
buttare, tattica curata nei minimi dettagli, allenatore bravo,
soprattutto a motivare, mettere in campo la squadra ed organizzare
il gioco. Quel Valencia arrivò ad una finale di Champions
persa ai rigori, al Chievo nemmeno i più arditi osano
sperare tanto, ma i buoni risultati, sempre fatte le dovute proporzioni,
non saranno poi tanto rari, cominciamo a crederlo veramente.
Juve in difficoltà, dicevamo. Lo credevamo, ma poi ecco
Bolognino che rimette le cose a posto. Forse sembrerà
prematuro cominciare a parlare di arbitri ed affini, ma, ci scuserete,
questa volta non riusciamo proprio ad esimerci dal farlo. Diteci
un po voi come si fa a vedere un fallo di mano, ed in più
a giudicarlo volontario, quando il colpevole ti volta le spalle
e sei semi - coperto da un altro giocatore. O come è possibile,
e qui entra in gioco uno dei guardalinee, Ragone, non vedere
un fuorigioco incredibile netto come quello di Salas, almeno
due metri al di là dellultimo difensore gialloblù.
A scagionare parzialmente Lippi e c., ma non certo
Bolognino, né i suoi collaboratori, come spesso accade
non proprio allaltezza della situazione, interviene laltro
guardalinee, Saglietti, che sul 2-1 per i ragazzi di Del Neri
annulla un gol più che regolare ai bianconeri per un fuorigioco
di Trezeguet che vede solo lui. O forse (e qui vogliamo essere
maligni), che il signor Saglietti non ricordi una delle regole
basilari del fuorigioco, che molti non conoscono, è vero,
ma che un guardalinee, e sa fare il mestiere, dovrebbe conoscere
quantomeno quasi come il Padre Nostro? Che, cioè, un giocatore
(e questo è il caso di Trezeguet su suggerimento di Nedved)
non potrà mai essere in posizione irregolare se al momento
del passaggio del compagno si trova dietro la linea del pallone.
Insomma, campionato che è appena al via, ma solite polemiche
che già si riaffacciano, e che rendono una domanda quantomeno
doverosa: Moggi, almeno questo campionato, sarà regolare?
(Se vi interessa la mia opinione specifica in merito, se volete
potete consultare larticolo intitolato Parola di Moggi Vittorie romane? Colpa degli arbitri,
datato 18/7/2001 ed a firma naturalmente sempre di Marco Baldi).
PAROLA DI MOGGI: VITTORIE ROMANE?
COLPA DEGLI ARBITRI (Marco BALDI 18/7/01) Moggi parlò, e tutti si destarono.
Un mese, o poco meno, tanto è durata lapparente
ma piacevole tranquillità della scena calciofila italiana,
solitamente fin troppo devastata da crisi, minacce di fallimento,
passaporti, doping e quantaltro. Il periodo estivo dovrebbe
essere territorio esclusivo del sontuoso calciomercato, e per
un po lo è stato pure, basti pensare alla quantità
impressionante di denari volati da una parte allaltra (ma
non cera una crisi economica in atto?) ed i sempre più
numerosi trasferimenti di presunti calciatori bandiera a mò
di mercenari. Ma è bastata la solita quanto ormai noiosa
frase ad effetto del dg bianconero a riaccendere una polemica
che pareva ormai sopita ed a rimettere in discussione due campionati,
gli ultimi, a nostro parere più che regolari. Il primo,
quello della Lazio, macchiato dallalluvione di Perugia,
ed il secondo, fatto suo da una Roma neo scudettata grazie a
presunti favori arbitrali.
Il dire di Moggi, a voler essere sinceri sino in fondo, al contrario
di qualcun altro, era sibillino, poco chiaro, si prestava a diverse
interpretazioni, ma si è comunque rivelato sufficiente
per accendere una corta miccia e provocare, grazie alla collaborazione
di molti altri, giornalisti in primis, una fragorosa esplosione.
Eh sì, perché alle sue dichiarazioni ne sono seguite
altre, da ricordare quelle di Sensi, che liquida lavversario
con schiettezza <<Lui parli pure che io continuo a vincere>>
ed ironia <<Al nord campano di bridge e cavalli, noi di
pane e pallone>>, ma senza dare limpressione di sferrare
un deciso contrattacco: in fondo le vacanze sono ancora nellaria,
ed a pochi, forse solo a Moggi, va di cominciare uninutile
discussione che non porterebbe da nessuna parte. Non dimentichiamo
Bettega, che in perfetto stile Juve, ossia inesistente, si lancia
alla difesa del collega di società, ma ci fa piacere soprattutto
sottolineare latteggiamento di quello che con molte probabilità,
considerata lantipatia della minestra riscaldata Lippi
verso Antonio Conte, sarà il nuovo capitano della Juventus,
Alex Del Piero, che lancia una frecciatina al suo dirigente <<se
abbiamo perso è anche colpa nostra>> ammette, ma
non riesce a far a meno di evidenziare <<ma è vero,
negli ultimi due anni cera unatmosfera strana>>,
quasi a voler preservare con tranquillità il ricco (e
finora immeritato) contratto.
Perplessità viene quindi da una domanda che porsela è
quantomeno inevitabile: se la responsabilità degli insuccessi
juventini è da attribuirsi esclusivamente a fattori esterni,
perché cacciare Ancelotti e rientrare dopo tanto tempo
nellelitè del calciomercato? Non bastava cercare
di eliminare tali fattori esterni? Risposta: perché Moggi
e la Juve hanno finalmente capito come negli anni scorsi, mentre
le concorrenti da una parte mettevano sotto contratto Montella
e Batistuta, Emerson e Samuel, e dallaltra si assicuravano
i servigi di Crespo e Salas, Peruzzi e Claudio Lopez e Veron,
in unaltra società acquistare gente del calibro
di Zanchi e Paramatti, Maresca ed ONeall, Oliseh e Mirkovic,
Brighi ed Esanider e Max Vieri non voleva dire esattamente essere
competitivi ai massimi livelli.
A suscitare ilarità è però in particolare
latteggiamento di Moggi verso la questione arbitri: è
curioso come se ne lamenti proprio chi fino a un paio di anni
fa additava come piagnoni chi osava fare altrettanto.
Moggi, a forza di trasferirsi da una società allaltra,
tende poi a dimenticare come sia dirigente della Juventus, e
non di una piccola società di provincia (ogni riferimento
alla Reggina non è da considerarsi puramente casuale)
che naviga in cattive acque spesso per colpe altrui. A tal proposito,
sarebbe opportuno rievocare la stagione 97-98, anno dellultimo
scudetto juventino, troppi goal fantasma e rigori negati per
non gridare allo scandalo, od allanno dopo quando il tricolore
fu letteralmente regalato al Milan e scippato alla Lazio (non
che questo dispiaccia a chi scrive, sarebbe da ipocriti negarlo,
ma ogni tanto occorre essere anche obiettivi), ma chissà
perché nessuno ne parla.
SUPERCOPPA ITALIANA ROMA FIORENTINA
3-0 I CAMPIONI HANNO ANCORA MOLTA FAME (Marco BALDI 18/7/01)
La Roma ricomincia
da dove aveva finito, vincendo, e sullonda dello scudetto
conquistato non più tardi di un paio di mesi fa, mette
in bacheca senza troppi problemi anche la Supercoppa italiana,
la prima della sua storia, che sarà pure una di quelle
coppette estive, un po come i gironcini iniziali della
Coppa Italia, che si giocano solo perché il regolamento
li prevede, ma vincere, si sa, non fa mai male, e non può
non far piacere, Capello ne è la dimostrazione vivente.
Vittoria facile per la Roma, dicevamo. Eh sì, perché
ad una squadra mai sazia, non certo appagata dallo scudetto,
ormai convinta appieno dei propri (stratosferici) mezzi, e vogliosa
di dimostrare che quel triangolino di stoffa cucito sulle maglie
non è stato solo un caso del destino, se ne contrapponeva
una, la Fiorentina, che ha palesato in maniera fin troppo evidente
i suoi limiti tecnici, inevitabilmente ingigantiti dalle vicende
societarie.
Fin dallinizio il match si incanala sui giusti binari per
la squadra giallorossa, che dopo 90 minuti a tratti persino noiosi
per limbarazzante differenza tecnica fra le due compagini,
porta a casa il trofeo e si vendica di Mancini e
della sconfitta inflittale quellormai famigerato lunedì
nove aprile. Sconfitta, questa, che rimane tuttora lultima
in ordine di tempo subita dalla formazione di Capello, che tra
gare ufficiali ed amichevoli varie vanta ormai linvidiabile
record di 17 partite di imbattibilità, racchiuse nello
spazio di quattro mesi e rotti, striscia positiva che sembra
destinata, a meno di clamorosi scossoni, ad allungarsi ancora,
e non di poco.
La Roma si presenta in formazione tipo, o quasi, con Fuser ed
Assuncao a sostituire (egregiamente) Cafu ed Emerson, con il
modulo tipo, il 3-4-1-2, che quando ci si difende si maschera
in 4-5-1, quello dello scudetto, per intenderci. Mancini al contrario
affida le fioche speranze iniziali allattacco, piazzando
Nuno Gomes come unica punta, ma assistito da dietro più
che massicciamente, con Chiesa, Morfeo e Rossi a mo di
tri-trequartista. Troppo spregiudicata, se si gioca contro la
Roma e, di questi tempi, ci si chiama Fiorentina.
Pochi minuti e la partita è già virtualmente chiusa.
Prima Assuncao riesce non si sa come a divorarsi un goal già
fatto, ma poi ci pensa Candela: bolide terra-aria da 35 metri,
Taglialatela, coperto dalla muraglia umana di viola racchiusi
in difesa, vede il pallone solo quando è ormai troppo
tardi. Roma in vantaggio e sono passati solo sei minuti. Nei
venti che seguono sembra di assistere a Prima squadra contro
Allievi: superfluo specificare chi faccia le veci della prima
squadra e chi degli allievi.
Da una parte assoluto protagonista è Fuser (ci vien da
ridere a pensare che è solo una riserva), che si piazza
fra le linee di Moretti e Chiesa, nessuno arriva a marcarlo,
è libero di imperversare come vuole ed approfitta al meglio
delloccasione; Tommasi comincia la nuova stagione esattamente
come aveva condotto per intero la precedente: correndo come un
forsennato; Montella più arretrato, quasi alla Delvecchio,
è ancor più micidiale; per Totti, se continua così,
il Pallone doro non sarà più un miraggio;
Candela, vedi Fuser, si afferma ormai, a nostro giudizio, come
miglior esterno al mondo, alla faccia di Lemerre. Sullaltra
sponda Chiesa corre come un matto, ma un po per lottima
vena di Zebina, che non gli lascia spazi, un po per i passaggi
dei compagni, non proprio illuminanti, le conclusioni a rete
latitano; Morfeo si accende a sprazzi; Baronio è quello
visto, o meglio non visto, nella Lazio. Tutta la squadra ne risente
e la barca viola, al cospetto dei Campioni dItalia, affonda
senza possibilità di salvezza.
Dominio assoluto, ma inefficace, quello della Roma. Infatti,
in parte grazie a Taglialatela, che in più di un paio
di interventi sul Trio delle meraviglie non fa certo rimpiangere
Toldo, in parte per limprecisione (di centimetri, a volte)
dei numerosi tiri scagliati da fuori dai mediani giallorossi,
il raddoppio non arriva, ed il risultato, nonostante tutto, resta
in bilico.
Nellultimo quarto dora, però, la Fiorentina
ha un sussulto: Chiesa e Nuno Gomes, complici ingenue disattenzioni
della difesa giallorossa, lunico reparto da rivedere, ma
nemmeno troppo, ci vanno vicini come non mai, ma Pelizzoli imita
il collega fiorentino e dimostra di meritare la tanto discussa
maglia da titolare.
Ripresa: stessi ventidue in campo, schema inalterato per la Roma,
diverso per i viola. Al 4-2-3-1 della prima frazione Mancini
alterna ora un 3-4-1-2 più prudente, con Moretti stabilmente
sulla linea di difesa, Chiesa ad affiancare Gomes in avanti,
Morfeo nelle vesti di suggeritore, Marco Rossi e Di Livio a fungere
da esterni. Il tutto per frenare Fuser da una parte e Candela
dallaltra, inarrestabili propulsori di una Roma che non
sembra avere limiti; ma Di Livio e, soprattutto, Rossi, son tutto
men che marcatori, e si vede, eccome. Morale della favola: la
Roma Campione continua a fare quello che le pare, nel bello e
nel cattivo tempo, la Fiorentina ormai non ci capisce più
nulla, e dopo nove minuti la partita finalmente si conclude:
geniale linvenzione di Totti dalla destra, bravo Batistuta
a tenere occupati tutti i marcatori, inaspettato il sinistro
di Montella dal limite, che spiazza il numero 1 viola e consegna
il meritato raddoppio alla squadra giallorossa. Quel che segue
è un lungo monologo dei Campioni, che giocano in scioltezza
travolti dagli entusiastici olè del sempre meraviglioso
pubblico: in assenza di Cafù, Totti manda tutti in visibilio
(Trapattoni compreso) con numeri da giocoliere di solito appanaggio
del brasiliano; Candela è già in forma campionato,
alla faccia di Lemerre (scusate la ripetizione, ma ci pare doverosa);
Tommasi non sembra conoscere la stanchezza; Fuser sembra tutto
meno che una riserva. Subentrano Guigou, Balbo (a destra) e Delvecchio,
ed anche loro fanno la loro bella figura. Dinanzi a tanto splendore,
larresa della Fiorentina è ormai totale: Mancini
mette addirittura Tarozzi per il come sempre evanescente Baronio,
lintenzione sarebbe quella i limitare i danni, ma anche
questa mossa si rivela un fallimento: dopo quasi unora
e mezzo di agonia, per i viola arriva infatti il colpo di grazia:
ad infliggerlo è Totti (ma come ti sbagli) che riprende
una corta respinta di Tagliatela su rasoterra di Candela (pure
stà volta ma come ti sbagli) ed insacca in delizioso pallonetto.
Cè giusto il tempo per il salvataggio sulla linea
di Zago ad evitare limmeritato 1-3, poi il fischio di Cesari
e la festa può cominciare, o, meglio, continuare. Doppia
coppa al cielo, secondo trofeo scucito ai cuginastri (ed il lavoro
è completo), secondo giro di campo in quindici giorni
per i ragazzi di Capello: e molti ne seguiranno.
TROFEO BERLUSCONI 18 AGOSTO 01
MILAN - JUVENTUS (CLARK 23/8/01) In
una Milano semi-deserta, San Siro era pieno 70 mila spettatori
circa, gli unici posti vuoti erano quelli transennati per manutenzione.
Questa partita è una classica anche se giocata in clima
amichevole, tutti a vedere la propria squadra come si prepara
ad affrontare il campionato oramai alle porte. Molti juventini
a giudicare dal boato al gol della vecchia signora, i milanisti
incuriositi dal nuovo tecnico Terim. Veniamo alla partita: fiammata
iniziale della Juve che si concretizza con il gol di Del Piero
al 6 minuto, il Milan solo qualche spunto per tutto il
primo tempo. La Juve una minaccia costante per Abbiati per tutto
il primo tempo. Il duello Thuram-Inzaghi vinto nettamente dallo
statuario difensore. Nella ripresa non cambia di molto la musica,
i rossoneri osano un po in più che alla fine gli
procura un rigore, trasformato da Serginho. Si va ai rigori,
molti errori, quello decisivo viene fallito proprio dallex
di turno Inzaghi, che regala il trofeo Berlusconi 2001 alla Juve.
Milanisti abbastanza contrariati, anche se qualcuno sostiene
che perdere il trofeo porta la vittoria in campionato. Per concludere
esprimiamo delle considerazioni personali: il Milan manca di
un difensore centrale da affiancare alleterno Maldini;
la Juve deve assimilare gli schemi per essere competitiva.
BARZELLETTA NANDROLONE (Marco
BALDI 11/9/2001) Un
anno, o quasi. Tanto è passato dal primo, o meglio, i
primi casi dellormai famigerato nandrolone. Coinvolti i
perugini Bucchi e Monaco ed un sconosciuto, fino ad allora, atleta
del Pescara, società in altalena fra la B e la C, Andrea
Da Rold. Pochi ne parlarono, meno se ne preoccuparono, la stampa,
in toto, fu la prima a fregarsene. La soluzione fu rapida ed
indolore, per tutti, meno che per gli interessati: demonizzati,
catalogati come delinquenti, nemici dello sport, squalificati
a 16 mesi in prima istanza, poi ridotta ad 8. In fondo la diagnosi
fu semplice, la decisione ancor più; bastò porsi
tre quesiti fondamentali: potenti in gioco? Macchè. Miliardi?
Per niente. Interessi? Troppo pochi per pretendere di essere
presi in considerazione. E quindi: chi se ne frega fu il grido
che si alzò dagli uffici di una federazione senza presidente,
investì i giornali, coinvolse gli stessi tifosi.
Passavano i mesi, agli appelli dei tre (se fondati o meno ci
è impossibile saperlo, ma la democrazia , se ancora esiste,
ci insegna che è quantomeno doveroso concedere a tutti
il beneficio del dubbio) tutti rimanevano insensibili, tutti
se ne lavavano le mani, sembrava tutto finito. Rapido ed indolore.
Ma non era così. Ad aprile, o giù di lì,
scoppiò la bomba: altri sei, più o meno importanti,
rimasero invischiati nella rete: Torrisi (Parma), Caccia e Sacchetti
(Piacenza), Gillet (Bari), ma soprattutto Davids (Juve) e Couto
(Lazio). Ebbe finalmente inizio la campagna anti-nandrolone,
la stampa si buttò a pesce sullo scottante caso, fioccarono
le giustificazioni, più o meno etiche, più o meno
plausibili, per i poveri calciatori, innocenti perché
miliardari, si giurò a più riprese sul loro candore
e buona fede (come sopra, è doveroso concedere a tutti
il beneficio del dubbio, ma questa volta si è un pò
esagerato) si accettarono scuse e giustificazioni fra le più
strane: assunzione di carne di cinghiale, sciroppi omeopatici
di dubbia provenienza, integratori inquinati (apparsa a molti
come la più probabile, o meglio, la meno assurda, ma,
guarda un po la novità, non è che sia stata
fatta granché chiarezza) ed, addirittura, il famigerato
shampoo al nandrolone (e su questa, preferiamo esentarci
dal commentare). Teorie, queste, tutte, o quasi, che in un forse
eccessivo sforzo di tolleranza possiamo arrivare a definire più
o meno verosimili, ma, che chissà perché, valevano
per Davids e Couto, ma non per Bucchi, Monaco o Da Rold.
Poi, dopo quasi cinque mesi in cui ne abbiamo sentite di tutte
e di più, finalmente la CAF si è pronunciata e,
sulla scia della barzelletta De Boer (Barcellona), squalificato
per lo stesso reato per due mesi scontati durante lestate,
ha deliberato la sua incredibile sentenza. Che è fin troppo
facile riassumere, ancor più esporre: 4 mesi per ciascuno
(esclusi naturalmente perugini e pescarese, che restano con i
loro 8 mesi sul groppone), sentenza politica, e tutti di nuovo
in campo. Vergogna, scandalo, scandalosa semi-assoluzione? Peggio.
Per tre motivi:
1) Una sentenza simile genera fin troppi paradossi. In primo
luogo, considerato che cè lestate di mezzo
durante cui hanno potuto disputare le varie amichevoli, la squalifica
effettiva per i sei imputati è quantificabile in poco
più di un mese, 5 o 6 partite ufficiali in tutto, per
intenderci. Punto secondo, è quantomeno curioso come in
alcuni casi la sospensione cautelativa si sia rivelata più
lunga della squalifica stessa. In particolare per Couto e Gillet:
con la decisione della CAF che fosse arrivata appena una decina
di giorni prima, entrambi avrebbe potuto disputare la prima giornata
di campionato, uno con la Lazio, laltro con il Bari, senza
contare che il portoghese non sarebbe stato costretto a saltare
un paio di gare di qualificazione ai Mondiali della sua nazionale.
Terzo, ed ultimo, solidarietà (ma senza esagerare) al
povero Da Rold, ancora in attesa per due settimane prima di poter
tornare in campo, mentre altri suoi colleghi, squalificati dopo
di lui, già da domenica hanno ricominciato a giocare regolarmente.
2) Una ferma di soli quattro mesi pone un quesito
angoscioso, addirittura inquietante: potrà, una squalifica
così breve, fare da stimolo (negativo, ci mancherebbe)
a sperimentare senza troppe inibizioni sostanze non proprio lecite
ad altri professionisti del pallone, consci di non rischiare
poi tanto? Chi vivrà, vedrà. Inutile dire che ci
affidiamo allintelligenza dei singoli calciatori: su alcuni
(abbastanza, per la verità) non abbiamo granché
dubbi, su altri (nemmeno troppi) non ci sentiamo di giurare.
3) Squalifica giusta o meno a parte, rimane in sospeso ancora
irrisolta (ma non avevamo dubbi fin prima della sentenza) la
questione forse più oscura, nonché fondamentale
soprattutto in chiave futura, dellintera vicenda. Ossia:
ammesso e non concesso che fra i nove beccati ci sia qualche
innocente (che abbia cioè assunto in maniera totalmente
inconsapevole, magari contenuto in qualche particolare sostanza,
tale nandrolone), cosa ha provocato la sua positività?
Domanda, questa, che rimarrà senza uno straccio di risposta,
è una delle poche cose certe di tutta la storia, ancora
per molto tempo, probabile che non lo sapremo mai. Forse semplicemente
perché una sostanza del genere non esiste proprio (chi
vuol capire, capisca).
Fra gli aspetti più comici (pochi) della vicenda, ecco
poi le dichiarazioni di più o meno illustri personaggi
del pallone nel periodo immediatamente post-nandrolone: Moggi
e Cragnotti, daltronde come Davids e Couto, con ipocrisia
pari solo al loro reddito annuo giudicano più che giusta
ed equa la sentenza della CAF; Caccia, unico onesto e sincero,
ringrazia Davids per la propria semi-assoluzione; Sensi e Capello
si trincerano dietro un no comment, o meglio un accettiamo
le decisioni della Commissione fin troppo implicito (inutile
dire che non possiamo che schierarci con loro).
Insomma, complimenti. Un po a tutti. Speriamo solo di dimenticare
presto questa triste storia italiana.
BENTORNATI AL MEDIOEVO DELL'ITALICO
CALCIO (Marco BALDI 29/9/2001) Ora ne abbiamo la conferma: siamo
tornati ai vecchi tempi, belli o brutti dipende dai punti di
vista. Eh sì, perché dopo tre anni senza scudetto,
due nonostante i rituali regali, uno perché tanto per
cambiare una volta tanto il campionato è stato quasi regolare,
o quantomeno poco più pendente da altre parti, la Juve
sembra essersi riappropriata una volta per tutte di quel fastidioso
potere che per tanto tempo ha detenuto e conservato. Calcistico?
Forse, ma politico, prima di tutto.
Solo ora ci accorgiamo di come il rigore con il Chievo che ha
visto solo Bolgnino, lo svenimento in area di Amoruso contro
il Celtic, o la squalifica a mò di farsa del
nandrolonato Davids, fossero solo avvisaglie di un ritorno al
passato che sembra trovare una prima, autorevole conferma nelle
squalifiche inflitte ai violenti della 4 giornata dal giudice
sportivo Maurizio Laudi, 45 anni, di Torino (ma guarda un po).
Coinvolti nel giudizio di Laudi tre juventini, Montero, Davids,
e Trezeguet, due leccesi, Balleri e Savino, ed il romanista Zago.
Per Montero e Savino, ispiratori della rissa di Via del Mare,
è bastato leggere il referto di De Santis; risultato:
entrambi espulsi, entrambi fuori due turni. E fin qui, tutti
daccordo. Per altri tre si è invece rilevato necessario
il ricorso alla prova tv, e da qui le strane sentenze: tre giornate
a Zago, due per parte a Davids e Balleri. Ora, premesso che riteniamo
più che giusta e condivisibile la squalifica del brasiliano,
stupido, ingenuo e vendicativo il suo gesto che poteva costare
caro alla Roma, e che arriviamo ad accettare i due turni inflitti
a leccese e bianconero, anche se ci è difficile comprendere
perché una gomitata a Vanoli sia pensata più grave
di un pugno a Balleri, le perplessità maggiori nascono
quando a valutarsi è la posizione di Trezeguet, assolto
con lode. Eh sì, perché fra le tante spiegazioni,
più o meno assurde, più o meno plausibili, che
ci è toccato sentire, ecco quella ufficiale di Laudi:
secondo il giudice, nel referto dellarbitro, sign. Massimo
De Santis, si leggeva che il n.21 bianconero fosse accorso tempestivo
sul luogo del delitto esclusivamente per sedare la rissa, non
certo con bellici propositi.
Ma se per Del Piero tale giustificazione appare più che
veritiera, chiaro il suo tentativo di dividere gli improvvisati
boxer, per il centravanti francese parlare di intenti riconciliatori
sarebbe (è) quasi come ammettere, e come qualcuno ha sproloquiato,
che il viso di Savino fosse stato spinto verso il gomito, non
si sa perché spianato, di Trezeguet, e non viceversa.
Questo in pratica sembra aver scritto De Santis, e da qui nasce
unaltra incredibile casualità (?): strano, davvero
strano, constatare come proprio chi, con le sue decisioni, aveva
dato adito ad una delle ultime grandi polemiche del calcio italiano
(ricordate Juve-Parma 2000? E Cannavaro?), ora, a quasi due anni
di distanza, con nuove, ancor più cervellotiche disposizioni,
autorizzi la rinascita in grande stile di tali polemiche, e sempre
a favore della stessa società. Strano, davvero strano.
E se è vero che, come diceva Agata Christie, due indizi
fanno un sospetto, tre una prova, temiamo non passerà
molto tempo prima di avere la definitiva conferma di tale stranezza.
A tal proposito preferiamo poi sorvolare sulla quasi totale indifferenza
di stampa ed affini sulla gomitata di Rossini a Totti, o sulla
grande sportività dei fiorentini, Mancini
in primis, che non si sono degnati di buttare fuori un pallone
con il capitano giallorosso a terra: il discorso si farebbe fin
troppo avvelenato.
Ora ci scuserete, forse cominceremo ad essere un po noiosi,
ma anche questa volta la domanda non può che sorgere spontanea:
Moggi, almeno questo campionato, sarà regolare?
COMMENTO ALLE DIMISSIONI DI MATARRESE
(Nicola ZUCCARO 2/10/2001) "Tanto
tuonò che alla fine piovve". Il popolare proverbio
può sintetizzare quanto sta avvenendo nelle ultime ore
a Bari. E'stato sufficiente il lancio di una pietra contro il
portone del Condominio abitato dalla Famiglia Matarrese per indurre
gli stessi ad andar via lasciando la gestione dell'A.S. Bari
dopo lunghi venticinque anni.
La notizia, come era prevedibile, ha fatto il giro della città
scatenando prevedibili reazioni di giubilo alle quali però
si contrapponevano e tuttora si contrappongono perplessità
e curiosità su quello che nell'immediato,sarà il
quadro societario. Nel comunicato stampa diramato dalla società,
si fa riferimento al prossimo CdA convocato per il 15 Ottobre.
Per quella data si sapranno i nomi dei componenti del nuovo CDA
biancorosso nonchè i nuovi proprietari e quindi il nome
del nuovo Presidente. Nello stesso comunicato è ribadita
l'espressa volontà che nessuno dei Matarrese entri a far
parte del nuovo CDA. Ciò consente l'apertura di scenarii
impensabili sino a qualche ora di distanza dalla partita contro
il Crotone. E'troppo semplice dover pensare che sin da ora Divella
si faccia avanti (premesso che la cordata ci sia e che sia compatta).
Considerando che il patrimonio del Bari è stimabile attorno
ai 165 miliardi, la trattativa per la cessione del pacchetto
azionario non si potrà chiuderla in tempi brevi. Se l'intera
cordata non sarà nelle condizioni finanziarie per rilevare
il Bari sarà necessario ricorrere all'azionariato popolare.
Ipotesi questa che stà prendendo piede nelle ultime ore
e che troverà ampia disponibilità in quei veri
tifosi che per la profonda devozione verso i colori biancorossi,
sicuramente non si tireranno indietro.
Se questo potrà essere il prossimo quadro del futuro societario
del Bari si ignora un aspetto che sinora è passato inosservato.
Le dimissioni di Matarrese potrebbero essere interpretate come
una mossa politica che rappresenterebbe un arma a doppio taglio
provocando due risvolti.
1. Consentire l'immediata apertura della trattativa per il cambio
gestionale.
2. Creare difficoltà nel tifo organizzato e non, provocando
nello stesso l'angoscia per le future sorti del Bari al punto
da invocare i Matarrese a restare alla guida della società.
Sarà un paradosso, sarà una contraddizione ma può
essere il vero fine di questa mossa.
L'uscita di scena dei Matarrese indurrebbe a porsi il seguente
interrogativo:"Chi verrà dopo di loro sarà
capace di gestire l'A.S.Bari?" Nel calcio odierno oltre
ai miliardi occorre la competenza e ci si chiede ulteriormente
se chi verrà sarà in grado di mostrare le proprie
competenze calcistiche. Se questo aspetto non verrà immediatamente
verificato ed esaminato il rischio di una morte suicida del calcio
a Bari sarà dietro l'angolo al punto da dover ammettere,clamorosamente,
che si stava meglio quando si stava peggio.
A BARI LA NOMINA DEL NUOVO AMMINISTRATORE
UNICO: NEL SEGNO DI REGALIA (Nicola ZUCCARO 16/10/2001) E' dalle ore 20 di Lunedì
15 Ottobre che Carlo Regalia è il nuovo amministratore
unico dell'A.S. Bari. Succede al dimissionario Vincenzo Matarrese,
al termine di un consiglio di amministrazione che ha dato un
esito scontato poichè la scelta fatta sul nome di Regalia
circolava sin dal momento delle annunciate dimissioni di Don
Vincenzo Matarrese. Quello di Regalia sarà un compito
da traghettatore nel passaggio dall'attuale alla prossima gestione
che potrà avvenire entro Natale come entro la fine di
questo campionato. I tempi di conduzione dipenderanno dalla durata
delle trattative e prima ancora da quelli legati alla valutazione
dell'intero patrimonio societario,la cui stima, è stata
affidata ad una società inglese specializzata nel settore.
Per Regalia si tratta di un "doveroso" riconoscimento
per quanto svolto a Bari. I giocatori da lui scoperti e lanciati
nell'olimpo del calcio italiano (Zambrotta, De Ascentis ecc.ecc.)
sono il biglietto da visita delle sue qualità di talent-scuot
unite a quelle di mediatore nello spogliatoio biancorosso. I
corteggiamenti di Inter e Torino sono
l'ulteriore conferma della competenza di Carlo Regalia. E allora
è giusto domandarsi perchè affidare a questo personaggio
del calcio nostrano un ruolo di semplice traghettatore? Perchè
non affidare a lui il compito, sia pure oneroso, di ricostruire
tutto l'entourage biancorosso anche con l'arrivo di un nuovo
propietario? Chi verrà dovrà capire che nel calcio
occorre innazitutto la competenza e Carlo Regalia risponde a
questo requisito. Dinnanzi ad
un quadro a tinte fosche, come quello che emerge in questi giorni
a Bari affidiamo ai posteri l'ardua sentenza.
ROBERTO BAGGIO: UN UOMO E IL
SUO SOGNO (F.B. 4/2/2002) L'obiettivo
l'ha fissato due anni fa, probabilmente e' nato in una calda
sera parigina del 1998. Il suo sogno e' andare ai Mondiali per
far parte del gruppo che vince la Coppa del Mondo che un destino
irriverente gli ha negato per tre volte, sempre attraverso una
lotteria beffarda e perdente! Per Baggio il tranquillo, il saggio,
l'umile, l'immodesto e, soprattutto, l'orgoglioso quel traguardo
sarebbe l'apoteosi di una carriera luminosa ma avara di trionfi,
sarebbe la
consacrazione di un campione che troppa sofferenza ha dovuto
tributare alla sua passione piu' grande.
A Brescia e' il leader incontrastato, ha trovato l'allenatore
ideale e la speranza di poterci provare ancora, ancora una volta!
Ma la cattiva sorte si e' accanita ancora una volta con lui,
l'ennesimo infortunio lo ha colpito nell'orgoglio e adesso i
Mondiali sono molto lontani, ma il ragazzo di Caldogno forte
di una tranquillita' interiore straordinaria
sicuramente non si e' arreso, e' un uomo testardo Baggio e siamo
certi che il suo sogno e' ancora vivo e, chissa', su quell'aereo
per il Giappone potrebbe ancora salirvi...
DERBY BEFFARDO PER LA LAZIO.
VINCE LA RABBIA AGONISTICA DI MONTELLA (CULDEBOBBE 11/3/2002)
La Roma si é
riguadagnata il primo posto in classica. Ieri sera allo Stadio
Olimpico di Roma si è disputato il derby tra le due squadre
romane. Grande la Roma con i quattro goal di Vincenzo Montella
e uno del capitano, Francesco Totti, inesistente la Lazio nonostante
il goal di risposta segnato da Stankovich nel secondo tempo.
Un derby unico come non se ne erano mai visti per i giallorossi.
La Lazio ha pagato duramente le sue carenze. Troppo il distacco
con la Roma, sia per la bravura dei giocatori che per la strategia
di gioco firmata Fabio Capello.
CALCIO CON POLEMICA RIMA PERENNE
(Marco BALDI 24/4/2002) Più
lo osserviamo e più ci appare strano questo nostro calcio
italiano, un mondo dove ormai da tempo polemica s'aggiunge a
polemica con impressionate e preoccupante regolarità,
e dove davvero pochi riescono ad esimersi dall'inutile dibattito,
tutti intenti ad alimentare una miccia che prima o poi qualche
scoppio lo dovrà pur causare. Che il calcio, nel nostro
calcio italiano ma non solo italiano, fosse ormai da parecchio
teatro più di discussioni fuori dal campo che di giocate
dentro, non è certo cosa nuova, anche i vari argomenti,
arbitri, Nazionale, presunte combine, infortuni inventati, tanto
per citare i più recenti, non riescono a sorprenderci
più di tanto, ma è innegabile come negli ultimi
tempi toni e querelle si siano fatti sempre più aspri,
querele, attuate o solamente minacciate, si siano moltiplicate,
ed il clima sia ormai dichiaratamente sempre più quello
di un business e sempre meno quello di un gioco. A testimoniarlo,
su tutti gli ultimi mesi di calcio italiano, fatti come al solito
di polemiche e contropolemiche, querele e contro querele, ed
un po' in generale di una situazione dove ciascuno si sente in
dovere di dire la sua, giusta o sbagliata che sia, spesso senza
neppure conoscere i fatti.
S'era cominciato in inverno, con numerosi campi ghiacciati, allagati
o nebbiosi, insomma impraticabili, ma comunque avventatamente
utilizzati. A diluvio, tanto per restare in tema, le critiche
su una federazione capace, solo per amor del dio danaro, di programmare
posticipi serali in un periodo così imprevedibile, meteorologicamente
parlando. Ed anche fra gli addetti ai lavori non è che
le più accese discussioni si siano fatte certo invocare.
A far da capofila il duetto televisivo fra l'habitué "don
Fabio" Capello e la new entry "Harry Potter" Campedelli:
oggetto del contendere il ghiacciato campo del Bentegodi, causa
del rinvio di una paio di gare e della disputa, quantomeno azzardata,
di qualche altra. Capello, forse presuntuosamente come qualche
volta gli capita (fermo restando la personale e grandissima ammirazione
di chi scrive nei confronti dell'allenatore giallorosso), suggeriva,
ispirato ai campi di Milanello, il modo di risolvere il problema,
con Campedelli pronto a rispondergli picche. Chissà perché,
poi, la settimana successiva, proprio contro la Roma, fu possibile
giocare grazie ad un sistema molto, fin troppo simile a quello
ricordato da Capello. Mah.
S'era continuato, e a dire il vero non s'è ancora finito,
con l'interminabile ed ormai assodata barzelletta dell'elezione
del presidente di Lega, protagonisti proprio quelli, presidenti,
dirigenti ed azzeccagarbugli vari, che le polemiche, invece d'alimentarle,
dovrebbero metterle a tacere. Una telenovela stile Beautiful,
in quanto a durata ed "amicizie" fra gli interpreti,
meno se parliamo di colpi di scena, che ne siamo certi si protrarrà
ancora per parecchio regalandoci nuove (emozionanti?) avventure.
Ed infine le ultime due settimane, quando, con la lotta scudetto
entrata nel vivo, nubi grosse come gli stipendi degli attori
del pallone si sono addensate minacciose sulla regolarità
del campionato peggio che sui cieli d'Inghilterra, con la nocchietta
di Vieri, i rigori di Collina, il labiale di Galante, i sospetti
di Moratti sulla Juve. Ed a voler scavare ci sarebbe pure altro.
Insomma, se gli oggetti del contendere cambiano solo nelle loro
immense sfumature, i contendenti sono un po' sempre quelli: onnipresente
la Juve di Moggi, più amata e più odiata in Italia;
gli si contrappone, altrettanto come al solito, la Roma; assenti
ingiustificati Milan e Lazio, fuori da tutto da inizio stagione,
le sostituisce più che egregiamente l'Inter, tornato ai
piani alti dopo i brevi fasti del primo anno ronaldiano.
A sorprendere, casomai, la massiccia presenza di Moratti, signore
vero lontano dalle beghe quando faceva da comprimario, protagonista
assoluto attivo partecipante alle danze ora che fa da autorevole
candidato alla vittoria.
Una volta a mettere d'accordo tutti, addirittura i tanto "odiati"
milanisti, c'era Prisco e la sua sprezzante ironia, suo erede
più diretto appare Sensi, che in quanto ad ironia, resa
più ficcante dai numerosi romanismi, non ha nulla da invidiare
a nessuno, ma certo che il potere ormai universalmente acquisito
lo aiuta poco nella conquista di simpatie generali.
Un invito a giocare ed a lasciare da parte dibattiti ed inutili
discussioni apparirà come scontato e sicuramente inascoltato,
in fondo la polemica conviene un po' a tutti, a troppi: allenatori
e presidenti per giustificare scarsi risultati, giocatori che
minacciano fughe per ottenere compensi più corposi, giornalisti
che ci fanno pagine e pagine di carta straccia, come forse è
anche il nostro pezzo.
Non ci resta che augurarci, con ben poche speranze, un finale
di stagione più tranquillo, ma state certi che qualche
pelo nell'uovo qualcuno lo andrà sempre a trovare. |